Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Lasciar libera la luna
Lasciar libera la luna
Lasciar libera la luna
E-book259 pagine3 ore

Lasciar libera la luna

Valutazione: 5 su 5 stelle

5/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Scopri il libro "Lasciar Libera la Luna" di Eric Baret, allievo di Jean Klein e autore di numerose opere tradotte in tutto il mondo.
Frutto della paura, l’impulso di sapere e di volere è la radice delle nostre sofferenze psicologiche. La nostra esistenza spesso non è che una lotta per far trionfare quest’affermazione di superficialità. La costante ricerca di sicurezza è l’ostacolo essenziale alla rivelazione d’una libertà che ci sollecita nonostante tutto a ogni istante di quella che noi chiamiamo la vita ordinaria.
Lasciar libero il mondo dalle nostre proiezioni è la suprema arte espressa dalle grandi tradizioni spirituali. Quest’ascolto senza appropriazione è la soluzione ai nostri conflitti immaginari, ma assai reali secondo la nostra codifica della vita.
Temuta dal nostro psichismo civilizzato, l’emozione si trova alla fonte di ogni percezione. Accolta senza riserve, quest’energia si libera dalle sue cause apparenti e diviene il canto della vita, silenzio della persona. Eco della condanna originale e senza appello alla gioia, la nostra miseria appare allora come il secondo figlio d’una donna sterile.
Fine d’ogni pensiero intenzionale, quest’alchimia dell’emozione costituisce il cuore della tradizione dello shivaismo non duale kashmiro. Questi colloqui ci trovano al centro delle nostre preoccupazioni profane che, nella nostra accoglienza, si rivelano essere la porta dell’essenziale.
Spazzata dal fuoco dell’istante, tutta la resistenza alla vita senza conclusione, al non sapere caro a Jean Klein, si rivela un combattere senza speranza.
LinguaItaliano
Data di uscita16 gen 2020
ISBN9788832299878
Lasciar libera la luna

Correlato a Lasciar libera la luna

Ebook correlati

Religione e spiritualità per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Lasciar libera la luna

Valutazione: 5 su 5 stelle
5/5

1 valutazione0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Lasciar libera la luna - Éric Baret

    Sommario

    Copyright ©

    LASCIAR LIBERA LA LUNA

    Associazione Anthropos

    Nota

    Introduzione

    Capitolo I. Nel silenzio dell’intimitá

    Capitolo II. Vivere con l’emozione

    Capitolo III. La speranza è una fuga

    Capitolo IV. Libero da ogni comprensione

    Capitolo V. Lasciarsi divorare dalla paura

    Capitolo VI. Lasciar libera la luna

    Capitolo VII. Domani non esiste

    Capitolo VIII. Ogni ricerca è rinvio

    Capitolo IX. Nessuno vi ha mai parlato

    Capitolo X. Risvegliarsi felici, addormentarsi felici...

    Capitolo XI. La situazione non è che pretesto

    Capitolo XII. Il digiuno del cuore

    Capitolo XIII. L’arte di morire

    Nella collana Rasa Marga

    Titolo originale: De l’abandon

    © 2004, Les deux océans

    Collana RasaMarga

    Comitato editoriale: Laura Pappacena, Daniela Merli, Stefania Redini, Gioia Lussana, Francesca Marziani

    Progetto grafico: Barbara Tucci

    In copertina: Indra. Rame sbalzato, Nepal XII sec. Il dio degli dei rappresenta la visione non duale.

    © 2019 OM EDIZIONI

    Tutti i diritti letterari ed artistici sono riservati.

    È vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera. Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene prevista dalla legge 11 marzo 1975 dei diritti d’Autore.

