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E-book215 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Il dottor Lumino è uno scienziato che si è prefissato un obiettivo, comprendere se la luce si comporta da onda o da particella. In seguito a un esperimento decisivo prenderà atto, con suo grande stupore, che esiste un profondo e intimo legame tra osservatore e osservato, il quale lo porterà a scrivere un nuovo modello di fisica.
LinguaItaliano
Data di uscita15 nov 2018
ISBN9788867828852
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    Anteprima del libro

    Fotonico - Enrico Valdifiori

    Valdifiori Enrico

    FOTONICO

    Valdifiori Enrico

    Fotonico

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio d’Adda-Mi

    www.gdsedizioni.it

    www.gdsbookstore.it

    Ogni riferimento descritto nella seguente opera a cose, luoghi, persone o altro è da considerarsi del tutto causale.

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Immagine copertina – Pixabay

    DISPONIBILE ANCHE IN FORMATO CARTACEO

    Certo che la luce è strana. Quando pensi che debba irradiarsi in tutte le direzioni, lei ti sorprende e ne sceglie una soltanto, e quando invece sei convinto, ma proprio convintissimo di localizzarla in un punto ben preciso, allora lei, quasi per dispetto, si sparpaglia dappertutto e tu non ci capisci più niente. E anche con il tempo lei gioca, e pure con l'energia. Insomma, la luce ne combina davvero di tutti i colori.

    Darne una definizione non è affatto facile, non si può liquidare il discorso dicendo, ad esempio, la luce è quella 'cosa' che consente a tutti noi di vedere oppure la luce è il prodotto di chissà quali reazioni che avvengono negli astri. No, no, no! Il tema è troppo importante per cavarsela così.

    Per nostra fortuna c'è stato un fisico un po' strano, un fisico di quelli che non badavano al modo di vestirsi e nemmeno di pettinarsi, un uomo che a prima vista tutto sembrava tranne che uno scienziato. A dire il vero, chi lo avesse guardato bene e con attenzione avrebbe giurato di trovarsi innanzi a un tizio con qualche rotella fuori posto. Ma al di là delle apparenze egli era davvero una persona speciale, mossa dalla curiosità dei bambini e dal desiderio degli adulti. Da piccolo toccava e osservava tutto poi si fermava a riflettere su ciò che aveva appena toccato e osservato. Da grande tentò di dare spiegazioni ad alcuni misteri della scienza, in particolare a uno, alla luce appunto, centrando, dopo tantissimi anni, pienamente l'obiettivo. Il suo sguardo fu di meraviglia dal primo al suo ultimo giorno di vita terrena. Per tutti era Lumino, il dottor Lumino, e questa è la sua storia.

    1

    Non ne veniva proprio a capo perché doveva ancora decidere se dirlo al suo maestro oppure no visti gli inaspettati risultati che l'ultimo esperimento compiuto gli aveva fornito. Pieno di dubbi, stava seduto nel suo laboratorio senza più la cognizione dello spazio e del tempo.

    Allora, occorre dire questo per fare un poco di chiarezza, la comunità scientifica, riguardo la natura della luce, era scissa in due scuole di pensiero. Da una parte il dottor Isacco, maestro del dottor Lumino, asseriva la teoria corpuscolare della luce, ossia sosteneva a piena voce che la luce fosse formata da corpuscoli e che questi corpuscoli, tra le altre proprietà, avessero una, seppur piccolissima, massa. Dalla parte opposta, il dottor Cristian era convinto, anzi convintissimo, che la luce si comportasse come un'onda, proprio come quelle del mare, e che si propagasse dunque in tutte le direzioni e che trasportasse con sé solo energia e mai e poi mai materia. Le due teorie, e anche il lettore più carente di basi scientifiche se ne sarà accorto, erano in evidente contraddizione.

    Bene, ora possiamo tornare nel laboratorio del dottor Lumino dove quest'ultimo, dopo essersi alzato e portato a una finestra, stava seguendo con lo sguardo un cumulo mosso dal vento.

    « É inutile che io rimandi. Rimandare è un ottimo sistema per ingigantire il problema, » prese a dire a se stesso ad alta voce,

    « quindi ora vado a far visita al mio vecchio maestro insieme alla più brutta notizia che io possa dargli. Così è la vita... E così pare sia anche la scienza, mannaggia a li pescetti! » concluse un istante prima di lasciare il suo laboratorio tenendo stretti tra le mani alcuni fogli.

    Il dottor Lumino e il dottor Isacco avevano la casa e il laboratorio nello stesso quartiere, la distanza che separava l'allievo dal maestro era percorribile a piedi evitando i mezzi di trasporto, soprattutto quando il tempo non era avverso. Siccome era quello un giorno di inizio primavera, reso un poco freddo dall'ultima parte dell'inverno, ma già in gran parte colorato e vivo dall'avvento della nuova stagione, si incamminò per nulla convinto di ciò che stava per fare.

