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ToR: The Third Testament
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E-book737 pagine9 ore

ToR: The Third Testament

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Info su questo ebook

“Chiuso per ferie” è il cartello che il protagonista, un anonimo ragazzo appena adulto, pigro e solitario vorrebbe attaccare sulla sua fronte. Purtroppo per lui, il destino gli ha riservato una serie di disavventure che comprenderanno creature infauste e spiriti molesti. Un’avventura all’insegna della scoperta di se stessi e di una moralità dimenticata, aggiungendo capitolo dopo capitolo i tasselli necessari a comprendere il grande complotto dietro alla vita di un lavativo particolarmente arrogante e stupido.
LinguaItaliano
Data di uscita8 nov 2018
ISBN9788827854792
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    Anteprima del libro

    ToR - Matthew Rojak

    Testament

    OMINOUS

    First Season

    Prologo

    Lasciate che vi racconti una storia.

    Una storia di paure, sofferenze, amori e delusioni. Starà a voi decidere se crederci o meno, o a darmi abbastanza fiducia per farmi continuare a raccontarvi ciò che io ho dovuto affrontare nel corso della mia esistenza. Per capire dunque cosa andrete a leggere, è giusto che capiate fin da subito il carattere di chi vi sta parlando, perché tutto ciò che accade è legato strettamente dal mio punto di vista ben più che lascivo. Temo che il mio piccolo resoconto non avrà dell’azione esaltante, non sono molto sportivo e detesto fare e ricevere del male, sia fisico sia morale, dunque non mi sono mai catapultato al centro della mischia al solo scopo di ferire e ferirmi.

    Se pensate che sia un buono a nulla, purtroppo non riuscirei a darvi torto.

    La scarsa voglia di fare ha sempre preso il sopravvento sulla mia vita, riducendomi a un essere al limite dell’umano comprensibile, asociale non per natura, ma per scelta. Ma non prendetemi per il verso sbagliato. Non trovo fastidioso il parlare con altri, anzi, alle volte penso che potrebbe essere anche piacevole. La paura del prossimo non mi appartiene, amo osservare le persone e il loro modo di impegnarsi anche nella più infima futilità.

    Temo di essere particolarmente difficile da comprendere e catalogare, almeno per una persona dai sani principi morali, ma non crediate che io sia poi tanto diverso. I miei occhi, d'altronde, hanno sempre e solo visto grigio. Il bianco è troppo acceso, dà fastidio alle mie già provate retine e il nero è un colore troppo tetro per rappresentare il mio umore monotono.

    Più che un buono a nulla, ripensandoci, sono di fatto un personaggio noioso.

    Non prenderò mai la parte dell’eroe che riesce a salvare la situazione con il suo carisma, né tanto meno combatterò per far valere i diritti degli altri. Vogliamo scherzare? Aiutare qualcuno significa fare un danno a un’altra persona con gli stessi interessi, se vogliono raggiungere un obiettivo che ci pensino da soli. Cercate di starmi dietro, non sono una persona triste e diversa, né tanto meno egoista. Penso esattamente agli altri come penso a me stesso, solo che sono fermamente convinto che gli umani non dovrebbero affrontare problemi più grandi di loro. Se un problema non è risolvibile dal singolo, basta eliminarlo o passarlo a qualcuno di più capace, levando ogni merito a chi ha passato la palla. Certo, è una mentalità sbagliata, ma questa è la mia idea di vita, ciò che mi distingue da quella massa ricca di tonalità e colore. Di solito chi è diverso risalta come se fosse dipinto d’oro, invece io, proprio perché diverso, vengo accantonato a causa della mia personalità spicciola e di scarso interesse. Ovvio, direte, sono un ragazzo futile che pensa solo a se stesso, ma l’unico mio problema è che sono sincero verso la mia persona. Mi crederete un pessimista, e forse lo sono anche, ma è lo stile di vita che ho trovato più gratificante.

    Tornando alla storia, di cosa credete che parli?

    Di una sgargiante e pomposa storia d’amore?

    Di un dramma adolescenziale che vi faccia scendere le lacrime a fontana?

    Oppure di un’avventura psicologica ricca di colpi di scena?

    Mi dispiace deludervi, ma non sarà niente di tutto ciò. Il mio unico proposito è quello di fare un misero rapporto di uno dei più grandi complotti della storia. Ammirate la quasi volgare pacatezza con la quale vi annoierò nelle prossime pagine e, se sarete abbastanza temerari da seguirmi, vi rivelerò quel che l’animo vostro conosce, ma non accetta. Solo riducendovi come me, grigi e senza ardore potrete capire a fondo questa storia che, francamente, classificherei benissimo come farneticazione.

    Per i più deboli di cuore, vi avverto, incontrerete delle situazioni paranormali, adatti più a una storia di fantasmi.

    Anzi, questa potrebbe essere benissimo una storia di fantasmi e mostri.

    Nella mia assuefazione giornaliera ho sempre trovato esaltante e degradante la lettura di storie sovrannaturali, che esse parlassero di fantasmi, mostri o magia poco mi importava, mi bastava staccarmi quel tanto dalla mia realtà per evadere da qualsiasi altro pensiero legato alla ciclicità della mia vita.

    Non è sbagliato dunque provare a dare una definizione a sovrannaturale, per farvi capire di cosa stia parlando. Principalmente, vedo come sovrannaturale qualsiasi elemento senza una spiegazione, qualcosa che vada oltre la logica, un evento che contraddice la natura stessa. Dunque, dove possiamo trovare tale soggetto? Posso affermare di aver avuto un sacco di avventure sovrannaturali, come la vista di mia sorella intenta a mangiare il trentaquattresimo bignè dopo l’abbondante cenone di fine anno, passando ventiquattro ore in bagno a causa della dissenteria. Oppure il fatto che mio nonno, dopo la morte di sua moglie, si fosse risposato con una donna di venti anni più giovane, nonostante soffrisse d’ernia e avesse perso non solo ogni capello nella sua ormai calva testa, ma anche ogni bianco pelo nel suo corpo.

    Bizzarri o no, gli eventi contro natura ci circondano, illuminando quello che altrimenti sarebbe un noioso avvenire. Quindi, alla luce di queste mie agghiaccianti rivelazioni, v’invito a pensare agli eventi più insoliti e infausti su cui avete posato occhio. Avete fatto?

    Bene, adesso immaginatevi di correre in una strada lunga lunga, strada che è tagliata dal Ponte Vecchio di Firenze.

