Padre e figlio: Le infinite sfumature dell’attesa
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Info su questo ebook
L’attesa ha moltissime sfumature di luce e di speranza. Quella di un padre sono infinite, non possono mai identificarsi in un solo colore, perché è la vita stessa che non lo permette. Il padre investe in un figlio, il padre vede nel figlio la sua immortalità, e si sbaglia. Perché quella immortalità non gli appartiene, per cui non resta che attendere, come avviene nella vita di ciascuno di noi.
Un racconto in bilico tra sogno e veglia, a tratti grottesco e forse proprio per questo disarmante.
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Anteprima del libro
Padre e figlio - Gaetano Cinque
Gaetano Cinque
Padre e figlio
Le infinite sfumature dell'attesa
742 - Spessosottile
Giovane Holden Edizioni
www.giovaneholden.it
Titolo originale: Padre e figlio
© 2018 Giovane Holden Edizioni Sas - Viareggio (Lu)
I edizione cartacea ottobre 2018
ISBN edizione cartacea: 978-88-3292-246-2
I edizione e-book novembre 2018
ISBN edizione e-book: 978-88-3292-323-0
ISBN: 9788832923230
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http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
A mio padre.
Considero la vita una locanda, dove devo fermarmi fino all’arrivo della diligenza dell’abisso. Non so dove mi condurrà, perché non so niente. Potrei considerare questa locanda una prigione, perché in essa sono costretto all’attesa; potrei considerarla un luogo in cui socializzare, perché qui mi ritrovo insieme ad altri. […] Per tutti noi scenderà la notte e arriverà la diligenza.
Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares , traduzione di Antonio Tabucchi, curatore M. J. De Lancastre. Feltrinelli, Milano, 2013.
I
Camminavo lentamente, con lo sguardo fisso a terra.
Mi piaceva osservare i miei passi, che si perdevano lungo la strada, che, per il caldo opprimente, sembrava evaporasse in una nuvola biancastra. Le mani insaccate nelle tasche dei pantaloni, andavo rasentando un muro di cinta di un vecchio condominio del centro storico della città. Ogni tanto urtavo qualche passante, che si voltava e imprecava contro la mia disattenzione. Mi diressi verso via Matteotti, poi presi per via Roma, volendo raggiungere il porto, ma cambiai improvvisamente idea, mi fermai nei vicini giardini pubblici. Notai una panchina, umida e sporca, del tutto consunta nei suoi appoggi laterali. Era veramente ripugnante. Ma mi lasciai cadere ugualmente, noncurante delle sue condizioni igieniche. Alcuni bambini mi passarono accanto gridando e rincorrendosi. Poi mi si avvicinò una coppia. L’uomo, che mi apparve su di età e la donna, invece ancora molto giovane e particolarmente piacevole, mi guardarono come se avessero voluto chiedermi di lasciare spazio anche a una loro probabile seduta. Ma, vista la mia immobilità, lasciarono perdere. Proseguirono in avanti, allontanandosi e scambiandosi alcune considerazioni sui giovani d’oggi, che sono poco educati e sfacciatamente tracotanti.
Dopo un po’ notai un vecchio, che, dopo avermi squadrato con i suoi piccoli occhi, mi fece capire che intendeva sedersi sulla mia stessa panchina. Questa volta mi spostai, lasciai spazio sufficiente per la sua seduta. Colsi l’occasione per chiedere l’ora, visto che nella fretta di uscire di casa