    Per ciascun viandante era un'autentica gioia guardarsi attorno e notare il risveglio della natura e della città anche se il piacere più grande lo si provava nel respirare l'aria umida e balsamica di cui i polmoni parevano non averne mai a sufficienza. Il silenzio che caratterizzò i mesi gelidi venne infranto dal ritorno di molte specie di uccelli che ripresero a cinguettare allegramente come fossero stati il coro di un'orchestra che ha di fronte a sé un teatro pieno di persone. Oltre ai suoni, lo stesso fecero anche i colori, il verde in particolare. Lo si poteva vedere nei boschi, nei campi, nelle valli, e pensare che appena un paio di settimane prima tutto appariva sbiadito, opaco, noioso e le uniche tre tinte che l'occhio ritrovava ovunque erano il marrone dei rami e dei tronchi, il grigio del cielo e il bianco della neve.

    Ma quella rinascita sembrava, in quel preciso frangente, non interessare affatto il protagonista di questa storia.

    Il dottor Lumino durante il tragitto scosse il capo innumerevoli volte fermandosi ogni dieci o venti passi poiché in lui c'erano due volontà, come se egli non fosse più una singola persona bensì due in assoluta antitesi. Era scisso perfettamente a metà e nessuna delle due, al momento, era in grado di vincere sull'altra. Il suo pensiero era in ordine, non chiedeva altro che essere trasmesso, eppure il suo cuore gli diceva di no, di non farlo.

    La passeggiata durò poco - poco per l'epoca, sia chiaro -, circa una quarantina di minuti, perché la dimora del dottor Isacco, e adiacente a essa il suo laboratorio, si trovava a quattro chilometri dall'abitazione del dottor Lumino e a cinque dal laboratorio del medesimo, il quale, a sua volta, distava tre chilometri dall'indirizzo in cui il suo proprietario risiedeva. Congiungendo idealmente i tre luoghi si sarebbe ottenuto un triangolo rettangolo, e il dottor Lumino ne stava percorrendo l'ipotenusa.

    Giunto al vertice dell'angolo minore di questo triangolo rettangolo immaginario, senza avere ancora preso una decisione, si ritrovò davanti alla porta del laboratorio del dottor Isacco. Dopo un profondo sospiro, titubante, assai titubante, bussò sicuro che egli fosse al suo interno. Dovette trascorrere un intero minuto prima che il dottor Lumino potesse rivedere il suo maestro oramai anziano e stanco e che a rilento si muoveva. A parte gli occhi, tutto in lui aveva subìto l'ingiuria del trascorrere degli anni.

    « Che piacere, Lumino caro! Prego, entra pure » gli disse il dottor Isacco mettendogli una mano su una spalla.

    « Grazie maestro. Come sempre lei è molto gentile. »

    « Ricordati, caro Lumino, che non si è mai gentili a sufficienza. Non lo dimenticare, mi raccomando. Ecco, vieni. Andiamo a sederci. »

    Il laboratorio del dottor Isacco dava l'impressione di essere stato un poco abbandonato a se stesso e per il dottor Lumino la polvere che si era depositata sulla scrivania, sui libri e sulle vecchie strumentazioni era in un certo senso la stessa che copriva le sue idee. Almeno così gli veniva spontaneo pensare.

    I due, comodi nelle rispettive poltroncine, cominciarono a parlare dapprima di fatti umani come la salute e la famiglia per poi approdare alla pura ricerca scientifica.

    Il dottor Isacco alternava alle sue frasi grandi boccate di fumo e di tanto in tanto metteva tabacco fresco al posto di quello bruciato nella sua pipa.

    « Caro Lumino, » disse a un certo punto il dottor Isacco, « chissà se riuscirai mai a fare luce su questa apparente e insanabile contraddizione. Oh, non per me, sia chiaro! Per quanto mi riguarda di contraddizioni nemmeno l'ombra. Però non tutto l'ambiente scientifico la pensa come il sottoscritto. Pazienza. In fondo l'uomo ha impiegato millenni per comprendere che il pianeta Terra non era piatto, eppure era così facile, talmente semplice... Ma, tornando a noi, l'obiettivo che ti sei posto ti fa onore, ed è bello vedere che l'allievo prediletto impegna tutte le sue forze e il suo ingegno per dimostrare al di là di ogni dubbio la validità della teoria del suo maestro. Tu sei stato lo studente più capace a cui io abbia mai insegnato ed è giusto che tu abbia preso la mia cattedra all'università quando io sono andato in pensione pur proseguendo, nei limiti del possibile, la mia ricerca. »

    Al dottor Isacco piaceva molto parlare. Purtroppo per l'interlocutore di turno egli finiva col raccontare sempre le stesse storie, il suo repertorio ne contava una dozzina al massimo, e lui le ripeteva senza farci caso, le ripeteva per lo stesso motivo che fa tornare e ritornare un cliente che ha mangiato bene e pagato il giusto nel medesimo ristorante, né più né meno.

