Se io fossi un’oca
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Originaria del Salento, Puglia, è laureata in Filosofia Morale e in Comunicazione Istituzionale e d’Impresa, conseguite presso l’Università di Perugia, dove vive e lavora. Giornalista pubblicista dal 2008, ha collaborato per due anni con il Corriere dell’Umbria. Al suo primo esordio narrativo, dipinge e scrive poesie.
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Anteprima del libro
Se io fossi un’oca - Federica Bleve
Federica Bleve
Se io fossi un’oca
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6272-8
I edizione settembre 2022
Finito di stampare nel mese di settembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Se io fossi un’oca
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Se io fossi un’oca
Non è poi così strano, la notte si ammanta spesso di un velo tenue che le dà un tocco di mistero e confonde i contorni delle cose così da ispirare i bei racconti. Poi una leggera brezza annuncia l’alba e un contagioso cinguettio si diffonde nel silenzio, un po’ di nebbia danza diradandosi sotto i tiepidi raggi del primo sole.
Una casetta fatta in legno e mattoni, in un bel posticino pieno di fiori e alberi, voli di uccelli e tante farfalle di tutti i colori. Con la neve tutto diventa bianco e assume forme dolci come zucchero filato che vien voglia di mangiarlo. In primavera la natura si stiracchia e gli alberi si riempiono di gemme e foglie verde lucente, i fiori fanno di tutto per attirare le api, ed è una gran festa sentire quel hmmmmm di sottofondo, che sembra il motore di una nave nel mare, o il rombo lontano di un aeroplano che si gode la vista dall’alto. Poi l’estate porta frutti dolci e maturi e i campi diventano dorati. In questo piccolo angolo di paradiso profumato di bosco, tra grandi querce, pini, ulivi, pioppi, funghi, cespugli di more e asparagi selvatici, viveva FederOca, il suo piumaggio era bianco candido e il becco e le zampe di un bell’arancio vivo.
FederOca era nata per stare in acqua, qualunque acqua: quella dolce e quella salata. Sin da ochetta sguazzava nel mare e andava giù e poi tornava su per poi ritornare giù in apnea ad osservare i branchi di pesci cambiare colore e danzare nel blu cobalto, a cercare stelle marine, attraversare alghe capellute e barbose e guardare i ricci agitare le spine come braccia di tifosi allo stadio.
Quando era piccolina, insieme ad una sua amichetta, FederOca faceva collezione di vetri colorati. In acqua era tutto così bello e perfetto, i colori vivi e sgargianti, ma una volta tirati fuori gli oggetti asciutti perdevano la loro lucentezza. FederOca desiderava tenere per sé quella luce, ma aveva capito che ogni cosa ha un suo posto, e tolta da lì è come se si spegnesse. Perciò le conchiglie e i vetri colorati dovevano rimanere dov’erano, perché solo lì riuscivano