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Mezzo Drago
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E-book357 pagine4 ore

Mezzo Drago

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Info su questo ebook

In una terra in cui maghi e guerrieri affrontano quotidianamente la furia di demoni sanguinari, il misterioso Kalger irrompe nella vita di un gruppo di ragazzi. Un viaggio avventuroso tra magie, demoni e segreti, in cui Alia e i suoi amici dovranno fare i conti con il passato dei loro genitori, per poter prendere in mano la propria vita. La consapevolezza di quale sia il loro ruolo in questa storia sarà la chiave per superare i loro limiti; sostenendosi a vicenda, riusciranno ad affrontare le proprie debolezze, crescere e diventare gli adulti che hanno sempre voluto essere. Fino a scoprire che, spesso, i demoni più temibili sono quelli che si trovano dentro di loro.
LinguaItaliano
Data di uscita27 nov 2018
ISBN9788827856536
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    Anteprima del libro

    Mezzo Drago - Fulvio Padrin

    Indice

    Vita tranquilla

    Kalger

    Due amici

    Ora di cena

    Notte insonne

    Prima della partenza

    Partenza

    Pirata

    Battuta di pesca

    Domande generano domande

    Origini

    Strade difficili

    Nottetempo

    Il villaggio sul lago

    La leggenda del Drago

    Caccia nel bosco

    Sbagli

    Una nuova vita

    Verso Behur

    Tra i vicoli di Behur

    La scelta di Mirvana

    I conti col passato

    Le terre selvagge

    Contrattacco

    Separazione

    Agguato

    La fine del sogno

    L’inizio del nuovo sogno

    Reminiscenze

    Pianificazioni

    Il Santuario

    Fratello mio. Sorella mia.

    Strade diverse

    Intrusione

    Le vie dei deboli

    Lotta impari

    Caparbietà

    Il ritorno

    Ringraziamenti

    A mia moglie,
    mia musa ispiratrice,
    realizzatrice dei miei sogni.

    Fulvio Padrin

    Mezzo Drago

    Mezzo Drago

    © 2018 - Fulvio Padrin

    ISBN |

    Prima edizione digitale: 2018

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Vita tranquilla

    Alia-Nih spalancò la finestra della sua camera da letto con un’energia nuova, quel giorno.

    Il sole la avvolse col suo calore, illuminandone la figura.

    Un viso dolce, molto gradevole, un corpo armonioso sospirato da molti ragazzi del villaggio, capelli lunghi e biondi, quasi sempre raccolti in una coda di cavallo ed una voce che avrebbe suscitato l'invidia delle muse del canto.

    Questa era Alia.

    Come ogni giorno, andò in cucina per preparare la colazione ma suo padre, quella mattina, l'aveva preceduta.

    Era il ventunesimo compleanno della ragazza: il giorno che segnava l'ingresso di Alia nell'età adulta, nell'età da marito.

    Quando però la festeggiata fece una battuta, sulla possibilità di farsi corteggiare, il padre indicò la propria spada, appesa alla parete come se fosse un ornamento ed affermò che, per avere sua figlia, chiunque sarebbe prima dovuto passare sul suo cadavere.

    Alia sapeva benissimo che quella spada non era una decorazione, bensì l'arma con cui suo padre, molti anni prima, si era conquistato la fama di essere il guerriero più forte di tutta la regione.

    Su di lui, Rush-Darok, decine di leggende erano nate e stavano ancora nascendo. In una di esse si raccontava persino che avesse soggiogato, con la sola forza, un drago al suo volere; un'altra, narrava di come avesse sterminato oltre duecento demoni in una notte di sangue.

    Quando Alia chiedeva al padre di raccontarle delle sue imprese passate, però, il guerriero si chiudeva in un impenetrabile silenzio, limitandosi ad affermare, in maniera sibillina, che dietro ogni leggenda c'è sempre un fondo di verità.

