Il Tribunale dei pensieri
Di Pietro Donà
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Anteprima del libro
Il Tribunale dei pensieri - Pietro Donà
Pietro Donà
Il Tribunale dei pensieri
Prima edizione: 11/2018
UUID: 10124b6c-eea7-11e8-bc3d-17532927e555
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L'incontro
Probabilmente non verrò creduto, ma devo scrivere ugualmente.
Era una serata normale, una serata in cui gli eventi si susseguivano nel modo normale, come ogni altra serata. Intendo questo per normale. Una serata in cui esci di casa in un determinato modo, e tutto lascia supporre che tornerai a casa nello stesso identico modo. Forse solo più ubriaco, che è quanto di meglio si riesca a trovare per tentare di cambiare la realtà o la nostra percezione di essa, il che per noi umani è lo stesso, ma niente di più. Cambiare la realtà per poco tempo non conta, ovviamente, quello che definiamo per realtà è quello che percepiamo per la maggior parte del tempo, non per una piccola parte. Dovrei provare a rimanere ubriaco per giorni e giorni.
Ad ogni modo, stavo camminando costeggiando il naviglio, nella solita aria festosa di persone che sembrano perennemente in vacanza. Probabilmente lo pensiamo tutti degli altri ma nessuno si sente veramente in vacanza, è il trucco dell'immedesimazione ma al contrario, come ogni lupetto che pensa di essere l'unico cucciolo d'uomo in un branco di lupi. È una bella magia, si passa da un tipo di persone a un altro, da lavoratori che si concedono una serata a vacanzieri, e l'atmosfera che ne esce è completamente diversa, ve l'assicuro, ma il bello è che non si è dovuto cambiare nulla di concreto, solo una somma di idee personali, e tutte uguali fra loro. Io mi aggiravo fra queste persone senza una meta precisa, già pensando che sarebbe stata ora di tornare a casa. Non ero triste, forse malinconico. All'improvviso la vidi, e perdonate la perifrasi trita e ritrita, dal momento che l'ho vista veramente all'improvviso, se qualcuno l'avesse annunciata non sarebbe stato all'improvviso, ovvio, ma così non è stato. È evidente che ogni cosa la vedi all'improvviso, a parte le poche che ti aspetti, che so io, cade un vaso e ti aspetti di vederlo distruggersi al suolo, passa un tram e ti aspetti di vederlo qualche secondo dopo più avanti, ecco, a parte questi casi, è tutto all'improvviso. La differenza è che sono innumerevoli cose all'improvviso di cui non ti frega nulla. Invece, lei l'ho vista all'improvviso e mi ha colpito, subito. Quindi avete ragione, la perifrasi non è corretta, avrei dovuto dire che l'ho vista, e mi ha colpito all'improvviso.
Non so cosa mi abbia colpito, forse lo sguardo non da vacanziera o presunta tale, ma è più probabile che il solo innegabile fatto che mi stesse guardando e forse addirittura accennando un sorriso fosse la ragione fondamentale alla base del mio stupore. Neanche da dire, ho cominciato col mio solito viaggio mentale per mari solcati mille volte, verso idee ideali, lidi dell'immaginazione ripetutamente sognati, un viaggio che è perfino rassicurante ed accogliente quanto un viaggio reale non sarebbe mai, talmente l'ho ripetuto. Non mi dilungo nei dettagli, chi si innamora al primo sguardo sa benissimo di cosa parlo, per gli altri non saprei neanche come cominciare a descrivere non questa particolare cosa, ma qualunque cosa, a una persona di cui non posso immaginare come stia nel mondo e come reagisca ad esso. Lasciatemi solo dire che il tema fondamentale del mio viaggio è la possibilità: ovunque, dovunque, possibilità che si dischiudono in concatenazioni causali ricorsive infinite, possibilità su possibilità, aperture possibili innumerevoli, ogni cosa a cui puoi pensare è equamente possibile, non importa se non le realizzerai tutte, non importa nemmeno se non ne realizzerai nessuna, l'infinita realizzazione risiede solo in quell'infinita possibilità. Possibilità di vita, che diventano tutte indistintamente potenziali in un attimo.
