I racconti di Lizzy
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Anteprima del libro
I racconti di Lizzy - Elisabetta Mattioli
ELISABETTA MATTIOLI
I Racconti di Lizzy
Elisabetta Mattioli
I racconti di Lizzy
Editrice GDS
Via Pozzo 34
20069 Vaprio d’Adda-Mi
www.gdsedizioni.it
Ogni riferimento descritto nel seguente romanzo a cose luoghi o persone o altro sono da ritenersi del tutto casuali
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Introduzione
L’anno stava giungendo al termine e la neve scendeva copiosa, sui prati erbosi ricoprendoli completamente. I bambini quando terminavano la scuola e finivano di svolgere i compiti, uscivano dalle proprie case, incontravano gli amici e assieme a loro giocavano fino al tramonto del sole. Nella maggiore parte dei casi, rientravano alla base
, stanchi e felici dopo essersi divertiti lungo i pendii nevosi. Erano sempre accolti dalle mamme, i nonni, le nonne, gli zii e le zie. Di solito trovavano in cucina un’eccellente cioccolata in tazza, dei succulenti biscotti, fatti con la pasta frolla. Era solo il mese di novembre e mentre sorseggiavano, mangiavano, i pensieri correvano già verso Natale, ai regali che avrebbero voluto ricevere sotto l’albero.
Come potete immaginare, fra i regali richiesti dai bambini, i libri erano un oggetto fintamente sconosciuto e spesso ben poco gradito.
Uno di questi bambini si chiamava Manuel, era diverso rispetto agli altri suoi coetanei, poiché aveva una spiccata intelligenza, oltre ad essere incuriosito da tutto quello che lo circondava. In verità fra le sue più grandi passioni, si annoverava soprattutto la tecnologia e quando chiedeva alla sua mamma di comprargli qualche gingillo informatico
, lei era sempre pronta a soddisfarne le richieste. Allo stesso tempo aveva piacere che suo figlio cominciasse ad avere degli interessi anche nei confronti della lettura, per cui a un certo punto, entrò in scena la zia acquisita di Manuel, che si chiamava Lizzy
e casualmente era una scrittrice.
In un freddo giorno d’inizio inverno, quando la neve cadeva copiosa, sui prati erbosi, zia Lizzy chiese al nipote se voleva ascoltare una storia.
All’inizio il bambino non fu molto felice di quella strampalata idea e guardò la donna con aria perplessa, ma grazie all’intercessione della madre, si convinse che ascoltare un racconto, avrebbe potuto essere interessante. Così si misero tutti in salone, beatamente accomodati in poltrona ad ascoltare :
I Racconti di Lizzy
.
Abelardo e Anastasio
Tanti ma tanti anni orsono, in un bosco ancora non conosciuto agli esseri umani, viveva un simpatico pipistrello chiamato Abelardo, un nome davvero imponente in controtendenza alle sue dimensioni leggermente ridotte rispetto agli altri compagni. Suo padre e sua madre, furono costretti a chiamarlo in quel modo, dovendo rispettare l’antica famiglia alla quale appartenevano. Abelardo non era un topo volante
, qualunque…in realtà i suoi antenati avevano colonizzato il bosco novemila anni prima della sua nascita, strappando il territorio dalla bramosia conquistatrice delle cavallette giganti, capitanate dal crudelissimo Re Rongone dalle zampe rinsecchite. Il sovrano era morto durante il terribile scontro e seppellito dentro a una teca di legno e ferro, situata in mezzo al bosco, in un luogo ameno da occhi indiscreti soprattutto dagli eredi della cavalletta, che avrebbero potuto cercare di liberare il loro Re, risvegliandolo dalla morte, che in base alla leggenda tramandata in tutti quegli anni, non si trattava di un decesso effettivo ma in realtà era solo apparente. Una simile eventualità doveva assolutamente essere evitata, per questo motivo al termine della battaglia e sancita la vittoria dei topi volanti
, tutti i Re pipistrello avevano sempre addestrato al combattimento il figlio primogenito, consegnandogli al raggiungimento della maggiore età, l’arma usata per uccidere il Re Rongone.
Il suo nome ha squarciato la barriera del tempo ed è meglio nota con l’appellativo di……..
Spada sacra…".
Non si trattava di una spada come tutte le altre, oltre a essere dotata di una lama pericolosissima, nella sua parte apicale spiccava una piccola ampolla in vetro viola. Al suo interno vi era contenuto il sangue del primo Re pipistrello che novemila anni prima, aveva messo fine alla vita del terribile Re cavalletta e se per qualsiasi motivo, un infausto giorno si fosse risvegliato, quello stesso sangue sarebbe riuscito a eliminare una vola per sempre, lo schifoso insetto. Purtroppo con il trascorrere degli anni, il liquido prezioso era diminuito, rapprendendosi poco a poco e in caso di necessità, sarebbe stato sufficiente solamente per un singolo uso. Per questo motivo il giovane Abelardo era costretto a subire ogni giorno, le lezioni paterne. Se ce ne fosse stato bisogno, doveva essere pronto all’azione, in caso contrario sarebbe stata una vera tragedia per ogni abitante del bosco.
