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La storia perduta: un viaggio tra reperti e cataclismi
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E-book541 pagine6 ore

La storia perduta: un viaggio tra reperti e cataclismi

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Info su questo ebook

"La crisi di una scienza comporta nientemeno che la sua peculiare scientificità, il modo in cui si è proposta i suoi compiti e ha elaborato la propria metodica, siano diventati dubbi". (E. Husserl)

La storia perduta è un vero e proprio viaggio tra reperti e cataclismi per comprendere la non linearità dello sviluppo umano: il nostro scopo è quello di evidenziare come la storia non sia una materia statica, ma venga continuamente rimessa in discussione dai ritrovamenti archeologici e dai progressi negli studi, così come dalla traduzione e scoperta di testi antichi.

Nella trattazione si utilizza un innovativo approccio fenomenologico: una ventata di freschezza che consente di affrontare con agilità le dibattute nuove scoperte, in un panorama moderno che si divide tra convinzioni sedimentate in alcune istituzioni e le tesi alternative!

Quando furono costruite le piramidi di Giza?

Come vennero spostati i megaliti più pesanti dell'antichità?

Quali misteri si celano tra le righe della Bibbia?

Ed è esistita una civiltà comune globale in passato che ha colonizzato il mondo?

Il progetto continua su Instagram e Facebook @Lastoriaperduta.
LinguaItaliano
Data di uscita14 set 2023
ISBN9791221488814
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    Anteprima del libro

    La storia perduta - Matteo Pagnoncelli

    1. LA RIFORMULAZIONE DELLA STORIA: GÖBEKLI TEPE

    "La crisi di una scienza comporta

    nientemeno che la sua peculiare

    scientificità, il modo in cui si è

    proposta i suoi compiti e perciò

    ha elaborato la propria metodica,

    siano diventati dubbi."

    (Edmund Husserl)

    Nel progredire della scienza si rende a volte necessario comprendere come la teoria corrente sia falsa e quando si hanno abbastanza elementi a dimostrazione di una nuova teoria occorre operare un cambio di paradigma, ovvero abbandonare quell’insieme di ipotesi e modo di vedere le cose radicato in precedenza, lasciando spazio ad un nuovo modello di pensiero e indagine. Nel nostro caso il ritrovamento cardine per introdurre il concetto che la storia come ci viene insegnata non sia completamente corretta, e sia quindi doveroso un cambio di paradigma, è ad opera di un professore universitario da pochi anni venuto a mancare: Klaus Schmidt (1953-2014). Nel 1995 gli fu commissionata la soprintendenza agli scavi di Göbekli Tepe, un sito a circa 18 km a nord-est dalla città di Sanliurfa, nell’odierna Turchia.

    Alcuni indizi che questa area nascondesse qualcosa furono trovati casualmente da pastori della zona nel 1963, ma solo grazie

    al docente tedesco iniziarono degli studi e scavi sistematici di rilevanza, che nell’arco di questi ultimi 27 anni hanno portato al rinvenimento del più antico esempio conosciuto di tempio in pietra: su un diametro di circa 300 metri sono presenti una ventina di strutture circolari (foto¹⁶) composte da molteplici colonne (almeno 200) dai 3 ai 6 metri di altezza e fino a 15 tonnellate di peso, localizzate inizialmente tramite indagini geofisiche.

    Grazie a questo nuovo metodo di studio del terreno ad oggi sono stati riportati alla luce circa 40 pilastri con varie raffigurazioni simboliche di animali e figure umane.

    Durante gli scavi sono emersi diversi strumenti in pietra, da raschiatoi a punte di frecce, resti di animali selvatici e vegetali. Non sono stati rinvenuti resti umani integri, ma solo tre teschi frammentati che mostrano modificazioni artificiali particolari. L’ipotesi è che sia la testimonianza di un nuovo tipo di rituale, non riscontrato in altre zone nell’ambito dei culti legati al cranio, questi infatti presentano incisioni profonde lungo l’asse sagittale e un foro ottenuto perforando¹⁷. Ma veniamo subito al dunque: la datazione

    al carbonio su tali campioni, con grande sorpresa fra gli addetti ai lavori e le università coinvolte, ma anche tra i semplici appassionati di storia antica, rivela che la costruzione del sito fu iniziata intorno al 9.500 a.C. e la sua erezione dovette interessare centinaia di uomini nell’arco di tre o cinque secoli. Intorno all’8.000 a.C. il sito venne poi deliberatamente abbandonato e volontariamente ricoperto con terra fino a formare una collina artificiale. Per chi fosse nuovo a questo genere di ragionamenti, si troverà sorpreso nel comprendere che le più antiche testimonianze architettoniche di simile rilevanza note in precedenza fossero le ziqqurat sumere, datate 5.000 anni più tardi! (in foto¹⁸ parte del sito di Göbekli Tepe e l’elegante soluzione architettonica per renderlo visitabile senza interrompere gli scavi.)

