Mediocrazia, il silenzio dei colpevoli
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Anteprima del libro
Mediocrazia, il silenzio dei colpevoli - Giovanni Panunzio
Eco
Introduzione
I mezzi di comunicazione di massa sono un'illusione trapiantata nella mente del cittadino, attraverso quegli stessi mezzi di comunicazione, per far pensare all'homo civicus di essere protagonista attivo della vita politica, nella sua accezione più ampia: che attiene alla polis, la città.
I detentori del potere massmediatico hanno usato dunque, in malafede, una parola per un'altra – comunicazione anziché trasmissione – ben sapendo che comunicazione di massa
non è solo la prima illusoria televendita promozionale della storia, ma anche un'utopia: impraticabile, irrealizzabile; a meno che un parolaio di turno non voglia spiegarmi come si possa comunicare tutti con tutti, simultaneamente, e vivere in una nuova torre di Babele
, o peggio nella Babilonia più eccelsa.
In Italia il problema è stato vissuto in maniera molto diversa, per non dire traumatica, rispetto ad altri luoghi; perché dopo gli anni '80 – anni della democrazia cristiana (sic!) e della democraxia delle tangenti e del socialista Bettino Craxi – il nostro Paese ha cominciato a conoscere un'ennesima forma di pseudo-partecipazione popolare: la mediocrazia (da non confondere con il mainstream, corrente informativa di cui parlano solo anglofili chic e ganzi convinti).
In continuità tra prima e seconda Repubblica, potremmo chiamarla mediocraxia, visti i solidi legami tra i protagonisti che si sono passati il testimone. Li definirei box recintati
, anagramma di Bettino Craxi.
Le democrazie perfette non esistono, è risaputo; ma quelle chiamate subdolamente democrazie
, il cui fine è far pensare all'elettore che il voto sia importante per la scelta dei rappresentanti del popolo, non solo non sono perfette: non sono neppure democrazie. Tanto più che è interesse degli eletti far aumentare l'astensione dei votanti, fingendo di rammaricarsene, per avere sempre meno persone da ascoltare, o di cui occuparsi, e sempre più potere di stampo oligarchico o plutocratico (cioè nelle grinfie dei ricchi) da gestire.
Domanda: è forse democrazia permettere a chi ha migliori risorse finanziarie, e non migliori idee, di sovrastare gli avversari politici con un presenzialismo mediatico assillante e una propaganda elettorale spasmodica?
In Italia si è fatta passare per democrazia la prevalenza, anzi la prepotenza dei media, la mediocrazia appunto, rivelatasi tra l'altro fautrice di mediocrità: a Nomina sunt consequentia rerum (i nomi corrispondono alle cose) è stato abbinato Nomen omen. A maggior ragione ciò è successo a noi, con un'arroganza senza precedenti, poiché proprio da noi negli anni '90 è emersa una figura, alias un mezzo-figuro (vista la statura) che con la sua politica e le sue imprese
, in particolare le tv commerciali, ha inquinato e corrotto la società, tradendo per fini prettamente economici i valori che i nostri padri ci avevano affidato e insegnato a rispettare e amare. Ovviamente non parlo solo di escort, prostituzione parlamentare e mercimonio umano a vari livelli. La M di mediocrazia, per esempio, ha fatto scopa con molte aziende o interessi del mezzo-figuro: Mediaset, Mediavideo, Milan, Milano2, Medusa, Molmed, Mediatrade, Mondadori, Teatro Manzoni, villa San Martino, Macherio, legge Mammì... Per non parlare del nuovo Miracolo italiano e dei Milioni di posti di lavoro non pervenuti. Domanda: si tratta di fatalità? O è predilezione per una consonante che richiama la mafia, la massoneria e chissà quali altre fregature? Certo che per un tizio che è nato a Milano, che in latino è Mediolanum (nome con cui ha battezzato pure una banca) e che contiene sia il dito medio (Medio) che il fondoschiena (l'anum), non c'è molto da dubitare sugli intenti che si prefiggeva. O no?
Il nostro – o mostro? – è stato perfino Cavaliere del lavoro. Dopo una condanna penale, però, si dice che abbia rinunciato al titolo, auto-sospendendosi prima che fosse disarcionato. Ma non è l'unico suo cavalierato. Infatti è pure: Cavaliere dell'Ordine Piano (qualifica ricevuta in Vaticano); Cavaliere di Gran Croce con placca d’oro del Sacro Militare Ordine costantiniano di san Giorgio (un attimo... riprendo fiato); Cavaliere di prima classe – Trenitalia e Italo non c'entrano – dell’Ordine della Stara Planina; Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine reale norvegese al merito; e Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Stella di Romania. Sembrano battute, bufale
, ma non lo sono. Sono invece titoli idonei per darsi anima e corpo all'ippica. E invece...
