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I gatti di Sallustio: Storia di un quartiere romano
I gatti di Sallustio: Storia di un quartiere romano
I gatti di Sallustio: Storia di un quartiere romano
E-book185 pagine2 ore

I gatti di Sallustio: Storia di un quartiere romano

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Info su questo ebook

Una schiera di gatti popolava fin negli anni settanta i resti degli Horti Sallustiani, la villa dello storico romano Sallustio. Lì di fronte ha abitato la famiglia dell'autore e per i ragazzi il nome di questo grande ignoto era indissolubilmente legato a questi gatti. Questa è una storia di gatti, della vita di Sallustio, dei suoi famosi giardini e dei loro ultimi proprietari, i Boncompagni-Ludovisi e il libraio Joseph Spithöver, e di come le loro ville furono distrutte dopo il 1870 per costruire le abitazioni e i Ministeri dei nuovi quartieri Ludovisi e Sallustiano. Ciononostante parecchie delle antiche opere venute alla luce si sono salvate e possono essere oggi ammirate nei musei di Roma, Firenze, Copenaghen, Londra e Boston.
LinguaItaliano
Editoreepubli
Data di uscita13 gen 2015
ISBN9783737521178
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    I gatti di Sallustio - Salvatore Algieri

    I gatti di Sallustio

    Salvatore Algieri

    Copyright: © 2014 Salvatore Algieri

    Copertina: Daniela Algieri

    published by: epubli GmbH, Berlin

    www.epubli.de

    ISBN 978-3-7375-2117-8

    German edition: Die Katzen des Sallust

    Copyright: © 2014 Salvatore Algieri

    published by: epubli GmbH, Berlin

    www.epubli.de

    ISBN 978-3-7375-0133-0

    Genitoribus optimis

    Philippo et Romildae

    in memoriam

    Erano gli horti di Salustio vicini alle mura di Roma, tra la via Salaria, e la Semita alta, molto piacevoli, e pieni di delitie fatti per commun diporto del Popolo Romano: conciosiache vi fosse un luogo molto vago per la verdura, e pe’ l bello ordine de gli arbori. Et innanzi à questo verso la via Salaria era una piazza, e un tempio della Dea Venere, come dimostra un’inscrittione che ancora vi si trova, e intorno à questi luoghi vi erano bellissimi portichi, e magnifichi edifitij, ne i quali si conservavano, e si mostravano cose maravigliose, come corpi di Giganti, e di Nani, ò di Pigmei: ossa di Balene, e altre simili stravaganze.

    Monsignor Michele Mercati, De gli obelischi di Roma, 1589

    Indice

    1. Chi era Sallustio?

    2. La politica a Roma ai tempi di Sallustio

    3. Ma è tutto vero?

    4. I giardini

    5. Venere Ericina

    6. Tempo di guerra

    7. I corsi d’acqua dei giardini

    8. La distruzione di Roma

    9. Spithöver

    10. Pulcinella, Pincio e un obelisco

    11. I gatti

    12. La storia di Villa Ludovisi

    13. Una cerva va a Copenaghen

    14. La Wehrmacht viene a pranzo

    15. Antiquari, falsari e contrabbandieri

    16. Che cosa è rimasto?

    Cronologia

    Link ai musei e raccolte

    Fonti delle illustrazioni

    Note

    Fig. 1 – Dai giardini di Sallustio, ripreso al naturale da F. Preller

    1. Chi era Sallustio?

    Noi ragazzi ci chiedevamo spesso come mai abitassimo in un posto chiamato piazza Sallustio, che non era affatto una piazza ma 3-4 strade tutt’intorno ai resti dell’antica villa dello storico romano Sallustio, gli Horti Sallustiani. Sallustio deve aver accumulato un bel patrimonio se poteva permettersi una tenuta di 20-30 ettari alla periferia della Roma di allora, oggi nel centro della città.

    Quella parte degli Horti Sallustiani che è oggi visibile era – ed è ancora – circondata da un muretto. Questa recinzione delle antichità sallustiane venne realizzata intorno al 1880 quando fu dato il via alla urbanizzazione intensiva della valle Sallustiana. La valle fu colmata in modo che gli antichi monumenti si ritrovarono circa dieci metri al di sotto del nuovo livello stradale e per proteggerli si dovè costruire un muro di sostegno. Il muro fu il risultato della controversia tra il Comune e l’allora proprietario, il libraio tedesco Josef Spithöver, che voleva realizzare il nuovo quartiere secondo le sue idee. La soluzione di compromesso fu:

    Il gruppo dei ruderi antichi esistenti quasi al centro della valle verrebbe dal Signor Spithöver conservato mediante un recinto ottagonale [in realtà piuttosto pentagonale] a lati diseguali….