    Ed ecco sorgere le prime incongruenze, già a partire da queste poche righe: il sito di Göbekli Tepe colpisce per la sua vastità e complessità, in epoca neolitica, ovvero in piena età della pietra, dove immaginavamo l’umanità più o meno divisa in piccole comunità di cacciatori raccoglitori, dalle risorse decisamente limitate.¹⁹ Conosciamo tutti la classica immagine dell’uomo cavernicolo, che vive di stenti tra i pericoli della natura in rifugi di fortuna, producendo utensili in selce come punte di lance o frecce per il soddisfacimento dei bisogni primari e la difesa dagli animali feroci.

    In questo caso siamo invece di fronte al ritrovamento di una antichissima prima civiltà, che ha saputo organizzarsi e supportare la realizzazione di un’opera così raffinata quanto imponente e costosa in termini di fatica umana: pensiamo a tutta la filiera coinvolta partendo dalla pianificazione dei metodi e materiali per l’estrazione delle rocce, la creazione di strumenti per la lavorazione e il trasporto di esse e consideriamo il mantenimento in termini di cibo che tutta la forza lavoro richiede. Dalle prime fasi del progetto fino al posizionamento tecnico dei megaliti in maniera circolare su un terreno inclinato, centinaia di persone hanno dovuto partecipare alla costruzione e tutto questo è possibile solo in una società più ampia, strutturata e complessa, che possa sostenere tale tipo di sforzi nel tempo, e quelle a noi note arrivano alcune migliaia di anni dopo con i Sumeri e gli Egizi.

    Göbekli Tepe è quindi la dimostrazione lampante di come anche un singolo ritrovamento ci possa portare direttamente a riformulare la nostra concezione di preistoria e di come l’uomo si sia sviluppato nei millenni. L’interpretazione del professor Schmidt è effettivamente di ben più ampia portata: le teorie sullo sviluppo dell’uomo nel neolitico prevedono che prima siano nati i centri abitati e successivamente le religioni, come conseguente sviluppo di una moralità e consapevolezza sociale.

    Qui invece potrebbe essere accaduto l’esatto opposto, ovvero per motivi a noi sconosciuti, questo antico popolo ha deciso di stanziarsi e ritrovarsi in quell’area per la realizzazione del tempio. Non abbiamo infatti indizi che fosse abitato, per quanto ne sappiamo il sito veniva usato solo per rituali e non vi sono resti di animali addomesticati, mentre sono state ritrovate ossa di animali selvatici, probabilmente sacrificati. A proposito di rituali e religiosità, questa precisa area geografica è indicata nella mitologia sumera come sede dei monti Du-Ku, ovvero dove gli uomini appresero dalle divinità l’agricoltura, l’allevamento e la tessitura. Le prime due effettivamente sappiamo che si svilupparono durante o successivamente la costruzione del tempio e il sapere, gli animali e i cereali si tramandarono in tutta l’area della mezzaluna fertile nell’arco dei successivi millenni, permettendo progressivamente all’uomo di stabilizzarsi, come dimostrano i siti di Catal-Huyuk e Gerico, che incontreremo nei successivi capitoli della narrazione.

    Rispetto ad altri insediamenti del neolitico Göbekli Tepe dimostra una complessità artistica e simbolica decisamente maggiore e nuove ricerche stanno rivelando che questa potrebbe essere la prima volta nella storia in cui l’uomo iniziò a edificare strutture con enorme fatica in cui incidere su pietra non solo rappresentazioni della natura ma anche tutta una serie di conoscenze: si parte dall’astronomia, come sembra indicare la Stele dell’avvoltoio che è il pilastro numero 43 all’interno della struttura concentrica D.

    Secondo gli studi dei ricercatori Martin Sweatman e Dimitrios Tsikritsis, della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Edimburgo, gli animali scolpiti nella stele corrispondono effettivamente a precise costellazioni e mostrano uno sciame di frammenti di comete che hanno colpito la Terra.²⁰ (In foto²¹ la stele in questione.)

    Queste parole decisamente forti, sia per le capacità culturali previste sia per il possibile evento distruttivo, meritano alcuni approfondimenti: nello studio sulla corrispondenza astronomica sono state effettuate simulazioni computerizzate abbinando i modelli delle stelle incise e la posizione del sole a una data specifica, trovando davvero ottimi riscontri: il cielo in quella regione e in quell’epoca corrispondeva effettivamente a quello riportato dalle incisioni, con un margine di errore di soli 250 anni, del tutto ininfluente dato che il sito fu in uso nel corso di due millenni. Impiegare programmi informatici innovativi è fondamentale in quanto le posizioni delle stelle che vediamo oggi non corrispondono a quelle che osservavano i nostri antenati, a causa della precessione degli equinozi, fenomeno del quale ci occuperemo in maniera più dettagliata.

