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Gli anni sessanta e l'imperdibile 1968
Gli anni sessanta e l'imperdibile 1968
Gli anni sessanta e l'imperdibile 1968
E-book197 pagine2 ore

Gli anni sessanta e l'imperdibile 1968

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"Il Futuro Passato" è un libro sul '68 studentesco e giovanile lucchese e sugli anni '60, che lo precedettero e, in qualche modo, lo prepararono. Ricostruito in base ai ricordi e alla memoria soggettiva dell'autore e a riscontri oggettivi di documentazione di archivio, Virginio Monti racconta, ama ascoltare e far raccontare gli amici, i compagni, i coetanei. In questo modo ricostruisce anche una storia degli anni '50 e '60, dal dopoguerra alla contestazione globale. Dalla mancata epurazione dei fascisti nei gangli vitali dello stato alle persecuzioni giudiziarie dei partigiani, dai fenomeni di emigrazione dalla Valle del Serchio alle condizioni di supersfruttamento e sottosalario, dalla rivolta dei Campus americani contro la guerra del Vietnam alla beat generation, dalla contestazione studentesca al risveglio delle lotte operaie. Questo libro ci aiuta a non essere "reduci", ci spinge a studiare, a indagare nelle nostre memorie soggettive, negli archivi, nei documenti, nelle nostre coscienze e nei nostri cuori, ci spinge a realizzare più conoscenza, più cultura, a costruire reti.
LinguaItaliano
Data di uscita12 dic 2018
ISBN9788899735616
Gli anni sessanta e l'imperdibile 1968

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    Gli anni sessanta e l'imperdibile 1968 - Virginio Monti

    9788899735548

    Prefazione di Virginio Giovanni Bertini

    "E subito riprende il viaggio

    come dopo il naufragio

    un superstite lupo di mare".

    Allegria di naufragi, Giuseppe Ungaretti.

    Conobbi per la prima volta Virginio Monti nel 1968, in una di quelle affollate riunioni che gli studenti ribelli di Lucca cominciarono a tenere in quel periodo nella sede di Piazza S. Giovanni, un piano terra molto stretto, incuneato tra una casa antica, con una magnifica terrazza, e una delle tante splendide chiese della nostra città. Alla stanza principale, sempre densa di fumo di sigarette, dotata di un tavolo, di alcune sedie e di un vecchio ciclostile, si accedeva da un ingresso buio, lungo e stretto. Il che dava ancor di più un'aria misteriosa ed inquietante a quel luogo di incontri dove si riunivano quelli di Mao.

    Virginio condivideva, come usava allora, una sedia con una ragazza e ambedue partecipavano ad una riunione delle tante che si tenevano in quei giorni. Barba incolta, capelli neri lunghi, occhi scuri, penetranti, sicuramente alcuni anni più di me. Da quel momento iniziò un percorso comune, fatto di un tempo senza tempo, dove insieme organizzammo scioperi, cortei, occupazioni, assemblee e molto altro. Lui divenne punto di riferimento degli studenti dell'Itis, io del Liceo classico.

    Senza il '68 le nostre sarebbero state vite parallele, ma molto probabilmente, appunto, non si sarebbero incontrate. Erano infatti distanti i territori di nascita e ambientazione, Virginio a Bagni di Lucca, io, nella Piana, a pochi chilometri dal centro della città capoluogo, diverse le condizioni socioeconomiche familiari e il contesto di riferimento adolescenziale, complicate per lui, protette per me, figlio di un medico. Inoltre avrebbe pesato sicuramente la differenza di età e la frequentazione di scuole profondamente diverse quali l'Istituto tecnico industriale e il Liceo classico. C'era però anche qualcosa che ci univa: l'esperienza, fin dalla tenera età, del mondo cattolico e poi la rivolta contro la gabbia ideologica e comportamentale che la Chiesa aveva costruito, la sensibilità e la disponibilità verso gli altri, la voglia di un mondo più giusto, l'antifascismo. E comunque eravamo molto diversi, come carattere, come modo di fare, come interessi e così diversi siamo ancora oggi, non lontani ma diversi, tanto da apprezzarci reciprocamente, anche quando, appunto, non abbiamo un pensiero unico.

    Eravamo molto diversi e pure c'incontrammo. Fu quello che successe alla nostra generazione, perché uno dei miracoli del '68 fu di permettere l'incontro tra diversi. Ragazzi e ragazze, figli di operai e di professionisti, giovani di famiglie bene e giovani di famiglie povere, cattolici e laici, eskimo e cappottino, capelli lunghi e capelli corti, esuberanti e depressi, musicisti e calciatori, minigonne e pantaloni alla moda: un'onda quantica ci sorprese, un processo molecolare ci pervase ed un'unica frequenza cominciò a vibrare, nel mondo, in Italia, anche a Lucca.