Io continuerò a chiamarlo più o meno allo stesso modo: cioè Cavoliere, per le cavolate (voglio essere gentile) che ha pronunciato e messo in atto negli anni. I danni che ha arrecato all'Italia, soprattutto alle nuove generazioni, sono incalcolabili; e purtroppo il suo progetto si è sviluppato grazie a un numero significativo di famiglie nostrane; alla complicità di una classe o casta giornalistica che, per piaggeria, ha praticato l'auto-censura; alle distrazioni
della Chiesa cattolica.
Riguardo la piaggeria, a chi sostiene che il mezzo-figuro non abbia mai preteso nulla da nessuno, né avrebbe mai avanzato richieste pro domo sua, bisogna spiegare che quando (per esempio) venivano decise certe nomine alla Rai, servizio pubblico radiotelevisivo, e il Cavoliere era Capo del Governo, non era necessario che egli si intromettesse. Ci pensavano i suoi leccapiedi ad accontentarlo: per piaggeria, appunto, e per apparire belli e bravi ai suoi occhi. Sono stati troppi, e lo sono ancora, quelli che volevano piacere al Cavoliere. Per i servi del potere lo scambio dell'inchiostro con la saliva è una tradizione.
Difficilmente nei decenni futuri il Belpaese – termine autocelebrativo adottato da noi per il clima, il patrimonio artistico, la storia, la cultura e il paesaggio – potrà liberarsi del berlusconismo e dei suoi seguaci, senza dover affrontare un travaglio micidiale. Perché dal paesaggio al paesaccio il passo è stato compiuto.
Questo saggio non vuole essere una ricetta medica o magica per uscire dal berlusconismo, ma un'esposizione dei fatti e dei connubi tra tele-compravendite, massoneria (deviata) e mafia, che un giorno del 1994, nel silenzio generale, riuscirono a piazzarsi a Palazzo Chigi.
La tv, che un tempo nacque come mezzo d'intrattenimento, divenne così mezzo d'informazione, falsandone le regole. Tant'è che se molti programmi televisivi venissero trasmessi alla radio, nessuno si accorgerebbe della differenza.
Dall'altra parte, molti conduttori radiofonici che hanno deciso di fare televisione sono stati ridimensionati e spenti
: lo aveva preannunciato il gruppo musicale britannico Camera Club nel 1979 con il pezzo
Video killed the radio star (la tv ha ucciso la stella della radio), ripreso dal duo inglese The Buggles. A dirla tutta, il brano riguardava il triste destino dei big della canzone e delle loro eccelse vocalità che, con l'arrivo dei videoclip, avrebbero perso popolarità e splendore; ma poi la stessa sorte ha colpito speaker e conduttori. Un esempio per tutti è il giornalista Gerardo Greco, bravo animatore radiofonico Rai a inizio-carriera, così come da corrispondente a New York, ma impersonale presentatore di talk-show dal 2011 a oggi, soprattutto dopo essere finito alla corte del Cavoliere, al Tg4.
Una delle peggiori peculiarità delle ex-star radiofoniche, quando approdano in tv, è quella di non sapersi gestire con disinvoltura (sia nei gesti, che nei movimenti) durante la conduzione. Proprio Gerardo Greco è solito passeggiare nervosamente in studio, con andirivieni da mal di testa; mentre Andrea Vianello (per citare un esempio equivalente) – altro ex giornalista Radio-Rai, cugino dell'attore Raimondo Vianello e nipote del cantante Edoardo Vianello e del poeta Alberto Vianello (un accenno al nepotismo non guasta mai) – dopo il trasferimento al piccolo schermo ha messo in luce una sovraeccitazione inattesa, con movimenti e scatti
innaturali: la voce, da sola, non avrebbe mai fatto percepire nulla.
La tv che intratteneva, pertanto, si è trasformata da pot pour rire (pentola per ridere) a pot-pourri (pentola imputridita), rafforzata dalla quantità crescente di presentatrici che, con la loro intelligenza emotiva, l'hanno resa più ansiogena.
Ma prima di procedere, alcuni dubbi sono imprescindibili.