Ovviamente non le rivolsi la parola e tirai dritto, e sentii subito i castelli di possibilità crollare alle mie spalle, mentre già ricominciava l'opera di ricostruzione con i mattoni simili delle possibilità mancate e perse per sempre, ben cementati con strati di rimpianto. Il massimo che riuscii a fare fu di appoggiarmi alla ringhiera di pietra fingendo indifferenza e comodità, e nel fare ciò mi voltai e vidi che si stava avvicinando, sempre con quel mezzo sorriso. Era vestita in modo che definire sobrio è riduttivo, di sicuro non era come le altre ragazze tutte agghindate con capi firmati, a meno che uscire in camicia da notte sia la moda, il che vista la mia conoscenza della suddetta potrebbe anche essere. Aveva i capelli molto chiari, lunghi, che sembravano seguire deboli correnti d'aria inesistenti. Ed era a piedi nudi.
Si sedette accanto a me. «Ciao». Trovai la forza di rispondere con lo stesso saluto. Stettimo così in silenzio per qualche minuto, perché nonostante il suo approccio abbastanza diretto, non sembrava più avere fretta di parlare o di fare altro. È strano a ricordarsi, ma non mi sentivo a disagio, non era un silenzio di imbarazzo, stavamo osservando la gente e assaporando quel momento.
«Mi piace osservare le persone, immaginare cosa pensano, immaginare di essere stata ognuna di loro», disse lei infine, assecondando involontariamente il mio pensiero riguardo quel momento.
«Sì, ti capisco, io lo faccio spesso», risposi onestamente, non sapendo cos'altro aggiungere. Non sono mai stato bravo nelle conversazioni spontanee, soprattutto in quelle che devono esserlo.
«Eppure non ti ho mai visto qui», continuò. «Perché non ci vengo molto spesso», risposi. «Mi piace osservare la gente ma non sopporto la confusione, dovrei trovare un punto di osservazione esterno, fuori dal fluire degli avvenimenti». Lei sorrise a questa mia frase. Il suo sorriso non era radioso, era accennato, con un velo di malinconia che lo rendeva sublime.
«Il fluire è un buon prezzo da pagare secondo me, ha i suoi limiti certo, ma credo che siano di più i vantaggi. A me piace parlare, osservare, pensare per concatenazioni, decidere, scegliere. A te no? L'Assoluto è statico, e nei limiti di quanto lo si possa pensare, credo sia tremendamente noioso». La naturalezza con cui parlava di ogni argomento era disarmante, non lo faceva per sembrare interessante, né per ottenere una conversazione brillante, era genuina, l'argomento, qualunque esso fosse, la interessava veramente e ti faceva nascere interesse inevitabilmente.
«Insomma, come una bella macchina nuova che non vuoi graffiare, ma se non la usi e la lasci ferma, è noiosa! E soprattutto inutile». Lei sorrise di nuovo a questa mia risposta: «Sì, non l'avevo mai pensata in questi termini. Ecco vedi, anche pensare a un concetto in termini differenti è possibile per il fluire. E anche sorridere. L'umorismo stesso nasce da un pensiero logico perfettamente prevedibile ma non pienamente formulato, è sempre una questione di tempo. Il fluire è fondamentale per me, non potrei fare a meno di ridere». Lo disse sorridendo, e lì pensai che ero perfettamente d'accordo, perché neanch'io potevo fare a meno che lei sorridesse.
Rimanemmo in silenzio ancora un po'. Non pensavo neanche più ad andare a casa, era una sensazione abbastanza nuova per me non pensare al passato o al futuro, insomma, vivere nel presente e godersi semplicemente il momento. E quella sera, trovandomi a pensare in quel modo insolito, sentivo che stavo bene e mi piaceva.
«Cosa ti ha colpito di più? Qual è la cosa che hai imparato che ti ha lasciato più stupito? Quella a cui non avresti mai