    Fu la rivolta contro la guerra del Vietnam, partita dai Campus americani, diventata poi contestazione globale di un sistema di potere, in Europa, esplosa con il Maggio francese, la protesta simbolica estrema di Jan Palach contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, la manifestazione di massa degli studenti a Città del Messico repressa nel sangue. Fu la critica al consumismo, all’autoritarismo, al conformismo, alle diffuse ingiustizie sociali, alla separazione tra istituzioni e società, alla politica come carriera e, soprattutto, nel nostro paese, ad una scuola selettiva, vecchia, chiusa, immobile, burocratica ed autoreferenziale. Un fascino particolare esercitarono le figure di Martin Luther King, Ho Chi Min, Mao-tse-tung e Che Guevara: David contro Golia poteva vincere, il valore della coerenza arrivava a mettere a rischio la propria vita.

    C’era, in quegli anni, un profondo desiderio di cambiare il mondo, gli stili di vita, i rapporti sociali, a cominciare dalla famiglia, il modo di vivere la sessualità, di vestirsi, di fare musica, cinema, pittura. Si avvertiva l’oppressione di istituzioni che ancora erano permeate di culture e modi di operare di stampo fascista o autoritario e lo stesso 25 Aprile era una data che doveva andare oltre la celebrazione per affermare invece un nuovo concetto di democrazia inteso in senso dinamico e progressivo. C'era voglia di libertà, di libertà sessuale, culturale, politica. E c'era voglia di sognare l'immaginazione al potere, di fare la rivoluzione.

    In questo contesto il movimento degli studenti delle scuole medie superiori a Lucca svolse un ruolo di attore protagonista, realizzando una forte originalità di contenuti, di metodi di discussione e di lotta, riuscendo a coinvolgere migliaia di ragazzi e ragazze, per un periodo di alcuni anni, pur nascendo e sviluppandosi in una piccola città di provincia. In quegli anni io e Virginio Monti fummo sulla stessa lunghezza d'onda e svolgemmo, insieme ad altri, un ruolo importante di organizzazione e coordinamento di questo movimento, ben oltre l'attività politica nei rispettivi istituti scolastici. Poi ci siamo persi di vista, io per dieci anni ho vissuto e lavorato a Torino, poi sono rientrato a Lucca e ci siamo ritrovati anche nello stesso sindacato, la Filtea- Cgil, insieme nell'area di minoranza, quella critica e dissidente, io, come dirigente sindacale, più riflessivo, lui, operaio e delegato sindacale, su posizioni, come al solito, molto radicali. I nostri rapporti sono andati avanti in modo altalenante, sempre nel rispetto reciproco di posizioni e di iniziative. Recentemente Virginio mi ha coinvolto nella sua idea di ricordare in qualche modo il '68 anche a Lucca e nella sua pubblicazione. Ed io ho subito risposto positivamente e mi sono messo al lavoro, anzi ci siamo messi al lavoro, coinvolgendo in un'iniziativa più ampia un bel gruppo di persone. Tanto che si può ritenere questa pubblicazione come il primo evento importante, a cui seguiranno altri, di altrettanto valore, che dà il via ad una riflessione approfondita sulle vicende del '68 lucchese.

    Il libro di Monti è un libro che mancava, che riempie un vuoto di storia e di memoria. Io stesso, leggendolo, ho imparato delle cose che non conoscevo: dati e fatti degli anni'60, avvenimenti socio-economici in un territorio spesso marginalizzato, aneddoti e storie dello stesso '68 studentesco lucchese, di cui ero all'oscuro. E' un libro sul '68 studentesco e giovanile lucchese, ma anche e soprattutto sugli anni '60, che lo precedettero e in qualche modo, lo prepararono, ricostruito in base ai ricordi e alla memoria soggettiva dell'autore ma anche a riscontri oggettivi di documentazione di archivio. Il Monti racconta, ama ascoltare e raccontare e far raccontare gli amici, i compagni, i coetanei. In questo modo ricostruisce anche una storia degli anni '50 e '60, dal dopoguerra alla contestazione globale. Dalla mancata epurazione dei fascisti nei gangli vitali dello stato alle persecuzioni giudiziarie dei partigiani, dai fenomeni di emigrazione dalla Valle del Serchio alle condizioni di supersfruttamento e sottosalario, dalla rivolta dei Campus americani contro la guerra del Vietnam alla beat generation, dalla contestazione studentesca al risveglio delle lotte operaie.

