Il pescatore arabo
Di Enzo Vitale
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Anteprima del libro
Il pescatore arabo - Enzo Vitale
ARABO
Il pescatore arabo
© 2018 - Enzo Vitale
ISBN | 978-88-31665-36-0
Prima edizione digitale: 2020
© Tutti i diritti riservati all'Autore.
Questa opera è pubblicata direttamente dall'autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'autore.
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IL PESCATORE ARABO
In un paese dell'Africa orientale e precisamente ad Ak'Ordat a pochi chilometri dalla città Asmara nella regione Eritrea, vi era una famiglia che viveva quasi allo stato selvaggio ed in una radura impervia, ma ricca di cacciagione, composta dal marito a nome Alì nato a Qishn, da una famiglia di pescatori di origine araba, mentre la moglie Zahitù, nata in Etiopia di origine amarica ed il bimbo Salim, nato dalla loro unione.
Alì faceva vivere di cacciagione la famiglia perché a stento riusciva a sopravvivere, data la sterilità del suolo, lui era stato un pescatore come il padre, nel periodo della sua gioventù in Arabia, ma dovette lasciare la sua terra a causa della terza moglie del genitore innamorata di lui, essendo un bel ragazzo di diciannove anni, alto e con un corpo atletico, lo molestava quotidianamente perché il marito la trascurava nell’amore a causa delle altre due moglie sempre in competizione fra loro ed avevano fatto credere al consorte di essere, quella donna, sterile.
Lei era molto giovane, aveva bisogno di amore e trovava nel giovanotto l'opportunità di soddisfare i suoi desideri, preferendo il figlio al marito ed appena aveva l'occasione, con una scusa di avere bisogno di una mano per prendere qualcosa nel granaio fuori della casa, lo invitava a seguirla e lo insidiava, lui poco esperto, accettava le sue richieste.
La tresca continuava da cinque anni da quando era caduto nella trappola della donna e non volendo mortificare di più il genitore, sentendosi in colpa ed infine per non creare alla donna seri problemi, decise di allontanarsi dalla casa paterna, in cerca di fortuna.
Ebbe l'occasione di partire con un suo amico pescatore, il quale doveva raggiungere, navigando con la sua barca da pesca, le coste africane e precisamente a Mits'iwa per consegnare del pesce essiccato ad un suo rivenditore, il quale provvedeva poi all'esportazione dei suoi prodotti in Europa, essendo molti richiesti.
Era partito senza avvisare nessuno della sua famiglia, per timore di un rifiuto, specialmente dal padre il quale riponeva in lui la massima fiducia per la sua bravura nel pescare, nella meccanica e nella manutenzione della barca, facendo giurare l'amico di dire al genitore, qualora l'avesse l'interpellato, di non averlo visto da molti giorni, ma conosceva le sue intenzioni, perché gli aveva detto di partire per l'India, in cerca di fortuna, soltanto così avrebbe evitato tutte le ricerche della famiglia.
Un altro motivo della sua decisione, era il padre, il quale lo sfruttava nel lavoro senza compensi, essendo lui il primogenito nato dalla prima moglie e persino la madre naturale mostrava indifferenza nei suoi confronti e lo maltrattava, quindi decise di partire per liberarsi dalle troppe incombenze e particolarmente dalla matrigna insidiosa.
In quella bella città cercava lavoro, ma non voleva fare il pescatore, purtroppo essendo una cittadina marittima dedita alla pesca, non c'erano altre scelte, si accontentò di aiutare un pescatore anziano, il quale l'accolse nella sua famiglia, naturalmente dandogli vitto, alloggio ed una parte del ricavato della pesca.