- Se il Cavoliere non avesse acquistato e condizionato con il potere politico le frequenze radiotelevisive e i media che controlla e manovra, sarebbe riuscito a nascondere o camuffare, dietro una folta cortina fumogena (come è successo), i suoi illeciti e quelli dei suoi sodali?
- In caso contrario, la stampa, non ritrovandosi assoggettata al mezzo-figuro, avrebbe parlato dei traffici
del Cavoliere in maniera differente, o meglio obiettiva e libera?
- Se il mezzo-figuro non avesse trattato i cittadini da dementi (basti vedere cosa ci ha propinato con le sue tv oscene, violente e diseducative) e non li avesse definiti, invece, intelligenti, solo perché votavano per lui, quanta strada avrebbe fatto nei crani dei creduli, poco avvezzi alle televendite e ai loro inganni, questa tattica da adulatore-imbonitore?
N.B. Imbonitore è il terzo appellativo che introduco e che userò per etichettare il Cavoliere, malgrado lo faccia inalberare (statene certi).
- È giusto che un imprenditore editoriale e televisivo (tra l'altro in regime di finto duopolio) che si candida alla guida di un Paese abbia la possibilità, attraverso i giornali e le emittenti di sua proprietà, di attaccare ogni giorno, dall'opposizione, la controparte che ha vinto le elezioni? Non è una delle situazioni più sgradevoli e deprecabili del conflitto d'interessi?
- L'Imbonitore sarebbe mai diventato Capo del Governo italiano, visto che la leadership gli è servita per camuffare la sua vera natura di leaderscipp?
Non siete obbligati a rispondere. A meditare sì... almeno fino all'ultima pagina.
La ciliegia sulla torta di questa introduzione, però, vuole essere l'anagramma del nome del mezzo-figuro: risibile convulso
. Mai etichetta fu più appropriata, per uno che non s'arrabbia mai, si indigna
(parole dei suoi farisaici lacchè); per uno che ha fatto delle donnine discinte a sua disposizione uno stile di vita; per uno che avrebbe potuto tranquillamente scambiarsi di posto con Beppe Grillo, ma con risultati contrari, beninteso. Ops, non volevo fargli un complimento!
La sostanziale differenza tra i due è che Grillo è stato ed è un osservatore della realtà, anche dal di dentro: lo testimoniano i suoi spettacoli live. Il Cavoliere invece l'ha osservata e interpretata a modo suo, standone al di fuori e fidandosi di sondaggisti e inservienti che vivono nel mondo dorato della disinformazione, Olimpo dei tarocchi
: dove fiction e reality, parole apparentemente opposte, sono indistinguibili. Ecco perché l'Imbonitore, fino a quando non ha avuto concorrenza, ha fatto il bello e il cattivo tempo. Solo l'arrivo di un Grillo nelle vesti di capo-popolo poteva scompaginargli i piani. Se fosse stato un politico qualunque non sarebbe mai accaduto. Per riuscirci doveva essere uno come lui, ma fuori dalla mediocrazia. Bisognerà vedere se in futuro Beppe Grillo non ci finirà dentro, mani e piedi. Se così fosse, almeno sarà servito a liberarci dal Cavoliere. Liberarci dal suo stile, invece, sarà un'impresa ben più ardua: chissà quanti Grillo dovranno passare...
A proposito, l'anagramma di Beppe Grillo è porgli plebe
. Quando ha iniziato a calpestare scene e palchi, e dopo aver fondato il Movimento 5 Stelle (M5S), Grillo è stato accontentato. Chissà chi gliel'ha porta (voce del verbo porgere) la plebe... Un fatto è certo: nel momento in cui il M5S è andato al Governo insieme alla Lega, la mediocrazia ha reagito scompostamente in tutte le sue componenti, consapevole che per lei sarebbe potuto essere l'inizio della fine. Il fuoco di fila delle stigmatizzazioni e le fila del fuoco nemico non hanno perso tempo: capitanati, come sempre, dal capostipite della tv-spazzatura-vomito-fogna che ha appiattito tutti al proprio volere, il Cavoliere.
La consapevolezza che potesse essere una strategia perdente non ha minimamente sfiorato le loro meningi, a riprova del loro vecchiume comunicativo.