    Si prosegue con l’ipotesi che l’immagine dell’uomo senza testa raffigurato sulla pietra simboleggi un disastro che ha colpito il genere umano e le estese perdite di vite a seguito dell’impatto. «Le incisioni sembrano un messaggio lasciato nei millenni dal popolo di Göbekli Tepe, ed indicano che l’evento descritto potrebbe avere avuto un impatto duraturo sulla civiltà e che è stato impresso sulla pietra come una memoria collettiva e un monito per il futuro», sottolineano infatti i ricercatori. Questa interpretazione che inizialmente può sembrare azzardata dato le molteplici figure e colonne rinvenute, prende maggior consistenza pochi anni dopo essendo stata avvalorata da un recente studio del 2020 pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature riguardante il sito di Tell Abu Hureyra, lungo il corso del fiume Eufrate nell’attuale Siria del Nord. Gli archeologi hanno trovato uno strato di materiale ricco di nanoparticelle magnetiche, microsfere di vetro e oggetti silicei residuali derivanti dalla fusione del terreno. Le temperature per la formazione di tali elementi sul suolo variano dai 1.700 ai 2.200 gradi Celsius e dimostrano quindi l’impatto sulla zona di un meteorite o più frammenti di esso, e la conseguente devastazione.²² In particolare, lo strato di terreno analizzato è quello relativo ai millenni del Younger Dryas age, quando iniziò lo scioglimento dei ghiacci attorno al 12/10 mila a.C.

    Tutto ciò accadde in un raggio di appena 150/300 chilometri da questo tempio e la popolazione che ha vissuto il cataclisma sembra aver voluto lasciare questa tragica memoria incisa nella pietra. Eventi distruttivi di tale importanza, portarono sicuramente l’uomo a riflessioni profonde, a domandarsi se ci fosse un motivo a fronte di elevate perdite umane e sofferenze, che sicuramente può apparire come una punizione, stimolando la mente a contemplare il ruolo della fortuna, del destino, della benevolenza della natura e/o degli dèi. Come accennato dal professor Schmidt, nei Millenni successivi troviamo l’introduzione nella storia scritta, incisa su tavolette, di queste riflessioni e del concetto di divinità all’interno del credo sumero nella zona dell’odierno Iraq sud-orientale. Tra le molteplici tavole sumero-accadiche tradotte è stato trovato il mito di Ninazu e Ninmada, che porta ad una serie di riflessioni inaspettate:²³

    "La gente mangiava come le pecore l’erba con la bocca

    In quei giorni lontani grano, orzo e cereali

    An all’interno del cielo fece scendere (sulla terra).

    Enlil, come uno stambecco, si posò sulla montagna ed alzò

    l’occhio verso le valli circostanti: rivolse lo sguardo verso il basso...

    rivolse lo sguardo verso l’alto: là c’era il Kur ricoperto di verzura e cedri;

    egli allora ammassò l’orzo e lo diede al Kur,

    […] Un giorno Ninazu […] disse a Ninmada, suo fratello:

    Orsù, andiamo al Kur, proprio al Kur,

    dove cresce il grano in abbondanza,

    […] facciamo scendere l’orzo dal Kur,

    facciamo scendere il grano-Innuha a Sumer,

    facciamo conoscere l’orzo a Sumer, che non conosce (ancora) l’orzo."

    Queste righe aprono un ventaglio molto ampio di interpretazioni, alcune rigorosamente accademiche, altre più verosimili e affascinanti. Per la maggior parte degli studiosi è un testo prettamente religioso, valido per le simbologie di quella cultura, mentre una minoranza è aperta alla possibilità che si tratti di un ricordo ancestrale, una memoria antichissima tramandata attraverso la mitologia e la religione. L’oggetto della narrazione sarebbe il contatto tra i discendenti, seppur lontani nei millenni, della prima civiltà che addomesticò tali vegetali e gli abitanti delle terre limitrofe, dalle quali sorsero i Sumeri. Alcuni ricercatori ipotizzano anche in maniera ben più pragmatica che i testi sugli Anunnaki, un gruppo di divinità sumere, siano la testimonianza di una invasione straniera all’inizio di quella civiltà e di una nuova classe dominante che si impose sulle genti autoctone, visione che vedremo delinearsi altre volte nel corso di questo saggio, riguardo diverse culture. Infine, ci sono alcune famose e curiose opinioni, sulla possibilità che gli Anunnaki siano alieni e dopo aver creato, modificato e aiutato gli umani, si sarebbero imposti come divinità.

    Per ora è notevole considerare come il passo evidenzi una differenza culturale enorme tra il popolo autoctono e i personaggi menzionati, dato che addirittura l’autore ci riferisce delle condizioni decisamente precarie per cui si mangiava da terra come gli animali. Le conoscenze e i modi di vivere erano totalmente arretrati rispetto al bagaglio culturale frutto di un’evoluzione millenaria di possibili popoli invasori agricoli, quindi necessariamente influenzati dai nuovi usi e costumi introdotti nel periodo e nella zona di Göbekli Tepe. Una possibile élite di invasori esterni di cui conosciamo poco, nominati e ricordati come divinità che insegnarono al popolo sumero la vita civile: da attività basilari come l’agricoltura, l’organizzazione della comunità e la domesticazione degli animali, a materie più complesse come l’astronomia, la medicina e l’architettura. Saperi che noi uomini del XXI secolo diamo oramai per scontato, ma che in realtà rappresentano una pietra miliare per la costituzione della società moderna iniziato millenni fa, ovvero quando l’uomo si iniziava ad innalzare e distinguere dagli animali, divenendo stanziale e creando i primi ambienti artificiali.