    Stampato in Italia nel mese di novembre 2019 presso Graphicolor snc, via Cesare Sisi 2 - 06012 - Cerbara (PG)

    OM EDIZIONI

    Via I Maggio, 3/E - 40057 Quarto Inferiore (BO) - Italy

    Tel. (+39) 051 768377 - (+39) 051 767079

    info@omedizioni

    www.omedizioni.it

    ISBN 978-88-94975-90-1

    ISBN ePub

    Éric Baret

    LASCIAR LIBERA

    LA LUNA

    Anthropos, in alcune tradizioni gnostiche, è l’uomo originario che, attratto dal mondo fenomenico, si incarna dimenticando la propria origine. Da qui la sua inquietudine, il suo «essere gettato nel mondo» che lo sollecita alla ricerca intorno al senso della propria esistenza. Ed è proprio intorno a questa domanda che nasce la nostra associazione, il cui scopo è semplicemente quello di tenere il più possibile vivo lo spazio del dialogo e del confronto sulle domande essenziali per l’essere umano e sui percorsi che di volta in volta sono stati le sue bussole per orientarsi nel mondo.

    NOTA

    La trascrizione di questi incontri conserva la forma spontanea delle domande-risposte.

    Quel che viene qui formulato può essere facilmente contraddetto su altri piani e non è da considerarsi come verità, ma una esplorazione dei nostri meccanismi.

    La maniera di esprimersi, lo è stata specificamente per l’uditorio presente. Fuori contesto, taluni enunciati possono sembrare inappropriati o poco pedagogici. Solo l’intimità e gli spazi di silenzio che smaltano questi incontri li giustificano, e invitano alla loro integrazione funzionale. Il lettore non deve prenderli alla lettera, ma trasporli. Se l’intensità dei momenti, in cui la formulazione non è che pretesto a presentire l’ascolto, è riservata alla trasmissione orale, una lettura senza l’aspettativa di una comprensione oggettiva può ricondurre a queste stesse evidenze, che sono nel cuore della nostra natura profonda.

    INTRODUZIONE

    Gloria a colui

    che non ha stabilito il cammino per conoscerLo,

    se non l’incapacità a conoscerLo

    IBN ARABI

    , Le illuminazioni della Mecca

    Frutto della paura, l’impulso di sapere e di volere è la radice delle nostre sofferenze psicologiche. La nostra esistenza sovente non è che una lotta per fare trionfare questa affermazione di superficialità. La ricerca costante di sicurezza è l’ostacolo essenziale alla rivelazione di una libertà che ci sollecita tuttavia in ogni istante di quella che chiamiamo la vita ordinaria.

    Lasciare il mondo libero dalle nostre proiezioni è l’arte suprema espressa dalle grandi tradizioni spirituali. Questo ascolto senza appropriazione è la soluzione dei nostri conflitti immaginari, ma ben reali nella nostra codifica della vita.

    Temuta dal nostro psichismo civilizzato, l’emozione si trova alla sorgente di ogni percezione. Accolta senza riserve, questa energia si libera dalle sue cause apparenti e diviene il canto della vita, silenzio della persona. Eco della condanna originale e senza appello alla gioia, la nostra miseria appare allora come il secondo figlio di una donna sterile.

    Fine di ogni pensiero intenzionale, questa alchimia dell’emozione costituisce il cuore della tradizione dello Śivaismo non duale del Kaśmīr.

    Queste conversazioni ci trovano al centro delle nostre preoccupazioni profane che, nel nostro accoglimento, si rivelano essere la porta dell’essenziale.

    Spazzata dal fuoco dell’istante, ogni resistenza alla vita senza scopo, al non-sapere caro a Jean Klein, si rivela un combattimento senza speranza.

    Lo zolfo rosso sarebbe altrove che nella nostra Presenza?

    Capitolo I

    NEL SILENZIO DELL’INTIMITÁ

    La Sicurezza vi ha smarriti.

    Il Corano

    La sicurezza nella quale le anime si compiacciono si oppone all’intimità di Dio. Questa vanità procura al servo il sentimento di benessere quando vi ci si lascia andare. Allora non sarà mai felice.

    In effetti la sicurezza distrugge la vita spirituale e rovina l’uomo che se ne compiace facendogli sprecare il suo tempo. E nel momento in cui quello ne fa ritorno suo malgrado, s’accorge che ha le mani vuote e non ha ottenuto niente.

