Le nostre estati dell'amore: Summers of Love
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Non più ventenni, i ragazzi del ’68, dovevano fare i conti con i problemi personali, il lavoro che non si trovava, l’esigenza dell’indipendenza dalla famiglia di origine, il rapporto con il proprio partner o per chi era single il problema di averne uno, etc…
Iniziava adesso un’altra epoca, più individuale e meno collettiva in cui tutti, da cani sciolti adesso, si sentivano più liberi di affrontare il futuro.
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Anteprima del libro
Le nostre estati dell'amore - Giuseppe L. D'Alessandro
Note
LE NOSTRE ESTATI DELL’AMORE
Summers of Love
Gli amori e le delusioni, dopo l’impegno politico, di alcuni giovani della provincia alla fine degli anni 70’ del secolo breve
L'Autore
Giuseppe L. D’Alessandro, laureato in Scienze Politiche Indirizzo Storico, ha svolto diverse attività lavorative. Impegnato politicamente negli anni della contestazione giovanile ha sempre guardato con attenzione i fenomeni sociali.
In questo libro, parzialmente autobiografico, ripercorre l’ultimo periodo degli anni ’70, quando una forte crisi identitaria ha attraversato tutto il movimento che aveva scritto la storia di quel favoloso decennio causando lo scioglimento di vari gruppi politici che ne erano state le avanguardie.
Non più ventenni, i ragazzi del ’68, dovevano fare i conti con i problemi personali, il lavoro che non si trovava, l’esigenza dell’indipendenza dalla famiglia di origine, il rapporto con il proprio partner o per chi era single il problema di averne uno, etc…
Iniziava adesso un’altra epoca, più individuale e meno collettiva in cui tutti, da cani sciolti adesso, si sentivano più liberi di affrontare il futuro.
Introduzione
Anni di turbolenza soggettiva e oggettiva, gli anni ’70 del secolo scorso, ci hanno catapultato nella sfera pubblica dandoci riconoscimento e identità di appartenenza.
Nuove categorie si erano affermate con forza e determinazione, noi appartenevamo ai giovani e giovani eravamo con tutta la nostra foga piena di energia tendente a diventare forza collettiva pronta a cambiare gli animi sonnolenti che le generazioni passate non erano riuscite a risvegliare.
La periferia meridionale aggravava questa condizione di stasi, di fermo, prospettive bloccate, futuro incerto, sicuramente non innovativo. Piccole idee nascevano e nell’ambito del possibile si mescolavano alle grandi idee importate con difficoltà dall’esterno.
Adolescenti curiosi, eravamo in quegli anni durante i quali si stavano sperimentando nuove rivoluzioni, e la musica, prima di tutte le altre cose, ci comunicava con gioia i cambiamenti in atto nel mondo.
Era tutta una gran confusione positiva nella nostra testa di quindicenni imberbi e con i primi pruriti tra le gambe, una confusione che trovava risposte in alcuni libri o riviste alternative che con difficoltà riuscivano ad essere distribuite anche al sud.
Abbiamo avuto subito attrazione per i nuovi simboli, questi hanno caratterizzato la nostra immagine, quella dei giovani contestatori, i ribelli che non accettavano le vecchie regole, i capelli lunghi erano la battaglia quotidiana in famiglia e i jeans erano l’etichetta del marchio a cui appartenevamo.
Le nuove idee si dimostravano forti attrazioni per le nostre aspirazioni; fratellanza, comunanza, condivisione erano tutti nuovi valori a cui ci siamo aggrappati anche con le unghie perché ci davano forza e coraggio di vivere una società che aveva dimostrato ostilità alle nostre richieste e indifferenza ai nostri bisogni.
Nuove comprensioni si affacciavano in quelle teste di capelloni e non, la mia forza sono io e nelle lunghe notti insonni si meditava, pensiero pensante, come dare qualità e valore alle nostre, ancora brevi, esistenze.
Esperienze nuove ci forgiavano con soddisfazione piena, si acquistava o ci si appropriava di un disco che suonava la musica che volevamo suonasse, il rock era la nostra colonna sonora, ci allietava e ci nutriva di sogni soprattutto in quei magici momenti collettivi in cui si ascoltava centinaia di volte il long playing ultimo acquistato nel localetto di ritrovo comune. La realtà ci chiamava a gran voce e noi eravamo pronti e disponibili a partecipare.