Erano trascorsi alcuni anni sereni finché una mattina, mentre era al largo con la barca a pescare nel Mar Rosso, vide la barca del padre diretta al porto della città, sicuramente doveva essere venuto per riportarlo a casa avendo appreso, da qualche pescatore, della fama guadagnata in quella cittadina di essere un ottimo meccanico di barche ed un bravo pescatore, quindi il genitore pensò bene di andarlo a prendere, ma il giovane non era dello stesso parere, infatti ritornò immediatamente, consegnò la barca al padrone e fuggì subito, per non tornare nel suo ambiente familiare.
Prese una corriera diretta in Etiopia, aveva un po' di soldi avuti dal vecchio per i suoi lavori e sperava in una vita migliore.
Si fermò a Dire’Dawa, gli sembrava una cittadina tranquilla e trovò negli abitanti disponibilità e cortesia tanto da trovare subito un lavoro presso un artigiano che produceva cesti, intrecciando foglie di dura, agave essiccate, palme e vendeva anche altre mercanzie.
Certo non era un lavoro redditizio, ma poteva almeno sopravvivere e Mustafà, così si chiamava il padrone, gli aveva concesso di rimanere a dormire nel capanno dove lavoravano, sapendolo forestiero e privo di un rifugio per trascorrere la notte.
Il giovane aveva piacere di rimanere a lavorare con quell'uomo perché le figlie, aiutando il padre nel lavoro, spesso gli chiedevano come era il suo paese e si sarebbero soffermate volentieri a discutere con lui, anche se il genitore qualche volta le richiamasse, però era felice perché quel giovane gli faceva tenerezza e lavorava seriamente.
Le figlie di Mustafà erano due belle ragazze, avevano i capelli crespi, labbra sottili, nasi stretti a dorso rettilineo e di carnagione chiara, la più grande si chiamava Zahitù e la più piccola Sara.
Alì era felice quando loro si avvicinavano per sapere della sua vita passata in Arabia, gli piaceva il volto aggraziato della sorella più grande, perché sembrava più interessata ai suoi racconti trascorsi nei mari arabici e lui spesso li avrebbe aumentati con un po' più di fantasia, affinché fossero più efficaci le storie inventate, ma era soltanto quello il modo di tenerle vicine.
Il padre delle giovani si accorse dell'interessamento del suo garzone, così lo considerava, e della passione per la più grande, naturalmente non era per nulla favorevole a quell'amore, lui aveva altri programmi, Zahitù doveva sposare un ricco della zona, quindi chiamò in disparte il giovane, dicendogli:
< Alì, tu devi lasciare in pace le mie figlie, tutte e due hanno avuto la richiesta di matrimonio da alcuni giovani altolocati delle zone limitrofe, quindi se dovessi ancora dar loro fastidio, io sarei costretto mandarti via >.
Il giovane rimase stupito, perché si era illuso che Mustafà lo volesse bene come un figlio, non proferì parole, ma decise di andare via dal lavoro e di cambiare paese, ma non lo avrebbe fatto subito perché, partire senza vedere e salutare Zahitù e la sorella, gli sembrava una mostruosità.
L'indomani mattina Alì comunicò alle due sorelle le sue intenzioni di andare via dalla loro bottega, trovando la scusa di essere stanco di vivere come un poveraccio ed alle spalle del padre.
Le ragazze rimasero per un po' ammutolite, poi Zahitù disse:
< Alì non andare via, noi abbiamo bisogno di te, specialmente mio padre, il quale ha trovato in te il lavorante tanto cercato, poi io e mia sorella ti vogliamo bene >.
Il giovane si commosse e le tranquillizzò, dicendo di ripensarci, però disse di non poter più vivere nella bottega perché loro non erano più bambine, ormai donne ed erano state promesse dal padre ad alcuni giovani per sposarle, quindi lui era costretto a trovare un'altra sistemazione abitativa, purtroppo in paese non c'era nessuna altra possibilità, così era costretto a trasferirsi altrove.
Le ragazze, con le lacrime agli occhi, andarono via e si misero alla ricerca del padre, lo trovarono presso un cliente e subito vollero manifestare il loro disappunto.