    IBN ARABI,

    Il libro delle Teofanie

    Le nostre riunioni non si situano in un contesto di spiritualità, d’insegnamento, di comprensione, perché tutti questi elementi fanno parte delle vie progressive. Gli avvenimenti della vita sono la via, che appare e scompare nello stesso istante. Non c’è nessuno spazio per un ottenimento, per un’appropriazione. Nella misura in cui non mira ad alcuna risposta informativa, ogni domanda è benvenuta.

    È possibile distinguere i momenti propizi per cambiare una situazione quando si pensa di poterla migliorare, o bisogna lasciar fare, lasciar venire senza agire? Potremmo discuterne?

    Potete rendervi conto che agirla o rendersi disponibile alla situazione non è di vostra competenza. Talvolta avrete la capacità di ascoltare una situazione: vi ritroverete allora liberi d’agire o meno, la situazione sarà l’azione. Altre volte non potrete far altro che constatare la vostra carenza di ascolto, il commentario psicologico che si sovrappone alla situazione: pretendete di sapere cos’è meglio, questa pretesa è un’azione.

    Non potete decidere di reagire o ascoltare. La vita non vi accorda una simile libertà. Constatate i momenti d’ascolto come i momenti di reazione.

    L’idea di un’autonomia personale, che ci porterebbe ad agire o meno, non è altro che una favola.

    Mi sono soffermato su una parola che usate spesso: non realizzazione. Si potrebbe dire che è possibile trascorrere la vita avendo successo nel fallire e che anche quella sarebbe una strada di realizzazione, in quanto tale non compimento lascia un gusto amaro e induce a porsi molte domande sul senso della vita?

    Potete passare la vostra vita a immaginare di riuscire o fallire. Non è nient’altro che ideologia: non potete né farcela né fallire, di qualunque cosa si tratti. Un giorno sarete stanchi d’immaginare. In quell’istante le vostre riuscite e i vostri insuccessi immaginari, e anche i vostri fantasmi di successo e d’insuccesso futuri si elimineranno. Ecco l’adempimento, non ce n’è altro. È questo che bisogna che si installi in noi. Nessuno spazio per un rimpianto, una speranza o un’amarezza: tutto questo è una forma di agitazione. Resti tranquillo, chiaro. La vita si svolge dentro di lei, non è lei a essere nella vita.

    Se non c’è realizzazione, non c’è nemmeno evoluzione?

    Non c’è evoluzione psicologica. Il vecchio non è di più che un bambino: è un’altra espressione della vita. Non è neanche qualcosa di meno quando perde la sua forza, la sua intelligenza, la sua memoria e la salute.

    Quando un vecchio è disorientato, quando perde la memoria, è meno cosciente, no?

    Coscienza in senso relativo, visto che non era cosciente. Si è immaginato di riuscire o fallire nelle situazioni, il che è incoscienza. Si è immaginato d’avere un nome, di decidere dei propri atti, si è immaginato tutta la propria vita. Non è certo perché si dimentica quest’immaginario che c’è un meno. Ritrova qualcosa di essenziale, senza memoria, senza appropriazione.

    È bene osservare come la vista d’un vecchio che diviene senile ci colpisce. Perché è così difficile? Cosa mi spaventa? Vengo messo in discussione. Mi accorgo che sarò come lui e che non sarà possibile più pretendere – pretendere i miei successi, i miei fallimenti. Sono obbligato ad abdicare alla vita che mi è cara, all’identificazione che mi è cara con me stesso. Questo è ciò che mi crea dolore.

    Lasciamo il vecchio libero dalle nostre proiezioni, dalle nostre paure. Il vecchio va benissimo; siamo noi ad aver paura. Un salmone in fin di vita non è qualcosa di meno di quando è nel suo splendore. La degenerazione, su un certo piano, fa parte del nostro processo biologico. C’è altrettanta bellezza in chi muore e in chi nasce.

