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Ligh R-Evolution: Nati per accogliere la vita - Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé
Ligh R-Evolution: Nati per accogliere la vita - Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé
Ligh R-Evolution: Nati per accogliere la vita - Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé
E-book306 pagine3 ore

Ligh R-Evolution: Nati per accogliere la vita - Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé

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Info su questo ebook

Abbiamo, oggi, l’opportunità di recuperare il potere di scegliere chi e cosa vogliamo essere, per generare una realtà più ampia, luminosa e piena di amore, che ci fa battere la strada verso la piena evoluzione. Questo invito al risveglio può compiersi solo in una visione d’insieme, in quel posto in cui bellezza, divino e scienza s'incontrano, fondendosi in una consapevolezza più alta, capace di condurci in un viaggio di esplorazione in cui possiamo cogliere la danza che dal microcosmo cellulare muove il macrocosmo universale e viceversa. È questo il punto, strettamente personale e non cedibile, dove inizia l'alba del cammino quotidiano. È qui che l’anima riflette la luce della vita. E il moto del salto, permette al Sé di evolvere perpetuamente su 8 piani di sviluppo complessi, in una relazione costante con l’energia dell’universo e le sue forme. In tutto ciò le emozioni divengono il fulcro, il ponte tra psiche, soma e guarigione, un flusso miracoloso che costantemente ricrea se stesso, aprendoci alle infinite possibilità di accogliere la vita dentro di noi.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2020
ISBN9788863655391
Ligh R-Evolution: Nati per accogliere la vita - Le otto dimensioni dello sviluppo evolutivo del Sé

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    Ligh R-Evolution - Carmen Di Muro

    CAPITOLO 1

    NATI PER EVOLVERE

    Ci si può anche accontentare,

    ma è così che si diventa infelici

    ACCOGLIERE LA VITA

    C’è sempre un posto dove andare, dove stare meglio, dove le cose sono chiare e la vita è più semplice. Vederlo è difficile, raggiungerlo ancora di più.

    Quel luogo di profonda quiete che sovrasta il tutto senza prevaricare niente è lo spazio dove essere felici. Un piccolo frammento di senza-tempo in cui la profondità del nostro essere si esprime per fondersi con l’infinito, per planare oltre i confini e le barriere mentali, per perdersi nei recessi più reconditi della vita.

    É quello il punto, strettamente personale e non cedibile, dove inizia l’alba del nostro viaggio quotidiano. É lì che l’anima respira la luce della vita.

    Quello spazio che tutto accoglie e da cui noi tutti veniamo è ciò che siamo soliti definire coscienza, quella sfera in cui gli ammonimenti, circa la propria esperienza e ciò che compiamo, si fondono in un unico nesso di senso che ci rende compartecipi della vita e delle sue infinite sfaccettature. È lì che si origina ogni cosa, che prende forma, spessore ed essenza il movimento, in un gioco dinamico tra le parti in cui ognuno diviene pezzo essenziale di un grande disegno che supera il singolo e frammentario scenario di significato, ma che si compie nella formazione di un’immagine molto più complessa dove non esiste singolarità, ma interconnessione tra ogni tassello senza il quale nessuna parte potrebbe esprimersi.

    Il genere umano è immerso nell’immensa corrente dell’evoluzione, che implacabilmente, a ogni istante, lo trascina verso un regno più elevato. C’è chi giace dormiente. C’è chi invece si lascia trasportare senza accorgersene. Ci sono poi, invece, alcuni uomini che si assumono la responsabilità personale di accelerare questo processo evolutivo. Sono quelli che, in modo chiaro, sentono la voce della propria Anima. Questa chiede loro insistentemente di voltarsi e accelerare il passo sul sentiero del ritorno all’origine, verso il vasto campo di verità che ci tieni uniti.

    La verità è amore che si muove perpetuamente e satura con la sua profonda saggezza ogni particella, onda ed essere. L’armonia è la risonanza dell’amore, un vibrante filo di luce che orchestra e sintonizza le frequenze più alte della vita.

    Chi ha riscoperto tutto questo non può ignorarlo.

