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Manuale antistress per bancari (& affini). Lavorare in banca, gestire lo stress e vivere felici
Manuale antistress per bancari (& affini). Lavorare in banca, gestire lo stress e vivere felici
Manuale antistress per bancari (& affini). Lavorare in banca, gestire lo stress e vivere felici
E-book225 pagine2 ore

Manuale antistress per bancari (& affini). Lavorare in banca, gestire lo stress e vivere felici

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Info su questo ebook

Un libro per bancari, ma non solo. Contiene suggerimenti utili ad ogni lavoratore dipendente. Argomenti come stress, rapporto con clienti, superiori e colleghi; gestione ottimale del tempo, delle priorità, delle riunioni; l’importanza del riposo, del sorriso, dell’equilibrio con la vita familiare; come non lasciarsi sopraffare dall’ansia del budget, dei trasferimenti, dei mille adempimenti quotidiani. Trentanove capitoli orientati alla positività, affinché sia possibile gestire in maniera efficiente le giornate lavorative, ridurre gli effetti negativi dello stress e vivere serenamente.
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2020
ISBN9788831697743
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    Anteprima del libro

    Manuale antistress per bancari (& affini). Lavorare in banca, gestire lo stress e vivere felici - Giuseppe Cerbone

    dell’autore.

    PARTE PRIMA

    1. PRESENTAZIONE

    Un libro di consigli per bancari. Elaborati da un bancario. Non da uno psicologo, uno scienziato, un professore. Un bancario come tutti voi, con la sua storia, la sua carriera, i suoi dubbi e le sue aspettative. C'era davvero bisogno di un libro così? Beh, forse no. O forse sì. Leggendo queste pagine, probabilmente vi renderete conto che molte attività sono facilissime da attuare, e che bisognava semplicemente pensarci. Oppure, che praticate già alcune delle soluzioni proposte, a volte con successo, a volte meno. Eppure, confrontarsi con un vostro collega, che ha avuto il tempo e la pazienza di riflettere sull'argomento, a mio avviso non può che fare bene.

    Intendiamoci, eh. Non è che leggendo questo libro riuscirete improvvisamente a vivere leggiadri come una farfalla in primavera. Magari. Ma di certo, terminando la lettura dell'ultima pagina, avrete qualche informazione in più, forse anche qualche strumento utile per abbracciare la giornata di lavoro con maggiore serenità. Troverete qualche suggerimento, molti esempi dettati da esperienze personali. E persino qualche banalità, probabilmente. Ma anche gli aspetti più ovvi delle nostre giornate meritano, ogni tanto, un momento di riflessione.

    Per completare questo lavoro ho letto molto, ho provato a documentarmi adeguatamente. Ho integrato le mie sensazioni e le mie congetture con gli studi di chi approccia queste materie con professionalità ed anni di studi. Per questo motivo, al di là degli accenni agli argomenti più complessi, troverete molte citazioni e rimandi ad approfondimenti a mio avviso assolutamente necessari. Forse peccherò un po’ di arroganza, ma vorrei che consideraste questo volumetto come un semplice, primo passo verso la felicità.

    Quindi, si avverte davvero il bisogno di qualche consiglio per gestire al meglio lo stress? Secondo me, assolutamente sì. Sono chiaramente in contatto con moltissimi colleghi, e ad eccezione di una nicchia di nullafacenti professionisti, la corsa ai mille adempimenti quotidiani porta con sé nervosismo e difficoltà nella realizzazione degli obiettivi. E non è infrequente che queste negatività vengano portate a casa, in famiglia. Accumulando ulteriore stress.

    Siamo tutti mediamente demotivati, critici, polemici. Tendiamo inevitabilmente a vedere il lato negativo delle cose anche quando la vicenda non è poi così terribile. Gli istituti di credito non hanno ancora capito (o, più probabilmente, fingono di non aver capito) che il personale è il loro bene più prezioso, e che le motivazioni e l’entusiasmo dei dipendenti sono il fulcro attorno a cui gira tutto il business. Anzi, sembra proprio che le banche, negli ultimi tempi, lavorino sistematicamente per comprimere le motivazioni del proprio personale, con scelte e richieste apparentemente sempre più incomprensibili e lontane dalle più elementari logiche.

    Proveremo assieme, con un po’ di attenzione e di pazienza, a gestire gli adempimenti quotidiani con maggiore efficienza e serenità. Cercheremo di essere più allegri, più concentrati, più produttivi. E, inevitabilmente, più felici.

