Vi raccontiamo la psicologia
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Info su questo ebook
Quando un problema psicologico diventa invalidante per chi lo vive la figura dello psicologo è fondamentale: il suo supporto può aiutare a gestire le situazioni, a creare strategie e canali di comprensione ed infine portare alla risoluzione del problema.
Matteo Marini e Luisa Fossati, esperti psicoterapeuti, con il testo Vi raccontiamo la psicologia in modo esauriente e chiaro affrontano l’argomento con competenza, introducendo il lettore, anche quello più digiuno della materia, nei meandri della psiche umana.
La loro esperienza, acquisita con una lunga pratica, li ha portati a scrivere questo testo offrendo uno sguardo d’insieme dei principali disagi che affliggono la società moderna, il tutto accompagnato da una buona dose di ironia, tanto per sottolineare che una certa leggerezza è sempre utile per affrontare le tempeste che ci assalgono.
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Anteprima del libro
Vi raccontiamo la psicologia - Marini Matteo
Matteo Marini | Luisa Fossati
Vi raccontiamo
la psicologia
© 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-4149-5
I edizione luglio 2021
Finito di stampare nel mese di luglio 2021
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Vi raccontiamo la psicologia
L’odio ereditario (ad esempio quello che i tuoi genitori possono averti
instillato) non è solo stupido, ma anche distruttivo: perchè lasciare
che l’odio sia la forza che ti fa andare avanti? A me questo sembra
davvero maledettamente stupido."
La sottile linea bianca – Lemmy Kilmister
prefazione
Grazie alla loro spiccata ironia, in modo fluido gli autori, sono riusciti nell’intento di fornire una panoramica dei maggiori disagi psicologici della società contemporanea, mettendo in luce esattamente la concatenazione e le relazioni causa-effetto che si attuano dentro ognuno di noi con dinamiche prettamente differenti.
Negli ultimi decenni abbiamo visto come i miti della collettività e la visione ancora primitiva della figura dello psicologo influenzano la considerazione di tale scienza ancora definita spesso inesatta e con degli obiettivi velleitari.
Questo è dovuto da un lato alla concezione comune di malattia mentale
, che viene associata ai pazienti in terapia senza che venga presa in oggetto la labilità dei fattori personali e la diversità di reazione in un determinato momento di vita. Gli ultimi sviluppi ci hanno finalmente fatto vedere come lo psicologo può accompagnare le reazioni e i processi delle persone in molti campi.
Nelle pagine di questo libro viene fatta luce in modo chiaro ed efficace la difficile relazione che porta a rimanere aggrappati ad un’emozione o ad un pensiero. Questo è il motivo alla base dell’incapacità di lasciarle andare
completamente rimanendo intrappolati ad un rimuginio continuo che porta alla nascita di ulteriori difficoltà. Spesso è difficile lasciar andare un pensiero che provoca malessere, ma ancor più deleterio è continuare a restare in stallo tra rimpianto del passato e preoccupazione per il futuro, dimenticandosi di vivere il presente come unica arma di cambiamento che possediamo. Il lavoro del terapeuta è proprio quello di impedire che tale meccanismo si inneschi.
Il libro vede protagonista anche la nascita di new addictions che recepiscono gradi di peggioramento con l’avvento delle nuove forme di comunicazione. Esse diventano problematiche dal momento che definiscono status e standard alla quale l’individuo sente la necessità di uniformarsi per essere socialmente accettato.
Queste forme di dipendenza, che generano l’insorgenza di nuove forme di psicopatologie, sono per lo più causate dalla noia della quotidianità e dalla mancanza di stimoli, di cui oggi siamo protagonisti diretti o indiretti. La noncuranza con cui vengono trattate determinate problematiche porta ad una visione semplicistica e poco accurata delle difficoltà che ci troviamo davanti.
La società non ammette ancora che la figura dello psicoterapeuta possa essere una forma di sostegno, stigmatizzando chi invece, ne trova beneficio. Ciò ha bisogno di essere scardinato dal pensiero comune e rinnovato con la formazione e l’informazione per evitare di avere paura del diverso
.
Colpisce la passione con cui questo libro racconta i meccanismi della mente umana, con un linguaggio limpido e diretto riesce a parlare di psicologia senza troppi tecnicismi risultando accessibile a tutti. Allo stesso tempo un velo di umorismo rende il libro piacevole e scorrevole.