    Qui c’è il vero Sé.

    Qui inizia e termina ogni creazione.

    Nella commedia Penthesilea, lo scrittore e drammaturgo tedesco Kleist (1777-1811) scrisse: «La quercia morta resiste alla tempesta, ma quella sana né è schiantata e travolta, perché questa può afferrarla per le fronde». Eppure, è nel mezzo della tormenta che è capace di generarsi il prodigio della vita. Un attaccamento disperato, un disperante paradosso in cui la risposta al dolore, la forma a esso di volta in volta assegnata, produce un attaccamento nel darla la vita, nel produrla e nell’affrontarla, nel piegarsi senza spezzarsi, lasciando che l’impeto emotivo faccia il suo corso per poi cedere spazio al sereno. Ed è proprio l’anima che ha fatto esperienza dei tumultuosi venti della tempesta interiore che può raggiungere la quiete, perché per essere rimasta con le radici ben piantate a terra malgrado tutto, essa ha amato il mondo e continua profondamente a farlo.

    Ed allora, come procedere? Verso quale orizzonte anelare per accogliere la vita intera divenendone artefici?

    La realtà da scoprire è molto più complessa rispetto alla nostra visione limitata delle cose. È un’unica interezza indivisa, in cui noi diveniamo tasselli fondamentali capaci di ricomporre in un unico grande progetto d’amore l’universo intero, svelando la sua reale immagine che è riflesso della nostra straordinaria natura umana, del grande oceano di onde in cui siamo immersi e di cui diveniamo forza motrice nel momento in cui, coscientemente, ne vediamo l’insieme, perché è proprio nell’unità che è contenuto il più grande potere custodito in noi, quello di essere e generare vita, ma ancor di più di accoglierla, attimo dopo attimo.

    UN’UNICA INTEREZZA

    Tu non sei nell’universo, tu sei l’universo, una parte intrinseca di esso. Non sei una persona, ma un punto focale in cui l’universo sta diventando consapevole di se stesso. Che miracolo fantastico.

    E. Tolle

    Siamo sull’orlo di una rivoluzione che non solo giunge dalle più recenti acquisizioni scientifiche, ma che arriva dal nostro stesso cuore, sollevando quel velo che a lungo ha ottenebrato la vera conoscenza. Un velo che in realtà è un campo integrale di energia dinamica che permea ogni singola unità del nostro corpo e dell’universo, separando nient’altro che noi da noi. È questo che gestisce le funzioni più alte della mente, nonché la fonte delle informazioni che governano la vita.

    Aprire la mente a tutto questo significa risvegliarsi, creando le premesse per una nuova dimensione integrata tra scienza e coscienza, una luce capace di portare finalmente chiarezza sulle dinamiche che muovono l’esistenza.

    Questa non si sta evolvendo nel vuoto ma nell’ordine dell’universo. È una manifestazione di un’armonia universale e non una violazione di essa. Il nostro è un mondo integrale interconnesso al di là dei regni della materia e dello spazio-tempo, per mezzo di un campo di informazione unificato, un campo che informa il presente con il passato e prepara le basi per il futuro.

    Le frontiere della scienza d’avanguardia, relative ai fenomeni quantistici non-locali nei sistemi viventi, stanno sempre più conducendo a un cambio radicale del paradigma scientifico, spostando il baricentro medico-biologico da una visione meccanicistica a una visione integrata che vede l’essere umano come una rete informativa dove anima, psiche e corpo e ambiente dialogano a livello invisibile, quantico, e tra loro c’è un continuo scambio di energia e informazioni.

    A condurci sull’orlo di questa rivoluzione, profonda e coraggiosa, è la convergenza tra misticismo e nuova fisica che offre le premesse esplicative per la comprensione di ciò che le tradizioni spirituali di tutto il mondo ci dicono fin dalla notte dei tempi: siamo esseri luminosi, energetici, di intelligenza creativa, pienamente attrezzati per partecipare consapevolmente all’impulso evolutivo della vita e raggiungere la piena autorealizzazione.

    Tra corpi e universo non esiste dualità, ma un unico infinito campo di risonanza che li unisce.

