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Ginevra, l'amante del duca
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E-book188 pagine2 ore

Ginevra, l'amante del duca

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Info su questo ebook

Guglielmo per possedere la bella Ginevra, chiede aiuto alla maga Eluteria!
LinguaItaliano
Data di uscita21 feb 2019
ISBN9788831602747
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    Anteprima del libro

    Ginevra, l'amante del duca - Giovanni Tenca

    Self-Publishing

    GOITO, A.D.1587..

    Ai primi d'agosto di quell’anno di grazia, la voce che Guglielmo Gonzaga, terzo duca di Mantova, aveva i giorni contati si sparse ovunque e nel cortile della Cavallerizza numerosi erano i popolani che giungevano da ogni parte per apprendere le ultime notizie sulla salute dell’augusto infermo.

    Vi era, dunque, un viavai incessante e i bollettini medici che di tanto in tanto erano diramati, toglievano a chi ancora ne aveva, le ultime speranze; la malattia era giunta ormai allo stadio più avanzato ed era inutile sperare nella sua reversibilità.

    La maggioranza dei sudditi, eccezion fatta per i Monferrini che l’avevano in odio, avrebbe rimpianto il periodo d’oro di Guglielmo che per gli abitanti di Goito, nonostante la sua proverbiale avarizia, aveva sempre dimostrato benevolenza e magnanimità.

    «Non sarà così col principe Vincenzo!», mormorava taluno preoccupato.

    «Il futuro duca dimenticherà il nostro paese, ne sono convinto!», diceva talaltro con una smorfia.

    «Egli corre troppo appresso la Parmigiana!»

    «Eh, la Sanseverino… Dicono che sia una gran bella donna e si è invaghito di lei!», si vociferava ancora.

    «Chiamalo stupido!», rifletteva qualcun altro con una punta d’invidia.

    I timori dei Goitesi, purtroppo erano fondati: Vincenzo Gonzaga trascorreva il suo tempo nel castello di Colorno ad amoreggiare con la dama più appetitosa del momento, nonché a perdere con altri sfaccendati che vi erano ospitati, ingenti somme di denaro al gioco!

    Intanto, nella sua stanza da letto, costantemente tenuto nella penombra, il Duca era fatto alzare almeno due volte nel corso della giornata e accompagnato alla comoda poltrona posta in un angolo e ivi si appisolava per svegliarsi, di tanto in tanto, sussultando e tremando a causa della forte febbre che lo dilaniava. I cerusici si agitavano e gli giravano intorno, non sapendo più che cosa fare, salvo praticargli reiterati salassi, i quali, peraltro, non facevano che peggiorare il suo già precario stato di salute. Nei momenti di lucidità, del resto sempre più rari, Guglielmo spalancava gli occhi e con voce flebile, al fedele conte Cattanei, domandava:

    «Ginevra… Dov’è Ginevra?»

    Il suo cuore di bigotto non aveva saputo resistere alla genuina e dirompente bellezza di una dama di corte: Ginevra Rosselli sposata a Callisto Cornelio Cervoni, fattore della tenuta Bardellona appartenente alla corona ducale.

    LE GAMBE DI GINEVRA.

    La storia che lo indusse a deviare dalla sua dirittura morale ebbe inizio una decina d’anni prima.

    In un luminoso pomeriggio di fine maggio, la bellissima Cortigiana, attraversando il parco, come sempre faceva per tornare alla Bardellona, dove viveva con il consorte, si sentì prudere sopra i ginocchi e in maniera irresistibile.

    Doveva essere una sfacciata, gigantesca pulce!

    Dette uno sguardo veloce intorno per assicurarsi che non vi fosse qualche occasionale spettatore; a parte alcuni caprioli che brucavano l’erba a pochi passi da lei, non scorse anima viva o almeno così le era sembrato.

    A ridosso di un cespuglio di lauro, alto e vigoroso, alzò la lunga e vaporosa gonna sino alle anche e si concesse una furiosa grattata, quasi sino a scorticarsi.

    «Non ne potevo più…», sospirò di sollievo e riprese il cammino interrotto.

    Il duca Guglielmo, che nelle giornate assolate amava trattenersi all’aperto, trovandosi dietro a un altro cespuglio, non poté fare a meno di ammirare la scena e, immediatamente, si sentì invadere da una strana e piacevole sensazione, mai provata prima!

    Nella sua vita giammai ebbe a vedere estremità femminili così fantastiche; quelle storte e rachitiche della Duchessa erano quanto di più brutto esistesse al mondo e non avendo mai avuto alcuna possibilità di confronto, era convinto che, sotto i pesanti sottanoni dell’epoca, le gambe delle donne fossero tutte uguali.

    Il nostro Duca, pertanto, fece una grande scoperta che lo rese euforico, quasi in stato confusionale e mentre Ginevra scomparve in fondo il viale, egli lasciò il parco, gemendo e nitrendo come un cavallo, al punto che un palafreniere, vedendolo in quell'insolita veste, un po’ titubante, gli si rivolse educatamente.

    «Altezza… non vi sentite bene? Posso fare qualcosa per voi?»