    Ah.

    Forse vi dovrei spiegare per quale motivo state correndo.

    Immaginatevi che, dopo una lunga e calda giornata estiva, dove il sole e l’umidità castigavano la vostra bianca e indifesa pelle, la vostra voglia di rinfrescarvi era tale da avere il bisogno impellente di comprarvi un maxi gelato quadruplo gusto dalla gelateria di fiducia e che, nel vostro gongolare allegri, attiriate l’attenzione di ben tre cani randagi, pronti a rapirvi anche la mano, oltre che il vostro gelato.

    Ebbene sì, i tre dannati cani iniziarono la loro corsa puntando proprio alla mia mano destra. Per stupidità, o magari per gola, non lasciai andare il gelato che, per coronare il tutto, stavo continuando a leccare anche durante la mia fuga. Le persone che nel mentre stavano continuando i loro acquisti nelle gioiellerie del ponte notarono la mia fuga impacciata, ma non intervennero né si misero ad urlare impauriti dalle tre belve feroci che mi inseguivano.

    Oltrepassando in furia il ponte, mi ritrovai finalmente davanti alla porta di un appartamento che, per grazia divina, era rimasta aperta. Mi ci infilai senza pensarci due volte e chiusi di scatto la porta, ansimando per la fatica e lo spavento.

    Cavolo imprecai, continuando a leccare il poco gelato rimasto che stava colando Ma non posso semplicemente gustarmi il gelato in santa pace?

    Un rumore, molto simile ad una vibrazione, fece rabbrividire le mie spalle. Feci un passo avanti, allontanandomi dalla porta e, per mia disgrazia, vidi i tre nasi di coloro che mi stavano inseguendo spuntare dal legno.

    I corpi delle tre bestie trapassarono letteralmente l’entrata, portando il mio già alto livello di incredulità per la sfortuna avuta a livelli disumani.

    Ok pensai Non mi rimane altro da fare, devo lanciargli quel poco che rimane del gelato e raggomitolarmi parandomi il collo, nella speranza che se ne vadano.

    Così feci, mi sdraiai a terra in posizione fetale e feci scivolare il cono verso i tre animali. Attesi quelle che sembravano ere, fino a che non avvertii premere sulla costa.

    Eccoli, hanno iniziato il loro banchetto, si ciberanno del mio corpo e ne rimarranno sazi! non ero propriamente esile Ma mi avranno nello stomaco! Sì sì!

    Quando sentii un grugnito troppo grottesco per appartenere a dei cani, decisi di riaprire gli occhi per osservare la situazione. Una vecchia signora sulla settantina mi stava fissando, con denti digrignati e sguardo feroce.

    Probabilmente pensa che sia pazzo… ipotizzai.

    Magari fosse stato così.

    Con il batacchio del cencio con cui stava pulendo le scale dell’abitazione iniziò a colpirmi, a causa del sudiciume che avevo portato all’ingresso gettando al suolo il gelato, ormai sciolto.

    Scappai via lesto, senza guardarmi indietro.

    Dov’erano finiti i cani? Che il troppo caldo mi avesse dato alla testa?

    Capitolo I

    Magenta sulla linea di confine

    Parte 1

    Ha davvero un valore quello che fai?

    Cosa intendi, Irene? domandai all’unica ragazza umana al di fuori della mia famiglia che abbia mai avuto il coraggio di parlarmi.

    Ogni martedì, alle sette e cinque di mattina ci ritrovavamo alla fermata del bus, in attesa di essere portati alla stazione. Irene era visibilmente più grande di me, aveva sì e no ventitré anni, capelli lunghi e corvini che le cadevano sulle spalle ed un paio di occhiali, sempre neri, che le davano quasi un’aria innocente.

    Non ti ho mai visto parlare con nessuno, né in bus né alla fermata. A volte mi è capitato di vederti fuori in paese, ma sei sempre solo, sguardo rivolto verso il basso e cuffie all’orecchio. Perché lo fai?

    Perché? Beh, penso semplicemente che intraprendere un discorso con qualcuno che non conosco bene sia stancante ed infruttuoso.

    E pensi seriamente che gioverà al tuo benessere?

    Non avevo risposta, come potevo saperlo?

    Seduti su quella panchina al ciglio della strada, eravamo tanto vicini quanto distanti, diversi quanto un maldestro elefante e un’aquila agile ed elegante.

    Non è così complicato come pensi, Irene. Vedila così, ancora non ho trovato nessuna persona interessante per cui valesse davvero la pena di sprecare le mie preziose e limitatissime energie.

    Sei solo un ipocrita se pensi questo.

    Il mio cuore si spezzò.

    Vedila come ti pare, non cambierò il mio modo di pensare solo perché tu non lo trovi giusto, io sono io, non una vaga imitazione del pensiero di altri.

    Oh oh, come sei profondo.

    Dannazione, sei sempre troppo tesa con me, rilassati, non sono un tuo superiore, anzi, essendo più piccolo dovrei essere io quello teso in queste situazioni!

    In effetti è strano, da un asociale come te non mi sarei mai aspettata un modo di parlare tanto confidenziale già dall’inizio!reagendo come se avesse appena ricevuto chissà quale illuminazione dal cielo.

    Te l’ho detto, solo perché non ho voglia di parlare non significa che non lo sappia fare, tutto sta nel mio essere lavativo per ogni minima cosa.

    Immagino anche il solo andare a scuola ti crei fastidio, dico bene?

    Scherzi? L’anno scorso sono passato per un soffio! Pensa, avevo quarantasette assenze!

    Ma dai! Ahahah!

    In realtà erano superiori alle sessanta, ma mi vergognavo un po' ad ammetterlo.

    Una volta scalfita l’austera corazza di Irene, il dialogo fluiva veloce e spensierato, con la sua risata a fare da coro alla nostra conversazione. Forse era proprio questo ciò che trovavo di interessante in lei.

    Il bus arrivò con dieci minuti di ritardo, portando con sé una leggera pioggia, decretando l’inizio dell’anno scolastico che avrebbe visto la fine del mio periodo da liceale e, inesorabilmente, l’inizio della mia carriera da vagabondo eterno. Passammo il resto del viaggio in posti diversi, fino a che lei scese e, mentre si portava all’uscita, si girò verso di me.

    Questa potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo, stammi bene.

    Uh? nonostante avessi le cuffie, riuscii comunque a capirla.

