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Ma che fascino questi numeri!
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E-book144 pagine1 ora

Ma che fascino questi numeri!

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Info su questo ebook

Non è un libro di avventure nello Spazio anche se si parla di astronavi interstellari che viaggiano verso l’infinito. Non è nemmeno un libro di scienza e fantascienza archeologica anche se si parla di Homo Erectus, Sapiens, di Neanderthal. Non è un libro di Storia anche se c’è un profilo storico dei numeri e si parla di civiltà sumere, babilonesi, cinesi, indiane, egiziane, arabe. Non è nemmeno un libro di avventure fantastiche anche se si parla di pecore negative, pastori alienati che si fanno decapitare, conigli che si moltiplicano come…conigli e di triangoli e quadrati magici.

Ma allora che libro è?

E’ un libro di matematica sia utile che dilettevole che vi farà scoprire come è nata la necessità del contare e come sono nati i numeri interi e gli altri numeri: razionali, irrazionali, negativi, immaginari e la loro formalizzazione. E’ destinato a tutti, docenti e non, patiti e non, studiosi o semplici curiosi e per questo sembra essere più un romanzo di avventure, con il suo susseguirsi di scoperte di proprietà impensabili, che un classico libro di matematica tedioso nella sua rigorosità di linguaggio.
LinguaItaliano
Data di uscita25 mar 2019
ISBN9788831602662
Ma che fascino questi numeri!

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    Anteprima del libro

    Ma che fascino questi numeri! - Nicolò Palazzo

    Flavio.

    CAPITOLO    0

    L’ EVOLUZIONE DEL PENSIERO UMANO

    Qualche milione di anni fa...

    La comparsa dell’Homo sulla Terra è stato di sicuro l’avvenimento che ha modificato il futuro del pianeta. All’inizio egli si comportava come le scimmie quadrumani ma col passare del tempo cominciò a discostarsi e ad assumere atteggiamenti molto diversi come lo spostarsi camminando solo sui due arti posteriori e soprattutto in posizione eretta: siamo nell’era dell’Homo erectus.

    Ad Olduvai Gorge, in Tanzania, furono scoperti dei fossili che testimoniano un certo stadio evolutivo raggiunto dall’Homo erectus: accanto a dei crani e altre ossa furono rinvenute per la prima volta degli utensili di osso e di pietra a forma costante, segno evidente di una abilità costruttiva acquisita. Questi resti, risalenti a circa 1.750.000 anni fa, furono attribuiti a una nuova specie di ominidi che fu detta dell’ Homo habilis.

    Fatto di rilevanza fondamentale fu quando l’Homo capì che vivere in gruppo era molto importante per lui perché gli consentiva di difendersi meglio dagli animali e da altri gruppi di ominidi.

    Era nato il concetto del più e di insieme primo parto in assoluto del cervello degli umani.

    Oltre ad avere imparato a vivere in comunità e ad aver sviluppato l’abilità a costruire utensili e strumenti di caccia di pietra e di osso, conosceva il fuoco ed era capace di servirsene accendendolo specialmente all’imbocco delle caverne ove abitava per impedire l’accesso agli animali e per riscaldarsi e illuminare l’ambiente. Tali scoperte furono fatte tra il 1923 e il 1927 in una caverna presso Pechino, in Cina, ove accanto ai resti di umani e di animali furono rinvenuti grandi mucchi di cenere, segno che l’uomo di allora, una sottospecie di Homo habilis denominata di conseguenza Homo Pekinensis, cioè Uomo di Pechino, datato tra i 650 mila e i 750 mila anni fa, si serviva del fuoco per riscaldarsi e per cuocere la carne degli animali di cui si nutriva.

    Il primo rudimentale concetto del contare.

    Pur non esistendo reperti in merito, si può supporre che in tale periodo, date le abilità che aveva acquisito, segno sicuro di una certa evoluzione, l’Homo habilis fosse già capace di contare, anche se solo visivamente e intuitivamente: nel gruppo in cui viveva, osservando i componenti, capiva sicuramente se in quel momento mancava qualcuno o no.

    La capacità di spostarsi agevolmente, unita all’abilità di fabbricare utensili e armi per la caccia e di utilizzare il fuoco, consentirono la migrazione verso climi più favorevoli, specialmente nei periodi delle glaciazioni, insediandosi così nei vari continenti.

    Nell’Eurasia si era stabilito circa 200 mila anni fa, nell’era del paleolitico medio, un ominide detto Homo Neanderthalensis i cui resti furono scoperti nel 1856 nella valle di Neander, presso Dusseldorf, in Germania. L’Uomo di Neanderthal, come comunemente viene denominato oggi, era molto più evoluto dell’Homo habilis che era insediato in Africa, perché conosceva e usava il fuoco ed aveva sviluppato l’abilità a costruire utensili molto prima del suo simile africano e praticava anche il culto della sepoltura dei morti.