    A volte, Rush affilava la spada; poi, la provava, menando fendenti all'aria ed eseguendo i movimenti di base delle proprie tecniche di scherma.

    Alia pensava che fosse per nostalgia o per mantenersi in allenamento, ma la furia che la ragazza vedeva, in alcuni di quei momenti, negli occhi del padre, la spaventava; tuttavia, Rush non era solo un reduce di chissà quante battaglie ma, soprattutto, era un genitore amorevole e dolce.

    Affranto dalla morte della madre di Alia, avvenuta circa quattordici anni prima, aveva riversato tutto il suo amore sulla figlia, con ottimi risultati per entrambi, cosicché lui aveva ritrovato la voglia e la gioia di vivere, lei era cresciuta dolce, sincera e forte.

    Alia, da parte sua, serbava nel cuore un ricordo meraviglioso della madre ed ogni volta che suo padre le diceva che le somigliava, la ragazza si riempiva di felicità e di orgoglio.

    Nonostante questo, Rush parlava ben poco della defunta moglie.

    Alia interpretava il suo silenzio come un'espressione del suo dolore e, sebbene volesse conoscere tutto su sua madre, rispettava la riservatezza del padre.

    Dopo la colazione, abbondante come ogni mattina, Rush diede ad Alia il suo regalo: un pugnale della stessa fattura della sua spada. Sembrava proprio quella spada in miniatura.

    -Ti auguro di non doverlo mai usare…- disse con un'ombra di apprensione negli occhi: -…ma non si sa mai.-.

    Alia fu molto sorpresa del dono: il padre non l'aveva mai in alcun modo avvicinata al mondo della guerra, un mondo che, però, attirava la ragazza.

    Accettò il dono del vecchio guerriero, promettendogli solennemente di usarlo contro il primo corteggiatore.

    Dopo aver scherzato, disse che quel giorno sarebbe andata sulle colline con i suoi amici, per poi tornare prima del tramonto.

    Rush sorrise, contento di vedere la sua adorata figlia crescere serena e dolce.

    Si mise le mani al collo e si tolse un ciondolo con una runa incisa sopra.

    -Questo era della mamma.- disse con un sorriso colmo di dolcezza, poi lo mise al collo della figlia:

    -È il suo regalo per te: mi ha detto di dartelo il giorno del tuo ventunesimo compleanno.-.

    Gli occhi di Alia si riempirono di lacrime di commozione. Strinse con forza il ciondolo e le parve di avere più vicina a sé la madre.

    -Glielo regalai quando la chiesi in moglie... ed aveva i tuoi stessi occhi, quando glielo diedi... ed anche il tuo stesso sorriso.-.

    La abbracciò e, quando la lasciò andare, lei riuscì solo a ringraziarlo.

    -Vai dai tuoi amici, bambina.- le disse.

    Lei volle correggerlo dolcemente:

    -Donna!-.

    -Andate dai vostri amici, mia signora.- le rispose con un inchino.

    Alia baciò il padre sulla guancia e corse fuori, felicissima.

    Rush la guardò serenamente allontanarsi ma, quando fu sparita dalla sua vista, la sua espressione cambiò: il guerriero, improvvisamente, si incupì.

    -Sei in ritardo, amico mio…- sussurrò: -…spero che ciò significhi solo che hai cambiato idea.-.

    Afferrò con decisione la spada, appesa al muro, la sguainò con un solo fluidissimo movimento ed iniziò ad allenarsi, tentando di allontanare, con la spada, l'ombra che gli avvolgeva il cuore.

    Mentre Alia camminava per le strade del paese, tutti la salutavano, alcuni augurandole un buon compleanno, altri dimenticandosene o ignorando l'evento.

    La ragazza sembrava avere il potere di attirare le simpatie di tutti e, se il padre era conosciuto e stimato per il suo valoroso passato, lei era ammirata per la sua dolcezza e la splendida voce.