    Così sorse Piazza Sallustio (chiamata all’inizio Piazza Sallustiana). Dal muretto (Fig. 2) si guarda in giù circa 10 metri e si ammirano i resti di una costruzione che ricorda un po’ le Terme di Caracalla (Fig. 46). Queste rovine erano il paradiso dei gatti: esse offrivano rifugio alla coccolata stirpe dei gatti romani e il nostro interesse era rivolto esclusivamente a loro.

    Fig.2 – Il muretto di Piazza Sallustio

    Ma chi era questo Sallustio che ha dato il nome ad un intero quartiere? Nato nell’anno 86 a. C. in un piccolo paese vicino all’Aquila, Sallustio era il rampollo di una famiglia di benestanti che però a Roma non erano conosciuti. Come tanti altri promettenti figli di genitori ambiziosi Sallustio fu inviato a Roma per completare la sua educazione nella speranza che potesse un giorno conquistarsi un posto nella migliore società romana. Sallustio racconta nei suoi scritti di essersi dedicato molto presto alla politica per naturale inclinazione ma lì trovò parecchio che lo disgustava: invece di onestà e virtù regnava nel mondo della politica svergognatezza, corruzione e avidità. I tempi non sono cambiati di molto.

    Gli antichi storici hanno rimproverato a Sallustio di non essersi sempre comportato secondo i canoni sbandierati nelle sue opere ma il lamento sulla decadenza morale della società romana è una costante nella storiografia latina – dagli inizi fino al decadere della potenza di Roma. Gli storici hanno spesso glorificato l’integrità morale della vita pubblica come un fattore fondamentale nell’espansione di Roma, che poteva imporsi sul mondo di allora solo se i cittadini continuavano a praticare le virtù dei padri. Ogni disfatta che i barbari infliggevano alle legioni romane era vista come un segno dello sfavore degli dei a causa della decadenza morale della società.

    Sallustio ha vissuto in un’epoca di grandi ribaltamenti storici che hanno poi portato all’ascesa di Augusto e al collasso delle istituzioni repubblicane. A un certo punto i romani e gli italici erano stanchi delle continue guerre civili e di sempre nuovi intrighi ad alto livello e desideravano un sovrano benevolo che fosse in grado di porre fine al caos. Allora – come in parecchi paesi oggi – la scelta era fra libertà e stabilità politica.

    2. La politica a Roma ai tempi di Sallustio

    Il primo secolo avanti Cristo ha visto un acuirsi delle lotte politiche con conseguenze disastrose per la popolazione del mondo romano di allora che si espandeva lentamente dalle Gallie fino all’Egitto. Battaglie tra politici ce ne sono sempre state e ce ne sono ancor oggi ma le rivalità, le nascoste alleanze e le guerre aperte di quest’epoca della storia romana sono diventate proverbiali e formano la materia di tanta letteratura (erudita e popolare). Chi non ha sentito delle lotte tra Mario e Silla, tra Cesare e Pompeo, tra Antonio e Ottaviano? Ma anche personaggi meno guerreschi, scrittori come Cicerone e Sallustio, per esempio, hanno dato il loro contributo a questi conflitti con violenti attacchi verbali, calunnie e intrighi di ogni sorta: Cicerone contro Cesare, Cicerone contro Antonio, Sallustio contro Cicerone e Sallustio dalla parte di Cesare.

    Come si può aver successo in politica? La ricetta è – allora come oggi – con denaro e alleanze. Chi disponeva di un sostanzioso patrimonio familiare poteva considerarsi fortunato. Ma la mancanza di mezzi propri non poteva frenare le ambizioni dell’uomo politico in-spe; una soluzione si trovava sempre: si poteva per esempio cercar di sposare una ricca vedova, oppure si facevano debiti. Nell’antica Roma il mondo della finanza era già molto progredito: a causa delle enormi ricchezze che venivano trasportate nell’Urbe dalle province, non c’era mancanza di mezzi finanziari che cercavano uno sbocco.