    Rimasi un po’ intontito da quella sua dichiarazione. Cosa voleva dire con ultima volta? Il non vederla più significava buttare al vento i miei due anni di incessanti corteggiamenti nei suoi confronti, diluiti tatticamente in ogni martedì, sotto la vista degli incauti primini che osavano avvicinarsi alla nostra panchina. Come addio non mi piacque affatto, ma non ci pensai su troppo a lungo, d'altronde aveva la sua vita da vivere e io, ovviamente, la mia. Per quanto poco interessante potesse essere.

    Ogni passo che facevo verso l'entrata rimpiangevo ogni mio movimento. Il mio spirito da pigro mi pregava di tornare indietro, mentre la gente intorno a me che faceva rumori molesti mi urtava talmente tanto che avrei voluto strapparmi i timpani per non godere mai più di tale infimo spettacolo. Semplicemente, odiavo i rumori. Ciò che crea un suono ha importanza, sempre. L'universo è stato creato con una grande esplosione, ma i loro versi scimmieschi non erano altro che un'offesa al genere umano in quanto tale. Volevo andarmene, ma al tempo stesso dovevo restare. Non vi era trappola più infida.

    Guardando le facce di chi mi stava intorno, non mi sarei stupito se avessi trovato proprio quei ragazzi ad attraversare illecitamente i binari di un treno, ricattare altri compagni o spacciare erba.

    Sarebbe davvero un peccato? O semplice selezione naturale?

    Scossi la testa e cercai di non pensare, concentrandomi soltanto sul variare del vento.

    Arrivato dentro il terzo edificio scolastico, dove vi erano i laboratori delle classi del triennio, mi soffermai a guardare la quarta classe, la mia ex sezione. Purtroppo, non ebbi modo di vedere se fosse cambiata o chi sedesse al mio posto, perché due piccioncini si erano messi a parlare davanti alla porta. Quando mi voltai per il disgusto, notai un'altra coppia che si erano scambiati uno sguardo particolarmente inquietante e ambiguo, aiutato anche dal fatto che la ragazza puntò dritto verso il bagno e il ragazzo non parve nemmeno quasi notare la sua presenza. A dirla tutta, la prima impressione che ebbi di quel ragazzo fu di un qualche squilibrato pazzoide dai capelli neri e lo sguardo torvo, ma probabilmente mi stavo sbagliando. Mentre fissavo la scena, cercando di capire perché la ragazza si fosse diretta verso il bagno sbagliato, andai a sbattere contro i tre bulli dell’altra sezione che, probabilmente, stavano andando a spartirsi l’erba in bagno. Bada a dove cammini, idiota!

    Scommetto che i vostri genitori hanno pianto dalla tristezza e dallo sgomento quando vi hanno visto nascere!

    La mattina ero particolarmente scorbutico, ma nonostante ciò cercai di non dare voce ai miei pensieri.

    Mi diressi quindi verso la mia nuova classe, avendo per un attimo il dubbio che la ragazza fosse andata nel bagno dei maschi, dove anche i bulli si stavano recando.

    Bah, non è affare mio.

    Finalmente in classe, mi misi al mio posto, l’ultimo sulla sinistra, quello più vicino alla finestra che però, per mia volontà, era sempre rimasta oscurata dalle tende di color verde smorto.

    Mi conciliava il sonno.

    Non c’era molto da dire, il solito chiacchiericcio di inizio anno e ovviamente i soliti professori che non avevano di meglio da fare se non chiederci cosa avevamo fatto durante le vacanze. Il primo giorno di scuola finì dopo le canoniche tre ore di inizio corso.

    Senza fermarmi a salutare nessuno, zaino in spalla lasciai la scuola, soffermandomi solo a fissare stranito la grande voragine che si era creata fra il bagno e il ripostiglio del bidello.

    Comunque sia, non era affare mio.

    Il sole pungente delle undici stava straziando la mia pelle che, bianca com’era, stava venendo corrosa da quella luce molesta. Dopo i soliti venti minuti di camminata per arrivare alla stazione, mi sdraiai completamente sulla panchina del binario due, aspettando all’ombra il treno che mi avrebbe riportato finalmente alla mia dimora.

    I rumori degli oggetti, delle persone e degli animali intorno a me avevano un loro ritmo, insieme creavano una melodia quasi soporifera, se non fosse per il chiasso dei treni che passavano. Ognuno di quei suoni si sposava perfettamente con quello precedente e io stavo lì, sdraiato e con sguardo compiaciuto a far da maestro a quell’orchestra. Il già di per sé debole equilibrio della mia banda musicale venne completamente distrutto da una singola voce, a metà fra l’infantile e il melodico.

    Ehilà! Mi senti? Ehi!

    Riaprii gli occhi per controllare quale parte di suona il tuo strumento non avesse capito quella musicista.

    Mi trovai di fronte ad una giovane ragazza, probabilmente di un paio d’anni più piccola di me che mi stava sorridendo e, nel contempo, molestando fisicamente. Esatto, il suo corpo era esattamente sopra il mio, le sue braccia erano piantate alla panchina e le sue piccole, carine e insolenti mani facevano da radice. Sradicarla era impossibile. Portò il suo viso davanti al mio, tanto che le nostre pupille sembrarono toccarsi.

    Si può sapere cosa vuoi? chiesi infastidito.

    Uh?

    La bionda insolente parve sorpresa dalla mia risposta, si alzò mettendo i piedi nel buco in mezzo alle mie gambe e iniziò a pettinare la sua coda.

    Sei strano affermò infine.

    Con una giravolta, scese dalla panchina e battendosi sulle gambe per pulire la gonna, che faceva parte del suo vestito completamente bianco, mi squadrò con un’occhiata dubbiosa.

    Guarda che se dovessimo fare una gara su chi è più strambo tu vinceresti di sicuro! risposi, senza fare più caso a quello che dicevo.

    Dici? Oh beh, allora io mi presento! disse ad alta voce, unendo le gambe e facendo il saluto militare Io sono Magenta!

    Piacere, arrivederci e buonanotte! risposi al saluto e mi rimisi sdraiato.

    Cosa?! sbraitò Non ti permetto di rimetterti a sonnecchiare!

    Perché stava facendo tutta quella confusione? Non bastava la scuola, la vita, la natura e il respiro degli altri esseri viventi, pure lei doveva scocciarmi.

    Allora dissi con voce chiaramente irritata Cosa vuoi da me? Ti ho forse fatto qualcosa? O mi hai parlato solo per il gusto di importunarmi?

