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Principe per amore: Harmony Destiny
Principe per amore: Harmony Destiny
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E-book143 pagine1 ora

Principe per amore: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Raphael Thorton, principe di Thortonburg, ha rinunciato alla vita di corte per trasferirsi in Arizona, dove dirige la sua azienda. Ha giurato a se stesso che mai e poi mai suo figlio dovrà sopportare la rigida educazione che è stata impartita a lui. E quando scopre che Elizabeth, la donna con la quale ha condiviso una notte di passione cinque mesi prima, è in realtà una principessa di sangue reale, che per di più aspetta un figlio da lui, sospetta immediatamente che si tratti di un complotto ordito da suo padre...
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2016
ISBN9788858956045
Principe per amore: Harmony Destiny
Autore

Anne Marie Winston

Nata in Pennsylvania, ha iniziato a leggere romanzi rosa tanto, tanto tempo fa e ancora stenta a credere che ora qualcuno la paghi per leggerli e scriverli!

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    Anteprima del libro

    Principe per amore - Anne Marie Winston

    successivo.

    1

    Accidenti, se faceva caldo! Ed era solo la fine di gennaio. Rafe Thorton si passò le dita tra i folti capelli neri e inforcò gli occhiali da sole. L'Arizona era il posto ideale per uno come lui, impegnato tutto l'anno in un'impresa edile, ma quell'afa era davvero eccessiva.

    Rafe sorseggiò l'acqua che aveva appena comprato e lasciò l'aria condizionata dell'emporio per il calore del pomeriggio. Si tolse la maglietta e se la passò sul petto muscoloso, lanciando un sorriso assente alle due donne che lo fissavano ammirate. Poi si fermò di colpo, a occhi sgranati, davanti all'edicola di fronte.

    «La principessa di Wynborough inaugura un orfanotrofio» lesse a mezza voce.

    Posò la bottiglia, cercò qualche spicciolo in tasca e comprò il giornale. Wynborough era un piccolo reame e riceveva di rado l'attenzione a cui era soggetta la famiglia reale inglese. In quel caso c'era solo un breve articolo, accompagnato da un'immagine alquanto sfocata di una donna giovane e bella che scendeva da una macchina.

    Rafe osservò attento la foto in bianco e nero: il viso della donna era in gran parte coperto dai capelli, eppure... sì, poteva essere lei.

    Mentre scorreva veloce l'articolo, le immagini e i ricordi che avevano colmato i suoi sogni negli ultimi mesi gli ondeggiavano davanti agli occhi. La principessa Elizabeth era attesa a Phoenix, in Arizona, quel pomeriggio. Si sarebbe trattenuta qualche giorno, partecipando tra l'altro a un evento benefico per raccogliere fondi per un orfanotrofio locale.

    Elizabeth! Era quello il suo nome?

    Rafe salì sul suo furgone, buttò il giornale sul sedile e avviò il motore. Cinque mesi prima aveva partecipato a un ballo mascherato a Wynborough. Era la prima volta che tornava a casa da dieci anni, da quando aveva informato il padre, il granduca di Thortonburg, che non voleva ereditare il titolo e succedergli al trono. Da allora aveva sempre vissuto negli Stati Uniti, rifiutando gli onori e le responsabilità che il padre voleva accollargli.

    Chissà cos'avrebbe pensato, sapendo che cinque mesi prima aveva sedotto una delle principesse di Wynborough! Non era stato un atto molto responsabile, sebbene la donna in questione fosse del tutto consenziente.

    Ci aveva pensato spesso da allora. Lei era dolce, gentile e innocente, ma allo stesso tempo così calda e disponibile da risultare irresistibile. Lui le aveva detto subito che sarebbe partito il mattino dopo, quindi nessuno poteva accusarlo di averle mentito sulle sue intenzioni.

    Ma non era quello il punto. Rafe non le aveva rivelato il proprio nome, pensando di non rivederla mai più. Non si aspettava che lei gli restasse impressa nella mente al punto da pensarci di continuo. Sì, negli ultimi tempi aveva fantasticato davvero troppo su quella donna e sul loro breve ma appassionato incontro.