    Riportiamo un altro passo dalla mitologia sumera per meglio comprendere l’impatto che tali innovazioni generarono nei millenni, a tal punto da elogiare la zappa, strumento usato durante la creazione primordiale da parte di Enlil:

    Enlil, affinché il seme del Paese uscisse dalla Terra, si affrettò a separare il cielo dalla Terra, si affrettò a separare la Terra dal cielo. Affinché Uzumua facesse germogliare la ‘forma’ [dell’umanità], Enlil apre una fessura nel pavimento di Duranki; egli crea la zappa e sorge il giorno; egli istituisce le mansioni di lavoro, stabilisce il destino e mentre egli avvicina il braccio alla zappa e al canestro di lavoro, elogia Enlil la sua zappa. […] Egli porta la zappa in Uzu’ea. Depone la ‘forma’ dell’umanità nella fessura e, mentre il suo paese davanti a lui germoglia come erba dalla Terra, Enlil li guarda benevolmente, i suoi Sumeri. Gli dèi Anunna si dispongono davanti a lui e alzano le loro mani portandole [in gesto di preghiera] alla bocca, essi rivolgono preghiere a Enlil, e consentono al suo popolo sumerico di prendere in mano la zappa.

    Inno alla zappa (ll. 1-11; 18-25)²⁴

    Queste nuove tecnologie, come l’invenzione di strumenti per il lavoro agricolo e le costruzioni edilizie, iniziarono a cambiare profondamente la razza umana permettendo un controllo sempre maggiore sulla natura e sul proprio destino. Proviamo a pensare al significato profondo che assume l’incontro tra un popolo che vive di caccia e raccolta, quasi completamente nelle mani del caso e della bontà del clima e delle annate, con un’altra civiltà che ovunque si reca porta con sé dei semi e le conoscenze agricole per utilizzarli, ma soprattutto che domina gli animali, non più selvatici ma addomesticati, dei quali inizia a controllare le nascite e ricavare diversi prodotti, anziché doverli cacciare con molta fatica e rischi. È plausibile pensare che alcuni di questi popoli più arretrati videro come divinità i nuovi visitatori/conquistatori, e storicamente questo fenomeno di possibile deificazione di personaggi reali era già stato ipotizzato in passato da Evemero (330 a.C.-250 a.C.) e portato avanti dai seguaci dell’evemerismo.

    Curiosamente in epoca moderna tale fenomeno religioso è stato osservato e confermato, passando dalla possibilità alla realtà, durante la Seconda Guerra Mondiale, periodo nel quale sorsero credi ispirati a soldati o personaggi politici, fenomeno che spiegheremo ampiamente in un capitolo dedicato al cosiddetto Culto del Cargo.

    Per queste motivazioni, risulta del tutto ragionevole l’idea che in maniera più tangibile il testo potrebbe indicare come si costituì la classe dirigente, ovvero con gli invasori separati rispetto alla popolazione, alla quale vennero assegnati compiti come l’agricoltura. Risulta invece sempre meno plausibile l’ipotesi extraterrestre, in quanto non si ritengono gli elementi descritti nella mitologia sumera essere tecnologie inarrivabili al tempo, nel nostro caso abbiamo incontrato l’orzo e la zappa, introdotti con l’agricoltura millenni prima.

    Non tutte le invasioni in cui si riscontra un gap culturale vanno però in questa direzione: ci furono e ci sono tutt’ora zone che rimangono più o meno isolate rispetto ai cambiamenti del mondo esterno, e anche di questo abbiamo prove documentate nel mondo odierno. Ad esempio, la popolazione dell’isola di North Sentinel nel golfo del Bengala, aggredisce da quando si ha memoria con arco e frecce qualsiasi sventurato esploratore capiti a tiro, mantenendo quindi uno stile di vita tribale con nessun tipo di conoscenza avanzata tipica degli occidentali.²⁵

    Con questa riflessione non si intende assolutamente sminuire il ruolo della religione e il complesso sistema culturale che generò l’idea del divino. In diverse culture, infatti, gli dèi rappresentarono e sono tutt’ora entità del tutto sovrannaturali o speculazioni su alcuni elementi della natura e del pensiero e non rientrano minimamente nella possibilità di ispirazione da personaggi storici. Citiamo brevemente il caso del mito di Eros e Thanatos in Grecia: Eros, dio dell’amore e del desiderio, rappresenta la forza di unione e capacità di generazione vitale attiva nel mondo. Al contrario, Thanatos rappresenta l’incomprensibile mistero della morte, la forza di distruzione, il disordine e l’entropia che si generano in un sistema e lo portano necessariamente al disfacimento e alla dissoluzione. Due termini opposti, agli estremi, dai quali può scaturire armonia, se in equilibrio, concetti poi ripresi nella modernità anche da Freud come componenti fondamentali della psiche umana.²⁶ A fianco di questi elementi di profondità di pensiero ed altri riguardanti temi di fede, si vuole quindi presentare la possibilità di rintracciare nei credi religiosi tratti di questo fenomeno di deificazione di stranieri o di gloriosi re e fondatori di prospere città.