    Eh? Guarda che io volevo solo fare conversazione! Non parlo mai con nessuno, tu sei il primo che mi degna di uno sguardo.

    Ma che dici, a forza di alzare i decibel hai fatto girare tutti i passanti, guarda! I loro sguardi sono tutti per noi!

    Effettivamente, tutte le persone che stavano aspettando il treno si erano girati quasi turbati verso di me, come se fosse anormale parlare con una ragazzina.

    Che treno devi prendere? le chiesi, cercando di trattenere i suoi urli da scolaretta in calore.

    Ahaha, sciocchino, io non devo mica prendere il treno, sai? rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

    Nel farlo, gonfiò il suo petto. Se così si poteva dire.

    Come sarebbe a dire? Allora stai aspettando che ti vengano a prendere?

    Mhm, una cosa del genere, sì, ma dimmi, tu dov’è che vuoi andare?

    A casa, è ovvio no?

    Woh! sussultò Davvero hai una casa? Caspita, io è da un sacco di tempo che non metto piede in una casa.

    Cos...

    Quella ragazzina mi dava sui nervi.

    Sai, il posto dove devo andare dicono sia un grande luogo bianco dove i vecchietti riposano in tranquillità.

    Una casa di riposo? No aspetta, sarebbe troppo pulita, tutta bianca non ha senso… Ah, sta arrivando il mio treno.

    Finalmente, il mezzo di trasporto che stavo aspettando con grande ansia era finalmente giunto a prendermi.

    Ehi… mi chiamò la ragazza prima che salissi Non è che potresti rimanere con me a chiacchierare un altro po’?

    Come in una visual novel, due icone con due grandi e importantissime opzioni si erano palesate sotto i miei occhi: rimanere e rimorchiare una giovane biondina o andare a casa e finire di vedere il box della serie appena comprato.

    Tuttavia, la scelta che la mia testa diceva di prendere rimase bloccata, perché il mio cuore sapeva dove andare.

    Mhm, facciamo che rimango domani, ok?

    È una promessa?

    Non avevo ancora capito perché ci tenesse così tanto a incontrarmi nuovamente, né perché non potesse parlare con altre persone, sta di fatto che i miei pochi impulsi sessuali reagirono alla scollatura in piena vista del suo vestito.

    S-sì, certo.

    Entrai nel treno e le porte si chiusero alle mie spalle, creando una barriera fra me e Magenta, una barriera che avevo quasi paura di demolire. Cosa avrei dovuto dirle il giorno dopo? Perché diceva cose così strane? Cosa cavolo stava facendo lì? Le relazioni umane sono ciò che di più noioso si possa avere. La breve tratta di dodici minuti dalla stazione al mio paese non mi dava tempo di rilassarmi, ma nemmeno di rendermi nervoso. Le persone intorno a me si sedevano al loro posto e passavano il resto del viaggio parlottando fra di loro o in silenzio, con lo sguardo fisso sul telefono. Era così che mi piacevano le persone, asociali, ognuna per i fatti propri. Purtroppo, il mondo è bello perché è vario, e non era raro assistere a risse e a battibecchi inutili fra passeggeri e controllori. Per fortuna, il viaggio fu tranquillo e appena sceso dal treno presi la navetta che mi avrebbe riportato a casa, non prima di una breve sosta.

    Non ero bravo a ricordarmi le cose, specie delle persone di cui non provavo interesse. Nonostante ciò, il ricordo della ragazzina bionda rimase impresso in me per tutto il viaggio di ritorno in bus. Prima di tornare a casa, mi fermai al paese adiacente al mio dove, per mia fortuna, vi era un negozio di fumetti con i cui titolari avevo relazioni di semi-amicizia.

    In definitiva, ero certo che non mi sarei mai drogato né avrei iniziato a fumare, tanto meno a bere. Era da folli pensare di aver abbastanza soldi da anche solo provare uno di questi tre vizi quando, ogni mese, nel proprio scaffale in fumetteria venivano depositate vere e proprie torri di volumi pronte per essere prelevate.

    Oh, che rarità vederti qui, era da tempo che non passavi. Sei venuto a svuotare il tuo scaffale? mi domandò la proprietaria del locale.

    Che devo dire, è difficile trovare la forza di arrivare fin qua, ma le mie letture scarseggiano e avevo bisogno di una ricarica.

    Sei sicuro però che vuoi questa roba? chiese, fissando i volumi che avevo scelto.

    Non sono mica porno, eh. È solo che ho un debole per le storie del genere...

    Beh, ti facevo più il tipo da fumetto adolescenziale, sai, combattimenti e avventura… Ma 'Un marzo da leoni' e 'I fiori del male'... Oh beh, contento tu.

    Non mi è mai piaciuta la violenza, preferisco il degrado mentale e le scene agrodolci al brutale stile della scuola di Hokuto o cose del genere. Certo, esistono delle eccezioni anche in quel campo...

    Semplicemente, non gradivo la violenza gratuita e la trovavo alquanto infruttuosa. Ero pigro pure nel modo di pensare.

    Aspetta, ma i fiori del male non era un libro di poesie?

    Mh? Una cosa del genere, sì, ma non mi piace quella roba.

    Preferisci le cose disegnate perché sono più facili da leggere?

    E pure meno faticose, aggiungerei!

    Grazie mille dell’acquisto! mi salutò con un sorriso compiaciuto.

    Ci credo, con tutti i soldi che le avevo dato!

    Soddisfatto dei miei acquisti, me ne tornai a casa a saltelli, noncurante dei venti minuti di marcia per arrivare a destinazione.

    Arrivai a casa alle due del pomeriggio passate.

    Come al solito, mamma era a lavoro e mio padre se l’era squagliata da qualche parte con i suoi amici. Mia sorella, che di solito infestava il divano e la tv, stranamente, non si trovava nella sua solita postazione, ma il rumore dell’acqua che grondava proveniente dal bagno segnalò la sua presenza sotto la doccia. Posai in camera lo zaino, mi lavai le mani in cucina e mi fiondai a tavola, accorgendomi solo in quel momento della fame che avevo.

    Eh, come sempre la solita pasta collosa mi lamentai, notando gli spaghetti che si erano incollati l’uno all’altro dopo averli riscaldati nel microonde Forse dovrei imparare a cucinare.

    Ma anche no.

    Mangiai in fretta pasta e panino e misi piatti e posate nell’acquaio, pronto finalmente a gustarmi i miei blu-ray. Appena insediato il divano, sentii il rumore della porta del bagno che si apriva e mia sorella, in tutta tranquillità, attraversò il corridoio fino a giungere nel salotto, con solo la biancheria ed un asciugamano sopra la testa a vestirla.