    E lo fa in modo semplice ma non semplicistico, anzi approfondendo tematiche importanti come quelle sopra citate, collegando la storia personale ad altre storie, di compagni, di coetanei, di amici, di punti di riferimento della sua vita, come quello del maestro Mario Lena grande seminatore di amore e di giustizia, dimostrando una grande efficacia di descrizione, con molta cura dei particolari, quasi ci volesse trasmettere gli scatti fotografici di un paesaggio o il ritratto di un volto da non dimenticare.

    Le pagine più suggestive sono, a mio avviso, quelle in cui l'autore racconta la sua infanzia e la sua adolescenza: si percepisce la complessità di questo vissuto, la fatica di ripercorrere questo cammino e al tempo stesso quasi la nostalgia per quel contesto e quella comunità. E questo vale anche quando l'autore si sposta da un contesto come quello di Bagni di Lucca a quello di Lucca, da una comunità di scuola elementare a quella dell'Istituto tecnico industriale. Monti è un po' un solitario ma non è un ragazzo solo, anzi è sempre circondato da amici e da ragazze, avverte forse una solitudine esistenziale, caratteristica diffusa a quell'età, ma si inserisce sempre in una comunità in cui riesce a relazionarsi con gli altri e spesso ad emergere come punto di riferimento. Si fa aiutare ma è pronto ad aiutare. C'è apertura, c'è ascolto, c'è disponibilità. Questo spiega la facilità con cui riesce ad entrare in contatto con le persone, a tessere legami umani e politici, a fare semplici amicizie e a costruire storie d'amore con tante ragazze anche molto diverse tra loro, per provenienza sociale e livello culturale. Ha pagato un prezzo iniziale molto forte ma questo l'ha vaccinato, lo ha reso robusto nell'affrontare le difficoltà della vita, spesso è più adulto non solo dei ragazzi più giovani ma anche dei suoi coetanei.

    L'altra caratteristica positiva del libro è quella di riuscire a parlare di sé, a raccontarsi, collegando avvenimenti personali a storie e tematiche locali e nazionali, a volte anche oltre. Così è quando parla dell'Avviamento professionale e del convitto degli Artigianelli in relazione alle nuove tematiche imposte dalla scuola di massa oppure quando i racconti sul tempo libero si intrecciano alla nascita e alla morte di tanti complessi musicali di quella zona della Valle del Serchio e della provincia di Lucca. Oppure quando descrive il risveglio operaio e sindacale, aprendo uno squarcio sulla condizione politica, sindacale e di vita sul mondo del lavoro, in quelli anni, in quelle zone. Lo scrittore inoltre dà molta importanza e dedica molto spazio alle tematiche della rivoluzione sessuale, alla storia dei capelloni di Lucca, della Beat Generation, dalla nascita al loro epilogo. Ed a mio avviso lo fa a ragion veduta, non da esperto esterno, ma da persona coinvolta in prima persona, almeno fino ad un certo punto, nell'evoluzione di tali fenomeni. Tali fenomeni infatti sono stati spesso sottovalutati rispetto alla portata che ebbero nel sollecitare e preparare lo stesso movimento del '68.

    Infine rivestono un fascino particolare le sue avventure amorose, anche se a volte si rivelano ad un certo punto reticenti e ancor di più alcuni episodi della storia del movimento studentesco lucchese dal 1968 al 1970, dai primi scioperi all'occupazione delle scuole, compresa l'Itis, dai grandiosi cortei alla storica assemblea allo stadio comunale, fino all'occupazione del Municipio di Lucca. Qui si intrecciano eventi politici, emozioni, riflessioni, affreschi di vita, di militanza individuale e collettiva. E i volti, quello dei professori Carpi e Foggi in uno dei primi comizi in Piazza Grande, di Guglielmina Bertolucci e Franco Busoni nelle prime assemblee di promozione e sostegno dei Comitati d'azione, di altri laureandi ma ancora universitari con un piede a Pisa o Firenze ed uno a Lucca come Rinaldi, Torre, Pezzino, Ruggeri, Bonifacio, Bertolucci Beppe, che era stato presente alla manifestazione romana di Valle Giulia, Cacini, Chiocca, Carnini, Di Grazia, e di alcune figure particolari per il Monti, quella di Gildo Tognetti, militante Psiup e quella di Marinella, allora militante di Potere Operaio. E ancora i volti dei compagni di lotta della sua scuola e delle altre, volti diversi ma tutti ben impressi nella memoria, come quello di Assuero, Del Rio, Sargenti, Giuntoli, Moroni, Amanti detto Grog. Tanti di questi sono ancora con noi, alcuni ci hanno lasciato, con nostro grande dolore.

