Disperato monologo d'amore
Di Maria Pagano
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Info su questo ebook
Maria Pagano, insegnante, scrittrice e poetessa, è nata a Salerno nel 1965. Esordisce nel 1987 con la silloge poetica Il silenzio vivente; con Albatros il Filo ha pubblicato: Cuori morbidi (2010), I due portoni (2014), Confessioni a spalle (2015), Insistere ha senso! Ha senso insistere? (2016), ed Estensioni oleate con Arduino Sacco Editore (2016). È ideatrice e curatrice della rassegna letteraria Compiuta Donzella e della trasmissione radiofonica Musica e Parole di Radio Ponte RE-Generation.
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Anteprima del libro
Disperato monologo d'amore - Maria Pagano
d’Amore
Nota dell’Autrice
Questa raccolta di poesie celebra l’amore: disperato, sognato, inventato, irriducibile, insostenibile, insopportabile, assillante, insistente, inesistente, romantico, razionale, pesato, scomposto, etero e omo, cittadino e paesano, di destra e di sinistra.
Divisioni banali le separazioni inventate... L’amore è come il mare: non lo puoi contenere, non lo puoi dividere.
L’amore è sempre lo stesso eppure diventa altro ogni volta.
L’amore somiglia alla morte: ti fa battere il cuore, senti il rumore, non puoi scappare.
L’amore invade, nutre e delude.
Il titolo di questa silloge nacque una sera dopo un bacio lunare.
E quando ti accorgi che tutto l’amore del mondo non ti basta, e quando nessuno ti ama come vorresti, inizia a parlare, a sognare, a scrivere il tuo Disperato monologo d’amore
.
Prefazione
Quando la professoressa Maria Pagano mi ha chiesto se desideravo scrivere un’introduzione alla sua raccolta Disperato monologo d’Amore, già sapevo che non avrei potuto esprimere un giudizio oggettivo. Per sua stessa natura, l’ode poetica è soggettiva all’ennesima potenza, una miscellanea di suoni che suscita emozioni diverse in lettori altrettanto diversi. Le ho detto di sì con gioia, sposando l’affermazione di Fernando Pessoa: L’unica prefazione di un libro è la mente di chi lo legge
.
Senza indugio, mi sono concessa la libertà di far penetrare le parole della Pagano nella mia mente e lasciare che nelle settimane a venire scaturisse un fiume pervaso di senso e non-sense. L’anima e i pensieri più riposti della poetessa si delineano fin dall’inizio quali elementi di ricerca introspettiva. Le parole possono essere impalpabili, musicali, tristi, gioiose, ma nessuna parola in sé è adatta a descrivere il groviglio di emozioni e l’insieme di vibrazioni che si sprigionano dal suo animo fragile e forte, inquieto e sereno, malinconico e incendiario, perché in ogni tempo, luogo, spazio astrale... perdutamente innamorato dell’Amore.
La soggettività dell’espressione è evidente nell’utilizzo della prima persona di cui la Pagano fa largo uso. Tra le figure retoriche più accattivanti spicca l’utilizzo di fiori e frutta a catturare l’immagine e farne un parallelismo che conduce verso un concetto di Amore universalmente eterno, appartenente alla natura in tutte le sue variabili. E ancora, tra coriandoli, viole e preghiere, s’innalza la voragine dell’anima che con insistenza ritorna alla simbologia più amata dalla poetessa: le lacrime del cuore conservate tra ciliegi, papaveri, girasoli e peschi in fiore che, come scrigni magici, racchiudono i segreti di un vivere proiettato come sparo di cannone verso il profondo delle dinamiche, ove tutto è Amore, nel bene come nel male.
Nella poesia della Pagano si evince con commozione un’importante memoria emotiva che durante la lettura diviene un’avventura, un lungo viaggio verso la centralità. Dal non so chi sono