    Oh, che guaio dissi, senza emozione Ora che ti ho vista mezza nuda mi innamorerò di te e ti salterò addosso.

    Certo, come se ne avessi il coraggio, stupido.

    I nostri primi approcci erano sempre così, non ci salutavamo, ci prendevamo in giro. Non perché ci odiassimo, ma perché era il nostro modo di darci il bentornato. Sta di fatto, che dopo quella scena era solita sedersi sulle mie ginocchia e, come un gatto, si acciambellava sopra di esse solo e soltanto per darmi fastidio. Questa volta non fu un eccezione.

    Ohi, non ti sembra un po’ da sfigati saltare addosso al fratello alla tua età? Questa è una cosa che dovresti fare alla persona che ami, no? Quindi perché non lasci in pace l’animo già tormentato di tuo fratello?

    Ma cosa dici, è ovvio che ti salti addosso, sono una donna che ha deciso di risparmiare la propria castità fino al matrimonio, se non sfogo le mie pulsioni sessuali su di te potrei trasformarmi in una 'bocca di rosa'.

    Non ci scherzare nemmeno! trattenni il respiro.

    Doveva per forza essere innaturale il provare affetto per la propria sorella?

    Certo, litigavamo spesso ed era quasi sempre un fastidio, ma faceva parte della mia vita ed era una delle poche persone per la quale mi sarei scomodato per fare qualsiasi cosa. Detto da un lavativo era una dimostrazione di grande affetto.

    Senti attirò la mia attenzione iniziando a picchiettare sotto al mio mento, divenendo decisamente troppo fastidiosa Non è che potresti farmi un favore?

    Ah certo, ora ho capito perché sei mezza nuda, hai già intuito come gira il mondo?

    Una mia compagna di scuola ha bisogno di aiuto per badare a suo fratello minore mentre i suoi sono fuori casa per lavoro, potresti badargli tu?

    Cosa? Dovrei mettermi a fare il babysitter per dei mocciosi?

    E dai! Ti prego disse, abbracciandomi il collo.

    Era.

    Decisamente.

    Troppo.

    Invasiva.

    Sei una vera scocciatura.

    Lo so!

    Ah, però domani non posso farlo, ho già un impegno.

    Uh? Beh, non ci dovrebbero essere problemi, i suoi escono il venerdì, hai ancora due giorni liberi. Ma dimmi... disse, avvicinando il viso al mio Cos’è che hai da fare?

    Una ragazza mi ha chiesto di stare con lei dopo scuola.

    Eeeh!? urlò quasi spaventata Una ragazza? Sei sicuro? Oh povero fratellone, a quasi vent’anni già hai le allucinazioni!

    E piantala, la tua reazione è troppo banale.

    Le sorelle minori sono una vera e propria scocciatura. Rimanemmo lì seduti a guardare qualche episodio dello show che da tanto tempo aspettavo e, dopo i primi episodi, mia sorella si stancò di star lì seduta e andò in camera a vestirsi. Finalmente, rimasi da solo con la mia serie, solo io e lei, uno schermo e un uomo, un amore più profondo e vero di qualsiasi altra storia romantica. Purtroppo per me, il ricordo della promessa fatta a Magenta tornò ad assillarmi. Perché avevo fatto una promessa del genere? Sarei tornato a trovarla? Beh, sì, effettivamente era molto probabile che prendessi il treno per tornare a casa, ma il me sano di mente non avrebbe mai accettato una proposta del genere. Come se la mia testa fosse una mela caramellata e Magenta la tenera bambina che ne mordeva la cima senza riuscire ad addentarla, la mia testa iniziò ad intorpidirsi e la mia vista venne offuscata. Decisi allora che era tempo di prendermi una pausa e di sfogare quei pensieri negativi, mi recai in camera da letto ed aprii l’armadio. Sdraiata, alla base di esso, vi era una lunga tastiera elettrica, regalatomi tempo fa da una mia vecchia amica ormai perduta nel flusso degli addii del tempo.

    Francamente, non sono mai stato in grado di suonare una tastiera, l’unica cosa che mi era concesso fare era emulare, in senso molto stretto, qualche frenetica suonata d’organo, una melodia che, a detta mia, attirava su di me una presenza a tratti rilassante e temibile. Suddetta presenza, appariva solamente quando iniziavo a suonare, una figura nella mia mente che, appena appena, solleticava la mia immaginazione. Le sfumate curve femminili tradivano un’antica eleganza, andata perduta con le mode odierne più blande e monotone. La sfarzosità dei suoi vestiti era tale da deconcentrare la mia attenzione sul suo viso, rendendolo ancor più sfumato del resto del corpo. Per ogni nota che suonavo, la figura appariva sempre più beata e sfavillante, come se centinaia di piccoli fuochi d’artificio si accendessero tutti intorno a lei, senza provocarle alcun disturbo. Quell’ombra era il mio desiderio e il mio peccato, ciò che volevo nascondere, ciò che non sarei mai riuscito ad ottenere. La perfezione, in quanto tale, non era altro che una parola vuota, senza significato, perché per quante volte si possa dividere un numero, non tornerà mai zero, a meno che quest’ultimo non sia il numero di partenza. Nessuno nasce perfetto, ma lei lo era, lei era nata dalla mia immaginazione e così rimaneva, nata perfetta e mantenuta tale, lo zero del mio mondo. Assaporare solo per quei pochi momenti tale idilliaca figura era sufficiente per darmi respiro, un respiro troppo sfuggevole per essere assaporato, ma ricco di generosità. Da dove provenisse e come riuscii a pensarla ancora la mia mente non lo ha capito, ma il mio corpo continuò ad ignorare questo fatto, accettando l’idea che la mia suonata strampalata non fosse altro che il canto della sirena per il mio sogno.

    Magari era proprio questo il motivo per il quale non riuscivo a legare con nessuno. La mia fantasia a volte prendeva il sopravvento sulla realtà, incantandomi in un mondo talmente surreale da sovrastare qualsiasi mio senso ed opinione, rendendomi inerme a tutto ciò che di magnifico non aveva solo il nome.

    Solo adesso te ne rendi conto? chiese una voce femminile ed elegante.

    Smisi di scatto di suonare, ma le uniche parole che udii furono quelle di mia sorella.

    Ohi! C’è un tuo amico che è da un po’ che sta bussando!