Mustafà, sapeva di avere richiamato il giovane, ma non immaginava la sua reazione, lasciò il cliente e le figlie per correre alla bottega per sapere da Alì il perché del suo atteggiamento.
Arrivato alla bottega, chiamò a gran voce il giovane ed appena lo vide, disse:
< Non mi aspettavo questa scortesia da te, ti ho trattato come un figlio e tu per riconoscenza, mi lasci senza motivo? >.
Alì, con voce sottomessa, rispose:
< Non posso più restare qui perché non ho una casa, poi le tue figlie sono divenute delle donne ed io, povero come sono, non vorrei rovinare il loro avvenire, se dovessi rimanere >.
Mustafà, in cuor suo, si malediceva di averlo richiamato per le figlie, avrebbe dovuto farlo soltanto quando si fossero sposate, per non perdere un giovane pieno di voglia di lavorare ed intelligente.
Doveva rimediare in qualche maniera, pensò di aumentargli la paga così avrebbe cambiato idea, oltre a trovare qualche amico affinché lo alloggiasse in casa sua, ma le offerte manifestate non fecero desistere Alì, anzi lo fecero più intestardire e gli confermò il suo abbandono al lavoro l’indomani mattina.
La rabbia di Mustafà era al culmine, non sapeva cosa dire, ma sperava in un suo ripensamento, poi ritornò dal cliente appena lasciato.
Alì era pensoso e tutto intento a preparare i suoi miseri panni, quando si accorse di Zahitù, era nascosta in un angolo del capanno fra le ceste e l'attendeva, le chiese perché si comportava in quel modo, ma ella disse:
< Alì, ho preparato la mia roba e voglio venire con te, non lasciarmi qui, non voglio stare senza di te >.
Il giovane sapeva che portarsela via avrebbe fatto andare su tutte le furie Mustafà, oltre ad essere una grande vigliaccata, nonostante fosse il suo desiderio di assecondare la richiesta della giovane e sicuro di amarla per tutta la vita, ma propose:
< Dì a tuo padre che io ti avrei chiesto di sposarti e tu hai accettato, se dovesse dirti di no, allora scappiamo insieme >.
Questa sembrava la soluzione giusta, così fece la giovane.
Il padre alla notizia, rimase impietrito e con infinita rabbia, mollò un ceffone alla figlia, dicendole:
< Tu devi fare la signora, non avere un garzone per marito perché ti farà sicuramente morire di fame, adesso lo sistemo io, non doveva permettersi di fare a me quest'affronto >.
Corse inferocito verso la bottega ed appena vide Alì, lo prese a calci e pugni tanto da fargli uscire del sangue e non contento prese una scimitarra nascosta in un angolo e gli si scagliò contro, con l'intenzione di ucciderlo.
Il giovane riuscì a fuggire, trascurando naturalmente i suo miseri abiti, con sempre l'uomo dietro mentre lo inseguiva minaccioso con l'arma, ma grazie ad alcuni compaesani, che fossero intervenuti tempestivamente a fermare Mustafà dalla sua ira ed a farlo ragionare, altrimenti avrebbe creato seri problemi alla famiglia ed al giovane Alì.
Zahitù assistette alla scena allibita, tornò in casa e portò via le poche cose preparate, convinta del rifiuto del padre, a lei interessava quel giovane, era il suo principe azzurro, quindi non voleva perderlo e furtiva si allontanò dalla casa per raggiungerlo, non curante delle future reazioni del padre, perché quello era il suo uomo e la scelta ritenuta più giusta per lei.
Il trambusto di Mustafà aveva creato il malcontento dei suoi compaesani, conoscevano quel giovane sempre gentile e grande lavoratore, ma anche il suo padrone esigente e scorbutico, quindi pensarono di venire in aiuto ad Alì, nascondendolo presso uno di loro.
