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Innocente inganno
Innocente inganno
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E-book218 pagine2 ore

Innocente inganno

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816 - Decisa a liberarsi una volta per tutte dalle grinfie dell'odiata matrigna, Evie Bradshaw architetta un finto fidanzamento con Fergus Matlock, il dissoluto e avido Marchese di Stanford. In cambio di una consistente somma di denaro, lui fingerà di essere il suo futuro sposo e le darà riparo in casa propria, trasferendosi a sua volta in albergo per salvaguardare le apparenze fino alla data del loro presunto matrimonio. Una volta lì, Evie scopre che quella dimora è in realtà la residenza di Finn, fratello gemello del suo finto fidanzato. Lui si dimostra molto diverso da Fergus, è onesto, premuroso e affascinante. L'attrazione reciproca è sempre più difficile da domare e quando Fergus, dopo averla ricattata, la deruba di tutti i suoi averi, Evie non riesce più a sostenere quella finzione e confessa all'uomo di cui si è innamorata il proprio innocente inganno.
LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2017
ISBN9788858970195
Innocente inganno

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    Anteprima del libro

    Innocente inganno - Virginia Heath

    successivo.

    1

    Maggio 1816

    Il Marchese di Stanford era ubriaco, impossibile negarlo. Per quanto non fosse insolito che bevesse anche al mattino, gli ospiti non poterono fare a meno di stupirsi che avesse deciso di ubriacarsi proprio il giorno del suo fidanzamento.

    Mentre i più anziani mormoravano che non era il modo di comportarsi e guardavano con compassione la sua fidanzata, tutti sapevano che il bel marchese dalla vita dissoluta sposava Evie Bradshaw per la semplice ragione che aveva disperatamente bisogno del suo denaro.

    Alcuni degli invitati più giovani, fra i quali le due sorellastre di Evie, trovavano invece molto divertente lo spettacolo e ridacchiavano dietro i ventagli sussurrando che, visto che Evie non era bella né dotata di una grande personalità, il pover'uomo era stato costretto a bere parecchio per trovare il coraggio di baciarla. C'era anzi da sorprendersi che si fosse accorto di lei, dal momento che Evie aveva la propensione a starsene sempre in disparte, fino quasi a diventare invisibile.

    Quello di cui nessuno degli inviati era al corrente, compresa la sua famiglia, che la disprezzava, era quanto Evie fosse contenta che Fergus Matlock, terzo Marchese di Stanford, fosse arrivato ubriaco a quella festa di fidanzamento.

    Naturalmente doveva fingersi imbarazzata e desolata nel vederlo in quello stato, ma in realtà ne era felice e, dentro di sé, gioiva.

    E pensare che non era stata lei a chiedergli di ubriacarsi, aveva fatto tutto da solo. Il suo piano stava andando a gonfie vele, pensava Evie. Entro poche ore avrebbe potuto lasciare Mayfair per sempre. Tutti avrebbero creduto che si preparasse alle nozze con il dissoluto marchese, mentre in realtà sarebbe andata a cercare la casa in cui intendeva stabilirsi da sola. Libera, indipendente e autonoma dal resto della famiglia, senza il pericolo che qualcuno la biasimasse o la criticasse.

    Contava le ore che non passavano mai, aveva l'impressione che l'orologio sul caminetto fosse lento come una lumaca.

    La causa dei suoi guai, la sua avida e fredda matrigna, andò da lei per cercare di salvarla da quello sciagurato matrimonio. La prese per un braccio e la costrinse a seguirla in un angolo appartato, dove sfogò tutta la propria indignazione.

    «Evelyn, è ora che tu metta fine a questa storia!» le intimò, più arcigna del solito. «Tuo padre, che Dio l'abbia in gloria, non avrebbe mai permesso che tu sposassi quest'uomo. Tutti capiranno le tue ragioni, nessuno ti criticherà. Guarda in che stato si è ridotto! No, in tutta coscienza non posso permettere che tu diventi sua moglie!»

    «Fergus è nervoso all'idea del matrimonio e ha bevuto un po'» cercò di obiettare lei, anche se il futuro sposo sembrava proprio ubriaco fradicio. «Ha promesso che dopo le nozze si comporterà bene.»

    Nozze che non ci sarebbero state, come da precedente accordo con il marchese. Un accordo che le era costato cinquemila sterline, che non erano niente, in cambio della libertà.