In questo libro, dunque, la mediocrazia non è il predominio sociale e culturale della classe media
, come è scritto nel dizionario Treccani. Né è quella esplicitata dal filosofo canadese Alain Deneault nel saggio La mediocrazia
, o declamata
dal poeta francese Louis Bouilhet. Loro fanno riferimento solamente, ma non è poco, alla mediocrità dilagante dalle parti di chi decide, di chi comanda. Qui invece è la sintesi (o la crasi, fusione di due o più vocali) del potere in mano ai mediocri e del potere in mano ai media.
Quella che un giorno l'economista Paolo Savona ha chiamato mediacrazia
, per me è diventata – facendo tesoro delle opinioni dei miei illustri predecessori – mediocrazia, allargata a tutte le parti e a tutti i significati che la compongono.
Di democrazia, ovviamente, non c'è nulla: la differenza anagrammatica è in una sola vocale, la i
di ignominia.
Se poi qualcun altro volesse vederci il dito medio, come ho fatto io quattro pagine or sono, non mi oppongo, considerando che la mediocrazia berlusconiana è nata per metterlo in quel posto agli italiani: con la i
che torna prepotentemente alla ribalta. Il legame con La leggenda del Grande Inquisitore
di Fëdor Dostoevskij c'è tutto, e non solo a causa di quella i
.
Buona lettura.
E buona presa di coscienza del berlusconismo che è in voi.
P.S. Mentre scrivo, il Cavoliere interferisce ancora nei media, soprattutto i suoi, per criticare il Governo che l'ha messo fuori gioco. Interviene sempre meno di persona, e sempre più al telefono e in differita: con, in primo piano, la foto del viso di 15 anni fa. E la voce che oramai sembra provenire dall'oltretomba.
Mi ricorda la storia di El Cid Campeador, condottiero spagnolo di epoca medievale che rimase ferito mortalmente nell'ultima battaglia, ma chiese ai suoi di farlo partecipare al prosieguo – lo scontro sarebbe ricominciato da lì a poco – affinché l'esercito non si scoraggiasse. Nel frattempo spirò.
La moglie allora lo fece imbragare in un supporto di ferro nascosto sotto l'armatura e lo piazzò su un cavallo. El Cid rientrò in battaglia, all'apparenza vivo, e provocò incredulità e scompiglio tra i nemici perché la voce della sua morte si era già sparsa.
La mediocrazia ci dirà mai che il mezzo-figuro è morto?
Oppure continuerà a farci sentire la sua voce registrata?
O la mancanza di un successore creerà disorientamento tra le truppe forziste
, fino a quando non salterà fuori un degno erede?
Chi vivrà, vedrà.
Certo, se vivrà.
Il popolo non elegge chi lo cura, ma chi lo droga.
Nicolás Gómez Dávila
Democrazia consumistica
Se volete conoscere tutti i guai giudiziari del Cavoliere, questo libro non fa per voi. Esistono già Wikipedia, Marco Travaglio e altre prolifiche penne o tastiere che ci aggiornano.
Qui troverete invece la conferma che la mediocrazia, grazie al mezzo-figuro in questione e ai suoi tirapiedi, ha calpestato e soppiantato la democrazia.
Nel 1994, quando l'Imbonitore si presentò per la prima volta alle urne, non avrebbe dovuto trovare ospitalità nei media, se non fossero stati suoi. Secondo una stravagante teoria del Cavoliere, difatti, chi si propone ex novo alle elezioni, dunque con una rappresentatività limitata o nulla, non può avere lo stesso spazio dei partiti esistenti.
"Vi pare giusto – disse nel 2003 – che mi debba trovare al Costanzo Show o da Vespa come un qualsiasi altro leaderino di serie C? Non sta né in cielo, né in terra questo obbligo di dare spazi uguali a tutti i partiti a prescindere dai voti che prendono".
Bel concetto di democrazia avariata! E leggiamo cosa disse alla stampa il 12 aprile 2018 contro un suo avversario politico:
Sappiate distinguere chi è veramente democratico da chi non conosce nemmeno l'abc della democrazia
.
Facile parlare così quando si incarna un altro tipo di rappresentanza! La mediocrazia, appunto: tanto padronale, quanto ingannevole. Se c'è qualcuno che non avrebbe mai dovuto dare a chicchessia lezioni di democrazia è proprio il Cavoliere, visto che la democrazia di cui parla è la stessa che lui, scientificamente, ha manipolato, distorto e annientato.
In base alla sua teoria sugli spazi in tv, quindi, quando il mezzo-figuro (insieme a Marcello Dell'Utri) fondò Forza Italia e per la prima