    Cronaca e storia si intrecciano con un linguaggio coinvolgente e uno stile scorrevole e pungente.

    L'io narrante parte sempre da sé, dalle sue storie e dalle sue evoluzioni per allargare poi il cerchio delle notizie, delle valutazioni, delle riflessioni, così facendo a volte diventa brano di storia e spezzone di saggio, correndo il rischio che il suo racconto personale perda vigore, che si avverta un'interruzione della trama e un appesantimento nella lettura. Il Monti narratore convive, in questo delicato equilibrio, con il militante politico e con il saggista, anche se, a mio avviso, le parti più affascinanti del libro, quelle più fresche e coinvolgenti, sono le prime. E' in queste pagine che prevale una prosa sincera e popolare, senza schemi rigidi e chiusi. L'autore corre questo rischio perchè vuole fare insieme un romanzo autobiografico ed un romanzo politico, anzi vuole sottolineare anche un messaggio ideologico: i valori del comunismo raccontato da Marx ed anche da Mao Tze Tung, appresi dalla metà degli anni'60 in poi, non mi hanno più abbandonato.

    Questo è in realtà il filo rosso che collega il romanzo alla vita reale di Virginio Monti, il messaggio che vuole trasmettere alle nuove generazioni, lui, come tanti, proletario senza rivoluzione, e la sollecitazione a non rassegnarsi, a continuare a provare a cambiare il mondo. E lui, insieme a molti, è indubbio che ci ha provato, pur con i suoi limiti ed i suoi errori. E individualmente e collettivamente è stato protagonista di quel tentativo di assalto al cielo che oggi non va celebrato né mitizzato ma va ricordato e ricostruito storicamente, per socializzarlo, per trarne insegnamento per l'oggi, per chi ancora vuole tentare di superare gli steccati di un feroce quanto nevrotico capitalismo e realizzare un cambiamento radicale. Come ricorda Marx essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice ma la radice per l'uomo è l'uomo stesso.

    Questo libro ci aiuta a non essere reduci, ci spinge a studiare, a indagare nelle nostre memorie soggettive, negli archivi, nei documenti, nelle nostre coscienze e nei nostri cuori, ci spinge a realizzare più conoscenza, più cultura, a costruire reti e ponti di memorie, a collegarle con l'attualità e con le nuove generazioni, a sognare e inventare isole di nuova umanità. Leggere criticamente il nostro passato prossimo rappresenta un passaggio importante per costruire il nostro presente e il nostro futuro, sia per chi considera esaustiva la cassetta degli attrezzi culturali ed ideologici tradizionali, sia per chi ritiene invece che questa cassetta vada profondamente rinnovata e arricchita. Non siamo di fronte al tramonto delle rivoluzioni, al contrario la drammaticità dei contesti richiederebbe profonde trasformazioni economiche e sociali per abbattere la povertà, garantire vera sovranità ai popoli, dignità e diritti sociali alle persone, per iniziare un viaggio oltre un sistema di democrazia asfittica a cui hanno rubato l'anima ed un capitalismo tanto feroce quanto putrido, capace ormai solo di globalizzare guerre sempre più terribili e disuguaglianze sociali sempre più pesanti e inaccettabili.

    Infine un libro utile per tutti, per la nostra comunità, per gli esperti, per gli studiosi, per le istituzioni, per il mondo del lavoro e della scuola, per le giovani generazioni, che vogliono conoscere la storia recente, approfondirla, valutarla criticamente. Utile anche per coloro che vogliono provare a cambiare questo mondo che ruba alle persone dignità, diritti, futuro, oggi più di ieri. Ribellarsi è giusto, ma non sufficiente, forse occorre ridefinire alcuni paradigmi teorici-economici essenziali e il concetto stesso di rivoluzione, ma questa è un'altra storia.

    Capitolo 1. Gli anni belli con Mario Lena

    A scuola andavo a piedi, non ero l’unico a farlo e non costava fatica. Negli anni '50, finita la scuola elementare tradizionale, dovevamo fare un esamino integrativo per accedere alla prima media. Non lo feci. Non ho voglia di rimettere insieme le ragioni per cui mi privavo di proseguire gli studi. Dopo la quinta elementare vi era allora un’altra possibilità per

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