    «Macché, stupido, sto benissimo! Ho solo visto un paio di gambe… gambe stupende, divine, da non credere! Sai tu, bell’imbusto, che cosa significa vedere un bel paio di gambe femminili?»

    «Eh, no…»

    «Perché sei ignorante e per questo ti farò impiccare, animale!»

    «Per colpa delle gambe, signor Duca?», celiò il giovane.

    «Per la tua incompetenza in fatto di belle gambe e ora stai zitto!», gridò il Duca che non voleva smettere di pensare a ciò che di meraviglioso ed eccitante aveva scoperto da poco.

    Il Palafreniere, abituato alle innocue sfuriate del suo Signore, sghignazzò divertito e desideroso di prolungare lo spasso, seguì il Duca sino a quando, questi, scomparve all’interno del castello.

    Guglielmo trascorse una notte agitata, combattuto dal desiderio carnale e la paura di peccare; gl’incubi lo tormentarono a lungo, finche riuscì a prendere sonno durante il quale sognò il marchese Francesco II, suo nonno, che lo incoraggiò a muoversi nei riguardi della bella Ginevra, tanto più che costei era la diretta discendente della formosa e focosa Genoveffa, con la quale, da mortale, se la spassava allegramente nei pagliai della Bardellona.

    «Smettetela Duca di comportarvi da stupido bacchettone e certi principi lasciateli ai canonici che, del resto, nemmeno loro osservano! Pensate a mio figlio Ercole, cardinale e pontefice in pectore, peraltro vostro zio e tutore! Non vi risulta, per caso, che fu anche un appassionato frequentatore di alcove? Per non parlare di papa Borgia, Alessandro VI, il quale, da porporato, con la Vanozza, mise al mondo personaggi come Cesare, detto il duca Valentino e l’affascinante Lucrezia che, in terze nozze con il duca Alfonso d’Este, divenne mia cognata! Da pontefice, poi, Alessandro non condusse vita morigerata e irreprensibile, anzi, fu il più grande puttaniere di Roma con la tiara in testa! Dunque, lasciate stare la morale e aggrappatevi alla donna che vi piace tanto; v’assicuro che se assomiglia anche solo un po’ alla sua antenata, non vi rimarrà tempo di pensare a quello scorfano di vostra moglie!»

    «Uuuh, che bel sogno! Grazie nonno, mi avete convinto!», esclamò contento al suo risveglio.

    Mandò immediatamente a chiamare il prezioso oggetto dei suoi desideri.

    «Signora», disse, quando le comparve dinnanzi, «sono ormai quarantenne, ma v’assicuro che da ieri è come avessi vent’anni, almeno sotto un certo profilo! E sapete perché?»

    Ginevra a quello strano e incomprensibile discorso cadde davvero dalle nuvole.

    «No… Altezza… non saprei proprio…», balbettò, non immaginando neppure lontanamente dove il Duca volesse arrivare.

    «Allora sarò più esplicito!», dichiarò egli puntandole il dito e osservandola con uno strano sguardo.

    La Castellana, intimorita, trattenne persino il fiato: ebbe l’impressione di essere sotto inchiesta, pur sapendo di non avere commesso nulla.

    «A volte, però, senza volerlo… ma no, che c’entro io con i suoi presunti vent’anni!», pensò con il cuore in tumulto.

    «C’entrate, c’entrate, signora: ve l'assicuro!», rilevò Guglielmo che parve avere intuito il suo pensiero. Proseguì: «Ieri pomeriggio, quando, diciamo così, nel parco vi metteste in libertà, mi trovavo a breve distanza da voi e ho scoperto… Insomma, non ho potuto evitare di ammirarvi…»

    Il Gonzaga sembrava imbarazzato.

    Ginevra ricordò la solenne grattatina con le sottane al vento e, preoccupata per le possibili conseguenze, si mise le mani nei capelli.

    Il Duca, bigotto professo, poteva ritenere oltraggioso il suo involontario atteggiamento: correva forse il rischio di morire bruciata viva come le streghe?

    Nella Mantova delle implacabili inquisizioni si poteva finire al rogo per molto meno: bastava una soffiata maligna da parte di qualche invidioso e tutto finiva sulla pira, senza appello!

    La bella Ginevra Rosselli, discendente forse della focosa Genoveffa, poteva stare tranquilla, giacché il duca di Mantova aveva per lei ben altri galanti progetti.

    Lei, però, ignorava le sue mire e credette d’essere caduta in disgrazia!

    «Oh, Monsignore, perdonate… non sapevo… credevo di trovarmi sola… sapete, una pulce… forse due o tre…», balbettò atterrita.

    Vedendola così spaventata, il Duca le s’avvicinò premuroso e fece il tentativo di metterle il braccio sulle spalle, ma, essendo piccolo di statura e lei alta, non vi riuscì; allora, rimediò cingendola ai fianchi.