    2. ISTRUZIONI PER L’USO

    Come consultare questo volumetto? Beh, un po’ come preferite. Potreste semplicemente leggerlo dall’inizio alla fine, come da tradizione per ogni libro. Oppure dare una sbirciata all’indice in fondo al volume, e sfogliare direttamente il capitolo relativo all’argomento che più vi interessa al momento. Oppure, ancora, utilizzare il libro per correggere la zoppia del vostro tavolino. Non mi offendo, tranquilli. Sarebbe comunque di grande utilità.

    Non avendo una grandissima esperienza in materia di editing letterario, e non ricorrendo a professionisti per la redazione di questo libricino, ho approntato la scaletta secondo un criterio che ritenevo piuttosto funzionale. Un po’ di presentazione, qualche pagina sul giusto approccio da adottare. E poi i fattori che contribuiscono ad elevare lo stress. Un elenco che pensavo potesse esaurirsi in pochi capitoli, ma che si allungava man mano che scrivevo, mi confrontavo con i colleghi, vivevo il mio lavoro. L’ultima parte, invece, è più orientata alle possibili soluzioni, ai potenziali accorgimenti per provare a gestire al meglio lo stress che inevitabilmente impatta in maniera rilevante sulle nostre vite.

    Gli argomenti, le soluzioni, i fattori di stress si intrecciano in tutto il libro. Troverete concetti espressi in più punti, magari sotto sfaccettature lievemente differenti o perché si adattano a diversi aspetti del nostro lavoro. In qualsiasi momento, sentitevi liberi di saltare i capitoli, di andare alla rinfusa, o di sfogliarlo all’indietro.

    Questo lavoro è nato dalla fusione di una serie di appunti, scritti in fretta sul taccuino. Pochi minuti di riflessione ogni giorno, al mattino, in attesa del treno. Fra gli sguardi attoniti degli altri passeggeri, illuminati dagli schermi dei loro cellulari, che scorgevano quello strano tizio seduto sulla panchina a scribacchiare sul block notes. La difficoltà principale, in sede di editing, è stata proprio la necessità di unire le pagine di tre taccuini, e provare a dare una forma organica a mesi di pensieri e riflessioni.

    Molti argomenti, inoltre, meriterebbero di essere approfonditi con letture specifiche. Argomenti come la gestione del tempo e delle priorità, il benessere psico-fisico, l’importanza del riposo e del sorriso, la preparazione e gestione di una riunione, non si esauriscono certo nelle poche pagine di questo libro. Aiutatevi con la bibliografia per approfondire argomenti presenti in articoli o libri già selezionati, oppure cercate nella vasta letteratura in merito.

    Insomma, nel preparare questo lavoro ho pensato a non impegnare il lettore in maniera sistematica. Abbiamo poco tempo a disposizione, e gli argomenti non sempre sono imperniati su allegria e ilarità. Abbiate questo volumetto a portata di mano, e sfogliatelo all’occorrenza. Prima o dopo i pasti, non importa.

    3. IL BANCARIO DI OGGI

    Il momento attuale del sistema bancario non è certo dei più felici. Si assiste ad una progressiva disintermediazione, e quindi ad una riduzione cronica dei clienti. Di contro, per mantenere invariata la redditività, gli istituti chiedono uno sforzo supplementare ai dipendenti. Supplementare soprattutto rispetto al mondo bancario di 20 anni fa, in tempi di vacche grasse, con ampie forbici di tassi e banche commerciali al centro di ogni processo economico. Allora sì che il bancario veniva rispettato. Ma questo è un altro discorso.

    Dicevamo, quindi, che ai dipendenti è richiesta un'attività molto più intensa ed orientata alla redditività. Se non altro, per sostenere il grande impatto del costo del personale. Diciamoci la verità, anche se sindacalmente è una bestemmia. Noi bancari siamo ormai troppi, in relazione al lavoro da svolgere. La realtà è che c'è una enorme sperequazione dei compiti, che porta ad accumulare lavoro in maniera spesso disordinata. Per ogni persona che lavora in filiale, ce n'è una moltitudine che ordina, organizza, monitora, indice riunioni e videoconferenze. Ma la persona che produce, nel concreto, è sempre una. Gli altri si prendono i meriti. Molti dei colleghi che coordinano, spesso fuori ruolo o fuori contesto, hanno la chiara esigenza di apparire per evidenziare la propria necessità nell'organigramma. E quindi nascono progetti, report, mail, riunioni, eccetera. Ed è sempre la stessa persona in filiale che deve comprendere il progetto, compilare il report, rispondere alle mail, partecipare alle riunioni, eccetera. E, in più, deve lavorare.

