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Prigionieri di se stessi: Il vero destino degli esseri umani
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E-book100 pagine1 ora

Prigionieri di se stessi: Il vero destino degli esseri umani

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Info su questo ebook

Normalmente l’essere umano non si rende conto delle vere cause delle proprie sofferenze e soprattutto non si rende conto di come potrebbe fare per non viverne la necessità. In realtà tutto succede per karma, come direbbero gli indiani, ossia per il fatto che far parte del quarto regno di natura significa dover sperimentare tutta una gamma di esperienze che vanno dall’essere primitivo alla santità. Istinti, emozioni, sentimenti e pensiero devono progressivamente crescere con le esperienze che facciamo, portandoci dai livelli più grossolani e di maggiore sofferenza dell’esistenza a quelli più raffinati e gioiosi. Fino a quando tutta l'esperienza necessaria ad attraversare il regno dell'individuazione umana non è compiuta possiamo veramente dire che gli esseri umani sono prigionieri di se stessi e rigidamente vincolati al determinismo della legge di causa-effetto. Solo realizzare quella condizione che il Buddhismo chiama Illuminazione, e altre tradizioni in altro modo, rende finalmente liberi dalla cosiddetta prigionia dell'anima nella materia. Solo in questo modo l'essere umano non è più prigioniero di se stesso. Cercate per prima cosa il Regno dei Cieli e ogni altra cosa vi sarà data in più.
LinguaItaliano
Data di uscita8 giu 2022
ISBN9788863530773
Prigionieri di se stessi: Il vero destino degli esseri umani

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    Anteprima del libro

    Prigionieri di se stessi - Massimo Rodolfi

    Premessa

    Nonostante io dia insegnamenti di carattere esoterico che hanno a che fare con le strutture e i funzionamenti della coscienza umana dal 1984, questo libro nasce da una recentissima e profonda intuizione: l’essere umano è prigioniero di se stesso, fondamentalmente perché è incapace di amare e di lasciarsi amare. Voglio dire, non che durante tutta la mia lunga esperienza non mi sia mai reso conto di questa realtà, ma solo recentemente ho avuto la visione a sé stante, connessa all’emozione profonda, di quanto sia vera questa condizione. Spiegare il perché, definire i funzionamenti della nostra coscienza che possano giustificare questa nostra condizione umana è sicuramente possibile, e in effetti lo faccio da tantissimi anni, ciò però, nell’immediato, non ci solleva da quella condizione che è un misto di insoddisfazione, solitudine e strana nostalgia che man mano che procediamo nella nostra evoluzione non possiamo non sentire.

    È pur vero che la condizione umana è dominata dal desiderio, e da come passiamo di desiderio in desiderio, bruciando di una sete che non si placa. Il desiderio secondo me alla fine è solamente nostalgia delle origini, del fatto che percepiamo che la nostra vera natura risiede al di là della nostra fisicità, pur comprendendola. All’inizio della manifestazione del nostro Spirito noi fummo emessi dal seno del Padre, dal Volere Divino, usate le parole che preferite, immersi in una ondata vitale che comprendeva infinite altre monadi ed iniziammo il nostro cammino di precipitazione nella materia. L’inizio della dualità, che si manifesta come trinità, ha impresso in noi quell’antica nostalgia del sapore di infinito che custodiamo nel profondo della nostra coscienza. Da allora non facciamo altro che cercare quello in ogni cosa, in ogni evento che ci si presenta davanti, mossi dal desiderio che altro non è se non il bisogno di riconquistare una condizione di unità e coerenza che nella materia fatichiamo di certo a ritrovare.

    L’atto del desiderare è considerato in tutte le tradizioni, e in particolare nel buddhismo, come qualcosa da superare per realizzare quella condizione interiore che nello Yoga è per l’appunto l’Unione, coerenza assoluta del proprio essere, definita altrimenti Illuminazione, Samadhi, Satori, Estasi Mistica, Comunione dei Santi, Rinascita nel Regno dei Cieli, o come preferite. Però realisticamente dobbiamo considerare che senza la continua molla del desiderio non ci sarebbero né vita né evoluzione. D’altronde, per le imperfette e incomplete menti umane, è sempre stato impossibile comprendere lo stato di estrema coerenza che le varie tradizioni descrivono con nomi diversi. Questo perché per necessità evolutiva l’essere umano rimane attratto dall’oggetto del desiderio piuttosto che dalla sua molla creativa.