    Giunta davanti alla casa di Kai-Min, bussò e chiamò a gran voce il nome del suo amico e quello di sua sorella, Shassy-Rya.

    La porta si aprì, ed un Kai spettinato e assonnato, ma sorridente, si inchinò davanti a lei:

    -Chiedo venia, bella signora, ma attendo una mia amica, una mocciosa che ha l'onore di somigliarvi; l'avete mica vista?-.

    Subito dopo aver detto questa frase, cadde in avanti, spinto con un calcio dalla sorella.

    -Era troppo forte la tentazione!- spiegò Shassy, abbracciando l'amica.

    Sedendosi per terra a fatica, Kai rimproverò la sorella:

    -Insomma, Yaya,- disse con un broncio scherzoso -non posso nemmeno corteggiare una fanciulla in età da marito?-.

    -Parla con mio padre.- rispose Alia e, subito dopo, entrò in casa con Shassy, chiudendo fuori lo sfortunato ragazzo.

    Kai si rifiutò di alzarsi da terra, finché le due ragazze non uscirono.

    Con atteggiamenti signorili, diedero due bisacce al giovane, che accettò l'onere di portarle con un sorriso forzato.

    Nonostante la splendida mattinata, Kai sembrava pensieroso. Propose di festeggiare il compleanno poco fuori dalla palizzata di cinta del villaggio; quando le ragazze gli chiesero il motivo della sua preoccupazione, il giovane rispose che aveva un brutto presentimento.

    -Ma dai...- insistette Alia, impaziente di realizzare il progetto che aveva da molte lune: festeggiare alle rovine del vecchio tempio, che si trovava sulle colline nei pressi del villaggio -...cosa vuoi che ci succeda? E poi...- aggiunse con voce melliflua -...tu sei forte, ci proteggerai, vero?-.

    Quando Alia gli parlava così, Kai non riusciva a ribattere, ed il programma rimase invariato, così come il presentimento del ragazzo.

    D'altro canto, Kai era veramente in grado di difendere il gruppo: figlio dell’unico mago del villaggio, padroneggiava gli incantesimi di alto livello già dall'adolescenza; all'età di ventiquattro anni, tutti lo consideravano un genio della Magia Elementale.

    Sua sorella Shassy, benché dedita ad un'arte magica diversa da quella del fratello, non era da meno. La sola cosa che la rendeva inferiore a Kai era l'età, di quattro anni più giovane.

    Chiunque, nel villaggio, sapeva che, entro poco tempo, sarebbe stata la giovane a prendere il posto di suo padre: come evocatrice, sarebbe stato suo il compito di appellarsi alle forze della Natura, per la prosperità del villaggio.

    Con due amici così, accanto a lei, Alia non temeva nulla ed era comprensibile; anche per questo, non dette ascolto al presentimento di Kai.

    A loro si unì anche Mirvana, appena diciottenne: li frequentava da quando aveva dieci anni ed era la più giovane del gruppo.

    La sua maturità proveniva da una tristissima infanzia, segnata da violenze e solitudine, ma le aveva permesso di non essere mai stata considerata una bambina.

    Lo stesso Kai aveva pensato, più di una volta, di essere immaturo rispetto a lei.

    Si sarebbe dovuto aggregare anche Torn-Wyan, unico figlio di un ricco mercante, ma era dovuto partire pochi giorni prima con il padre, per un lungo viaggio d'affari. Prima della partenza, si era fatto promettere dai ragazzi che avrebbero brindato anche per lui, ed aveva consegnato ad Alia il regalo per il suo compleanno: una bottiglia di pregiatissimo vino, ottenuta grazie al lavoro del padre.

    Il gruppetto di amici partì cantando dal villaggio, in quella meravigliosa mattinata in cui il sole scaldava i cuori, e il vento accarezzava e rinfrescava la pelle.

    Il sentiero che portava alle rovine era ben noto ai quattro giovani e, per quanto fosse impervio, Alia e i suoi amici sembravano non sentire la fatica, in quella giornata che era iniziata sotto i migliori auspici.