    Parallelamente, tutte le figure intermedie che indicono riunioni e monitorano, a loro volta devono fornire dati e rendere conto ai loro superiori, e così via fino ai vertici aziendali. Accade in moltissime aziende, anche al di là del mondo bancario. Ormai questo processo di reportistica e monitoraggio non è da affrontare solo ex post, per valutare i risultati raggiunti, ed eventualmente commentare discordanze. No, tutt'altro. Gran parte dell'attenzione è invece rivolta all'attività di programmazione e previsione. Così, all'inizio di ogni mese, bisogna prevedere l'attività e il risultato del periodo considerato. È un lavoro importante, pianificare con attenzione le attività da mettere in piedi è la chiave per raggiungere correttamente gli obiettivi ed apportare eventuali correttivi. Questi dati, però, spesso sono elaborati frettolosamente per la smania di fornire un numero, schiacciati dai tanti problemi sulla scrivania. E diventano un'arma a doppio taglio se alla fine del mese il risultato è inferiore alla previsione. Bisogna giustificare l'insuccesso. E qui si assiste all’ increscioso spettacolo di esperti responsabili di filiali, che si arrampicano sugli specchi per elaborare inattendibili teorie cospiratrici che hanno minato il risultato finale, da epidemie di colera nel personale a tassi stracciati applicati dalla minuscola banca popolare che ha aperto la settimana precedente nella strada accanto.

    D'altra parte, se le previsioni venissero elaborate con coscienza, alla luce delle assenze del personale, di eventuali problematiche in essere, ecc., e generassero un dato previsionale inferiore all'obiettivo già programmato, vi dareste la zappa sui piedi da soli. Non potete immaginare di lavorare per un mese intero tendendo ad un obiettivo inferiore. In caso di difficoltà oggettive bisogna moltiplicare gli sforzi. Qual è il senso di tutto questo? Responsabilizzare oltremodo i coordinatori dei gruppi di lavoro.

    In molte aziende bancarie, soprattutto fino a qualche anno fa, venivano periodicamente organizzati dei confronti fra titolari di filiali e direzione, per discutere degli obiettivi e dei risultati. Un titolare contro un gruppo di dirigenti. Solo, contro tutti. L'incontro era volutamente pianificato con toni piuttosto duri, ai limiti dell’aggressività. Doveva essere lo spauracchio destinato a spingere tutti a dare il massimo per evitare spiacevoli umiliazioni. Tanto è vero che spesso questi appuntamenti venivano largamente preavvisati, in modo da costituire una spada di Damocle per tutto il mese.

    Negli ultimi giorni prima del fatidico incontro i titolari di filiale si chiudevano nel loro ufficio per imparare a memoria i numeri del loro conto economico, adottare strategie difensive per giustificare i risultati al di sotto delle attese, scegliere le parole giuste per evidenziare le attività con migliori performances. E lo stress, chiaramente, si innalzava. E, parallelamente, il lavoro si accumulava, perché durante la fase di ritiro pre-riunione la banca di certo non si fermava. Anzi, sembrava che tutti i problemi più articolati si concentrassero proprio in quel periodo. E, chiaramente, prima o poi andavano affrontati.

    Insomma, nonostante ancora oggi il bancario sia considerato un privilegiato, che con pochissimi sforzi, dietro una scrivania, porta a casa una quantità indefinita di stipendi sostanziosi, sappiamo bene che la realtà è ben altra. Ci troviamo a gestire, spesso in termini conflittuali, una platea di clienti, colleghi, superiori. Per non parlare dei vicini di casa della filiale, soprattutto se i locali sono inseriti in un contesto condominiale. E poi il personale di pulizia, le guardie, il bancomat, le stampanti che si inceppano, le casse che si bloccano, i computer che non funzionano, e via dicendo; sì, forse un libro che ci aiuti a gestire lo stress potrebbe davvero fare al caso nostro. Io non sono riuscito a trovarne uno adatto alla situazione dei bancari. E quindi ho deciso di scriverlo. Ma potrebbe scriverlo ognuno di voi.