    Arrivo!

    Spensi la tastiera, mi stirai la schiena e uscii dalla camera, pronto ad accogliere questo fastidioso nuovo ospite.

    Come mi aspettavo, non era altro che Yuri, un gentile e bonaccione ex compagno di scuola che, ogni tanto, faceva visita alla nostra casa per porgere i suoi saluti o per giocare a qualcosa.

    Era un po’ che non ti facevi vedere salutai Yuri, che come sempre portava con sé il suo sorriso e il buon umore, nonostante non avesse motivo di dimostrarlo.

    Infatti, nonostante l’innata gentilezza, Yuri non era una persona completamente felice. Bocciato più volte, aveva superato i ventuno anni all’interno della scuola, per giunta un istituto quasi del tutto maschile, senza riuscire nemmeno ad avvicinarsi a una ragazza che non fosse mia o sua sorella. Difatti, Yuri era molto timido, riusciva a parlare liberamente solo con chi era entrato in confidenza e, come me, evitava gli sguardi delle persone. Io e lui eravamo dannatamente simili, sotto quel punto di vista.

    Anzi no, io forse ero più pietoso.

    Io avevo scelto personalmente una vita da misantropo, da eremita, esiliato da chiunque non toccasse il mio interesse o non avesse un motivo che mi portasse beneficio per parlarmi. Lui invece lo faceva per timidezza, si isolava perché la sua mente diceva che era troppo piccolo e debole per fare l’enorme passo avanti dell’iniziare una conversazione.

    Al di là di ogni cattiveria, rimaneva un ottimo e fedele amico, nonché compagno di molte giornate solitarie, una delle poche persone con cui sentivo di potermi aprire con sincerità. Non che lo facessi veramente, ma il solo sapere di poterci contare mi dava sicurezza. Capitava spesso che lo invitassi per alimentare la mia misera voglia di andare avanti nei punti più spinosi dei videogiochi, o per vedere dei film che altrimenti da solo non avrei mai visto, sempre per pigrizia. Era il mio compagno d'armi, il fratello che non avevo mai avuto. O almeno questo era quello che lui pensava, anche se devo ammettere che è sempre stato un forte stimolo per me.

    Cosa ti porta qui, vecchio amico? gli chiesi mentre versavo del succo nel bicchiere per dargli il benvenuto.

    Tempi bui, non riesco a trovare lavoro, o meglio, non riesco a trovare il lavoro che vorrei fare!

    Sai benissimo che siamo in crisi, ti dovresti accontentare del lavoro più umile

    Sii franco con me, sai benissimo che a causa della mia nazionalità non sono ben visto da nessun imprenditore.

    Yuri non era una cattiva persona, anzi, forse era migliore della maggior parte degli abitanti del paese. Aveva solo il difetto, se così lo vogliamo chiamare, di appartenere ad una delle etnie meno civilizzate fra le nostre vicine, che negli anni aveva riportato molti atti di vandalismo e violenza nel nostro paese. Fuggiti dal disastro coreano che aveva riportato effetti persino nel nostro continente, la sua popolazione si era fatta sempre più violenta e ferale.

    Il pregiudizio ti sta distruggendo...

    Il mondo mi sta distruggendo! rispose dopo aver poggiato il bicchiere Un lavoro l’avrei anche trovato, ma non intendo accettarlo, sebbene sia molto remunerativo.

    Ah sì, che tipo di lavoro?

    Mio zio lavora per quelli del Credo, diventare un prete con una raccomandazione non sarebbe impossibile per me! Ma, nonostante tutto, non voglio!

    Ami così tanto le donne?

    Le amo! affermò, continuando a bere.

    Il Credo era l'unica religione occidentale che era resistita nel tempo. Basandosi completamente sull'adorazione della natura e del mondo stesso, il Credo vedeva il nostro pianeta come una divinità e portava i suoi credenti a rispettarlo. Tuttavia, gli atti considerati contro natura erano decisamente puniti, soprattutto l'omosessualità, che era vista come il tabù più grande. I preti, gli esseri più vicini alla natura, dovevano essere creature pure, in grado di traghettare le impurità delle persone verso le grazie naturali, in modo che vengano purificate. Non c'erano dubbi sul motivo per il quale Yuri non ne fosse tanto entusiasta.

    E sai che ti dico? La tua sorellina si è fatta molto bella ultimamente, perché non ci organizzi un’uscita? E dai! Siamo amici da molti anni ormai!

    Sai, non è tutto oro quel che luccica.

    Cosa intendi dire?

    Beh, sarà anche carina a vedersi e non è così scontrosa, ma seriamente non ha alcun pregio oltre a questi due.

    Ma guarda che a me bastano eccome!

    Contento tu, solo considera il fatto che io, essendo suo fratello, non sono molto d’accordo sul lasciarti flirtare con lei.

    E dai, non la lascerai mica casta fino alla morte!

    Certo che no, solo finché non troverò un uomo adatto a lei.

    Potresti cercare all’infinito senza mai trovarlo, quando invece ce lo hai proprio davanti!

    Piuttosto vado io con lei.

    Ma è tua sorella!

    Farò del mio meglio.

    Ma di che state parlando? arrivò inquieta mia sorella, squadrandoci.

    Inevitabilmente, io e Yuri scoppiammo a ridere per le idiozie che stavamo dicendo.

    'Farò del mio meglio' Ahahah! rise di gusto.

    E tu allora? 'Ce lo hai proprio davanti', seriamente, stavo per sputacchiarti il mio succo in faccia! Ahahah.

    Fra scherzi e risate, le nostre giornate andavano avanti così, nella tranquillità di chi, ignorante di cosa accadesse intorno, continuava a prendere la vita alla leggera. Grazie al suo arrivo e alla mia suonata, il ricordo spiacevole di Magenta iniziò a filtrare nella mia mente, abbandonando sempre di più i miei pensieri e le mie preoccupazioni.

    Parte 2

    Quel giorno, in quel preciso momento, riuscii a trovarlo. Era lì, esattamente davanti a me, a portata di mano.

    Ero davanti alla porta che conduceva alla biblioteca.

    Cosa avevo trovato?

    Vi è mai capitato di cercare di entrare in un edificio con porta trasparente, che sia esso un bar, una tabaccheria o appunto una biblioteca, e spingere la porta? Ecco, io sono sempre stato il tipo che cadeva nel tranello e al posto di tirare, come il cartello indicava a chiare lettere, spingevo.

    Quale assurda demenza mi prenda in quei momenti ancora è un mistero.