    Kalger

    A mezzogiorno, dopo un lungo cammino, avevano finito il repertorio delle canzoni conosciute ed avevano raggiunto il limitare del bosco, all'interno del quale le rovine di un tempio, dedicato al culto dei draghi, testimoniavano la fine di un'era.

    Prima di addentrarsi, Mirvana chiese ad Alia di raccontarle, ancora una volta, la storia di come suo padre soggiogò un drago.

    Alia amava Mirvana come una sorella e non sapeva negarle nulla, quindi iniziò a narrare, con voce ostentatamente solenne.

    -Circa trenta anni or sono, viveva nella città di Behur il valente guerriero Rush-Darok. Egli si allenava nei periodi di pace e combatteva nei tempi di guerra… per portare la pace, ovviamente. E quello era un momento in cui la pace regnava. Ma il perfido mago... hm... nero...-.

    -Ma che nero!- sbottò Kai: -Si chiamava Lermin-Ro!-.

    -Sì, vero... il perfido mago Lermin-Ro, con la sua flotta di cento navi, in grado di volare grazie alla sua potente magia, attaccò la ricca città di Behur, per depredarla dei suoi tesori. Mio pad... il guerriero Rush-Darok era impotente davanti ad un attacco proveniente dall'alto, quindi andò sulle montagne, dove viveva un grande dragone, temuto per la sua ferocia. Si dice che la distanza tra la tana del drago e Behur non potesse essere coperta in meno di sei giorni di galoppo. Il possente Rush-Darok partì all'alba e tornò al tramonto dello stesso giorno in sella al drago. Come lo avesse soggiogato, rimase sempre un mistero. Si dice che papà colpì il drago con tanta forza da far tremare persino la terra e che, ferito dal colpo del grande guerriero e spaventato dalla sua forza, il drago si sottomise a lui. Così, ad un ordine del grande Rush-Darok, il drago calò sulle navi sputando fuoco dalle fauci e costringendo il mago ad uno scontro diretto, alla fine del quale, mio padre trafisse il cuore nero di Lermin-Ro.-.

    -Qualcosa di nero doveva esserci per forza.- disse, sarcasticamente, Kai.

    Alia lo ignorò:

    -La città fu salva, il drago fu generosamente liberato e poté tornare alla sua tana, a patto di non terrorizzare più la gente.-.

    Mirvana aveva ascoltato tutta la storia fino alla fine, immaginandosi ogni scena come in un sogno.

    -Mi sono sempre chiesta...- disse Shassy: -...quanto ci sia di vero e quanto di inventato, nelle storie su tuo padre.-.

    Alia alzò le spalle:

    -Lo sai, papà dice solo che, in ogni leggenda, c'è un fondo di verità. Credo che i racconti siano esagerati, certo, ma quando vedo papà prendere in mano la spada, mi sembra veramente in grado di far tremare la terra con un colpo.-.

    Quando i ragazzi giunsero alle rovine, stavano ancora parlando di Rush.

    -Non riesco a capire perché non mi dica, almeno, cosa c'è di vero nelle storie che raccontano su di lui.- sbottò Alia, alla fine del discorso.

    -Tuo padre ha ucciso...- disse con tono grave Kai, posando a terra le bisacce e sedendosi su un pezzo di colonna:

    -...e uccidere non è mai bello. Probabilmente, prova rimorso per tutti coloro che sono caduti sotto la sua spada. Credimi, in molte guerre non ci sono buoni o cattivi, ma solo uomini comuni che inseguono i propri ideali, o che combattono per quelli dei propri comandanti. Chissà, può darsi che Lermin-Ro avesse subito un grave torto dalla gente di Behur e che il suo attacco alla città fosse la giusta vendetta, per quanto una vendetta possa mai essere giusta. E il drago? Magari, non faceva del male a nessuno ed ecco che un guerriero arriva a soggiogarlo, a colpi di spada. Tuo padre ha imposto la propria volontà con la forza e ha sicuramente ucciso anche uomini che avevano una sposa e una famiglia che li aspettava.-.