    Se non c’è compimento, a cosa mi serve la mia coscienza?

    La coscienza non vi serve a niente. Non è un oggetto finalizzato a stimolarvi psicologicamente. Non è una macchina rossa, un marito o un cane. Non esiste per servire: è la vostra emozione fondamentale, vi spinge a ricercarvi costantemente attraverso le situazioni.

    Coscienza: questo termine è frainteso. In Oriente si parla di coscienza senza oggetto. Non c’è da essere coscienti.

    La coscienza di quelle persone che vogliono morire coscientemente non ha alcuna importanza. Ciò che si realizza al momento della morte è di tutt’altro ordine. Morire coscientemente dipende dalla capacità funzionale del suo cervello. Se riceve una manganellata sul cranio, non morirà coscientemente e non le mancherà niente.

    La coscienza di qualcosa è una coscienza funzionale. È come una gamba per camminare. Non ha sostanza alcuna, è una funzione. La Coscienza è altro.

    Se finisco per trovarmi in accordo alla coscienza, posso raggiungere l’essenza?

    Cercate per un momento d’essere in disaccordo con la vostra coscienza. Che altro potreste essere se non la vostra coscienza? Non siete una zebra rossa posta all’esterno della coscienza, per mettervi d’accordo con essa. Questa coscienza siete voi stessi nel momento in cui cessate di cercare qualunque cosa, quando smettete di pretendere di avere il potere d’essere d’accordo o in disaccordo. Nel vostro silenzio, tra due pensieri, due percezioni, nel sonno profondo e per tutto il tempo, perché il tempo appare nella coscienza, la vostra vita è in accordo perfetto con la coscienza.

    Sopprimete tutto il commentario ideologico sulla vostra vita. Il vostro sapere della vostra vita vi impedisce di vedere come questa sia perfetta. Niente è da cambiare. La vostra vita cambia, è la vita. Non dovete mettervi d’accordo con niente di particolare. Altrimenti finirete per sentirvi sempre in disaccordo.

    Voler essere in accordo è una paura. Paura di che? La causa della paura è immaginaria. A un dato momento si cessa di tremare. Quel che si presenta è accordo. Quando non lo qualifico più come positivo o negativo, riuscita o fallimento, quel che si presenta non è che me stesso, la mia risonanza: c’è vero e proprio accordo. Non è accordo d’un soggetto nei confronti di un oggetto, è un accordo unitario, senza separazione. Accordo col suo corpo quando soffre o funziona, con la vita per ciò che le offre. Senza richiesta di compiere, di ricevere qualunque cosa.

    Ascoltare è straordinario. Questo trascende ciò che si ascolta. L’accordo profondo della vita consiste nell’ascoltare.

    Essere un istante senza richiesta, senz’attesa, è la cosa più semplice che ci sia. Ciò vi lega a tutti gli esseri, a tutti i mondi. In questo c’è una simbiosi.

    Se cercate di mettervi in accordo con qualunque cosa, vi mettete in accordo con un’ideologia: se siete musulmani vi accordate con la charia o la vostra tarika, se siete buddhista vi accordate col Saṅgha o il Dharma; se siete ateo rispettate i vostri concetti. Questo accordarsi ha poco valore.

    Bisogna mettersi in accordo con quel che si presenta nell’istante. Ma questo non potete farlo. Si tratta d’una grazia che vi chiama e che a ogni istante rifiutate perché volete essere in accordo con l’istante successivo. Occorre vedere il meccanismo.

    L’emozione che sorge in me, è con quella che devo essere in accordo. Non c’è niente altro.

    Va bene che si sia noi stessi senza aspettativa, ma allora le sollecitazioni provenienti dall’esterno?

