La lunga partenza

Di Antonio Palumbo

C'è in queste pagine incandescenti un corpo ferito che «si ritira dal mondo», si stacca in un a parte dalla folla e come l'animale in punto di morte cerca il buco in cui «passare». Il corpo sanguina e mostra le piaghe, ma se ne sta in scena senza cadere mai nell'osceno. Nell'epoca della pornografia il poeta evita la trasparenza. C'è un corpo che si scorpora, allontanandosi dal «coro senza core» e finendo murato nei labirinti di una feroce solitudine. Nello svincolo di un'interminabile partenza/assenza, temprandosi nell'isolamento di un palcoscenico privato, dove si perde sangue come sopra un «tagliere», l'Io non rinuncia all'ipotesi di un Tu, pressante, a volte presente, spesso l'Assente con cui dialogare, in cui trovare un senso alla natura del tempo. Il corpo «inerme» senza il coro, in un aldiquà di muri e varchi impossibili, nei vortici di un moto in cerca di spiragli, in un corpo a corpo con le parole, in tentativi di volo, in un velo di echi palesi o nella trama, da Dante a Hölderlin, da Montale a Celan, da Caproni a Nick Cave e altri ancora. Ed eccoci, nonostante le fughe, nelle spirali del tempo che è partenza perenne e ininterrotto, implacabile addio.

• Lingua: Italiano
• Editore: Musicaos Editore
• Data di uscita: 28 feb 2020
• ISBN: 9788894966718

Anteprima del libro

Antonio Palumbo - La lunga partenza

© Musicaos Editore

Gennaio 2020

Progetto grafico

Bookground

Fotografia Memory worked by mirrors di Arianna Saracino

Musicaos Editore

Via Arciprete Roberto Napoli, 82 - Neviano

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Isbn Cartaceo 978-88-94966-534

Isbn Ebook 978-88-94966-718

ANTONIO PALUMBO - LA LUNGA PARTENZA

tutto si confonde

e già divora il verme

un corpo inerme

un’altra carne

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voglio rovinare l’alba, sputare per aria

e ritrovarmi bagnato come un fesso

(saliva dentro di me rovinosa e curava

come la tigre il marcio della ferita)

voglio rovinare l’alba, ma non ci riesco

è troppo tardi ormai, a svegliarmi presto

(poi guardava dentro di me radiosa

schiudendo appena quella sua ferita)

voglio rovinarmi presto, così forse ci riesco

a ritardare l’alba, a compiere un gesto

(dischiusa l’alba, la ferita, un verso

e finalmente, presto, dormirò)

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il silenzio nomina i morti

mie dimenticanze crescono

io non parlo mai, io non esco

il buco è stretto

le paure non passano mai

provo a cercare