    Il sorgere di forme di civiltà, opere architettoniche e particolari sculture dedicate al culto non sembra essere un fenomeno esclusivo della Mesopotamia, ma esteso anche ad altri insediamenti come nel caso emerso con l’idolo di Šigir o Shigir. Questa scultura è stata ritrovata nel 1890 nei pressi di Kirovgrad in Russia, sul versante est degli Urali,²⁷ prendendo il nome dalla località di ritrovamento. Ci sono due ricostruzioni a riguardo, per cui l’altezza del reperto oggi è di 2,80 metri mentre in origine si ritiene che fosse di almeno 5 metri (foto²⁸). Tornando al tema scottante, dopo alcune polemiche in seguito alla prima datazione del reperto, con un’età stimata in oltre 9.000 anni, successive indagini (le further investigations come si dice nel gergo delle pubblicazioni accademiche) hanno dimostrato che in realtà è ancora più antico: nel 2014 un team di laboratori europei²⁹ ha rilevato inequivocabilmente l’età di 11.000 anni! È la scultura in legno più antica del mondo e fu realizzata esattamente nel periodo in cui prosperava Göbekli Tepe. Diverse altre scoperte ci porteranno a ritenere anche l’area degli Urali di enorme influenza nello sviluppo culturale dell’Eurasia, in cui troviamo incredibili espressioni di culto in tempi ancestrali e inaspettati. L’origine della civiltà si sposta anche oltre la Mesopotamia³⁰, dimostrando che i cacciatori-raccoglitori nordici seppur in condizioni meno favorevoli fossero in grado di creare una struttura sociale complessa e organizzata. Il significato di tale scultura non è totalmente chiaro, si ipotizza una funzione totemica o una forma di trasmissione di informazioni, purtroppo questo è destinato a rimanere ancora un mistero, al di là del quale sorge spontanea la sicurezza che sia l’espressione di un avanzato sviluppo intellettuale, tecnico e culturale.

    Date queste possibili profonde implicazioni, e le eccezionali datazioni a oltre undicimila anni fa, i due siti hanno dato quindi uno scossone fortissimo a tutto il mondo accademico, parte del quale rimane sempre molto scettico, se non addirittura in alcuni casi negazionista, di fronte a nuove ipotesi interpretative. Basti pensare che Zahi Hawass (Segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie e responsabile culturale della piana di Giza) durante un convegno del 2015, in riferimento a Göbekli Tepe ben venti anni dopo dall’insediamento del dottor Klaus, ancora affermava che i radar usati non possono dare risultati certi riguardo ai pilastri in pietra, mostrando una totale indifferenza e impreparazione di fronte a questa monumentale scoperta, in quanto gli scavi ne avevano già portati alla luce più di 40!³¹

    E se un solo sito non fosse bastato, sul finire del secolo scorso venne scoperto quello similare di Karahan Tepe, anch’esso nella provincia di Şanlıurfa in Turchia. Tutto ciò dimostra come a volte sia difficile procedere anche in ambiti istituzionali alla comprensione e successivamente alla diffusione di nuove realtà e idee, fondate su una scoperta avvenuta 50 anni prima, e su ricerche universitarie condotte da più di 25 anni con esemplare rigore in ogni suo aspetto, dalla catalogazione dei reperti alla loro datazione, e che si dimostra quindi impossibile da trascurare per attendibilità e rilevanza.

    Contrariamente a tale atteggiamento, altri studiosi si sono spinti oltre, ipotizzando che in tempi molto più brevi rispetto la domesticazione di piante e animali, tale tipo di strutture architettoniche e l’uso di ossidiana per la lavorazione delle pietre potesse essersi diffuso nelle zone subito circostanti. Nel 1996 fu scoperto a circa 50 km di distanza l’insediamento appena citato di Karahan Tepe³², del quale attendiamo trepidamente la precisa datazione, dato che dalle dichiarazioni del dipartimento

    Archeologico dell’università di Harran sembra addirittura poter essere antecedente a Göbekli Tepe di secoli! Anche in questo sito sono stati rinvenuti ad oggi più di 250 pilastri simili per la caratteristica forma a T e per gli stessi materiali usati. Incredibilmente nel corso degli anni, sempre in questa regione, sono emersi un totale di ben otto siti megalitici che presentano pilastri a T, risalenti agli stessi millenni del neolitico preceramico³³. Gli altri sei sono rispettivamente: Nevali Çori, Hamzan Tepe, Taşlı Tepe, Kurt Tepesi, Sefer Tepe, Harbetsuvan Tepesi. In foto³⁴ vediamo la loro distribuzione sul territorio.