    Roma non poteva controllare soltanto con le armi un territorio che nel frattempo era cresciuto enormemente. Una brillante qualità della politica di Roma era la capacità di integrare i sovrani locali nel controllo dei loro popoli. Gli storici romani (non escluso Sallustio) vorrebbero farci credere che i popoli del Mediterraneo e dell’Oriente non desiderassero altro che diventare sudditi di Roma. È vero che la fama della cultura romana esercitava una grande attrazione su queste genti ma era soprattutto il più solido argomento della supremazia militare che costringeva i regnanti locali a cooperare. In fondo era un buon affare per tutti: i sovrani locali potevano continuare ad esercitare la loro autorità come riflesso della potenza romana e i romani godevano delle ricchezze di questi paesi con lo sfruttamento delle miniere d’oro e con l’esazione di balzelli onerosi. Roma è diventata famosa per la competenza militare e per le opere d’ingegneria (acquedotti! strade!) ma un’arte nella quale i romani erano veramente maestri era nel tirar fuori tributi dalle tasche dei popoli vinti. Già allora lo stato aveva scoperto i vantaggi della privatizzazione: invece di metter su un’enorme burocrazia, si affidava la riscossione delle tasse al settore privato. I contratti di appalto erano messi all’asta e schiere di affaristi cercavano di vincere questi lucrativi contratti. Per aumentare la loro efficacia i publicani si organizzavano in società finanziarie, le societates publicanorum.

    Gli abitanti delle province venivano salassati senza pietà; specialmente nell’Oriente la fonte di ricchezze era pressoché inesauribile. Plutarco ci racconta che la provincia d’Asia

    era afflitta da un’incredibile calamità: gli esattori delle tasse e gli usurai depredavano e asservivano i cittadini che erano costretti a vendere i loro nobili figli e le loro vergini figlie, le città dovevano vendere i doni sacri, i quadri e le statue degli dei.

    Ma ce n’era per tutti: gli esattori, gli amministratori romani e i senatori a Roma che facevano finta di non vedere; tutti si servivano alla stessa tavola. Ma a volte si trovava un proconsole come Lucullo che ordinò una moratoria dei debiti:

    Prima di tutto si potevano mettere in conto soltanto interessi che non superassero l’uno per cento al mese. In secondo luogo annullò gli interessi che superavano l’ammontare del debito e come terza misura, la più importante, stabilì che il creditore poteva esigere soltanto fino a un quarto del reddito del debitore.

    Erano soprattutto i popoli dell’Oriente dai quali si succhiava la più grande quantità di ricchezza. Ma ogni tanto il sovrano locale riusciva ad avere la meglio sui romani e non tralasciava l’occasione per impartire loro una solenne lezione. Uno di questi sovrani era Mitridate, re del Ponto. Egli ci fa sapere chiaro e tondo in una lettera riportata da Sallustio nelle sue Historiae:

    I romani hanno un solo motivo per portare la guerra su tutti i popoli e i re e cioè una sete insaziabile di potere e di ricchezza. ….Essi prima lusingano i re con la loro amicizia, li fanno guardiani del loro stesso popolo e poi li degradano con umiliazioni e spoliazioni sicché da re diventano i più miserabili schiavi.

    Roma dovette vedersela in tre guerre con questo sovrano finché a Pompeo riuscì di eliminarlo nel 63 a. C. Ma nella seconda guerra il legato Manio Aquillio cadde nelle mani di Mitridate il quale mise in scena uno spettacolo molto educativo per i romani, che poteva avere per titolo Senza parole. Egli fece trascinare il povero Aquillio per le strade di Pergamo tra il sollazzo della folla urlante e poi, come apice della manifestazione, gli fece versare in gola oro fuso. Aquillio era, per così dire, rimasto soffocato dall’oro.

    Può sorprendere quanto la letteratura latina sia pervasa da storie di debiti: giovani romani con brillanti prospettive che cadono nelle mani degli strozzini, suicidi a causa di debiti non pagati, perdita di posti lucrativi per via di eccessivi indebitamenti – reali o supposti. Nella storia delle elezioni a Roma la corruzione di coloro che si trovavano con l’acqua alla gola a causa dei debiti gioca un ruolo importante. Anche Sallustio, come vedremo, ha avuto problemi di debiti.

    Ma nella politica non si raggiuge granché se non si hanno solide alleanze. Oggi un uomo politico può contare sulla quantità dei sostenitori: chi ha esperienza nei mezzi di comunicazione di massa può far marciare migliaia di persone per le strade e portare anche milioni di elettori alle urne. Allora la qualità stava in primo piano: bisognava trovare sostenitori provenienti da una ricca famiglia, che preferibilmente avesse già dato alla patria qualche console e che potesse mobilitare anche un certo numero di clientes. Anche allora bisognava metter insieme un partito e nell’organizzazione di un partito

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