    Questo sarebbe il senso della creazione, la creazione in sé per sé, ed il piacere che questa produce. Un po’ quello che si legge nella Genesi, quando Dio, osservando la propria creazione vide che ciò che aveva fatto era molto buono. Diciamo che da quando pretendo di avere capito il senso della vita il mio motto è diventato la vita basta a se stessa. Questo per dire che è sotto gli occhi di tutti il vero senso della vita, la vita stessa, ma solo pochi sono nelle condizioni di poter riconoscere questa verità. Non è una questione di carattere meritocratico, ma anagrafica. Dipende dal fatto di essere venuti prima o dopo in manifestazione come monadi. Sei più vecchio? Hai sperimentato di più, quindi ti avvicini più facilmente alla comprensione del senso della vita. Sei più giovane? Devi ancora completare il giro delle tue esperienze possibili, per cui sei ancora facile preda delle densità del desiderare e della sua struttura materiale.

    Il limite intrinseco della realtà umana sta proprio nella necessità di sperimentare tutto il possibile nel quarto regno di natura, prima di poter andare oltre. Quell’oltre significa imperturbabilità e libertà dai condizionamenti del desiderio, capacità di amare e di lasciarsi amare, ma fino a quel momento il fardello della necessità grava sulle spalle dell’essere umano. Ciò non significa impossibilità totale di libertà, quanto piuttosto la costruzione progressiva di un campo di coscienza sempre più espanso, e adatto a navigare nelle terre pure dell’anima e dello spirito, ma che non potrà farlo completamente fino a che non sarà varcata quella soglia del non ritorno. Fino a quando il cuore non sarà sottoposto al raggio di verità della Sfinge e fino a quando sempre il nostro cuore, Ib, non sarà pesato da Anubi al cospetto di Osiride, mentre Thot verificherà che pesi meno della piuma di Maat, dea di Giustizia e Verità.

    Fino ad allora noi umani saremo prigionieri di noi stessi, avvinghiati alle catene della necessità e del desiderio, che in una parola si chiamano Karma, incapaci spesso di cogliere il bello, il buono e il vero della vita, eppure altrettanto spesso capaci di costruzioni eccelse, nella materia e nella coscienza. Così è il nostro destino, così maciniamo le rune di archetipi antichi fino a dispiegarne tutta la potenza nel momento della nostra Resurrezione dalla Materia allo Spirito. L’ignoranza e la sofferenza di primitivi ricordi sono il nostro corredo, nostalgia delle stelle e affermazione del vero il nostro retaggio. Ma se è vero che noi siamo prigionieri di noi stessi, è altrettanto vero che solo noi possiamo diventare i liberatori delle nostre vite. E allora così sia!

    Introduzione

    Ho parlato molte volte nei miei libri della nascita dell’umanità e del percorso che essa sta facendo per dare compimento a quello che chiamiamo il quarto regno di natura. In realtà dovremmo considerare, nella sua semplice complessità, tutta l’evoluzione del Creato, per renderci conto della sua continua e, quasi, eterna evoluzione. Lo Spirito nella sua triplicità genera la dinamica creativa che dà vita a sua volta a tutte le forme esistenti nell’universo, in tutti i tempi e in tutte le dimensioni. Zoomando sul pianeta Terra, e i suoi dintorni galattici, prendiamo in considerazione una porzione ridotta dell’ampio spettro della vita cosmica e della sua evoluzione.

    Lo Spirito, da cui tutto trae origine, sovrasta la vita, imprimendole la sua spinta volitiva che inizia ad immergersi nella materia, per fecondarla e renderla sempre più capace di manifestare quei Propositi e quegli Archetipi che sono il retaggio della vita stessa. Venendo ancora più vicino al nostro pianeta vediamo come la vita si evolve dal regno minerale a quello vegetale, animale, umano e poi a quelle dimensioni che stanno al di sopra, quelle che per comprenderle serve una visione per l’appunto esoterica nel senso letterale del termine. Non vi è dubbio però, per chi ha occhi per vedere, che il prodotto di questa relazione Spirito-Materia è sempre la Coscienza, manifesta in modo maggiore o minore nella grande varietà di forme che la vita prevede.

    Facendola breve, ad un certo punto, quando nel regno animale inizia ad agitarsi una certa qual consapevolezza e capacità percettiva, la vita è pronta per sfornarci quel salto che ci riguarda da vicino come umanità, ossia l’individuazione di un’anima in un corpo. Questo avvenne milioni di anni fa grazie ad una iniziazione particolare, trasmessa alla Terra da una particolare qualità di esseri, Sanat Kumara e i Signori della Fiamma, che venuti da Venere imposero le loro mani sul capo di quelli che sarebbero diventati i primi esseri

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