    Hyacinth Bradshaw detestava venir contraddetta, soprattutto dalla figliastra. Di solito reagiva strillando di sdegno a ogni sua pur debole ribellione, ma quel fidanzamento le aveva fatto capire che era meglio mostrarsi gentile con lei. Era Evie l'erede della fortuna del padre, a lei come vedova non era rimasto molto. Non poteva permettersi di rompere i rapporti con lei, perché in futuro avrebbe avuto bisogno del suo aiuto finanziario.

    Così si impose di recitare la parte della buona matrigna preoccupata per l'avvenire della figliastra, un ruolo che le era del tutto estraneo.

    Dieci anni prima Evie ci sarebbe cascata, tanto le mancava l'affetto di una madre, ma adesso conosceva bene Hyacinth. Troppa acqua era passata sotto i ponti.

    «Tuo padre, che riposi in pace, non avrebbe mai voluto che tu diventassi la moglie di un libertino. Hai capito, vero, che Stanford ti sposa soltanto per mettere le mani sui tuoi soldi?»

    Soldi di cui lei non avrebbe più potuto godere, dopo il matrimonio di Evie, e che invece aveva sempre amato spendere senza alcun ritegno.

    Non le aveva mai risparmiato critiche per il suo aspetto scialbo, per la sua conversazione noiosa, per tutti i difetti che trovava in lei. In realtà era Hyacinth la prima a pensare che l'unica qualità di Evie fossero i soldi. «Fergus mi vuole molto bene...» cominciò.

    «Che idiozia!» proruppe Hyacinth. «Sei sempre stata una sciocca, Evelyn. Perché mai un uomo così attraente dovrebbe...» Si accorse in tempo dell'errore che stava per commettere e si morse le labbra. Non le conveniva essere troppo schietta in quella circostanza, anche se non aveva mai fatto mistero dell'opinione che aveva della figliastra. Con uno sforzo immane riuscì a fingere un sorriso, che sembrava più che altro una smorfia, e si corresse. «Perché mai un marchese che trascorre tutto il proprio tempo nelle bische e nelle case di piacere dovrebbe avere il desiderio di sposarsi, se non per trovare il denaro necessario a pagare i propri debiti?» riprese quindi. «Lascialo perdere, sono sicura che, se ti guarderai intorno, troverai qualcuno più adatto a diventare tuo marito. Ovviamente ci vorrà un po' di tempo, ma possiamo aspettare. Questo fidanzamento è stato troppo affrettato, non hai avuto modo di considerare bene ciò che stavi facendo. Dammi retta, Evelyn, ti aiuterò io stessa a trovare un buon marito. Anche tuo padre, se fosse ancora in vita, la penserebbe come me.»

    Fino a quel momento Hyacinth era stata sempre molto scettica sulle possibilità che Evie trovasse qualcuno intenzionato a sposarla. La giudicava insignificante, grassoccia e sciocca per interessare un uomo, e ormai nemmeno più giovanissima.

    Era meglio che lei rimanesse zitella continuando a vivere con la sua cara matrigna, che da quel momento in poi l'avrebbe trattata con qualche riguardo in più per non farla fuggire. Non poteva lasciarla sposare. Chi avrebbe pagato i conti?

    «E poi, Evie, diciamolo con franchezza, cos'è questa pretesa che tu ti trasferisca nella sua tenuta prima ancora del matrimonio?» la incalzò. «Verrà giudicato molto sconveniente.»

    «La prozia Winifred verrà con me, non sarò sola» le fece notare Evie. «Ci sarà tanto da fare, nella tenuta di Fergus, per renderla decente per il giorno delle nozze. Lui si trasferirà nella locanda del paese, non ci sarà nulla di sconveniente se io starò a casa sua. Anzi, è probabile che lui debba tornare subito a Londra, così la zia Winnie e io saremo sole. In un paio di mesi sono sicura che...»

    «Non credo che la zia Winifred sia la persona più adatta per accompagnarti!»

    Evie decise di giocare un'ultima carta, anche se era rischioso.

    «Quante volte ho chiesto a te e alle mie sorelle di accompagnarmi... mi sarebbe tanto piaciuto» mentì spudoratamente. «Se ci fosse ancora papà, sarebbe venuto anche lui insieme a voi, come avrebbe fatto una vera famiglia.»

    Peccato che non fossero mai stati una vera famiglia.

    La matrigna si sentì a disagio e cercò di trovare qualche giustificazione. «Non posso costringere le ragazze a lasciare Londra proprio adesso. Rose è alla sua prima Stagione, e molti buoni partiti stanno facendo la corte a Iris. Rovinerei tutto, se le portassi via da qui. Naturalmente verremo per le nozze, o quando finisce la Stagione e tutti vanno in campagna per l'estate. Anche se mi auguro che tu rinsavisca prima di allora e mandi tutto all'aria. E poi cos'è questa storia che devi partire subito? Non ho mai visto un fidanzamento tanto frettoloso. Tuo padre si rivolterà nella tomba.»