    Forse è veramente troppo arduo per me pensare prima di fare una qualsiasi cosa, o magari, rimugino così tanto da confondere i miei stessi pensieri e arrivo addirittura a non badare alle piccole inezie tali le porte di vetro. Alle volte, mi capita di pensare a quanto patetico io possa essere nel commettere ogni volta gli stessi, stupidi, errori. Andiamo, i miei amici si laureano, si diplomano o mettono su famiglia ed io ero davanti alla porta della biblioteca a fare figure poco piacevoli a causa di quello stramaledettissimo infisso?

    No, qualcosa doveva cambiare. Non potevano semplicemente mettere le porte scorrevoli? Sarebbero molto più facili da gestire! Chi volevo prendere in giro, probabilmente non sarei riuscito ad aprire al primo colpo nemmeno quelle. Ripensandoci, non ero stato nemmeno in grado di aprire la porta del treno con la maniglia, tanto era la mia incapacità di compiere una semicirconferenza con il braccio in modo da aprire il varco. Ero un essere inutile, perché continuavo a vivere?

    Un riccio, volevo essere un riccio! Almeno non avrei dovuto aprire alcuna porta e non sarei neanche stato avvicinato da chicchessia, gli aculei mi avrebbero protetto fino alla morte. Vivere soli per morire soli, non era poi tanto male, almeno nessuno avrebbe notato i tuoi errori durante la vita. Gli occhi di chi mi stava intorno sono diventati poco a poco una vera croce, soprattutto quando sentivo subito dopo delle ragazzine ridere, probabilmente schernendo la mia incapacità. Faccio schifo, ok? Voi siete perfetti? Cioè, forse lo siete veramente, ma di sicuro non vi devono interessare gli sgambetti che mi tiro da solo.

    Insomma, per farla breve, quel giorno trovai la vera essenza della mia incapacità.

    Sorridendo agli occhi inebetiti dal sonno della bibliotecaria, mi feci strada lungo il corridoio che portava alle scale del primo piano, dove avrei trovato la serie di libri che volevo leggere. Ovviamente, più che un sorriso fu una smorfia, ma la donna di mezza età, assonnata, non ci fece nemmeno caso. Sospirando, iniziai a salire le scale.

    A quanto pare, a seguito di un’esplosione avvenuta nei pressi del bagno della scuola, l’edificio era stato messo in quarantena almeno fino a domani. Per questo decisi di approfittare di quell’opportunità per recarmi in biblioteca e prendere dei libri in prestito, cosa che in una normale giornata di scuola sarebbe stata vinta dalla mia pigrizia. Quindi quella era una giornata speciale. Senza fare troppo rumore, raggiunsi la biforcazione del primo piano dove, ai lati della reception, avrei dovuto scegliere fra due strade. Tale bivio aveva una particolarità, entrambe le direzioni mi avrebbero portato alla stessa destinazione grazie alla struttura a rettangolo che non ospitava vicoli ciechi. Optai per la via lunga.

    Prendendo la porta alla sinistra della reception ero costretto a fare tutto il giro per arrivare a destinazione, ma poco mi importava, non avevo di certo fretta. Entrai nella prima stanza e subito un calore intenso proveniente dai termosifoni accesi già dal mattino mi soffocò, costringendomi a togliere la giacca. Osservai attentamente la zona, ma non notai nessuno, era precisamente una stanza vuota. Purtroppo, mi ero dimenticato che quella sezione era quella dedicata alle enciclopedie e ai tomi universitari, dunque mi ci volle poco per oltrepassarla e voltare l’angolo. La triste polvere che copriva i libri rendeva me altrettanto malinconico e, come se non bastasse, la pioggia iniziò a cadere.

    Era inevitabile.

    Già, se avessi portato un ombrello con me non sarebbe piovuto, ma dal momento che non l’avevo preso, la nuvola nera che viaggiava sopra di me aveva deciso di salutarmi nuovamente e di ricordarmi la sua presenza. Oh beh, almeno ero al coperto. Rassegnato all’idea che mi sarei dovuto bagnare comunque, superai velocemente le altre sezioni della biblioteca, incontrando solo una giovane, rivoltante, coppia intenta a scambiarsi effusioni.Probabilmente, le mie guance divennero rosse e cercai più volte di distogliere lo sguardo.

    La mia mente non era pronta per quelle scene, dentro di me non ero altro che un puro e casto dodicenne, i pensieri sporchi non mi appartenevano. O meglio, questo era ciò che mi piaceva dire. Finalmente, raggiunsi la stanza dove erano racchiusi i libri che stavo cercando. Curiosamente, tale stanza era stata allegata alla zona di ristoro, un piccolo rettangolo di pochi metri adibito al consumo di pasti e bevande. Ovviamente era proibito introdurre in quell’area materiale cartaceo appartenente alla biblioteca, ma era ottimo se a qualcuno fosse venuta sete grazie ai distributori automatici ricchi di bevande calde, fredde e snack preconfezionati.

    Illuso di essere nuovamente il solo nella stanza, trovai un altro cuore che stava battendo nell’area ristoro, cuore nascosto fra le interiora di un umanoide di sesso femminile, o così almeno pensai. Nascosta dalla giacca che le copriva le spalle, una giovane ragazza si era appisolata sopra uno dei tavolini, con un bicchiere di cioccolata calda davanti a sé. Senza fare il minimo rumore, fingendo di non esistere, presi il primo libro che mi capitò sotto tiro e mi misi a sedere in fondo alla stanza, rivolto verso di lei.

    Eh?

    Ma che stavo facendo? Perché dovevo stare in quel modo a spiare palesemente una donna che se non era mia coetanea era più giovane di me?

    Un brivido mi scosse la schiena.

    La figura della ragazza, per qualche motivo, mi stava mettendo in soggezione. Non ero mai stato bravo ad approcciarmi alle ragazze, anzi, posso dire tranquillamente di non averci mai parlato a meno che non avessero contatti particolari o fossero mia sorella. Tenendo conto anche di questo, il magnetismo che mi attraeva verso quella sagoma, iniziava a straniare persino la mia mente contorta. Qualcosa di sovrannaturale aleggiava intorno a lei, qualcosa di infausto. Oppure semplicemente erano i miei ormoni che stavano impazzendo per il sesso femminile, sapete, guardandola meglio, mentre si girava nel sonno, notai con piacere i suoi lineamenti assolutamente adorabili e il viso dolce che riusciva a fare quando riposava. Neppure il trucco era presente, riusciva ad essere così bella ed elegante solo grazie alla sua bellezza originale e alla sua bianca carnagione. Raramente avevo visto una ragazza di quel calibro. Mi sarebbe bastato anche solo osservarla, senza parlare, ma il desiderio di compiere quest’ultima azione crebbe forte e radicato in me.