    4. UN PO’ DI ME

    Affinché sia possibile interagire al meglio, immedesimarsi nelle mie considerazioni ed apportare eventuali correzioni ai miei pensieri, è innanzitutto doveroso che io mi presenti. O meglio, che presenti sinteticamente la mia avventura bancaria.

    Sono stato assunto nel 1997, napoletano appena ventenne. Prima sede di lavoro, Paternò. Popolosa ed allora a me sconosciuta cittadina alle porte di Catania, vera palestra bancaria. Per la prima volta vivevo lontano da casa. Difficoltà con la lingua (il paternese stretto non è alla portata di tutti i forestieri) superata nei primi mesi, a Paternò ho mosso i primi passi alla cassa, in un territorio e un periodo in cui i saloni erano sempre affollati. Le librette, come venivano chiamati allora i depositi a risparmio, antesignani delle moderne carte prepagate, erano il motore dell’economia familiare. Ho preso confidenza con i fruttati, gli interessi, che a quei tempi potevano davvero essere d’aiuto, alternativa alla ricezione di un affitto di appartamento. Ho interiorizzato il concetto di sparingi, i dispari. Cioè il resto che spesso il cliente pretendeva lasciando intatta la somma tonda. Sparingi caratterizzati da assetto estremamente variabile. Ad esempio, per una cifra di 1.764.000 lire, gli sparingi potevano essere le 64.000 lire, oppure 264.000 lire che avanzavano dalla cifra tonda di 1.500.000. Ma riuscii ad affinare anche questa tecnica.

    Dopo qualche tempo di cassa, bancomat e trasmissione assegni, cominciai ad occuparmi di contabilità, assumendo saltuariamente il ruolo di cassa di supporto, in momenti di particolare flussi di clientela. Poi passai a seguire la tesoreria, gestendo alcune scuole, ma soprattutto l’acquedotto comunale, che impegnava più del 90% del tempo dedicato al settore. Nel frattempo mi avvicinai alle piccole esigenze delle famiglie (strumenti di pagamento, conti, piccoli investimenti), per poi passare alla consulenza privati a tutti gli effetti.

    Lavorando in un ufficio assieme al consulente delle aziende, cominciai ad interessarmi anche di questo settore. Dopo quasi tre anni di lavoro frenetico a Paternò, fui scelto come componente del team che avrebbe inaugurato il laboratorio fidi di Ragusa. In tre mesi ebbi l’occasione di vedere bilanci e documenti di aziende davvero importanti. Solo per tre mesi, però. Poi lo Stato chiamò. Tornai a Napoli per il servizio civile. Trascorsi quasi tutto l’anno 2000 lontano dalla banca, insegnando le basi di informatica ai ragazzini in difficoltà dei territori a nord della città. Scampia, Miano, Secondigliano. Fu un’esperienza davvero formativa. Poi, a novembre, rientrai al lavoro. Per una serie di coincidenze, fui assegnato a Vittoria, in provincia di Ragusa. Territorio non facile da raggiungere, specie per un napoletano. Ma ricoprivo la carica di vicedirettore, ed era oggettivamente una buona opportunità per un ventiquattrenne.

    Essere catapultato, dopo quasi un anno di inattività, in una landa remota e con incarichi di responsabilità fu una sfida impegnativa. Lavorai davvero tanto per recuperare il gap operativo che avevo ormai accumulato, e soprattutto per essere all’altezza dei compiti affidati. Vivevo da solo, lavoravo almeno dieci ore al giorno, ed ero lontanissimo dalla mia famiglia. L’aeroporto più vicino distava 100km, mediamente un’ora e mezzo di strada. Non fu un periodo facile, soprattutto dal punto di vista personale. Ma sviluppai, più che a Paternò, capacità relazionali e decisionali. Avevo aggiunto ulteriori tasselli all’esperienza di quel ragazzo timido che sbarcò in Sicilia a vent’anni.

    Nel 2002, a ventisei anni, mi sposai. Presi casa a Palermo, la città di mia moglie. Lavoravo ancora a Vittoria, ed il fine settimana tornavo a Palermo. Qualche volta anche il mercoledì pomeriggio, per ritornare il giorno dopo, partendo alle cinque del mattino. Sì, perché la tratta Palermo-Vittoria si copriva in quasi tre ore, attraversando

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