    Evie si sentiva sempre in colpa quando Hyacinth faceva riferimento a suo padre, perciò preferì cambiare argomento. «È una bella festa, non è vero?» le chiese.

    Aveva invitato tutti gli amici della matrigna, per farle piacere. A parte la prozia Winnie, per Evie erano solo degli estranei.

    Le sue amiche d'infanzia erano sposate da anni e vivevano in campagna con le loro famiglie. Non che le avesse frequentate molto, negli ultimi tempi, perché aveva trascorso anni a curare la madre e poi era diventata l'infermiera anche del padre. Il destino aveva deciso che rimanesse a far tappezzeria mentre le altre prendevano marito.

    «Sì, è una bella festa, ma avrei potuto fare di meglio se avessi avuto più tempo e più denaro a disposizione» si lamentò Hyacinth.

    Fino alla morte del marito aveva speso senza alcun freno il suo denaro, ma adesso era Evie a tenere i cordoni della borsa.

    «Non so perché hai voluto fare economie anche per la tua festa di fidanzamento» la biasimò.

    «Non ho fatto economie» si difese Evie. «C'è tutto quello che gli invitati possono desiderare.»

    In realtà non aveva voluto sprecare denaro per un finto fidanzamento. Aveva altri progetti per spendere la propria eredità.

    «Parlando di denaro» aggiunse la matrigna cogliendo al volo l'occasione, «vorrei ricordarti che ci sono parecchie spese, per la nostra casa.»

    Non mancava di rammentarglielo quotidianamente. A Hyacinth non bastava vivere nella bella residenza di Mayfair che Evie aveva ereditato dal padre, non voleva neppure spendere i propri soldi. La matrigna godeva ancora della rendita annuale di parecchie migliaia di sterline che le era stata assegnata dal primo marito, ma non si sognava di contribuire alle spese. Preferiva che fosse Evie a pagare i conti.

    Ed Evie non si ricordava di averle mai visto tirare fuori denaro di tasca sua.

    «Continuerò a provvedere agli stipendi dei domestici, non ti preoccupare» le assicurò.

    «Non mi preoccupo per me, ma per le tue care sorelle. Sono abituate a un certo benessere e non so se sarò in grado di mantenerlo con le mie esigue entrate. Non potrei sopportare che perdessero l'occasione di fare un buon matrimonio soltanto perché non posso permettermi di dare un ricevimento o di comperare qualche vestito adatto alla circostanza. Ne va del loro futuro.»

    «Anch'io ho diritto ad avere un futuro, no?» osò replicare Evie.

    Hyacinth la guardò con disappunto, ma si trattenne dal ribattere a tono come avrebbe fatto un tempo. «Ma certo, mia cara. Sai bene che non desidero altro che la tua felicità.»

    Anche perché adesso era lei la padrona, si disse, e avrebbe potuto cacciarle dalla bella casa di Mayfair, se solo avesse voluto.

    «Ora è meglio che mi occupi dei nostri ospiti, invece di stare qui a chiacchierare» aggiunse per troncare un discorso che stava diventando pericoloso.

    Hyacinth andò a occuparsi dei suoi amici ed Evie rimase in disparte a guardare la festa.

    Era abituata a non farsi notare, preferiva osservare gli altri. Fra lei e Hyacinth c'era sempre stata solo diffidenza. Evie sapeva benissimo che la matrigna non l'apprezzava, e ancora di meno l'amava. Se non ci fosse stato di mezzo il denaro, sarebbe stata felice di liberarsi di lei. Non riusciva a parlarle per più di cinque minuti senza perdere la pazienza, era chiaro che la sopportava a malapena.

    Aveva sposato suo padre, un ricco commerciante, con la speranza di poter salire qualche gradino della scala sociale, ma era rimasta delusa. La nobiltà non era di certo ansiosa di dare il benvenuto a una borghese, anche se suo marito era ricco, e ancora di meno avrebbe aperto le braccia alla sua vedova, adesso che Evie aveva ereditato.

    Comunque la matrigna persisteva, instancabilmente, nel cercare l'amicizia dei nobili altezzosi e arroganti che la guardavano dall'alto in basso.

    A Evie non interessava la scalata sociale. Per lei erano tutti uguali, anche perché veniva ignorata allo stesso modo dalle persone altolocate e da quelle più umili. Non si era nemmeno presa il disturbo di ordinare un vestito nuovo per il suo fidanzamento, anche perché la sarta di Hyacinth non nascondeva il proprio sconforto tutte le volte che doveva farle un abito.