Si scappava da casa, da quei genitori che disperati non capivano questa ricerca di vivere diverso, non più pane e lavoro ma altre idee frullavano vorticosamente nella testa di questa nuova generazione, poco volenterosa di lavorare con serietà e poco propensa a rispettare le regole della società dove vivevano.
I festival pop erano mete di migliaia di giovani con queste aspirazioni, luoghi di incontri ravvicinati e di esperienze nuove che toccavano l’animo interiore profondamente.
La musica tonante per diversi giorni consecutivi dava le direttive di questa nuova socialità da vivere, ci si poteva innamorare anche soltanto per una notte, era fantastico avere la possibilità di scrollarsi tutto il superfluo che non riguardava l’amore, finalmente i sessi si incontravano e finalmente si liberavano, non c’era diversità, non c’era differenza, era soltanto il modo naturale di rapportarsi tra persone adesso più libere.
Le relazioni sociali erano approntate sull’accettazione e sull’accoglienza, porte aperte e braccia pronte ad abbracciare, percorsi nuovi si affacciavano a dare nuove prospettive.
La nascita delle comuni in quel periodo ha incoronato l’idea della socialità, della parità, dell’uguaglianza, della condivisione e della spartizione. Nuove esperienze di vita e nuovi modelli sociali, la famiglia si era ridotta ad un nucleo troppo ristretto e frustrazioni si insinuavano in essa creando alienazioni, le comuni erano l’esperimento di modelli nuovi e più aperti che restituivano maggiore libertà nell’affermazione dell’individuo, questo era quello che si pensava e quello in cui si credeva.
il viaggiare era diventato esso stesso una filosofia di vita, apriva possibilità enormi quali quello di incontrare e conoscere molte persone, di conoscere luoghi e quindi modi e abitudini diverse dalle proprie. E non occorreva avere molto denaro con sé per viaggiare, si faceva l’autostop e si faceva la colletta per mangiare quando le poche risorse erano terminate, si andava a dormire a casa di amici o conoscenti o amici o conoscenti di questi, l’ospitalità si trovava dappertutto e a sua volta questa veniva offerta quando ci veniva richiesta.
Le esperienze maturavano le nostre idee e anche i nostri visi, adesso le barbe lunghe si univano alle lunghe chiome, una maturità diversa per un impegno diverso.
Nuove aggregazioni, nuovi circoli, gruppi più seri e impegnati politicamente per una lotta verso una svolta reale.
La ricerca di un ideale da affermare a breve termine ci ha portato ad accettare filosofie che portavano a obiettivi dirompenti, mai avverati, era quasi una fede, spesso non verificata fino in fondo nella sua essenza, ma abbracciata con superficiali letture e visione appannata della realtà.
Il nostro punto di riferimento più solido eravamo noi stessi, ognuno aveva cieca fiducia nell’altro e tutti insieme volevamo continuare la nostra vita camminando a braccetto l’uno all’altro per formare una grossa catena e marciare verso una società più equa e più giusta.
Nuovi canali di affermazione individuale e collettiva hanno offerto l’occasione a molti giovani di partecipare attivamente alla vita politica del paese. Sono nati gruppi politici nuovi che, distanziandosi dai vecchi partiti, portavano avanti idee innovative e più vicino alle esigenze che venivano dal basso della società.
Noi giovani, poco prima beat o hippies, tagliammo leggermente più corti i capelli, allungammo un po' di più la barba e ci attivammo per rivoluzionare definitivamente la società.
Le idee si erano radicate fermamente dentro di noi, pilastri di un futuro prossimo che ci avrebbe regalato gioie immense oltre ad una società più equilibrata.
Nei sogni, la notte al ritorno dell’attacco dei manifesti per la manifestazione del giorno dopo, passo avanti verso la rivoluzione, dubbi da incubi affollavano la mia mente come diavoletti satirici che danzano attorno al fuoco e con i forconi cercavano di spingervi dentro tutte le mie idee sulla giustizia e sull’eguaglianza.
Ma le idee che avevo resistevano, anzi prendevano forza dal quotidiano vivere e dai soprusi in esso contenuti. Uno di questi soprusi era il servizio