    Citiamo inoltre Boncuklu Tarla, sito nelle vicinanze di Göbekli Tepe in attesa di verifica della datazione, appartenente anch’esso al neolitico preceramico nel quale nel 2012 sono iniziati gli scavi: sorprendentemente i primi articoli³⁵ pubblicati parlano della scoperta di un possibile sistema fognario che, se confermato, diventerebbe il primo della storia. Abbiamo visto come il tempio turco sia apparso praticamente dal nulla durante il neolitico, in un’area senza altre costruzioni in superficie, e di come tale singolo ritrovamento abbia scatenato una serie di pesanti riflessioni e indagini che sono solo all’inizio. Oltre i siti già menzionati, infatti, nel giugno 2021 il ministro della cultura e del turismo Mehmet Nuri Ersoy, ha rivelato la scoperta³⁶ di 11 nuovi siti entro un raggio di 100 km, costituendo l’area delle 12 colline, tra cui quelle che verranno chiamate piramidi della Turchia!

    A questo punto si delinea una prospettiva ancora più ampia rispetto a quella di partenza, dato che in quell’area ci sono una molteplicità di siti che mostrano come quella cultura fosse in realtà una civiltà ben più numerosa e l’organizzazione sociale fosse già strutturata e complessa.

    A Kurtik Tepe, distante meno di 300 km, è stato ritrovato un insediamento risalente al X millennio a.C., di poco precedente a Göbekli Tepe, in cui si possono iniziare a comprendere le fasi che portarono i cacciatori-raccoglitori progressivamente a stanziarsi in un’area con molte risorse. Sono attestate le prime forme di commercio, arte, riti religiosi e produzione alimentare emerse grazie al ritrovamento di circa 85 abitazioni con all’interno molti strumenti di vita quotidiana, tra cui piccole macine e resti di cibo. Il sostentamento avveniva, oltre che per mezzo della caccia, anche grazie alla pesca, data la vicinanza dei fiumi Tigri e Batman. La creazione di ambienti artificiali e lo stanziamento, date le abbondanti risorse della natura in quella zona, sono quindi il preludio della domesticazione, in cui gli animali iniziarono a vivere a stretto contatto e sotto il controllo dell’uomo.

    Ad arricchire questo nuovo scenario troviamo un interessante spunto di riflessione spostandoci in un sito israeliano nel quartiere di Motza a Gerusalemme, datato all’8.600 a.C., in cui si ritiene abitassero circa duemila o tremila persone e che testimonia già forme di commercio fra quelle che oggi chiamiamo nazioni. L’ossidiana ritrovata, infatti, proviene dalla Turchia dalla quale siamo partiti, mentre la pietra serpentino usata per alcune ciotole proviene dalla Siria del Nord.³⁷

    Il processo di revisione e cambio di paradigma è oramai iniziato e ci riserva molte sorprese, come il ritrovare la particolare forma dei pilastri a T accompagnati da un recinto circolare in un complesso megalitico in Spagna, sebbene di molti millenni più recente, in quanto si ritiene realizzato nel II millennio a.C. In foto³⁸ il sito di Minorca chiamato Taula di Torralba.

    ___________________

    ¹⁶ Di Teomancimit - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17377542

    ¹⁷ Modified human crania from Göbekli Tepe provide evidence for a new form of Neolithic skull cult

    JULIA GRESKY JULIANE HAELMAND LEE CLARE SCIENCE ADVANCES 28 Jun 2017 Vol 3, Issue 6 DOI: 10.1126/sciadv.1700564

    ¹⁸ 201908_turchia_20190831_0101 by Ai@ce is licensed under CC BY-SA 2.0

    ¹⁹ K. Schmidt, Costruirono i primi templi (traduzione di Umberto Tecchiati), Sestri Levante, Oltre edizioni, 2011

    ²⁰ DECODING Göbekli Tepe WITH ARCHAEOASTRONOMY: WHAT DOES THE FOX SAY? Martin B. Sweatman and Dimitrios Tsikritsis School of Engineering, University of Edinburgh, King’s Buildings, Edinburgh, Scotland, UK. EH9 3JL Mediterranean Archaeology and Archaeometry, Vol. 17, No 1, (2017), pp. 233-250 Copyright © 2017 MAA Open Access.

    ²¹ 201908_turchia_20190831_0102 by Ai@ce licensed under CC BY-SA 2.0

    ²² Evidence of Cosmic Impact at Abu Hureyra, Syria at the Younger Dryas Onset (~12.8 ka): High-temperature melting at >2200 °C Article number: 4185 (2020) https://www.nature.com/articles/s41598-020-60867-w

    ²³ Giovanni Pettinato (a cura di) Mitologia sumerica, UTET, Torino 2001, pp 425-426.