Abelardo oltre alla conformità del corpo, aveva altre caratteristiche fisiche che lo differenziavano rispetto ai suoi compagni volanti, il mantello era sempre scuro e manteneva la stessa apertura alare, peccato che in cima alla testa fosse in evidenza, un bel ciuffo di pelo (molto assomigliante ai capelli) di colore giallo limone, talmente lungo da giungere fino sugli occhi e perfino loro mostravano una differenza!
Scommetto che scoppiate dalla curiosità di saperlo!
L’iride del giovane pipistrello era azzurra come il cielo primaverile, rispetto a quella dei suoi compagni, che manteneva la tinta marrone.
Immaginate…quanto potesse essere incresciosa una situazione simile…!
e fino alla sua nascita, non si era mai verificato un fatto del genere.
Abelardo non solo presentava dei connotati che si staccavano dagli altri "topi volanti", anche il suo comportamento alquanto originale, rispecchiava ben poco il comportamento generale. Invece di migliorarsi e tentare di assomigliare ai pipistrelli, il nostro amico faceva l’esatto contrario, accentuando i lati originali della personalità, facendo sempre più adirare Re Kiros, suo padre che si ostinava a impartirgli le lezioni, allo scopo di farlo diventare un prode guerriero. In verità il giovane Abelardo era abile nella nobile arte del combattimento e avrebbe preferito occuparsi delle proprie passioni, invece di subire continuamente le imposizioni paterne, peccato non potesse farlo… rimaneva sempre il principe ereditario ed era suo obbligo essere addestrato come si conveniva al suo rango. Una volta terminati gli esercizi, si spogliava dell’armatura metallica e si recava fuori dalla grotta all’aperto. La sua natura, avrebbe dovuto fargli amare il buio e odiare il sole. Peccato che per lui fosse l’esatto contrario e detestava rimanere al chiuso, dentro a una grotta, anche se la luce gli arrecava un enorme fastidio, lui affrontava con coraggio il disagio e fuggiva sempre da casa, che considerava una soffocante prigione.
Il giovane pipistrello era riuscito a trovare un sistema che gli aveva permesso di risolvere il problema, grazie all’utilizzo delle foglie. Da queste ultime aveva ricavato una mascherina che gli ricopriva il volto, ad eccezione degli occhi, in tale modo riusciva a vedere, evitando di sbattere contro gli alberi durante il volo. Quando usciva il posto che preferiva era il torrente situato ai piedi di un piccolo ammasso roccioso. Abelardo era solito appoggiarsi lungo la riva e mettersi a suonare il suo flauto, che aveva creato con un pezzo di legno, di nascosto da suo padre. La notte invece di mettersi alla caccia d’insetti assieme agli altri pipistrelli, costruì lo strumento musicale. In un’occasione era stato scoperto da sua madre, la Regina Silka, però non disse nulla al marito, al contrario cercò di comprendere la natura del figlio, completamente diversa dal suo immaginario e si tenne il segreto per sé e decise che da quel momento l’avrebbe coperto in ogni modo possibile. Abelardo rimase molto colpito dal comportamento della genitrice e fu terribilmente felice, non si sarebbe mai immaginato di trovare un’alleata dentro la tana, grazie anche a lei, riuscì a nascondere il suo amatissimo flauto e sempre con la complicità materna, si recava ogni giorno al fiume a suonare in santa pace. Quando Re Kiros domandava alla Regina Silka dove volava il figlio una volta terminato l’allenamento, lei rispondeva in questa maniera.:
-Marito mio…e nobile consorte…nostro figlio è andato a completare gli esercizi, in cima alla grande montagna rocciosa, sicuramente in questo momento starà sollevando qualche sasso per allenare i suoi muscoli-.
Udite quelle parole, Re Kiros sorrideva compiaciuto e si recava in fondo alla tana a fare una bella dormita. Al contrario la regina provava un senso di colpa per le continue menzogne che era costretta a raccontare al marito, però nello stesso tempo sapeva di essere obbligata a comportarsi in quella maniera, sapendo perfettamente che il consorte non era ancora pronto ad accettare la personalità del figlio. A distanza di anni ricordava perfettamente la nascita di Abelardo e lo sgomento di Kiros, quando vide il figlio con un ciuffo di pelo biondo in testa. Lo stupore fu così forte da fargli perdere l’equilibrio, fino a una rovinosa caduta all’indietro e quando sembrava si fosse ripreso dal trauma, notò che il piccolo invece dell’iride color nocciola, mostrava dentro l’occhio, una meravigliosa tinta azzurra. Quella scoperta fu terribile da sopportare e lo fece svenire per la seconda volta in pochi minuti e solamente una doppia dose di sangue, rigorosamente fresco, proveniente da insetti appena uccisi, riuscirono a risvegliare Re Kiros dal trauma subito.
