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La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905
La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905
La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905
E-book62 pagine53 minuti

La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905

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A fine XIX secolo gli Stati Uniti d'America, terminata la corsa all'Ovest, conoscono un periodo di gigantesco progresso industriale, agricolo e tecnologico e il costituirsi di enormi società e fusioni di società dette "pool" e "trusts", caratteristica espressione dell' economia americana. Al contempo la rilevanza assai modesta delle esportazioni rispetto al prodotto nazionale globale, la crisi bancaria del 1893 e la grave depressione economica, affiancata dalla chiusura della frontiera, fecero emergere spinte espansionistiche che trovarono il loro paladino nel 26° presidente Theodore Roosevelt, figura complessa di politico, convinto della necessità di un tipo di politica estera interventista e aggressiva , la ben nota politica del "grosso bastone", caratterizzata da negoziati pacifici a cui era affiancata la minaccia di un ricorso all' intervento militare, e da lui applicata soprattutto nell'area Caraibica e nel Pacifico. Con T. Roosevelt , postosi egli stesso quale "policeman dell' Occidente", gli U.S.A, rinunciando all'isolazionismo tradizionale, conobbero una prima svolta imperialista, peculiare fase storica che però si interruppe con la sua non rielezione alle presidenziali del 1908 e di cui il testo vuole offrire una panoramica generale indugiando anche, oltre che sugli aspetti legati all'interesse nazionale, anche sulla volontà moralizzatrice dei suoi promotori
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2019
ISBN9788827864159
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    Anteprima del libro

    La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905 - Carmen De Matteis

    633/1941.

    1. LE ORIGINI DELLA SVOLTA IMPERIALISTA TRA MORALITà CIVILIZZATRICE E INTERESSE NAZIONALE.

    Superato il trauma della guerra Civile e posto fine al sistema schiavistico gli Stati Uniti conobbero nella seconda metà del XIX secolo un periodo di impetuoso progresso industriale, agricolo e tecnologico, accompagnato da profonde trasformazioni sociali e politiche, che li proiettò in poco tempo in una posizione di accresciuto ruolo internazionale rispetto alle grandi potenze militari ed economiche dell' epoca: Impero Britannico, Germania, Francia, Russia e, in misura minore ma in formidabile ascesa tra le grandi nazioni, il modernizzato Giappone. Terminata la corsa all' Ovest che causò fra il 1860 e il1890 la completa rovina degli indiani il paese si avviò verso una fase di eccezionale sviluppo economico, favorito sia dalle immense ricchezze minerarie sia dall' incremento della produzione agricola la quale nel contempo trovò una preziosa alleata nell' industria, che la fornì di macchine e fertilizzanti. Il sistema funzionava in modo tale che mentre le vaste aree del fertile suolo americano fornivano alle industrie le materie prime (ad esempio per la distillazione dell' alcool e gli alimenti per allevare gli innumerevoli capi di bestiame destinati alle industrie degli insaccati, della carne in scatola, dei pellami, dei latticini eccetera) queste ultime, dal canto loro, soprattutto quelle estrattive e siderurgiche erano in grado di far fronte a tutte le richieste di macchine(da cucire, calcolatrici e agricole). Inoltre merci ed alimenti non mancavano mai di acquirenti per il continuo aumento della popolazione, favorito dal flusso costante degli immigrati. Se verso la fine del secolo gli USA esportavano solo un decimo della produzione industriale ben presto la ricchezza del paese fu tale che il presidente Harrison (1889-1893) poteva affermare: <¹>>.

    Enorme impulso al potenziamento economico fu la grandiosa rete ferroviaria che in breve collegò fra loro le città e svolse un ruolo cruciale nell' economia nazionale alimentando l'industria pesante con ordinazioni sempre più importanti in acciaio, macchine e attrezzature. Già nel 1962 le ferrovie collegavano il litorale atlantico con quello del Pacifico superando i 50.000 chilometri andando ad alimentare le comunicazioni già infittite dalla rete stradale e da quelle costituite dai grandi laghi e dai fiumi mentre nel 1897 le miglia di binari erano divenute 242.000. Attraverso di esse si spostavano il grano, il mais, i maiali, il cotone, il legname, i prodotti carboniferi e petroliferi provenienti da tutti gli stati produttori grazie all' efficiente sistema distributivo voluto dai magnati delle ferrovie e supportato dalla comunicazione istantanea per mezzo del telefono e del telegrafo. Se l'infittirsi delle comunicazioni e dei mezzi di trasporto furono il volano della realizzazione di economie di scala (cioè legate alla grande quantità del prodotto) anche il rapido sviluppo tecnologico fece da stimolo alla crescita economica. Con la scoperta e lo sviluppo del convertitore Bessemer fu possibile produrre acciaio di qualità superiore in grande quantità maggiore già nel 1875 del 50% rispetto a quella dell'Inghilterra con un margine che aumentava di anno in anno man mano che grandi inventori progettavano impianti e metodi più efficienti di produzione. Anche nel settore tessile e in quello dell'industria petrolifera gli Stati Uniti si dimostrarono in grado di prendere a prestito e migliorare le tecnologie già in uso come i giganteschi dispositivi delle pale a vapore necessarie per le grandi costruzioni e il cracking (o processo di pirolisi che permetteva ai raffinatori, alterando la struttura molecolare del petrolio, di avere il controllo su diversi prodotti)².

    L' economia americana trovò poi una sua caratteristica espressione nel costituirsi di enormi società anonime industriali unite in alleanza ovvero di associazioni fra imprese dette pool, in pratica <> di società indipendenti che si coalizzavano per controllare e dominare un'industria che però generavano l'inconveniente e la limitazione di non reggere alla pressione della recessione. Alcuni organizzatori indipendenti fra cui John D. Rockfeller si orientarono quindi verso combinazioni <> dette trusts, fusioni di società allo scopo di imporre tariffe vantaggiose ed eliminare i problemi della sovrapproduzione e della concorrenza grazie a una comune denominazione e amministrazione (dal momento che leggi statali proibivano che una società possedesse le azioni di un'altra). Il movimento delle fusioni decretò la bancarotta della vecchia concorrenza di piccola scala e l'avvento di un diverso concetto di capitalismo. Al posto di larghe schiere di aziende di piccole e medie dimensioni vi erano ora grandi

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