    Secondo una teoria recente di alcuni ricercatori delle Università di Cambridge e Oxford, l’Uomo di Neanderthal si sarebbe estinto circa 20-30 mila anni fa, a causa di agenti patogeni importati dal migrante Homo habilis africanus quando quest’ultimo venne a contatto con quello di Neanderthal, il cui sistema immunitario era capace di difendersi dalle malattie infettive provocate dai germi locali, ma non riuscì a difendersi dai nuovi germi africani arrivati con l’Homo habilis, per cui l’Uomo di Neanderthal fu condannato a una rapida estinzione. Secondo altre teorie l’Uomo di Neanderthal, la cui statura media era di circa 1,60 metri, fu sopraffatto dall’ Homo habilis africanus che era fisicamente molto più possente e più alto, fino a condurlo all’estinzione. Secondo altre ancora, pian piano andò integrandosi evolvendo insieme verso l’Homo Sapiens Sapiens nostro progenitore.

    Qualche decina di migliaia di anni fa...

    La consapevolezza e la necessità del contare hanno impiegato migliaia di anni per giungere alla maturazione completa e far nascere il bisogno di esprimerle in qualche modo. Sicuramente dapprima venne usato un linguaggio dei segni servendosi delle dita di una mano per interpretare le quantità, poi di entrambe le mani ed infine utilizzando anche le dita dei piedi. E quando tutte le dita non furono più sufficienti ci si aiutò con mucchietti di pietre per stabilire una corrispondenza biunivoca con gli elementi di un altro insieme.

    (Per corrispondenza biunivoca si intende una legge di natura qualsiasi che consente di collegare gli elementi di due insiemi in modo tale che ad ogni elemento del primo insieme viene associato sempre un solo elemento del secondo insieme e viceversa).

    Spesso i mucchietti di pietre erano organizzati a gruppi di cinque o dieci per mantenere una certa corrispondenza con le dita di una mano o di entrambe. Quindi possiamo già pensare all’uso di sistemi quinari e decimali preferenziali rispetto ad altri quali il binario o il ternario. Però i mucchietti di pietre erano qualcosa di poco pratico per memorizzare le informazioni oltre ad essere molto scomodo portarseli appresso!

    Finalmente un bel giorno qualcuno ebbe l’eccezionale idea di sostituirli con delle tacche incise a gruppi di cinque (il sistema quinario era così preferito agli altri) su un bastone o su un osso come è stato rilevato da parecchi reperti archeologici che hanno fatto risalire a circa 30 mila anni fa la scoperta della prima scrittura su un osso!

    La parola che indica un certo stato reale rappresenta un concetto astratto capace di descrivere quello stato.

    Per esprimere concetti numerici con delle parole che ne descrivessero le diversità sono occorse migliaia di anni perché il problema del linguaggio ha rappresentato il più grosso freno all’evoluzione dell’uomo. Il passaggio dai suoni gutturali senza alcun significato intrinseco a un linguaggio in cui ogni parola e ogni frase poteva descrivere un concetto ben preciso è stato forse il più importante passo per il progresso dell’uomo che gli ha aperto le porte della civiltà. Comunicare con gli altri con un linguaggio più evoluto dei grugniti ha permesso in breve tempo (si fa per dire perché si parla sempre di migliaia di anni!) di salire con maggior scioltezza la scala evolutiva e ricavare concetti astratti dalle situazioni reali che si presentavano.

    Era giunto finalmente il momento per l’uomo di cominciare ad usare il cervello in modo razionale: creare delle parole per indicare qualsiasi cosa, cioè utilizzare una corrispondenza biunivoca tra le parole che creava e gli oggetti, animali o altro che gli stavano attorno, così che ogni parola indicasse un elemento ben preciso del suo mondo. Ad esempio la parola albero individuava non solo l’albero che stava vedendo, ma anche qualunque altro non realmente osservato in quel momento con i suoi occhi.

    Il tutto consisteva quindi nel mettere l’etichetta a qualunque cosa in modo che fosse possibile individuarla e distinguerla dalle altre.

    Facile, direte voi, ma l’uomo di allora ci impiegò qualche migliaio di anni per farlo!

    Ed arrivò anche il momento di indicare le diverse quantità con parole diverse, stabilendo sempre quella corrispondenza biunivoca fra le cose reali e le parole (semplici concetti astratti) che permettessero di distinguere una quantità da un’altra.

    Ad esempio, con la parola cinque si indicava una quantità di oggetti reali o non, ben precisa e distinta da altre quantità diverse. Non solo, ma la stessa parola poteva essere utilizzata in tutte le altre situazioni in cui necessitava specificare quella stessa quantità.

    Finalmente l’uomo aveva inventato i numeri !

    Ancora oggi si può riscontrare la tendenza del linguaggio ad evolversi da forme concrete a forme astratte come nei paesi anglo-sassoni ove sono tutt’ora in uso il pollice e il piede per la misura delle lunghezze, cioè si utilizza una forma concreta per descrivere una astrazione.

    Ma il processo non è ancora completo perché manca un anello molto importante: il passaggio dal linguaggio parlato a quello scritto. Anche in questo caso sono occorsi migliaia di anni per passare dalle tacche incise su un bastone all’invenzione di simboli grafici capaci di individuare e distinguere i numeri.

    Fra i più famosi papiri egiziani pervenuti ai giorni nostri, ce n’è uno conosciuto da tutti come "Papiro di

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