    ²⁴ https://www.treccani.it/enciclopedia/vicino-oriente-antico-la-creazione-dell-uomo_%28Storia-della-Scienza%29/ Vicino Oriente antico. La creazione dell’uomo di Giovanni Pettinato, Paolo Xella - Storia della Scienza (2001).

    ²⁵ https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Gli_incontati.html#:~:text=I%20Sentinelesi%2C%20di%20cui%20si,Andamane%2C%20nel%20Golfo%20del%20Bengala.

    ²⁶ Umberto Galimberti, Enciclopedia di psicologia, Garzanti, Torino, 2001, p. 802. ISBN 88-115-0479-1.

    ²⁷ Viene conservata presso la Collezione Preistorica del Museo di Storia Regionale dell’Oblast’ di Sverdlovsk, a Ekaterinburg, Russia.

    -Chairkina N. M., Kuzmin Y. V., Burr G. S., Chronology of the perishables: first AMS 14C dates of wooden artefacts from Aeneolithic–Bronze Age waterlogged sites in the Trans-Urals, Russia (PDF), in ANTIQUITY - A review of world archaeology, vol. 87, n. 336, Cambridge University Press, 2013, pp. 424 - 425.

    ²⁸ Владислав Фальшивомонетчик, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

    ²⁹ L’Idole de Shigir : une énigme de 11.000 ans, su Sciences et avenir, https://plus.google.com/+sciencesetavenir.

    -Fund im Schigir-Moor: Russische Holzskulptur ist 11.000 Jahre alt, in Spiegel Online, 31 agosto 2015.

    ³⁰ -Anna Liesowska, Revelations on Shigir Idol ‘change our understanding of ancient civilisations’, The Siberian Times, 28 agosto 2015

    -s this the world’s oldest secret code?, su siberiantimes.com.

    ³¹ L’incontro si è tenuto al Mena House Hotel, di Giza in Egitto, il 22 aprile 2015, tra Hawass e Graham Hancock, ci sono diversi video disponibili in rete riguardo l’evento, come quello dal titolo „Zahi Hawass vs Graham Hancock on significance of Göbekli Tepe" disponibile su Youtube.

    ³² Karahan Tepe a new cultural centre in the Urfa area in Turkey by Bahattin Çelik, Department of Archaeology, University of Harran, Sanlıurfa, TR)

    ³³ Çelik, Bahattin. 2014. ŞANLIURFA BÖLGESİNDE T ŞEKLİNDE DİKMETAŞ BULUNAN YERLEŞİMLERİN FARKLILIK VE BENZERLİKLERİ. Türkiye Bilimler Akademisi Arkeoloji Dergisi. 9-24. 10.22520/tubaar.2014.0001.

    ³⁴ Arekrishna, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

    ³⁵ Archaeological Institute of America Neolithic Sewer System Uncovered in Southeastern Turkey Friday, November 8, 2019

    ³⁶ www.dailysabah.com/arts/new-sites-discovered-around-turkeys-ancient-marvel-gobeklitepe/news

    ³⁷ Israel Antiquities Authority, e lo studio Excavations at Motza in the Judean Hills and the Early Pre-Pottery Neolithic B in the Southern Levant by Hamoudi Khalaily et al. Vol. 33, No. 2 (2007), pp. 5-37 Published By: Paleorient and CNRS Editions

    ³⁸ Foto: José Burgos, CC BY-SA 3.0 ES via Wikimedia Commons ,

    2. LA RISCOPERTA DEI TESTI: TROIA

    "Se ho fatto una qualche scoperta di valore,

    è dovuta più alla paziente attenzione

    che ad ogni altro talento."

    (Sir Isaac Newton)

    Nella nostra epoca contemporanea si è aggiunta in maniera sorprendente un’altra condizione di forte spinta al rinnovamento e alla rivisitazione della storia, grazie all’attenta lettura dei testi antichi è stato infatti possibile il ritrovamento di diverse città e insediamenti. L’esempio da cui prende vita questo fenomeno è sicuramente il rinvenimento della mitica città di Troia, ubicata nella zona dello stretto dei Dardanelli dell’odierna Turchia e chiamata Truva, tutt’ora abitata, anche se solo da un centinaio di persone. Fu considerata mitica in quanto parte della mitologia greca narrata da Omero, ritenuta da alcuni una possibile, seppur condita, narrazione di eventi e realtà storiche. Quei pochi che ci hanno creduto avevano ragione: le rovine della città sono riconosciute sito Unesco dal 1998!