    È il nostro cervello, il nostro cuore, la nostra memoria e, al contempo, l’impronta genetica del mondo in tutta la sua storia (McTaggart, 2017). Ciò vuol dire che la realtà in cui viviamo non è frutto di circostanze indipendenti da noi, ma al contrario siamo noi, attraverso il controllo e la manifestazione delle nostre potenti energie interiori, a creare fattivamente le circostanze potenzianti o depotenzianti per le infinite possibilità di generare la realtà che desideriamo in un accordo reciproco.

    «Siamo come isole nel mare, separate in superfice, ma connesse nel profondo» recitava William James.

    Ogni essere umano sembra emergere nel modello della vita come un punto isolato con una certa libertà e individualità, apparentemente non influenzato da innumerevoli fenomeni. Eppure, anche gli aspetti in apparenza non collegati sono connessi in un ordine nascosto.

    E La progressione dell’evoluzione verso una maggiore eterogeneità altro non è che la manifestazione di quest’ordine.

    Newton con i suoi Principi della Dinamica – tutto è separato e risponde alle leggi di spazio-tempo e causa-effetto – come pure Descart con il suo Discorso sul Metodo avevano eliminato la forza spirituale dal mondo e la nostra coscienza dal centro del cosmo. Avevano strappato il cuore e l’anima all’universo, trasformandolo in una serie di parti inerti, conducendoci al senso di isolamento più brutale.

    Eppure nel corso degli ultimi decenni la scienza moderna ci ha condotto in un viaggio di esplorazione sempre più profondo nei misteri del mondo fisico, permettendoci di aprire il nostro panorama di senso verso una visione complessiva e potente del cosmo, ossia quella che lo vede come un reticolo non localmente intrecciato, organicamente completo e autoreferenziale su ogni scala della sua esistenza (Lazlo, 2009), una rete dinamica e integrata di campi energetici interdipendenti, regolata attraverso uno scambio di informazioni a livello quantistico. Lo spazio vuoto, è tutt’altro che spoglio e inerte, ma ribolle di attività¹.

    La vita è elettromagnetismo e nell’universo tutto è energia in vibrazione che produce la musica della realtà di suoni in cui siamo immersi, solo il grado di coscienza varia. La nostra coscienza di veglia ordinaria non è che uno dei possibili tipi di coscienza, che solo un sottilissimo velo separa da altre forme potenziali, totalmente diverse. Essa è un fenomeno non locale e il suo campo d’azione non va concepito entro i confini del nostro corpo fisico, ma al contrario, in modo esteso all’infinito. Ciò dà il senso di come ci sia un livello di informazione atemporale che trascende la velocità della luce che guida la materia e le sue dinamiche complesse, laddove il grado di coerenza diviene fondamentale non soltanto per assicurare l’equilibrio dei vari sistemi, ma anche per il trasferimento di informazioni ad alto contenuto quantistico nella realtà esterna, influenzandola e venendone influenzati.

    L’UNIVERSO PARTECIPATIVO

    In questa integrità indivisibile, l’esistenza umana, quindi, non può più essere considerata come un sottoprodotto accidentale del caso, ma assume un significato profondo, relazionale, attraverso il quale noi diveniamo compartecipi a ogni attimo della creazione del mondo. E La cooperazione e la condivisione delle risorse ne divengono i principi fondamentali, al contrario della visione darwinistica che ci ha sempre fatto vedere la lotta e il combattimento come «strategie ottimizzate per la sopravvivenza» (Joseph, 2009). Oggigiorno, infatti, abbiamo a nostra disposizione un archivio enorme di nozioni ed evidenze dal quale attingere, una sorta di database che online, ci dona le informazioni necessarie per ricostruire e mettere insieme, ciò che nel tempo abbiamo frammentato attraverso una visione unidirezionale. Basta solo inoltrarsi nell’intimo della conoscenza rileggendo da una prospettiva unitaria tutto ciò che abbiamo scoperto nel corso dei secoli. Il materiale per comprendere è infinito.

    Partiamo, per esempio, dalla storia dei cicli biologici.