    Il dottor Lumino, che nel frattempo si era convinto di avere recuperato un briciolo di coraggio di cui sentiva averne tanto bisogno, era in attesa, tra una boccata di fumo e l'altra del suo maestro, dell'istante giusto per comunicargli i risultati del suo ultimo esperimento, senonché il suo maestro ricominciò per l'ennesima volta il racconto di una sua antica e cruciale esperienza di uomo e di scienziato.

    « Sai, a quel tempo mio figlio era piccolo e io non perdevo occasione di guardarlo. Era da poco passato il giorno di Natale, il sottoscritto era seduto sulla sua poltrona e lo stava osservando con curiosità, tanta curiosità. Egli teneva in mano il giocattolo che gli avevo regalato per quella ricorrenza qualche giorno addietro. All'inizio ci giocava e basta. Essendo un bimbo, ci giocava e si divertiva. Ma poi accadde l'inimmaginabile. Con mio enorme stupore successe che cominciò a romperlo, a ridurlo in pezzi. »

    « Secondo lei perché lo fece, caro maestro? » gli chiese il dottor Lumino pur sapendo perfettamente la risposta.

    « Perché lo fece, tu mi domandi? Beh, lo fece perché mio figlio era intelligente. E lo è tutt'ora, te lo posso assicurare! »

    « Buon sangue non mente, eh? »

    Il dottor Isacco sorrise compiaciuto, dopodiché proseguì nel suo racconto.

    « Una volta ridotto in parti egli comprese come esso funzionasse. E qui c'è un passaggio di pensiero assai importante: l'atto distruttivo è necessario per la comprensione dei fenomeni. Allora, io, come illuminato, decisi di fare altrettanto con la luce. Desiderai immediatamente trovare un modo per romperla, se così posso dire, al fine di carpirne tutti i suoi segreti, la sua intima e vera natura. »

    « E come faceste, caro maestro? »

    « Come feci? Beh, lì per lì non feci proprio nulla perché avevo sì un desiderio ma nessun strumento per realizzarlo. Finché un giorno - sappi, caro Lumino, che c'è sempre un giorno più importante degli altri - mi trovai con mia moglie lungo le bancarelle di una fiera che si svolge ogni anno. Ricordo che vendevano di tutto, davvero qualunque cosa, anche la più strana. Passeggiando e guardando qua e là venni improvvisamente catturato da un oggetto. Questo oggetto era un prisma. Aveva una forma bellissima e luccicava assai. Mi piacque così tanto che lo acquistai subito, su due piedi. Dissi e me stesso: non so come ma questo oggetto mi tornerà utile. Terminammo la passeggiata e tornammo insieme a casa. L'indomani mi recai qui, esattamente dove ora ci troviamo, in questo mio studio abbastanza ampio da poter essere chiamato laboratorio. Fatto sta che con quel prisma in mano, non sapendo ancora cosa farmene, mi venne un'intuizione. E come tu sai bene le intuizioni vengono e basta, e io sono del parere che esse, forse, non sono neppure spiegabili. Per fartela breve, decisi di praticare un piccolo forellino là, in quella persiana. C'è ancora, quel forellino, esso è un documento storico per la scienza! »

    « ... e a quel punto, per caso, prendeste il prisma e faceste in modo che quel raggio lo colpisse? » gli domandò il dottor Lumino con l'unico scopo di accelerare il racconto che da parecchi anni sapeva a memoria.

    « Esatto. E non hai idea di quanta fu la mia meraviglia! Qui, in questo mio studio, vidi l'arcobaleno! Compresi allora che la luce ha i colori dentro di sé. Scomponendola tramite il prisma, così come mio figlio scompose il giocattolo che gli regalai, capii che essa celava al suo interno tutto lo spettro cromatico.

    Il mio divertimento e il mio personale piacere raggiunsero livelli non descrivibili a parole. Lo sai anche tu, caro Lumino, che per noi scienziati la gioia più intensa la si prova innanzi a una scoperta. »

    « Sì, spesso è vero. Tuttavia ritengo che non sempre le scoperte producano solamente gioia nello scienziato di turno » borbottò pensando al suo ultimo esperimento.

    « Perché dici questo? »

    « No, niente, niente, caro maestro... La mia è stata solo una riflessione ad alta voce. Ma prego, continui pure la sua storia » , e lo invitò a proseguire, pentito di avere sciupato una buona occasione per informarlo del fatto che la sua teoria non era più valida.