Viene messa in rilievo anche la problematica del burnout causato dal possibile effetto di coinvolgimento, ponendo l’accento sulla prevenzione e sulle strategie per proteggere non solo il paziente ma anche il terapeuta stesso.
Inoltre, viene fatto un accenno su alcune terapie scientificamente studiate con appositi test clinici che hanno generato risultati positivi ed efficaci nella gestione dello stato mentale nella quale si possono trovare le persone dopo un lutto o un qualsiasi evento traumatico. In questo caso specifico è utile la terapia dell’
emdr
per i disturbi post-traumatici, in modo da affrontare le cause che possono generare il sintomo più che sul sintomo stesso.
Come illustrato nel testo sono focali anche i fattori legati all’ansia e allo stress che si alimentano a vicenda generando nella maggior parte di noi malessere interiore arrivando anche ad avere difficoltà nello svolgimento di attività nella vita di tutti i giorni.
Il punto cardine è l’informazione che si riesce ad estrapolare dal testo, sia per chi è alle prime armi che per chi punta sulla leggerezza con cui il libro riesce ad essere esaustivo e coinvolgente, analizzando sprazzi di vita quotidiana partendo da difficoltà emotive, fobie e compulsioni a cui nell’arco della vita tutti veniamo sottoposti in maniera più o meno accentuata.
Gli autori non puntano a voler sminuir la sofferenza del singolo, perché essa, oltre ad avere una soggettività, trasmette al collettivo quanto sia complesso superare il pregiudizio per normalizzare questi falsi miti e smontarli ad uno ad uno, sfatandoli con lo scopo di far sentir meno sola la persona, l’amico o il parente che ne soffre procedendo al passo con le generazioni in una società che muta nel tempo.
Comm. Dott.ssa Isabel Fernandez
Presidente
emdr
Italia – Presidente
emdr
Europe Association
Introduzione
Ciascuna professione (o quasi) ritengo abbia delle aree oscure.
Sono uno psicologo e psicoterapeuta, e la mia professione ha un mucchio di queste "aree oscure".
Molti di voi penseranno che mi stia riferendo a situazioni psicologicamente drammatiche: psicopatologie impenetrabili, drammi esistenziali, comportamenti incredibilmente bizzarri – eh sì – sicuramente è così! Capita di vedere situazioni drammatiche e gravi. Ma in questo momento mi voglio spostare a situazioni decisamente più leggere (ma non per questo meno complicate da gestire).
Il momento oscuro di ogni psicologo è quello nel quale (mentre sei davanti ad una birra) un amico di un amico viene da te dicendoti: "mi psicanalizzi?". In quel momento vorresti che il contenuto del boccale si trasferisse sui capelli del malcapitato. In quel momento ti senti inerme in quanto non c’è un’unica risposta per descrivere quanto tale richiesta sia sbagliata! Come puoi mettere all’interno di una singola frase che:
essere psicologo non significa che ami farlo in quel momento;
essere psicologo o psicoterapeuta non è sinonimo di essere psicanalista;
non chiederesti mai ad un ginecologo di farti una visita in qualsiasi momento, sono forse io più sfigato del tuo ginecologo? (o andrologo, a seconda dei casi);
il setting non è adeguato;
birra e psicoterapia non sono compatibili (o c’è l’uno o c’è l’altro!);
la terapia richiede tempo;
la terapia richiede soldi;
la psicologia non è un giochino che si fa al pub (psicoterapia o gioco della verità?
);
per fare quella professione sono stati investiti anni ed anni di studi e sacrifici! Sono stati fatti infiniti corsi di aggiornamento, tirocini, stage ed ore ed ore ed ore ed ore in studio… non hai letto semplicemente la sezione "domande piccantelle della rivista
Cioè";
i luoghi comuni sullo psicologo che stai trasferendo in questa domanda sono più fake degli avvistamenti dello Jeti;
essere psicologo non ti consente di ravanare nell’inconscio della gente quando e dove vuoi;
e potrei andare avanti!