    La forza trainante per l’evoluzione cellulare non fu la rivalità tra replicatori, ma un progetto comune e universale, dato da diversi sistemi che condivisero le informazioni nei processi di trasferimento genico. Ne sono una prova gli eucarioti². Essi si sono evoluti rispetto alle cellule arcane, quando hanno accolto i batteri procarioti all’interno del loro sistema come organelli (mitocondri e cloroplasti) per far fronte al crescente contenuto di ossigeno nell’atmosfera (Bauer, 2008). In questa dinamica entrambi, respiratori (consumando ossigeno) e fotosintetici (producendo ossigeno) hanno avuto la possibilità di formarsi come organismi. E la risultante di questo processo di sviluppo non è stata la creazione di guerrieri solitari, ma di sistemi biologici cooperativi la cui intenzione era volta al raggiungimento della massima efficienza per adattarsi al movimento della vita.

    Quindi, sebbene, il più delle volte crediamo che i cambiamenti in individui diversi siano completamente disconnessi l’uno dall’altro, al contrario questi possono essere coerenti in un ordine intrinseco che richiede per una molteplicità di essi il fenomeno dell’entanglement quantistico³ e il modello come quello di interferenza negli esperimenti di doppia fenditura a singola particella⁴, laddove sono presenti delle intenzionalità creatrici che scelgono in accordo reciproco tra una moltitudine di possibilità.

    Potenzialità e attualità sono due modalità differenti di essere nella totalità della realtà. E il carattere distintivo degli organismi viventi risiede nella loro capacità di essere simultaneamente attivi in entrambi i domini.

    Questa consapevolezza espansa oggi è più importante che mai, poiché ci invita sempre più a dilatare lo sguardo verso la consapevolezza che il cosmo, gli esseri umani, e su una scala più piccola i recettori nelle pareti cellulari, siano sensibili non solo ai segnali esterni e interni come quelli chimici e fisici, ma anche a segnali che emanano dal regno della potenzialità in cui l’informazione si unisce su più livelli divenendo globale.

    Per esempio, una delle proprietà caratteristiche delle cellule viventi è la loro intelligenza. Le singole cellule, infatti, sono dotate della capacità di un controllo progettuale, che ricorda l’intenzionalità di una mente autocosciente. La loro chimica non è determinata esclusivamente dai loro geni in modo meccanico, ma dalla relazione con l’informazione dei campi esterni con cui interagisce. Sebbene, il dogma centrale della biologia molecolare (Crick 1970) imponga che controllando la sintesi delle proteine, i geni determinino il carattere di un organismo, è stato oggi ampiamente dimostrato dall’epigenetica che i geni sono controllati dalle reazioni di una cellula ai segnali che riceve dal suo ambiente (Joseph, 2009).

    Le membrane cellulari come ci ha mostrato il noto biologo Bruce Lipton, non sono passive, ma permettono la comunicazione costante tra interno ed esterno e lo fanno attraverso delle proteine chiamate recettori, le quali riconoscono sia i segnali chimici (come gli ioni dotati di carica elettrica), che quelli energetici, ovvero le vibrazioni elettromagnetiche. Tutte le cellule, infatti, possiedono un recettore specificatamente sintonizzato per ogni segnale ambientale che devono decodificare. E le antenne di questi recettori vibrano come diapason. Se una vibrazione energetica nell’ambiente risuona alla stessa intensità dell’antenna di un recettore cellulare, questa andrà ad alterare la carica elettromagnetica della proteina, facendo cambiare forma al recettore stesso (Tsong, 1989).

    Le frequenze e i modelli elettromagnetici controllano il DNA, l’RNA, alterano la forma e la funzione delle proteine, e governano la regolazione dei geni, la divisione e la differenziazione cellulare, la morfogenesi (il processo mediante il quale le cellule si aggregano in organi e tessuti), la secrezione ormonale, la crescita e il funzionamento del sistema nervoso. Ciascuna di queste attività è un comportamento fondamentale che contribuisce al dispiegarsi della vita (Liboff, 2004). Gli elementi della cellula sono, quindi, intrecciati in una complessa ragnatela di loop comunicativi.