    « Ah, ti stavo dicendo che per un anno esatto scomposi la luce, la osservai, feci le mie prove, le mie supposizioni. Insomma, giocai con quel prisma. » Il dottor Isacco s'interruppe per svuotare nuovamente la pipa e metterci altro tabacco.

    « Per quale motivo scomponeste la luce e giocaste con quel prisma per un anno esatto e non, ad esempio, per sei mesi soltanto? » gli chiese il dottor Lumino ma guardando da un'altra parte, sospirando un poco per la noia.

    « Che domande! Perché per riacquistare un altro prisma dovetti attendere la fiera successiva. »

    « Ah, giusto, giusto. E cosa faceste dopo l'acquisto? » seguitò a chiedergli l'allievo continuando a guardare altrove e a sospirare.

    « Cosa feci? Te lo dico subito. Venni qui di corsa, rifeci buio, con il primo prisma scomposi la luce e poi la ricomposi con il secondo. Luce bianca, colori e infine luce bianca. Con mia grande meraviglia avevo rimesso insieme il giocattolo! Avevo compreso la natura della luce! »

    « Questa storia ha davvero dell'incredibile, mi creda » gli disse il dottor Lumino convinto, sincero, senza ironia e senza la volontà di prendersi gioco del suo maestro.

    « A onor del vero debbo dire che prima ancora di acquistare il secondo prisma mi accorsi che ciascun colore, una volta scomposto, si propagava in linea retta seguendo una determinata direzione. Questo fenomeno ha una sola spiegazione, e tu la conosci benissimo. Ciò si verifica perché la luce è formata da corpusc... »

    In quel preciso momento la porta si aprì e comparve una figura. Quella figura era il dottor Cristiaan in persona.

    « Oh, chi si vede! Buongiorno dottor Cristian. Anzi, buona sera » gli fece il dottor Isacco. « Qual buon vento l'ha portata qui? » , e vuotò per l'ennesima volta la sua pipa.

    « Qual buon vento lei mi dice? É il vento della verità, il mio! Sono giunto qui, senza preavviso, con i miei lavori in mano, affinché lei si convinca dell'inesattezza della sua, ormai desueta e antiquata, teoria.

    Ma qualcosa mi dice, vista la sua presunzione, che non sarà mai e poi mai disposto ad ascoltarmi. »

    « Invece la stupirò. Ma prego, prego. Si sieda insieme a noi. Ecco, venga qua.

    E farfugli pure, se questo è ciò che desidera... »

    Il dottor Cristiaan si accomodò dopo avere richiuso la porta. Si sedette e cominciò a esporre le sue argomentazioni.

    In un attimo il colloquio divenne uno scontro. Quello studio mutò rapidamente in un piccolo campo di battaglia e le urla non tardarono a farsi sentire.

    « Signori! Signori! » dovette intervenire il dottor Lumino.

    « Suvvia! Siate cheti. Non c'è motivo di alterarsi in tal modo », e ricordò a loro un detto, un detto molto semplice, un detto che dice che se due persone si scambiano una mela, alla fine, avranno entrambe una mela, proprio come prima, ma se invece di avere una mela essi hanno in testa un'idea al termine di questo secondo scambio ciascuno avrà due idee e non più una.

    Purtroppo non funzionò affatto. Non ci fu nulla da fare. Come due adolescenti pieni di testosterone, o come due galli in un pollaio, quei due scienziati si scannarono a colpi di teorie, locuzioni sempre più complesse, rimandi etimologici e perfino filologici.

    Nell'istante in cui il dottor Lumino comprese che niente e nessuno li avrebbe potuti fermare, nella confusione da loro creata, piano piano, quatto quatto, iniziò a dirigersi silenziosamente verso la porta con intatto, intattissimo, il suo dubbio, il dubbio se fosse stato il caso o no di comunicare al suo anziano maestro i risultati del suo ultimo esperimento. Però, prima che lasciasse quel laboratorio, il dottor Isacco disse, rivolgendosi al dottor Lumino:

    « Mi dispiace per l'accaduto, Lumino caro. Sarò lieto se tornerai a farmi visita in un'altra occasione. »

    « Certo, maestro, tornerò senz'altro. Non si preoccupi. »

    « Vieni, ti accompagno alla porta. Ma forse tu volevi mostrarmi qualcosa?

    Cosa sono quei fogli che tieni tra le mani? »

    « Questi? Ah, in questi fogli c'è la lezione che terrò domani ai miei studenti. Son tutte cose che lei sa molto bene » , e gli sorrise come meglio poté.

    Con un cenno del capo il dottor Lumino salutò anche

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