    Irritato, tamburellò sul volante in attesa che il semaforo passasse al verde. I continui intrighi del padre per intrappolarlo in un matrimonio con la casata dei Wynborough lo avevano reso cauto e sospettoso. Ora temeva che dietro l'improvvisa comparsa della principessa a Phoenix ci fosse il suo zampino. Possibile che il granduca fosse venuto a sapere di quella notte di passione?

    Rafe sentì le spalle che si irrigidivano e fece un respiro profondo, tentando di rilassarsi. Forse era una semplice coincidenza, tentò di convincersi. Forse la sua amante misteriosa non era affatto una delle principesse di Wynborough e lui si stava preoccupando per niente.

    Poi lo assalì un nuovo dubbio: viveva all'estero da anni e forse il suo istinto di sopravvivenza non era più allenato come un tempo. Suo padre si era dimostrato di una tenacia eccezionale, nei continui tentativi di costringerlo a un matrimonio reale. Era improbabile che gli anni gli avessero fatto cambiare idea.

    In ogni caso, lui era ben deciso a non sposare una donna di sangue reale. La posizione di primogenito ed erede al trono gli aveva causato sofferenze che non aveva alcuna intenzione d'infliggere a un figlio suo. Il granducato di Thortonburg sarebbe passato a suo fratello Roland. In quanto al matrimonio... quando fosse venuto il momento, avrebbe sposato una normale ragazza americana, senza una goccia di sangue blu nelle vene.

    Niente principesse per Rafe Thorton.

    Prese di nuovo il giornale e rilesse l'articolo. La principessa era ospite allo Shalimar, un lussuoso albergo aperto da poco. Che coincidenza: una squadra di suoi operai stava completando la sistemazione di un cortile proprio là. Perché non andare a vedere come procedeva il lavoro?

    Era un bell'albergo, pensò Elizabeth ammirando il pavimento di marmo rosa dell'atrio. In fondo era abituata a trovarsi in ambienti raffinati e lussuosi. La novità era piuttosto l'inebriante senso di libertà che l'invadeva.

    Abituata com'era a muoversi circondata d'assistenti e guardie del corpo, attraversare da sola l'atrio dell'hotel, diretta al ristorante, era un'esperienza che l'esaltava e spaventava allo stesso tempo.

    Non appena saputo il suo nome, il maître la scortò ossequioso a un tavolo appartato, dove un cameriere l'attendeva pronto a rispondere a ogni suo bisogno. Elizabeth scorse il menù, rifiutò il vino che le venne proposto e ordinò un'insalata mista insieme al piatto del giorno.

    Mentre il cameriere si allontanava, sentì un lieve movimento e si coprì con la mano l'addome arrotondato, nascosto dall'ampio vestito. Ciao, tesoro. Forse stasera incontreremo tuo padre.

    Aveva tanto sperato di ritrovare il misterioso compagno della notte di passione di cinque mesi prima. Lui le aveva detto di essere americano, sebbene l'accento tradisse un'origine assai diversa, più vicina al reame paterno. Il biglietto da visita che si era lasciato dietro diceva: Impresa edile Thorton, Phoenix, Arizona, USA. Probabilmente il padre di suo figlio lavorava per loro.

    Per tutti quei mesi Elizabeth aveva sperato che lui si facesse rivedere, memore dello straordinario legame che si era subito creato tra di loro. Era certa che anche lui l'avesse avvertito: i suoi ricordi in quel senso erano più chiari e intensi che mai.

    A quel punto, però, non poteva più aspettare, anche perché di lì a poco avrebbe dovuto rivelare il suo stato ai genitori. Nasconderlo sotto vestiti ampi stava diventando sempre più difficile. Aveva così approfittato del viaggio negli Stati Uniti insieme alle sorelle, alla ricerca del fratello da tempo scomparso, per cercare anche un contatto con il misterioso amante.