    Possiamo immaginare come una disfunzione fisiologica divenga, allora, la conseguenza naturale di un errore di comunicazione lungo qualunque percorso del flusso di informazioni. Centinaia di studi degli ultimi cinquant’anni hanno rivelato che forze invisibili dello spettro elettromagnetico hanno un impatto profondo su ogni aspetto della regolazione biologica⁵. Ciò, inevitabilmente, conduce a un netto cambio di paradigma circa la possibilità che anche le leggi intrinseche mediante le quali le cellule possono cambiare il loro genoma debbano, quindi, essere riviste in un contesto cosmico e di relazione.

    Viviamo e respiriamo in un universo partecipativo, un mare quantico di informazione sincronica sotteso da un’unica forza ordinatrice che governa i nostri corpi e il resto del cosmo.

    Il nostro corpo è un sistema di saggezza dinamica, pulsante, in continuo cambiamento in base ai flussi di informazioni che lo permeano, nella costante interazione con il campo di coscienza a cui appartiene e a cui tutti, contribuiamo nella più profonda fusione tra dimensione collettiva e individuale. L’applicazione di teorie dinamiche non lineari alle neuroscienze, sempre più ne da conferma, spostando il focus delle ricerche da un livello materiale-neurochimico, a un livello di campo elettromagnetico-immateriale, che apre la strada dalla fisica dei corpi massivi alla fisica quantistica e, quindi, al livello della realtà in cui i fenomeni sincronici e non-locali possono essere ammissibili (Bohm, 1981). Da questa prospettiva il Sé viene, quindi, considerato come il processo quantistico oscillatorio che emerge dalla profondità subcorticale (attività dei microtubuli) fino a raggiungere la superficie cerebrale, dando vita a stati di coscienza, che gradualmente evolvono dal puro eccitamento di forme senza oggetti a rappresentazioni complesse e relazionali (Penrose, 1989). Questa concettualizzazione è di fondamentale importanza, poiché diviene il punto di partenza, che guida l’intero sviluppo di questo testo, svelando nel corso dei capitoli, la progressione che il Sé compie nel suo perenne movimento evolutivo.

    In questo spettro maggiormente espanso, in cui la ricerca di frontiera ha fatto passi da gigante, anche la relazione acquista un nuovo statuto. Essa è la matrice essenziale che sottende le dinamiche di campo capaci di orientare il processo che governa la vita. L’ambiente che ci circonda ha una sua logica che risponde sempre alle nostre azioni e la nostra evoluzione sul pianeta non può che essere una co-evoluzione relazionale (Mancuso, 2015).

    Relazionarsi con gli altri e relazionarsi con se stessi sono, infatti, indissolubilmente interconnessi.

    LE CELLULE: MATRICI COOPERATIVE

    C’è una danza dell’amore nelle cellule,

    che è fatta di segnali, informazioni, comunicazioni.

    Erica Francesca Poli

    C’è un delicato equilibrio dinamico di ogni specie non soltanto in rapporto alle altre, ma in relazione alla globalità dell’ambiente interno ed esterno. Questa è l’armonia della vita, un’esperienza profonda di relazione.

    Possiamo immaginarci come singole individualità, stesso vale per il nostro corpo, ma nulla può funzionare se non nel reciproco rapporto, laddove è la relazione a diventare fondamentale. Il Sé senza l’altro non avrebbe senso, come pure la mente senza corpo non avrebbe senso. Tutto è interconnesso in un ordine nascosto, quanto ineffabile, che modula il micro e si riflette nel macro, in cui nessuno elemento può essere lasciato fuori, pena la cessazione della vita. In questo campo comunitario si muovono le dinamiche che attivano l’unità nella molteplicità.

    Basti pensare che siamo una comunità di circa 50 trilioni di abitanti cellulari. Quasi tutte le cellule che compongono il nostro corpo sono organismi individuali che hanno sviluppato una strategia di cooperazione finalizzata alla reciproca sopravvivenza e noi esseri umani ne condividiamo, congenitamente, i modelli base di comportamento essenziali.