V'era nel paese un commerciante scapolo, spesso faceva viaggi in Somalia ed in Eritrea per collocare le sue mercanzie ed era anche parente della moglie di Mustafà, non aveva con quest'ultimo buoni rapporti, conoscendolo arrogante e venale, pensò di aiutare quel giovane e portarlo al sicuro, approfittando di un viaggio pronto per l'Eritrea, il giorno successivo, così gli evitava future disgrazie con il suo prepotente padrone, ma non sapeva di Zahitù, la quale aveva raggiunto Alì e fosse intenzionata a seguire la sorte del giovane e non intendeva ritornare a casa, ciò avrebbe complicata la fuga comunque, avendo deciso di aiutare uno, poteva farlo benissimo per l'altra e poi fare un dispetto a quell'uomo prepotente, era per lui una grande soddisfazione.
Prima dell'alba il cavallo, il carro, la merce e le persone erano in partenza per l'Eritrea, Ibrahim, così si chiamava il commerciante, aveva preteso che la giovane avesse coperto per bene il viso con una futa scura ed il giovane si nascondesse tra la mercanzia fino all'uscita dal paese, così nessuno li avrebbero riconosciuti e sarebbero stati tutti tranquilli, mentre affrontavano la fuga.
Il viaggio era lungo e massacrante, non esistevano strade a quei tempi, bensì sentieri polverosi e pieni di buche infatti, quando vi erano le grandi piogge, non erano possibili transitarli per la fanghiglia e sassi trasportati dall'acqua, perché distruggevano tutti i sentieri, il commerciante era ormai un veterano ed abituato a percorrere quei sentieri spesso, ma la sua unica paura erano le fiere, come leoni, iene ed altre bestie feroci, specialmente di sera, perché sarebbe costretto a fermarsi ed accendere poi un falò per sicurezza, nonostante fosse armato di un fucile a ripetizione.
Ibrahim era felice di avere con se i due giovani e voleva aiutarli, vedendoli sprovvisti di indumenti, vettovaglie ed altre cose necessarie, offrì loro la sua mercanzia, dicendo:
< Ragazzi vi porto in un paese dove potete vivere serenamente, lì c'è un fiume vicino, boscaglie con molta selvaggina, il clima è mite soltanto dovete stare attenti alla savana a causa delle fiere, vi darò anche un fucile e cartucce, così state più tranquilli e verrò a trovarvi spesso quando verrò da quelle parti >.
Alì non sapeva come ringraziarlo, tirò fuori quei pochi risparmi che aveva in tasca e li diede al commerciante il quale li rifiutò dicendogli:
< Alì, il tuo aiuto è subordinato al pagamento con la tua cacciagione, perché io ti insegnerò come conciare le pelli in modo da darmele in vendita, soltanto così tu potrai estinguere il debito hai fatto con me >.
Il giovane accettò, ringraziandolo ancora e si convinse di poter riporre tutta la sua fiducia in quell'uomo, infatti avrebbe dimostrato di essere un vero amico e meritasse di fare quanto lui desiderava, soltanto così si toglieva il debito, ma non conosceva Ibrahim infatti lui aveva avuto, nel passato, aiuti dal padre della moglie di Mustafà e si sentiva ancora in obbligo con quella famiglia e non poteva venire meno alle richieste della mamma della giovane, perché di nascosto del marito, gli avrebbe chiesto di aiutare i giovani e vedesse in Alì l'unico uomo ideale per sua figlia Zahitù.
Naturalmente il viaggio comprendeva le varie soste ai mercati dei paesi incontrati, così Ibrahim poteva vendere la merce trasportata, viaggiando di giorno, per timore di essere assaliti dalle fiere la sera, quindi era prudente fermarsi per pernottare la notte.