    Era troppo prosperosa per essere alla moda. Un abito di seta la faceva sembrare un sacco pieno di cipolle e quelli di lana accentuavano ancora di più le sue forme. La matrigna dava ragione alla sarta, quando si lamentava di non poter fare miracoli. Non si può cavare sangue da una rapa, diceva.

    Il suo fidanzato, scorgendola da sola in un angolo, sollevò il bicchiere in un brindisi silenzioso, ma non si mosse per andare da lei. Meglio così, pensò Evie, perché era talmente ubriaco da reggersi a malapena in piedi.

    Era impossibile trovare qualcosa da apprezzare in Fergus, pensò Evie. Un debosciato del tutto inaffidabile, abituato a sperperare fino all'ultimo soldo. Ecco perché lo aveva scelto.

    Aveva talmente bisogno di denaro che era stato al gioco senza discutere. Grazie a lui si sarebbe liberata di Hyacinth, dato che non aveva il coraggio di affrontarla e di dirle quello che pensava di lei.

    Fergus possedeva una tenuta al nord, a una buona settimana di viaggio da Londra, in una zona in cui Hyacinth non avrebbe mai messo piede. Era stato un motivo in più per scegliere proprio lui, e il Marchese di Stanford aveva accettato con piacere, una volta stabilito il suo compenso.

    Nella sua tenuta Evie avrebbe potuto vivere in pace mentre cercava una nuova casa tutta per sé. Una casa in cui avrebbe potuto fare quello che voleva, senza che nessuno la controllasse o la criticasse, senza rivedere mai più la matrigna.

    Suo padre, purtroppo, sul letto di morte le aveva fatto promettere di trattare Hyacinth come se fosse stata la sua vera madre. Dalla vera madre non sarebbe mai fuggita come stava facendo, ma alla matrigna lasciava comunque la casa di Mayfair. Che cosa voleva di più?

    Nel nord sperava di imparare di nuovo a essere felice, e di uscire finalmente dalla crisalide.

    Non si aspettava di diventare una farfalla – le farfalle erano troppo belle perché potesse aspirare a tanto – ma sperava almeno di diventare una falena. Di notte, quando nessuno poteva vederle, anche le falene volavano libere.

    Nel nord avrebbe fatto tutto quello che desiderava disperatamente. Sì, Evie aveva grandi piani per il proprio futuro, e non includevano affatto il Marchese di Stanford. Fergus poteva tornarsene a Londra con la sua benedizione, e non le sarebbe importato di non rivederlo per il resto della propria esistenza.

    Una volta lasciata la casa in cui era cresciuta e che le ricordava tante cose spiacevoli, avrebbe cominciato un nuovo capitolo della sua vita. Avrebbe detto addio a Miss Evelyn Bradshaw, eterna zitella, benefattrice di una vedova indegna che la spremeva senza posa, zerbino per i suoi piedi.

    Non aveva idea di cosa le riservasse il futuro, ma di una cosa era certa. Una volta partita da Mayfair non ci sarebbe più tornata.

    Il viaggio verso nord era stato interminabile. Per cinque giorni Evie aveva sofferto la nausea, come sempre quando viaggiava in carrozza, e poteva ringraziare zia Winnie, che aveva insistito per fermarsi ogni notte a una locanda, in modo che lei potesse recuperare un po' prima di ripartire.

    Evie e la zia si ritiravano nella loro camera, ogni sera, e Fergus si divertiva a bere e a giocare nel salone fino a notte fonda. Al mattino, quando ripartivano, era in condizioni tali che Evie rimpiangeva che non viaggiassero su due diverse carrozze.

    Era quasi il crepuscolo quando arrivarono alla tenuta di Fergus nello Yorkshire, ed Evie, per quanto ancora in preda alla nausea, era rimasta piacevolmente sorpresa. Si era aspettata una casa malridotta come il suo padrone, non una bella dimora palladiana. Un anziano maggiordomo aveva dato loro il benvenuto, pur sembrando stupito di vederli, come se non li aspettasse affatto.

    Fergus aveva fatto accomodare lei e la zia in un elegante salotto prima di andare a scambiare qualche parola in privato con il maggiordomo e la governante.

    Mentre aspettavano che venisse preparata la loro camera e che si scaricassero i bagagli, era stato servito il tè, che avevano sorseggiato con gratitudine.

    Troppo stanca per guardarsi intorno, Evie era andata a dormire non appena le avevano detto che la camera era pronta, mentre il suo finto fidanzato partiva

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