    Ogni cellula è, infatti, un essere senziente, dotato di intenzionalità, che cerca attivamente gli ambienti adatti alla sopravvivenza, evitando nel contempo quelli tossici e ostili: esamina migliaia di stimoli provenienti dal microambiente in cui vive, e attraverso l’analisi di questi dati, attiva le risposte comportamentali più appropriate per assicurarsi la vita. Stesso principio vale per noi.

    Le cellule, inoltre, sono capaci di apprendere dalle esperienze legate all’ambiente e di creare una memoria che trasmettono alle cellule figlie. Questa sorprendente attività dell’ingegneria genetica naturale è importantissima, perché costituisce un meccanismo di intelligenza innata che consente l’evoluzione (Steele et al., 1998). Queste modifiche, quindi, possono essere trasmesse alle generazioni future esattamente come i modelli del DNA. La sopravvivenza della cellula dipende, dunque, dalla sua capacità di adattarsi dinamicamente ai continui cambiamenti. E più consapevolezza del suo ambiente possiede un organismo, migliori saranno le possibilità di sopravvivenza. Per esempio, le mutazioni adattive implicano uno scopo nell’evoluzione biologica che è quello di conformarsi alle condizioni prevalenti della realtà circostante, che include l’intera comunità.

    E la spinta evoluzionistica in direzione di comunità sempre più grandi riflette l’imperativo biologico della vita.

    Per acquisire maggiore consapevolezza, e quindi aumentare le probabilità di sopravvivenza, le cellule cominciarono ad aggregarsi, prima in semplici colonie e, in seguito, in gruppi cellulari ad alto livello di organizzazione. In comunità, la cellula non può comportarsi come un’agente indipendente che fa ciò che vuole, ma al contrario tutti i suoi membri collaborano a un piano d’azione comune.

    Con l’evoluzione di specie sempre più complesse, le cellule specializzate si assunsero il compito di monitorare e organizzare il flusso delle molecole-segnale che controllano i comportamenti. Queste, via via, andarono a costituire una rete nervosa distribuita e un processore centralizzato di informazioni, un cervello (Lipton, 2007). La funzione del cervello è quella di coordinare la comunicazione delle molecole-segnale all’interno della comunità. Di conseguenza, in una comunità cellulare ogni membro deve affidarsi alle sagge decisioni della propria autorità di consapevolezza. Il cervello controlla i sofisticati meccanismi cellulari del corpo. Ma non solo. Con la progressione della linea evolutiva, la specializzazione cerebrale, dal cervello rettiliano – ossia la parte più antica, sede degli istinti – attraverso il sistema limbico, ha offerto le basi per far compiere un importante salto all’organismo, grazie alla capacità di percepire e coordinare il flusso dei segnali di controllo del comportamento all’interno della comunità cellulare. Ed è proprio questo il substrato neurale che ci riporta a contatto con l’essenza della vita, su quel piano da cui, sia le cellule, che l’organismo intero, attraverso strutture e processi sempre più raffinati, hanno iniziato a percepire, sentire e regolare il flusso di energia capace di instillare un continuum sensato tra dentro e fuori.

    Questo diviene un punto molto importante da considerare per rintracciare quel filo comune da cui origina e prende forma il senso di realtà, ma anche il benessere. Il sistema limbico è quella struttura cerebrale presente nella parte più profonda e antica del telencefalo connessa alle emozioni, all’umore e al senso di autocoscienza che determina il comportamento individuale. Ciò vuol dire che la voce dell’anima rappresentata dai sentimenti, custoditi in quella zona sommersa del nostro cervello, sono la base e il collante, che ha permesso e permette il fiorire perpetuo della vita.

    DALLE CELLULE ALL’UOMO

    L’evoluzione ci ha dotati di numerosi meccanismi per adattarci alla mutevolezza dell’esistenza, sofisticati strumenti di crescita e protezione. Questi sistemi costituiscono l’ossatura dei comportamenti base di cui ogni organismo ha bisogno per sopravvivere. Per esempio, come spiega il noto biologo cellulare B. Lipton (1991), in

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