    No! gridai solo dentro la mia testa.

    Era impensabile che uno pigro come me si mettesse a flirtare con una ragazza sconosciuta in biblioteca, insomma, anche io avevo il mio orgoglio. Decisi di lasciar stare e mi misi a cercare i libri per cui ero venuto. Quella settimana ero in vena di Lovecraft, dunque presi un paio dei suoi racconti più famosi e iniziai a sfogliarli, intrigato dallo stile di scrittura. Nonostante il mio autore preferito fosse Pirandello, che trovo tutt’ora attuale, non rifiutavo la lettura di classici come i libri di Verga o i romanzi e autori stranieri come Gulliver, Poe e così via. Però, se dovessi scegliere un libro che proprio non sono mai riuscito a mandare giù, direi I Promessi Sposi di Manzoni, veramente pesante e noioso. Catturato dalla lettura, non notai il risveglio e il relativo avvicinamento della ragazza che, senza emettere alcun suono, si era avvicinata a me, fissandomi curiosa.

    Quando me ne accorsi, sussultai di colpo. I suoi occhi erano attraenti quanto il resto del corpo, snello ma ben pronunciato, però quello che mi attirò di più fu il colore della sua iride. Erano in definitiva gli occhi più strambi ed affascinanti che avessi mai visto. Non si fermavano ad un colore, ma il verde smeraldo che faceva da sfondo si era mischiato con l’arancione che avvolgeva tutta la zona pupillare fino all’orlo. In confronto, i miei occhi monocromatici svanivano. Quando distolsi lo sguardo dai suoi occhi, mi accorsi che qualcosa nella sua espressione non andava. Non era un’espressione curiosa, né tanto meno infastidita, era qualcosa di più particolare, somigliava tantissimo alla faccia che poteva fare un pirata davanti ad uno scrigno del tesoro pieno d’oro e gioielli. Una maschera quasi grottesca, una figura inquietante e minacciosa. Sembrava come se mi volesse aprire in due per poter gustare le mie interiora. Dopo qualche intenso attimo, aggrottò le sopracciglia, scosse il capo e la sua espressione tornò impassibile. Notai però un unico cambiamento, l’arancione che accompagnava il verde nei suoi occhi era sparito.

    Emh… Posso fare qualcosa per te? le chiesi quasi timidamente, temendo un’immotivata ramanzina.

    Inspirò, fece per parlare, ma poi si limitò ad espirare e si sedette di fronte a me.

    Chi sei? mi chiese infine.

    Sono solo un ragazzo così impegnato da passare la mattina in biblioteca, tu?

    Non so se quella era la risposta più adatta da dare ad una ragazza che stava cercando un approccio, ma lì per lì non ci pensai.

    Mhm, io invece non ho proprio un posto dove andare.

    In che senso?

    Non posso tornare a casa fino a dopo il tramonto, altrimenti potrei passare dei guai.

    Che tipo di guai?

    Eccoci, l’ennesimo caso di violenza domestica.

    Mh scosse il capo Non voglio parlarne adesso, potresti però rimanere un po’ a farmi compagnia?

    Compagnia?

    Vedi, in biblioteca è veramente raro che ci venga qualcuno, per questo è un ottimo posto dove nascondersi, ma purtroppo si finisce per rimanere soli troppo a lungo e ci si annoia tantissimo.

    Infilai in mezzo alle due pagine un segnalibro e chiusi il volume. Ci volevo provare. Avrei parlato con una sconosciuta, se non ce l’avessi fatta, se avessi fallito pure quella prova, sarebbe solamente stata la conferma che non avrei dovuto far altro che rinchiudermi e non uscire più. Sì, lei era il mio test, la mia salvezza o la mia rovina. Perdonami, giovane fanciulla, quest’oggi verrai inconsciamente usata dal mio ego, ma probabilmente anche tu avrai le stesse intenzioni, quindi fatti sotto!

    Cosa fai nella vita? mi chiese, incrociando le braccia.

    Schifo.

    Così stavo per risponderle, ma non era il momento adatto per le battute, quelle magari sarebbero venute dopo.

    Studio, o meglio, vado a scuola per far credere agli altri che sto studiando. Per il resto… mi bloccai attentamente pensando al modo giusto di darle questa risposta Guardo qualche serie tv e leggo libri.

    Oh, che genere di serie tv?

    Dannazione.

    B-beh, non seguo molto i polizieschi, ma mi piace molto Dr. Who.

    Non era l’unica cosa che seguivo, in realtà, ma la mia mente si era bloccata e non riusciva ad andare più in là.

    Oh, capisco, sei un amante della fantascienza?

    Non proprio, a dire il vero, diciamo che cerco di seguire le serie o i film che trattano argomenti soprannaturali.

    Qual è il tuo nome? mi chiese, guardandomi negli occhi.

    Per una qualche, assurda ragione, fui assuefatto dal suo sguardo e non potei non rispondere. Quando finii di presentarmi, la ragazza rimase imbambolata per qualche istante, salvo poi sorridere e chiudere gli occhi, continuando il discorso.

    Quindi ti piace il soprannaturale?

    Sì.

    E ci credi?

    In che senso?

    Se ad esempio, che so, mentre vai in biblioteca incontrassi una di queste entità che vanno oltre all’umano, tu le crederesti?

    'Le'? Stai insinuando di essere una creatura uscita da un fantasy? Ma fammi il piacere.

    Credo che crederei solo in presenza di qualche prova.

    Definisci 'prova'.

    Umh… Un fatto evidente, la dimostrazione che tale entità non è altro che un pezzo del mondo soprannaturale a me sconosciuto fino ad ora, la scienza ha scoperto le cose un passo alla volta, magari semplicemente non ci siamo ancora arrivati a quel punto.

    Capisco, effettivamente è un bel punto di vista. Molti invece negano fino all’ultimo la magia, facendo finta che non esista. Inutile dire che, alla fin fine, è proprio a loro che appaiono i miracoli più disparati che, puntualmente, si perdono nella loro ignoranza.

    Contrariamente alle mie aspettative, era molto facile parlare con lei. La conversazione stava scorrendo fluida e non stava ridendo

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