Come potete immaginare, la coraggiosa Regina Silka, doveva pensarci bene, prima di svelare la reale personalità di Abelardo al regale consorte.
Re Kiros non era ancora pronto ad accettare di avere come figlio un valente guerriero, ma contemporaneamente appassionato di arte e musica per molto meno aveva rischiato la vita…Quella strampalata idea sarebbe stata troppo scioccante per lui. La Regina Silka si faceva invadere la testa da questi cupi pensieri e contemporaneamente cercava di capire a chi assomigliasse suo figlio e iniziò a riflettere sui loro antenati e se per un arcano motivo, ci fosse stato uno di loro ad avere seguito la passione artistica. La mente tentava sempre di correre dietro al passato, senza ottenere nessun risultato utile e dopo essersi concentrata per parecchio tempo, se ne tornava stremata in fondo alla grotta e non trovando mai rimedio al quesito, decideva di rilassarsi preparando una buona tisana. Fin da cucciola, adorava quella bevanda e rispettava sempre l’antica ricetta di famiglia, però oltre alla radice aggiungeva qualche mirtillo, che spremeva con amore, usando gli artigli. Quando era pronta si accoccolava attorno al fuoco, chiudeva gli occhi e beveva la tisana, assaporando il retrogusto dolciastro dovuto al frutto di bosco e rimaneva immersa in quello stato di strano stordimento, in attesa che tornasse a casa il figlio, sempre eccitato mentre le raccontava quali idee aveva avuto nella composizione dei brani musicali e fino a quel momento la situazione era stata sotto controllo…
Purtroppo o peccato in alcuni momenti la vita riserva delle sorprese inaspettate e un giorno il giovane Abelardo fu l’ignaro protagonista di un incontro incredibile che cambiò per sempre il fragile equilibrio della sua esistenza. In una bella giornata di fine primavera, il principe pipistrello se ne stava tranquillo a suonare il bel flauto di legno, contemplando la natura che intorno a lui, mostrava tutto il suo splendore, a un certo punto l’atmosfera fu squarciata da una musica assordante, seguita in un secondo momento da uno strano timbro vocale che Abelardo non aveva mai sentito nell’arco della vita. L’istante successivo si parò davanti a lui uno strano essere, a prima occhiata sembrava trattarsi della cavalletta più grande, che avesse mai visto, le sue ali erano enormi di un intenso verde mela, però rispetto agli altri insetti, sopra al dorso comparivano alcune chiazze gialle e arancioni, oltre a un paio di denti spropositati che gli uscivano dalla bocca. Infine il pipistrello notò che la cavalletta indossava un cappello di foglie rosse, sul quale era fissata una piuma bianca. Abelardo notò che l’insetto teneva stretta fra le zampe una chitarra. La cavalletta volò improvvisamente accanto a lui, intonando una canzone allegra e assordante allo stesso tempo e una volta terminata l’esibizione, fece un inchino e proferì la seguente frase:
Sono Anastasio, il principe cavalletta, amo la musica e suono la chitarra, a quanto vedo ci assomigliano, avendo fra le tue zampe uno strumento musicale
.
Abelardo si avvicinò ad Anastasio, si presentò a sua volta, affermando di essere il principe pipistrello e mantenendo un tono imperioso confermò di essere un grande estimatore della musica, oltre a vantarsi delle sue capacità di compositore e cantante. Udite quelle parole la cavalletta si mise a sorridere, guardò il pipistrello dritto negli occhi e gli propose di mettersi assieme e formare un duo musicale. Secondo lui unire lo stile classico alla sua melodia dirompente sarebbe stata un’idea eccellente, oltre a non essersi mai vista nel bosco, aggiungendo che il loro incontro era stato stabilito dal fato, quindi non ci si poteva ribellare a un volere stabilito da un essere superiore.
Abelardo non comprese sul momento quello strano discorso, però fu colpito positivamente dalle parole di Anastasio e dalla sua personalità trascinante se pur molto incisiva, che gli ricordava in parte quella di suo padre. In un primo momento fu tentato di rinunciare, ma l’istante successivo si rese conto che si trattava di una bella opportunità e sarebbe stato un peccato lasciarsi fuggire dalle zampe pelose la proposta del suo nuovo e unico amico. A quel punto raccolse tutto il coraggio a disposizione, accantonò le sue paure e in accordo con Anastasio, stabilirono l’appuntamento per il giorno seguente alla stessa ora. Entrambi si sarebbero presentati con