    Bisogna amarle. È normale che il vostro cane attenda il pasto, che vostro marito, vostro figlio, vostro padre, il vostro capo, il vostro impiegato s’aspettino qualcosa. Ma voi vi accorgerete che non siete là per rispondere alle attese altrui. Ci siete, eventualmente, per stimolare la non aspettativa nella vostra cerchia. Qualche volta l’ambiente sarà soddisfatto, qualche volta sarà deluso: è necessario aver rispetto di questo, c’è bisogno di entrambe le cose. Vostro figlio ha bisogno che l’appaghiate e che lo deludiate: la sua maturità dipende da entrambi, dal sì e dal no. Il vostro amato ha bisogno della stessa cosa, e anche il vostro dromedario.

    Non c’è da incolparsi. Non esistete per rispondere alle attese del vostro vicino. C’è sempre un vicino che vi troverà troppo alto, un altro che vi troverà basso. Rispettate ciascuno. Ad alcuni sembrerete simpatico, ad altri antipatico: hanno tutti ragione; a seconda del loro stato affettivo, vi vedono in un modo o nell’altro.

    A un dato momento non vi nutrite più della proiezione del vostro vicino. Lo rispettate nel suo odio come nel suo amore. È una proiezione, egli non parla che a se stesso. Comprendete intimamente perché, quando vi vede, prova un tale odio da aver voglia di strozzarvi o un tale amore da saltarvi addosso. Non può fare altrimenti. È come quando i cani vogliono mordervi o leccarvi. Voi non siete lì per insegnare al cane che vuole mordervi che non va fatto, né per spiegare a quello che vi lecca che sta proiettando una sicurezza su di voi e che farebbe meglio a trovarla in se stesso. Rispettate il cane che vede in voi questa sicurezza e vi lecca, così come quello che vuole sgozzarvi per paura. Agite in funzione della situazione. Per rispetto.

    Se non avete problemi nei confronti di voi stessi, non ne avrete alcuno verso la società. La società è limpida, perfetta, salvo quando la si vive nell’attesa, nell’intenzione. In tal caso c’è conflitto.

    Finchè si vuole che l’ambiente sia diverso, resta l’insoddisfazione. Che mio marito diventi esattamente ciò che desidero da lui, il giorno seguente mancherà lo stesso qualcos’altro. Quel che chiedo a mio marito, al mio cammello, è me stesso. Non può darmelo nessun cammello. Nell’istante in cui non mi aspetto niente da nessuno, e nemmeno da me stesso, mi accorgo che ascoltare è la mia sicurezza, il mio godimento, la mia soddisfazione. Non ho più bisogno che mi si ascolti, mi si ami o detesti; comprendo, rispetto il modo in cui il mondo mi vede: ha le sue ragioni.

    L’ambiente non crea alcun scontro psicologico. Se suscita in me una benchè minima difficoltà, vuol dire che porto una forma di giudizio: torno a me stesso. Invece di vivere la realtà, penso che l’ambiente debba esser diverso. L’ambiente è quel che è. Non essere in accordo con la realtà significa avere un problema: non con la realtà, ma con se stessi.

    Guardare chiaramente dentro di sé. Accorgersi che il proprio marito, il proprio capo, il cane non posson fare altro che provare quel che provano, agire come agiscono. In questo rispetto, quest’amore della realtà, reintegro la disponibilità.

    Lei crede che dei genitori possano accettare la realtà quando hanno un figlio che fuma troppo hashish e che rovina la sua salute in una maniera o nell’altra? Sono violenti quei genitori se tentano di cambiare la situazione?

    Secondo il vostro passato, i vostri genitori, l’epoca in cui siete nati, gli ambienti che avete frequentato, avete sviluppato la convinzione assoluta che l’hashish sia una cosa drammatica o inoffensiva. Questo pregiudizio, non potete impedirvi di pensarlo, non avete alcuna scelta, è necessario accettarlo.

    Qui, non si suggerisce d’essere completamente d’accordo in un senso o nell’altro, ma di vedere che la vostra proiezione sull’hashish o su qualsiasi altra cosa dipende dal vostro livello culturale, intellettuale o altro. Avete letto i giornali, sperimentato, incontrato, studiato: avete adottato certi punti di vista; in funzione di ciò agite.

