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Hey, Bro...
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E-book88 pagine1 ora

Hey, Bro...

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Info su questo ebook

La perdita di un lavoro, lo scoraggiamento, sentimenti mai o mal espressi, esperienze di varia natura con un’unica compagna di vita - la musica - attraverso un dialogo più o meno immaginario molto speciale.
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2019
ISBN9788831610490
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    Anteprima del libro

    Hey, Bro... - Davide Bortoletti

    Indice

    PATATRAC

    LA VISITA INASPETTATA

    INCREDULITA'

    RIPRENDERE IL FILO

    IN STUDIO DI REGISTRAZIONE

    MUSICA... E NON SOLO

    L'ENNESIMO COLLOQUIO

    TUTTO PER ISCRITTO

    IL TAGLIO FINALE

    IL FIGLIO DI SVEVA

    NATALE...

    … E DINTORNI

    I GIARDINI DI MASTER

    Davide Bortoletti

    HEY, BRO...

    PATATRAC

    "Io vorrei sapere

    chi governa il mondo

    e cosa gli direbbe

    uno che è senza lavoro..."

    (Litfiba - Ragazzo)

    Sembrava un giorno come tanti altri: sveglia alle otto meno dieci, doccia e colazione, sigaretta e via in ufficio. Timbratura ad una manciata di minuti prima delle nove e arrivo alla mia scrivania, ma giusto il tempo di sedermi e la mia responsabile, un tipino a modo, mi disse: E' inutile che accendi il computer, non funziona nulla. Di là ci sono i grandi capi saliti da Roma che hanno bloccato tutto. Ci devono comunicare qualcosa.

    Quel qualcosa lo sapevamo già da un bel po' ma non credevamo potesse accadere così presto: ci tenevamo quindi l'illusorio beneficio del dubbio fino a quando possibile mentre l'aria tra di noi si faceva sempre più pesante e gli sguardi sempre più preoccupati. I miei occhi erano fissi verso la pila di bonifici da fare che mi ero preparato il giorno prima ma eccoli entrare in fila per uno: mancava solo l'alzabandiera.

    Il primo, l'amministratore delegato, ricordava l'Urlo di Munch: a parte questa brutta caratteristica, il resto era più brutto ancora. Il secondo, uno dei direttori generali, era un sosia spiaccicato di Alvaro Vitali, con tutto il rispetto per un attore che secondo la mia modesta opinione merita l'Oscar alla carriera. Il terzo, l'addetto dell'ufficio del personale, non mi ricordava nessuno ma aveva già quello sguardo agghiacciante tipico di chi doveva dire qualcosa che non voleva dire e di chi non voleva essere lì in quel momento. Glielo si leggeva negli occhi, ma doveva recitare la parte del burattino esecutivo che a comando parlava. E parlò.

    Ci disse sostanzialmente che nel giro di una decina di giorni dovevamo prendere la decisione di trasferirci a Roma o di rimanere disoccupati, e lo fece con un giro di parole da presa in giro: era palese il fatto che l'intento era di disfarsi di noi ma la dialettica usata è stata attenta e preparata nei minimi dettagli tanto da non pronunciare mai la parola licenziamento. Erano talmente sicuri del nostro cedere le armi che avevano già le nostre lettere di dimissioni belle e pronte per essere firmate. Lettere uguali per tutti, contenenti pure alcune meschinità che per come avevamo lavorato in quegli anni francamente non meritavamo e che infatti non firmammo subito: dovevamo prima decidere se accettavamo o meno il trasferimento.

    Molti di noi da subito non presero in considerazione quest'eventualità mentre io e pochi altri la valutammo per alcuni giorni: alla fine fui l'ultimo a non accettare. Il piano di quei pezzi di merda andò quindi a buon fine con ben venticinque persone su ventisette da far dimettere, mentre le due rimanenti accettarono il trasferimento solo perché si avvicinavano a casa. Del resto chi aveva il coraggio di lasciare famiglie, case, affetti, passioni, lasciandoti solo una manciata di giorni di tempo per decidere? E per lo più per andare a seicento chilometri di distanza con un'etichetta di indesiderati già spiaccicata addosso a priori? La decisione era presa, ci rimaneva solo di andarcene con il miglior accordo possibile. L'intervento di un legale mitigò il contenuto di quella lettera di dimissioni divenuta leggermente meno schifosa mentre il sindacato ci aiutò ad ottenere, oltre alla liquidazione e alla buonuscita spettanti, anche un sussidio di mobilità che nel mio caso durava due anni.

    Questa è una breve cronistoria di quanto accaduto in quei giorni. Potrebbe essere piena zeppa di ulteriori dettagli, di dialoghi, di descrizioni di sguardi, di pianti, di quelle strane sensazioni di trovarti con i tuoi oramai ex colleghi in una sala riunioni di un sindacato e non più seduto in quella scrivania. La verità è che in quei momenti e anche successivamente non riuscivo a provare letteralmente nulla: quel repentino cambio di vita e di abitudini mi aveva letteralmente pietrificato e reso quasi privo di ogni energia e lucidità. Mi sentivo svuotato in ogni cosa che facevo, dal portare in giro curriculum nelle varie agenzie interinali della zona ai vari incarichi in parrocchia ed in vicariato, dall'attività sportiva che facevo per mantenermi un minimo in forma al suonare la chitarra nelle mie due band.

    Ebbi una lieve ripresa quando fui assunto per sei mesi in un'azienda vicino casa come impiegato part time: per i primi due mesi il tutto procedeva piuttosto bene ma poi inspiegabilmente iniziarono distrazioni, situazioni tra me e i titolari che sembravano soffocarmi e che moralmente mi stendevano; conseguentemente si accentuò di molto anche l'insofferenza per quanto stavo facendo anche al di fuori del lavoro. La forza era ai minimi termini e la fine di quei sei torridi mesi era giunta come una liberazione. Mi chiedevo cosa mi stava succedendo: dov'era finita la mia vitalità? E lo spirito libero, che anni addietro mi contraddistingueva? Per non parlare dell'autostima mai avuta? Tutto svanito, in un recondito dimenticatoio.

    E' iniziato poi il periodo dei molteplici colloqui di lavoro andati male, che per forza di cose ha ridotto se non quasi annullato del tutto la già poca autostima in me presente; però, se non ci fosse stato quel giorno credo non sarebbe mai iniziato una sorta di viaggio tanto importante almeno quanto un nuovo impiego.

    Infatti, in un tardo pomeriggio, improvvisamente, qualcuno venne a farmi visita...

    LA VISITA INASPETTATA

    "Vorrei un corpo fatto di antimateria

    con dentro un cuore che si stacchi dalla terra..." 

    (Ritmo Tribale - Antimateria)

    Una giornata assolutamente normale di quel periodo era giunta alla fine: il mattino dedicato ai lavori socialmente utili presso un comune limitrofo, il pomeriggio allo spargimento di curriculum in ogni dove e poi a circa due orette di jogging. Per fortuna quella sera non c'era nulla in programma: avevo infatti un po' esagerato con la razione giornaliera di chilometri a piedi e, dopo una doccia calda e una cena fugace, io

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