    Troia fu portata alla luce nel 1871 dall’archeologo dilettante tedesco Heinrich Schliemann (1822-1890), che da appassionato lettore dei testi di Omero decise con mezzi propri di partire all’avventura con lo scopo di verificare le indicazioni e le descrizioni dell’autore riguardo la città. Convinto di aver trovato informazioni molto utili sulle posizioni dettagliate dei fiumi e degli accessi al mare rispetto al centro abitato raggiunse la regione turca per provare la sua teoria sul campo.³⁹

    Per dover di cronaca, in realtà c’era già da qualche decennio in ambiente accademico, il sospetto che quella zona potesse celare l’antico insediamento, ma non si era ancora riusciti a organizzare scavi sistematici finanziati da istituzioni, quindi, l’esploratore con fondi privati ebbe la meglio nel riportare alla realtà i resti più antichi.

    Per sua (s)fortuna, Heinrich, era un uomo abbastanza diretto e una volta individuato il sito promettente per lo scavo, procedette rimuovendo strati su strati di materiale, riuscendo a portare alla luce reperti veramente arcaici: ciò da una parte fece infuriare gli archeologi tradizionali, che procedono catalogando le varie fasi e gli artefatti relativi ad ognuna di esse, ma d’altra parte ha dimostrato una profondità dei resti nel terreno distribuiti su almeno 10 livelli diversi, che probabilmente ai tempi non sarebbero stati raggiunti per preservare gli elementi più superficiali. Durante questi lavori di ricerca fece anche un’enorme scoperta che creò indignazione non solo tra i professionisti, ma anche tra diverse personalità politiche e militari, in quanto rinvenne il Tesoro di Priamo composto da più di 8.000 gioielli d’oro e decise di nasconderlo per portare il tutto illegalmente in Grecia. Motivo per cui Schliemann fu successivamente costretto a pagare un’ingente multa.

    A distanza di più di un secolo dal ritrovamento quattro nazioni si contendono ancora oggi quel tesoro: la Turchia in cui è stato rinvenuto, la Grecia, erede della tradizione omerica, la Germania, cui fu donato dall’archeologo, e la Russia, dove si trova attualmente dopo gli scontri militari della Seconda guerra mondiale in cui venne preso come bottino. (Nella foto le rovine della città di Troia.⁴⁰) Agli scavi di questo pioniere

    ne susseguirono poi molteplici, grazie ai quali si è riusciti finalmente a ricostruire la storia completa della città e a chiarire quelle dieci fasi di occupazione nel tempo. I primi quattro insediamenti, da Troia I a Troia IV, si sono sviluppati nel corso del III millennio a.C.⁴¹ e hanno una chiara continuità culturale anche con Troia V. Troia VI attesta una seconda fioritura della città, mentre Troia VII è la principale candidata a venir identificata con la città omerica.

    Troia VIII e IX coprono rispettivamente la Grecia arcaica, il periodo della Grecia classica rappresentato dalla cosiddetta età di Pericle, l’epoca dell’ellenismo e quello della civiltà romana. Troia X è il centro urbano al tempo dell’Impero bizantino. Dal primo insediamento e fino a Troia VII non ci sono resti di documentazione scritta che possano aiutare la valutazione dello sviluppo storico e sociale della città⁴².

    In questa maniera avventurosa è stata quindi ritrovata una città mitica, grazie a un privato, archeologo per hobby, che leggendo un’opera antica fece una grande scoperta che ci accompagna nel nuovo panorama di cambiamento di percezione. Testi di questo genere furono realizzati e conservati con grandi sforzi di generazione in generazione nei millenni, e forse le informazioni contenute non sono solamente simboliche e mitologiche. Analizzando alcune di queste indicazioni, troviamo molteplici spunti di ricerca per diverse discipline e grazie anche al lavoro di riconoscimento dell’Unesco e alla risonanza mediatica che ha avuto la notizia, gli interessi del pubblico appassionato sono rifioriti.

    Il travisare della narrativa epica e mitologica rispetto la realtà degli avvenimenti, tipico delle opere antiche, potrebbe essere un processo del tutto usuale, di cui abbiamo incontrato un possibile caso anche nel capitolo precedente. In passato, infatti, saper leggere e scrivere non era una cosa comune come oggi, per cui, inizialmente, la maggior parte delle storie furono tramandate oralmente da persone che avevano vissuto l’avvenimento per poi essere arricchite di particolari nel corso delle generazioni. In tal modo, esse finivano ovviamente per subire modifiche, a partire da quando non fosse stato più in vita nessuno per comprovare la reale versione dei fatti. Un’altra possibilità ci porta a pensare che semplicemente era più semplice tramandare le storie come epica, aggiungendo agli avvenimenti elementi mitologici e divini, rendendole ad esempio orecchiabili e cantabili, come nel caso degli esametri omerici.

    Le problematiche legate a questo autore sono poi particolarmente complesse e spinose, in quanto non sappiamo con certezza se sia realmente esistito, né se i suoi componimenti fossero in origine degli scritti o delle storie radicate nella cultura orale portata avanti dai rapsodi, cantori che erano in grado di imparare diversi poemi e opere per poi riproporli.⁴³ Quello che rimane come nuovo fondamento è che in molti altri testi antichi potrebbero quindi esserci basi di realtà storiche poi interpretate e modificate

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