    «Non abbiate timore, mia cara; non c’è proprio nulla da perdonare, sapete? Anzi, mi avete costretto a una scoperta meravigliosa, più importante, per me, di quella dell’America avvenuta qualche decennio fa.», rantolo eccitato. «Semmai vi fosse una manchevolezza da parte vostra, sarebbe quella di non avermi mostrato prima il… il vostro stupendo, incomparabile… continente!

    «Oh!», mormorò Ginevra emozionata dall’imprevedibile e inaspettata svolta della vicenda.

    Risultò fin troppo chiaro che il ducale Cicisbeo prese una solenne sbandata per lei in quei pochi attimi che la vide con le gambe scoperte!

    «Con quella racchia di moglie che si ritrova, mi sembra abbastanza normale!», pensò Ginevra divenuta serena e svincolandosi dalla presa del Principe, il cui braccio stava pian piano scivolando, maliziosamente, verso il basso.

    La voce del duca di Mantova la distolse dalle sue riflessioni. Egli sembrava contrariato per quel gesto e immediatamente l’uomo dolce e patetico, rientrò nel ruolo di chi è solito comandare.

    «Signora, alzate il sipario e mostratemi le gambe!», le ordinò imperiosa-

    mente.

    La donna riprese il suo sangue freddo e con aria civettuola, rispose:

    «Per l’amor di Dio, Altezza…»

    «Su, su, non fatevi pregare! Non sarà mica la fine del mondo, perbacco!»

    «No, ma io sono felicemente sposata!»

    «Non importa, noi desideriamo visionare!», affermò grintoso usando il pluralis maiestatis.

    «Ma signor Duca, amo mio marito e prima di commettere una cosa simile…»

    «Ebbene?»

    «Devo… devo almeno chiedere il suo consenso.»

    «E pensate di ottenerlo?»

    La sordidezza del consorte era fuori discussione e Ginevra ritenne che non sarebbe stato poi tanto difficile ottenere un beneplacito, purché vi fosse un sostanziale tornaconto economico.

    Inginocchiandosi davanti a lei, supplichevole come non lo fu mai con nessuno e indovinando i suoi pensieri ancora una volta, il Duca farfugliò:

    «Madonna, se sarete mia, vi coprirò d’oro e di gioielli, la Bardellona sarà vostra e chiederò a mio cognato Imperatore la prestigiosa baronia di San Girolamo per vostro marito, ma, ovviamente, anche per voi, giacché diventereste baronessa.»

    Una proposta lusinghiera e tale da indurre persino San Pietro a gettare nel profondo le chiavi del paradiso!

    Callisto Cornelio Cervoni, ambizioso sino all’inverosimile, trovandosi ricco e con un titolo nobiliare da esibire, avrebbe spiccato salti di gioia!

    Ginevra pure si sentì invadere dalla cupidigia, ma, allo stesso tempo, fu presa da un terribile senso di ribrezzo: come avrebbe potuto concedere le sue grazie a quell’uomo brutto e deforme, sia pure duca di Mantova, di Goito, di Casale Monferrato e di cento altri luoghi?

    Epperò, la posta in gioco non poteva e non doveva essere ignorata… essendo l’unica occasione per arricchire e diventare baronessa; già si vedeva entrare nei grandi saloni d’onore, al braccio del Barone suo consorte e udiva la voce del cerimoniere che annunciava: Il Barone e la Baronessa di San Girolamo!

    Che bella e grande soddisfazione sarebbe stata!

    «Sono curiosa di sentire Callisto Cornelio Cervoni che, conoscendolo, do per scontato il suo parere favorevole, anche se, sulle prime, da buon ipocrita, fingerà di tergiversare a causa dell’onore d'entrambi, del quale, a fronte di una cuccagna simile, non gliene importerà un bel niente!», si disse, gongolando dentro di sé.

    Frattanto, decise di guadagnare tempo e molto diplomaticamente, rispose al Duca:

    «Altezza, siete generoso e vi ringrazio, ma, sapete, il mio onore, ne va del mio onore…»

    Guglielmo Gonzaga ebbe l’impressione che Ginevra volesse mercanteggiare e ritenesse insufficiente quanto aveva proposto!

    Si rizzò in piedi con inferocita espressione e lo sguardo di fuoco.

    Conviene precisare che i sensi del Duca, sino ad allora pressoché dormienti, si risvegliarono di prepotenza a causa dell’intravista nudità di Ginevra, come si desta un vulcano dopo secoli e secoli di letargo.

    Solo tre volte e per mera ragion di stato, la sua virilità si fece protagonista e giunse al terzo round solo perché i primi due fruttarono un paio di femminucce, le quali, agli effetti dinastici e in virtù della legge salica, valevano zero!

    Del resto, per il deforme Principe, le tentazioni coniugali erano assai scarse, mentre quelle extra egli stesso le considerava fuori della sua dirittura morale!

    Le donne, poi, che indossavano quei sottanoni lunghi sino ai piedi, sotto dovevano essere tutte uguali: che gusto c’era a ritrovarsi con un paio di gambe storte e rinsecchite come quelle della duchessa?

    Questo era la sua convinzione, finché, come s’è visto, non scorse Ginevra nel parco con le sottane per aria! Stavolta, morale

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