La giovane, nel sostare nei pressi di mercati, preparava i pranzi per gli uomini, mentre Alì aiutava il suo salvatore e collaborava alla vendita dei suoi prodotti, ricevendo i complimenti di Ibrahim per il modo persuasivo di come li presentava, infatti la merce si era esaurita ad Aksum ed in meno di tre giorni, con grande meraviglia del padrone abituato a rimanere più di una settimana fuori casa, per completare la vendita del carico.
Solitamente venduta la merce, lui ritornava a casa, però tornare a Dire' Dawa per rifare il carico, anche se gli convenisse, perché non molto lontana, ma sarebbe venuto meno all'impegno morale preso verso quei giovani e la parente, quindi decise di fare i rimanenti chilometri per raggiungere il paese promesso, facendo una sosta ad Adì Ugri, per gli acquisti di altri materiali utili alla fabbricazione di una capanna tradizionale e delle scorte viveri per un lungo periodo come, legumi, frumento, orzo, ecc., stuoie per riposarsi la notte, contenitori in creta per la conservazione dei prodotti e vari attrezzi da taglio, oltre al fucile promesso e le cartucce.
Alì si sentiva impacciato per avere a fianco la donna tanto desiderata, l’aveva al suo fianco, era felice ma consapevole di averla tolta da una vita serena nella sua famiglia per portarla in un'altra incerta ed aveva paura di qualche ripensamento della giovane, questo era il suo tormento.
Zahitù s'accorse del turbamento del giovane, dicendogli:
< Sono scappata dalla mia famiglia perché ho visto in te l'uomo da amare e mi renderà felice sicuramente, soltanto desidero sposarmi prima, poi avere con te rapporti intimi, ma tu devi avere soltanto me come moglie e non secondo la tua religione >.
Il giovanotto comprese la titubanza della sua futura compagna, dicendole:
< Appena arriviamo al paese promesso da Ibrahim, ti sposo e cambierò anche religione perché non voglio averne tre mogli come mio padre >.
Si abbracciarono e si dettero il primo bacio, con l'approvazione del loro accompagnatore.
Ibrahim aveva notato nella donna una certa titubanza, credendo ad un suo ripensamento ed aveva il timore che volesse ritornare dal padre, il quale sicuramente avrebbe scatenato una serie di vendette nei confronti della figlia e poi su di lui, per averla aiutata a fuggire.
Il viaggio continuava fra molti inconvenienti dovuti alle strade polverose e piene di buche, al caldo della temperatura, oltre alle innumerevoli fermate per fare riposare le persone ed il cavallo trainante il carro, ma si arrivava sempre la sera presso qualche paese per riposare la notte sotto le stelle, però al sicuro dalle fiere ed arrivarono ad Ad Taula dove, presso le rive del fiume Baraka, poterono rinfrescarsi e fare scorta d'acqua per proseguire poi per AK'Ordat ormai a pochi chilometri vicina, arrivandoci al tramonto.
Ibrahim ad Ak'Ordat aveva un fornitore di materiali vari, lui lì comprava e li commerciava nei mercati della sua regione ed in Somalia, aveva una tale confidenza con l'uomo tanto da considerarsi dei fratelli, infatti l'amico pretendeva, ad ogni sua visita, che si fermasse da lui vari giorni e lo avrebbe ospitato nella sua casa prima di farlo ripartire per il suo paese, ma il vero scopo suo era quello di farlo sposare con sua sorella nubile, sapendolo scapolo ed un buon partito, quindi sperava in quel matrimonio.
Volle invitarlo anche quella sera, compresi gli ospiti.
Conosciute le vicissitudini della giovane coppia e sapendoli parenti del suo amico, Jasmhin, così si chiamava il commerciante, si mise a disposizione per tutto ciò che avrebbero avuto bisogno nel futuro, insomma aveva piacere che lui diventasse il loro fornitore di legnami, di mattoni, di cereali, di frumento, persino di carni ed altro, avendo un grande bazar, oltre a dargli la possibilità di pagare la merce comodamente, rimproverando l'amico per non aver