    Le ragazze guardarono il giovane, stupite della serietà di quel discorso.

    Kai continuò:

    -Ogni guerra è ingiusta e porta solo morte e vendetta. Non mi sorprenderei se, adesso, tuo padre volesse dimenticare tutta la sua gioventù, e vivere la sua vecchiaia senza ricordare tutti coloro contro cui ha mosso la sua spada. Non lo sto certo criticando, né giudicando, ma mio padre una volta mi ha detto che un uomo che uccide per i propri ideali non è molto diverso da coloro che muoiono per sua mano. Tutti abbiamo degli obiettivi nella vita, e forse non è bello ma è sicuramente normale fare di tutto per realizzarli. Anche uccidere.-.

    Alia sorrise, con una certa amarezza.

    -È raro sentirti fare discorsi così profondi.- sussurrò al giovane mago.

    Kai rispose con un sorriso a quello dell'amica, poi iniziò a tirare fuori il cibo e il vino.

    -Però, papà non è vecchio.- aggiunse la festeggiata.

    -Ah, no!- rispose Kai: -Ormai ha sessant'anni suonati, potrebbe già essere nonno.-.

    -Vaglielo a dire in faccia!- disse Shassy con un tono di sfida.

    -Credete forse che abbia paura di lui?- chiese Kai, gonfiando il petto in maniera buffa.

    Le tre ragazze risposero all'unisono un -Sì!- che le fece ridere.

    -Che si mangia di buono?- sibilò una voce, dal boschetto che circondava le rovine.

    Kai scattò in piedi e si voltò nella direzione da cui era arrivata la voce. Da dietro un albero uscì una figura, che avanzò lentamente verso il gruppetto di amici.

    Alto, snello, guardava con un ghigno i ragazzi. I suoi occhi, cattivi e totalmente neri, rivelavano la sua natura demoniaca.

    Kai si interpose fra le ragazze e il demone che, pur fermandosi, non sembrò intimorito dal gesto.

    -La figlia del caro Rush.- sussurrò soddisfatto.

    Alia impallidì. Shassy la prese per mano: un gesto che non fu sufficiente a tranquillizzarla.

    -Il tuo papà ti ha mai raccontato del suo rapporto con noi demoni? No, vero? Sapete, bambini, ho sentito il vostro discorso. Vi va di continuarlo con me?-.

    Kai era l'unico a non essere paralizzato dalla paura. Sudando freddo, ma con voce ferma e decisa disse solo:

    -Vattene!-.

    -Non ti preoccupare, non voglio farvi del male...- riprese con voce calda il demone -...non sono... cattivo.-.

    I suoi occhi rivelavano una malvagità smisurata, la sensazione di pericolo e la paura sovrastavano qualunque altro sentimento, nei quattro ragazzi.

    Fu Shassy la prima a smuoversi, ricordando che, in quel luogo, in passato, era sorto un tempio dedicato ai draghi, nemici giurati dei demoni. Sicuramente, pensò la giovane evocatrice, quell'essere era infastidito e, forse, persino indebolito dal luogo stesso.

    Iniziò a raccogliere attorno a sé le energie dell'aria, per evocare la nebbia, così da poter offrire una possibilità di fuga a se stessa e ai suoi compagni.

    Anche Kai reagì alla paura: radunò le proprie forze magiche, preparandosi a scagliarsi contro il demone. Conosceva bene la sorella e sapeva che, se le avesse fornito una possibilità di fuga, lei l'avrebbe sfruttata al meglio e le ragazze si sarebbero salvate.

    Ciò che i due giovani maghi non sapevano era che, se avessero unito le forze, sarebbero riusciti a sconfiggere l'avversario senza sforzi eccessivi: l’inesperienza porta, spesso, a commettere errori di valutazione.