    Un incredibile colpo di fortuna aveva indirizzato le loro ricerche a un orfanotrofio di Hope, in Arizona, dove il fratello rapito era forse stato ospitato quasi trent'anni prima. E Catalina, la località dove viveva l'uomo che sarebbe potuto essere l'erede al trono di Wynborough, si trovava a poche ore di macchina da Phoenix. Elizabeth aveva in programma d'incontrarlo e la cosa le forniva un'ottima ragione per trattenersi da quelle parti, insieme alla serata di beneficenza per l'orfanotrofio. Così forse sarebbe riuscita a rivedere il suo meraviglioso principe azzurro.

    Elizabeth tornò con il ricordo al ballo mascherato organizzato come ogni anno da sua sorella Alexandra. Fin da quando i loro sguardi si erano in contrati nella sala affollata aveva capito che quell'uomo era destinato a svolgere un ruolo speciale nella sua vita. Avevano ballato e bevuto champagne, e nel giro di poche ore lei si era innamorata di un individuo di cui non conosceva nemmeno il nome, ma che era certa la ricambiasse.

    Sorrise al ricordo di quella serata perfetta. Sempre pronta ad aiutarla, sua sorella Serena aveva convinto le guardie del corpo che lei si era già ritirata in camera, lasciandola libera di condurre lo sconosciuto nel piccolo padiglione ottagonale in fondo al giardino.

    La graziosa costruzione a vetri era arredata con comode sedie a sdraio e una di queste le sarebbe sempre rimasta impressa nella memoria. Lui l'aveva baciata fino a farle girare la testa, per poi distenderla e...

    «Mi porti al tavolo della principessa.»

    Una voce brusca e decisa la ricondusse di colpo alla realtà.

    «La principessa sta cenando da sola e non credo che...»

    Elizabeth sentì il cuore che batteva all'impazzata: quella era la voce del suo amante! Si alzò a metà e il tovagliolo le scivolò a terra, ma lei non se ne accorse.

    Tutta l'attenzione era concentrata sull'uomo fermo sulla soglia della sala. Divorò con lo sguardo la figura imponente, le spalle ampie e gli occhi di un azzurro cupo, ombreggiati da lunghe ciglia. L'ultima volta che si erano visti quegli occhi l'avevano guardata con calore e desiderio, mentre ora mostravano stupore, cautela e un pizzico di rabbia.

    «Non si preoccupi. La vedo benissimo da solo.»

    «Ma, signore, lei non può entrare vestito così» protestò il maître scandalizzato. «Giacca e cravatta sono d'obbligo e...»

    L'uomo avanzò deciso, ignorandolo. Elizabeth fece un respiro profondo, ripetendosi che lui sarebbe stato felice di rivederla ed elettrizzato alla notizia del bimbo in arrivo.

    Poi un impulso protettivo la spinse a risedersi e a coprirsi il grembo con l'ampio tovagliolo. L'istinto le diceva che non era il momento di rivelargli l'imminente paternità. Meglio aspettare quando si fossero conosciuti più a fondo.

    Elizabeth sollevò lo sguardo e sorrise all'uomo che si avvicinava al suo tavolo a grandi falcate; solo allora notò che il suo viso duro non mostrava affatto il caloroso benvenuto che si attendeva.

    Era davvero imponente, con una maglietta bianca, jeans scoloriti e pesanti stivali da lavoro del tutto inadatti a quell'ambiente elegante, eppure, guardandolo, Elizabeth seppe con assoluta certezza che era proprio lui l'uomo a cui cinque mesi prima aveva donato il cuore.

    I capelli neri risplendevano alla luce discreta della sala da pranzo. Quando si erano incontrati, all'inizio del ballo in maschera, erano ben ravviati, ma dopo l'incontro appassionato nel gazebo in fondo al giardino erano spettinati come in quel momento. Le labbra sensuali, che ricordava bene sulle proprie, erano contratte e severe.

    «Come hai fatto a trovarmi?» le chiese brusco.

    «Mi avevi lasciato il tuo biglietto da visita» rispose lei, colpita da quel tono duro.

    «Io non ti ho lasciato nessun biglietto» replicò lui irritato.

    «Ma sì, non ti ricordi? Era sulla sedia a sdraio quando...»

    Elizabeth s'interruppe di colpo, cogliendo sgomenta

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