    Accettare vuol dire ascoltare. Ascoltare vuol dire non sapere niente. Se realizzate quest’ascolto di cui stiamo parlando, vi liberate nell’istante di tutto ciò che sapete sull’hashish e su vostro figlio. In quest’assenza di giudizio, cosa rimane? La non separazione. Quest’emozione, la condividete col figlio. In questo senso, troverete l’espressione appropriata. Non conta quel che direte a vostro figlio: l’importante è il modo, il momento in cui glielo direte. Se gli parlate in un momento inappropriato, provocherete il contrario dell’effetto che date per scontato. Il momento in cui si prende un medicinale, conta tanto quanto il medicinale. Secondo l’ora, lo stesso dosaggio avrà un effetto del 30, 50 o 80% inferiore, potrà essere addirittura controindicato: il nostro Occidente arretrato inizia a scoprirlo. È così anche per ciò che dite a qualcuno.

    Nel vostro ascolto, sentite il giorno, l’istante, il modo di parlare a vostro figlio. Non cercherete di convincerlo a fare quel che pensate, ma di toccare in lui uno spazio di risonanza in cui potrà ascoltare ciò che dite e nel quale ciò che sente lo toccherà effettivamente. Poi, in relazione alla sua maturità, a seconda che sia intelligente o stupido, a seconda di tutta la sua vita, potrà ragionare di quel che gli avete trasmesso. Perché avete trasmesso un ascolto, un invito a osservare la situazione.

    Ma se volete trasmettere delle informazioni, rimarrete in un ambito troppo limitato. Gli direte che avete letto cinque libri che provano che l’hashish è nocivo: se non è idiota, ve ne porterà dieci che dimostrano che non è tossico. In questo modo è impossibile qualsiasi approfondimento.

    La sola cosa da fare con un figlio è condurlo all’ascolto della situazione. Come si sente quando prende l’hashish? Psicologicamente? Fisicamente? Come percepisce il suo ambiente? Portatelo in modo chiaro a vedere cosa questo implica. Meno gli trasmetterete delle conoscenze, più potrà ascoltare, approfondire e distinguere le proprie conclusioni. Se gli dite: Ti proibisco di prenderne, lo prenderà altrove. Bisogna consentirgli di comprendere, ascoltare, osservare come si sente in tale o tal’altra circostanza. Ciò esige da voi l’umiltà di non sapere nulla.

    Ascoltatelo, ascoltate il suo sconforto, la sua gioia.

    Smettetela con quella o quell’altra cosa che si dice nociva: non serve a nulla. Il figlio la pianterà con l’hashish e berrà alcolici; sopprimerà l’alcol ma frequenterà delle prostitute; e così via. Non è questo il problema. Il problema è di condurre la persona, a seconda delle sue capacità, a vedere con chiarezza. Così si evita il conflitto generazionale che si manifesta quando i genitori pretendono di sapere. Il figlio può allora replicare: La vostra vita è così riuscita, siete così felici da pretendere d’insegnarmi? Farete presto a trovarvi a corto di argomentazioni.

    Quindi, piuttosto che trasmettere informazioni di seconda mano, è meglio esplorare la questione con lui. Metterlo umilmente al corrente delle vostre paure richiede un grande ascolto, una grande umiltà. Ma sono le paure vostre, non per forza le sue: il figlio può intendere le vostre paure. Se gli dite devi aver paura, lui scherza, perché farsi una canna non gli fa paura. Dirgli: Ho paura quando ti vedo fumare è già più sincero, può arrivare a intenderlo. Affermare: Se tu fai questo, ti capiteranno dei problemi, l’ha già fatto e non gli è successo niente; questi discorsi non servono a niente.

    Dunque, parlate delle vostre paure e non delle sue. Parlate di ciò che vi risulta difficile, non di quel che è difficile per lui, di cui non sapete nulla. Nella vostra onestà, troverà la sua, e vi confiderà forse certe cose che lo portano a fumare o a comportarsi nel modo che vi preoccupa.

    Tutto ciò viene

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1