    L'aria era tesa al massimo. Il demone attendeva, immobile, la prima mossa del ragazzo, con un odioso sorriso di scherno sul volto.

    Accadde tutto in pochi istanti.

    Kai scattò in avanti, urlando per darsi forza; con la magia, rese rovente il proprio braccio destro e mirò alla gola del demone con un pugno.

    Shassy evocò la nebbia, con tutta la potenza magica che era riuscita a raccogliere.

    Mirvana ed Alia si presero per mano, sperando di essere pronte a correre, quando fosse stato necessario.

    Dalla nebbia uscì una gelida mano, che ghermì quella libera di Mirvana ed una voce, falsamente infantile, sussurrò con tono di scherno:

    -Tienimi per mano, ti prego...-.

    La ragazza sbarrò gli occhi: c'era un altro demone, lì, accanto a lei e la aveva afferrata.

    Molti pensieri affollarono in un istante la sua mente, il sangue le si raggelò nelle vene. Voleva sottrarsi a quella stretta, ma il suo stesso corpo non le ubbidì. Voleva urlare, ma riuscì solo a rantolare.

    Alia si accorse di ciò che stava succedendo e la sua paura crebbe a dismisura. Non poteva abbandonare Mirvana, anche se il suo istinto le urlava di correre via, per salvarsi la vita.

    La sua mano libera scese istintivamente sull'elsa del pugnale che le aveva regalato il padre. Stupendosi del suo stesso comportamento, sorrise. Era un sorriso ironico, rivolto a se stessa: si chiese cosa avrebbe potuto fare, con un pugnale, contro un demone.

    Il terrore le dette una sola risposta: morire.

    Alia rimase immobile, con la mano sinistra sull'elsa dell'arma e la destra imprigionata in quella dell'amica.

    Mirvana girò gli occhi verso il demone: vide una figura scura, deforme, accovacciata accanto a lei. Era una visione irreale e la ragazza, sebbene terrorizzata, si sentì in qualche modo estranea alla situazione, forse perché non c'era nulla che potesse fare o forse perché, in fondo, non le importava molto di morire.

    Qualunque istante avrebbe potuto essere l'ultimo, ma quel mostro voleva alimentare la sua paura, prima di ucciderla.

    Mirvana lo sapeva e questo pensiero le attanagliava la mente, impedendole qualunque ragionamento o reazione.

    Il demone continuò a parlarle con falsa dolcezza:

    -...non lasciarmi la manina...- Mirvana sentiva la gola diventarle sempre più secca, ad ogni parola di quell'essere -...ho paura, se mi lasci...- le lacrime le scesero lungo le guance mentre, istintivamente, la sua mano strinse più forte quella di Alia.

    Come risposta, o forse in un disperato e irrazionale tentativo di tranquillizzarla, Alia trovò la forza di guardarla negli occhi. Intravide il demone e, proprio alle sue spalle, un’altra figura, resa quasi un’ombra dalla nebbia. Quando il nuovo arrivato parlò, Alia pensò, erroneamente, che si fosse rivolto a lei o a Mirvana.

    -Fai bene ad aver paura!-.

    La voce fredda, il tono tranquillo di chi fa una semplice constatazione. Alzò un pugno.

    Il demone, sorpreso, si voltò lasciando andare Mirvana.

    La mano dell'uomo calò con violenza, in un gesto deciso ed inarrestabile. Seguì un rumore di ossa spezzate.

    Il corpo, senza vita, del demone cadde a terra, con la testa fracassata da un semplice pugno.

    Mirvana, sporcata da pochi schizzi di sangue, guardò quell'uomo: una figura alta, robusta, interamente vestita di nero, che si ergeva sulla carcassa del demone.

    L'aveva salvata, ma aveva occhi privi di qualunque emozione, gelidi, ma che Mirvana non riuscì a non fissare, mentre ricacciava indietro le lacrime.

