L'Italia qualche anno dopo: Ricordi e riflessioni di una ex expat
Di Ursula C.
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Anteprima del libro
L'Italia qualche anno dopo - Ursula C.
Conclusioni
Dieci anni fa
Il colpo di testa
Mi sono diplomata al liceo classico e mi sono laureata in scienze dei servizi giuridici. Titolo che poi non ho mai usato perchè in cosa nello specifico mi fossi laureata ancora oggi non l'ho capito.
Ho sempre vissuto in un piccolo ambito, apparte un breve periodo in quel di Bologna e ho sempre viaggiato poco.
Fino a che non ho conosciuto colui che è diventato il mio compagno di avventure e disavventure e grazie al quale la vita ha preso tutto un altro sapore.
Ho iniziato ad allargare i miei orizzonti, a interessarmi a cose diverse e a spostarmi da quei territori che già da un po’ iniziavano a starmi stretti.
Nel giugno di dieci anni fa abbiamo deciso di andare qualche giorno a Berlino e me ne sono innamorata.
La prima impressione che ho avuto è che doveva essere un bel posto dove vivere.
Tornata a casa senza pensarci troppo ho deciso di chiedere undici mesi di aspettativa (il massimo che potevo chiedere) al lavoro e ad ottobre ci siamo trasferiti.
Diciamo che in quel periodo avevo talmente tanta voglia di cambiamento e di mettermi in gioco che sarei andata ovunque pur di andare, ma il fatto che Berlino mi fosse piaciuta così tanto ha reso tutto molto più semplice.
Per me che venivo da un'esperienza piuttosto paesanotta l'andare via è stata una bella botta di vita.
Sono partita con una valigia da stiva e un bagaglio a mano, senza sapere una parola di tedesco e nemmeno una di inglese a dire il vero ed è proprio quando si esce da quella che viene definita zona di comfort
che ci si rimbocca le mani.
Mi sono iscritta subito ad un corso di tedesco. Andavo tutte le mattine a scuola e dedicavo il pomeriggio in parte per studiare e in parte per andare alla scoperta della città.
Nel giro di qualche settimana ho trovato lavoro in un ristorante italiano gestito da non italiani dove mi pagavano quando andava bene quattro euro l'ora. Era giusto per tamponare un po' le spese, lavoravo solo nel fine settimana, il lavoro era piuttosto rilassato e tutti erano molto carini. I proprietari non erano mai stati in Italia ma parlavano benissimo italiano mentre il cuoco era italiano ma viveva in Germania da quarant' anni, era ancora convinto che anche in Italia il venerdì prima di Pasqua fosse festa e nella sua cucina di italiano era rimasto ben poco. Usava tali quantità di olio e di panna che la pasta o la carne praticamente navigavano nel piatto e se gli chiedevi un piatto di verdure per cena riusciva a servirti fritte anche quelle.
Nel frattempo il mio tedesco è migliorato e sono riuscita a trovare un lavoro sempre in un ristorante ma in una zona più diciamo prestigiosa dove mi davano cinque euro l'ora ma con la Krankenkasse pagata.
La Krankenkasse, per chi non lo sapesse, è l'assicurazione sanitaria tedesca. E sì, è piuttosto cara e nel corso degli anni è diventata il mio peggior incubo.
Cifre come cinque euro l'ora oggi non sono più legali. O forse non lo erano nemmeno allora, non lo so. Qualcuno che se ne approfitta pagando meno del minimo fissato per legge comunque c'è ancora, ma questo è un altro discorso.
Tra scuola, lavoro e una città tutta da scoprire i mesi di aspettativa sono passati in fretta e le possibilità erano due: o tornare in Italia o restare a Berlino.
Tornare in Italia al mio vecchio lavoro e rivedere quella faccia di culo del mio capo lo percepivo come una sconfitta ma al tempo stesso lasciare un lavoro sicuro per vivere alla giornata con lavori sottopagati non mi rassicurava.
Avevo un lavoro a tempo indeterminato, una quasi certa carriera all'orizzonte e come capo un emerito demente. Un essere spregevole che faceva il brillante con le mie colleghe più carine e al quale io invece stavo altamente sulle palle e la cosa era assolutamente reciproca. Una delle persone più spregevoli, false e stupide che io abbia mai conosciuto. E non lo dico di certo perchè ero invidiosa di non essere nelle sue grazie ma perchè era viscido davvero. L'ultimo giorno quando ho chiuso la porta di quello che era stato per dieci anni il mio posto di lavoro mi sono sentita più leggera