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Fata e strega: Conversazioni su televisione e società
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E-book81 pagine1 ora

Fata e strega: Conversazioni su televisione e società

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Info su questo ebook

Una conversazione appassionata e pungente nella quale Carlo Freccero racconta l’evoluzione del rapporto tra comunicazione pubblica, cultura e società. Un viaggio che ha per protagonista la televisione e che parte dalla Tv degli sceneggiati e del maestro Manzi per arrivare sino a quella dei format, dei reality e al sistema dei social.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2019
ISBN9788865792094
Fata e strega: Conversazioni su televisione e società

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    Anteprima del libro

    Fata e strega - Carlo Freccero

    9788865792094

    Il libro

    Una conversazione appassionata e pungente nella quale Carlo Freccero racconta l’evoluzione del rapporto tra comunicazione pubblica, cultura e società. Un viaggio che ha per protagonista la televisione e che parte dalla Tv degli sceneggiati e del maestro Manzi per arrivare sino a quella dei format, dei reality e al sistema dei social.

    Gli autori

    Carlo Freccero è direttore di Rai 2. Nei suoi quarant’anni di attività ha attraversato tutte le fasi della televisione, italiana e non: dalla Tv commerciale, con Canale 5, Rete 4, La Cinq e Italia 1, al servizio pubblico, con France 2, France 3 e Rai 2, alla Tv satellitare, con RaiSat, per approdare alla Tv digitale con Rai 4. Insegna Comunicazione presso l’Università degli studi di Genova e collabora con diverse riviste specializzate.

    Filippo Losito è autore e regista torinese. Ha scritto per la narrativa, il teatro e la televisione. Alla Scuola Holden di Torino è coordinatore del college Serialità & Tv e docente in Corporate Storytelling. Tra i suoi ultimi lavori: La stand-up comedy, Dino Audino, Roma, 2019.

    Indice

    Prefazione

    I. Tutti colti. Il servizio pubblico televisivo

    II. Tutti ricchi. La Televisione commerciale

    III. Tutti influencer. La Televisione digitale

    Bibliografia

    Ai miei allievi della sezione Alta sicurezza del carcere di Marassi, Genova

    Prefazione

    C’era una volta un re che disse alla sua serva: «Raccontami una storia». La serva incominciò: «C’era una volta un re che disse alla sua serva: Raccontami una storia. La serva incominciò: C’era una volta un re...».

    La serva (oggi useremmo il più politicamente corretto colf) è l’autore della storia, la voce narrante, il soggetto, o non è piuttosto l’oggetto della narrazione, che racconta di lei e del suo racconto? Chi parla di chi?

    Della favola esiste una versione in dialetto ligure. Dato che il ligure scritto è illeggibile anche per i liguri stessi, ve ne do direttamente la traduzione in italiano: «La favola del Bestento, che dura da lungo tempo, vuoi che te la racconti? La favola del Bestento che dura da lungo tempo, vuoi che te la racconti?. La favola…». E così all’infinito.

    Siamo chiaramente di fronte alla enunciazione di un paradosso di specchi paralleli in cui chi si riflette e chi è riflesso, chi parla e chi è parlato emergono successivamente come autori l’uno dell’altro.

    Escher, il disegnatore dei paradossi, ha dato due versioni grafiche del paradosso. In una, una mano disegna una mano che a sua volta disegna la mano che la disegna. In un’altra, sull’etichetta del cacao è rappresentata una donna che regge la scatola del cacao su cui è applicata un’etichetta che descrive una donna che esibisce la scatola del cacao, la cui etichetta rappresenta la donna nell’atto di esibire l’etichetta.

    Cosa c’entra tutto questo con l’argomento di questo libro?

    Rappresenta l’idea che mi è venuta in testa quando mi hanno proposto un’intervista sulla televisione. «Di cosa si tratta?» ho chiesto. «Parlare di televisione», mi è stato risposto; ma ho pensato: se la televisione ci parla, chi parla di chi, quando parliamo di televisione?

    Diamo giudizi sulla televisione in base a una mentalità che è prodotta dall’influenza della televisione stessa su di noi e sul nostro modo di pensare. In sostanza, quando parliamo di televisione, è la televisione che parla di se stessa attraverso di noi. Questo bizzarro paradosso scaturisce da un mio convincimento reale che ha in un testimonial di tutto rispetto come Marshall McLuhan la sua enunciazione: «Il medium è il messaggio».

    Che cosa significa? Come lo stolto, quando il saggio indica la luna, si limita a prendere in considerazione il dito, così solitamente noi siamo interessati al semplice contenuto del discorso, al messaggio, senza porci il problema del medium che lo mette in forma, che gli conferisce il senso che noi percepiamo. Il medium non è un semplice supporto, la piattaforma su cui il messaggio è scritto, ma è, al contrario, il vero senso del messaggio che il medium, e non il presunto autore, formula per noi. Cosa può fare allora l’autore per esprimersi? Deve affidarsi al medium, conoscerne il funzionamento, assecondarne la logica. Solo così il suo messaggio sarà efficace.

    Pura teoria cervellotica? Posso testimoniare di no, perché, avendo sperimentato personalmente nel mio lavoro quotidiano il funzionamento della teoria da un punto di vista pratico, non posso che arrendermi all’evidenza delle cose.

    Io ho usato da sempre, per fare televisione, la frase «il medium è il messaggio» come un manuale di istruzioni, una cassetta degli attrezzi. Di conseguenza sono partito ponendomi la domanda: «Cos’è la televisione? o meglio, in cosa differiscono i modelli televisivi che si sono succeduti nel tempo?». Ho avuto la fortuna di sperimentarli tutti, per caso, ma anche per scelta personale. Non mi piace ripetere, adagiarmi sulla consuetudine e fare del lavoro una routine. Così, quando ho potuto, ho scelto modelli di televisione sempre diversi su cui lavorare.

    Li enuncio qui in ordine cronologico, non rispetto alla mia esperienza, ma seguendo la storia della televisione:

    1) servizio pubblico;

    2) televisioni locali;

    3) televisione commerciale;

    4) televisione digitale e reti tematiche;

    5) televisione fuori dagli schemi e su supporti mobili: computer, smartphone e tablet.

    Perché possiamo parlare di media diversi se la televisione è un unico medium? Perché nel tempo sono intervenuti cambiamenti radicali.

    La televisione nasce in bianco e nero con uno schermo fisso, di piccole dimensioni e un unico canale. Se non teniamo conto di queste limitazioni non possiamo capire il progetto di servizio pubblico che caratterizzò l’archeologia della televisione europea.

    Col tempo sono stati aggiunti altri canali, ma in misura limitata.

    Aldo Grasso nel

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