    Tutto si era svolto in pochi, interminabili istanti, durante i quali Kai stava tentando di affrontare il primo demone. La nebbia magica li aveva avvolti completamente, impedendo a chiunque la visuale oltre due passi dal proprio naso.

    I colpi del giovane mago andavano a vuoto, uno dopo l'altro, ma il suo nemico non era in vantaggio: riusciva solo a schivare i continui, disperati attacchi del ragazzo, senza riuscire a trovare il momento per reagire.

    La tecnica di Kai era semplice: appena fosse riuscito a toccare il demone, la magia ne avrebbe invaso il corpo, causandogli un danno notevole.

    Proseguendo nello scontro, Kai comprese che la forza del suo nemico non era tale da rendere la situazione disperata; ma il demone non era uno stupido e, con la stessa voce calma con cui aveva parlato prima, rivelò al ragazzo di non essere solo.

    Nello stesso istante, si udì perfettamente il rumore di ossa che venivano spezzate.

    Kai perse la concentrazione: sua sorella non padroneggiava incantesimi mirati a fracassare le ossa di un demone, né alcuna delle sue amiche ne aveva la forza. Temendo che una delle ragazze fosse stata ferita, il ragazzo indugiò nel suo attacco per un istante, rendendolo prevedibile.

    Al suo nemico non serviva altro: smise di indietreggiare ed attaccò, trasformando il braccio destro in una rozza lama.

    Kai tentò disperatamente di parare l'affondo, riuscendo solo a deviare l'attacco del demone dal petto all'addome.

    La lama penetrò dolorosamente nel suo stomaco, paralizzandolo e facendogli perdere il controllo sulla sua magia, che si disperse.

    Il giovane mago si accasciò al suolo. Vicino a lui, si ergeva il demone vittorioso.

    Con quel sorriso tanto maligno quanto odioso, puntò la lama alla gola del ragazzo e venne improvvisamente colpito in pieno volto da un pugno, che lo fece indietreggiare di parecchio, nella nebbia.

    L’uomo vestito di nero superò il ragazzo steso a terra e, come se fosse immune alla magia di Shassy, si rituffò nella nebbia, avanzando con passo sicuro, per raggiungere il demone.

    Alia e Mirvana, guidate da Shassy, soccorsero Kai. Tamponarono la ferita con la sua stessa camicia, sperando che l'uomo avesse la meglio, perché i danni inferti da un demone non possono guarire del tutto, finché questi non muore: l'unica possibilità di sopravvivenza del giovane mago era legata alla morte dell'essere che l'aveva ferito.

    Udirono il suono di tre colpi. L'ultimo fu più forte degli altri.

    Poi, dalla nebbia, emerse nuovamente quell'uomo misterioso. Rivolto ai ragazzi, disse semplicemente:

    -È morto, potete curare il vostro amico.-.

    Detto questo, semplicemente, soffiò; come se fosse stato evocato da tale piccolo gesto, un vento impetuoso si scatenò per pochi istanti, spazzando via la nebbia.

    Fu evidente a tutti: quell'uomo era potente, nella lotta e nella magia.

    Quando il sole tornò ad illuminare le rovine del tempio ed il vento tacque, il silenzio scese sul gruppetto. Attoniti, i ragazzi fissavano quell'uomo, che ricambiava silenziosamente lo sguardo di tutti, senza tradire la minima emozione.

    Shassy, per quanto scossa, si costrinse a formulare un incantesimo di guarigione, dimostrando il controllo che aveva sulla magia, anche in stato di grande agitazione.

    La ferita era più grave di quello che sembrava e la ragazza dovette dare fondo a tutte le energie rimaste, per rimarginarla.

    Alla fine dell'incantesimo, sia lei che il fratello erano quasi privi di forze.

    Nessuno sembrava avere voglia di parlare, anche se c'era molto da

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