Questo volume non ha quindi l’obiettivo di rendere banale la psicologia, riteniamo con la coautrice anzi di poter raggiungere l’obiettivo opposto. Una buona divulgazione non tende a banalizzare un contenuto, lo rende anzi (nei limiti del possibile) fruibile in modo corretto a chi entra in contatto con esso. Ciascun psicologo ha sentito bestialità del tipo:
"sono anche io mezzo psicologo" (peccato che l’altra metà sia coglione, pensa lo psicologo di turno). Saper ascoltare il prossimo fa di voi degli ottimi amici o dei confidenti, non degli psicologi!
"non credo nella psicologia (manco fosse una religione…) ma se ti rompi un piede cosa dici all’ortopedico?
non credo all’ortopedia?"
"Non vado dallo psicologo – mica sono pazzo" un grande classico che accomuna lo psicologo al medico dei pazzi. Retaggio tipicamente italiano che parte dal principio che chi mette in discussione se stesso sia di fuori come un balcone. Personalmente trovo molti più pazzi fuori dal mio studio che dentro di esso.
"Non vado dallo psicologo perché conosco benissimo il mio problema. Immaginiamoci di avere un forte dolore all’addome – una volta al pronto soccorso il medico di turno ci riferisce:
Sig. Rossi, lei ha una brutta peritonite e poi
adesso può andare a casa". Vi sentireste
ok
solo perché conoscete il problema? Direi di no. Molte persone che vanno dallo psicologo hanno idea della problematica di base, ma la conoscenza del problema non è sinonimo di cura! I terremotati sanno benissimo del loro disturbo post traumatico – Ma ciò non lo rende meno traumatico!
"Sei uno psicologo? Quindi puoi leggere nella mia mente?" – questa è la meglio, e non saprei neanche commentarla tanto è assurda.
… Ed infine il grande classico da pizzeria: mentre sei alle prese con una salsiccia e funghi, la persona dall’altra parte del tavolo ti chiede: "Devo troppo raccontarti questo sogno: c’era un gruppo di puffi vestiti da Raffaella Carrà che ballavano la Lambada, cosa significa?". L’unica risposta plausibile sarebbe quella di indurre il soggetto in questione a ridurre le serate a base di peperonata e cannabis.
Personalmente sono un grande ammiratore del celebre presentatore Piero Angela. Ma ciò non fa di me uno scienziato. Adoro anche lo storico Alessandro Barbero, ma ciò non fa di me uno storico. Questo libro non farà di voi degli psicologi (non potrete leggere nella mente delle persone!) ma potrete far pulizia di un sacco di cazzate che vi sono state raccontate sulla psicologia e potrete avere un’idea di cosa essa sia.
Avere alcuni rudimenti di psicologia può avere una serie di vantaggi nella vita di tutti giorni… e sicuramente ci può aiutare a mettere in crisi una serie di schemi disfunzionali che rendono la nostra vita un’avventura meno avvincente. Ciò accade tramite la conoscenza di una serie di sintomi e situazioni che noi mammiferi umani tendiamo a far nostri quando le cose non funzionano bene nella nostra testa.
Riprendendo una celebre frase: "L’ignoranza porta il caos, non la conoscenza del bellissimo film
Lucy". Credo che sia importante fare ordine e dare un giusto nome a ciò che vediamo in noi stessi.
Purtroppo, un sacco di visponi non qualificati nel campo della psicologia forniscono risposte semplici a problemi complessi, questo fenomeno lo vedo con estrema frequenza. Basta andare su internet per vedere che sfacelo c’è. L’effetto è un po’ quello di usare i rimedi della nonna
per guarire da ipotetiche patologie. La conseguenza? Complicazioni a non finire e casini che ci allontanano a grandi passi da una potenziale guarigione. Mia nonna mi faceva lavare i capelli con l’olio per rafforzarli (visto che li avevo lunghi e mi stavo stempiando). Il risultato era che sembravo (per interminabili giorni!) uscito da un tubetto di vasellina – è ciò nonostante sono pelato!
Detto questo chiariamoci bene: ciò non significa che il libro in questione renderà tutti capaci di fare diagnosi, interpretare sogni, leggere nel pensiero o avere i superpoteri di noi psicologi (potremmo tutti entrare negli Avengers). Non è questo lo scopo e sicuramente un singolo volume letto da profani non può assolvere a questo compito.
Mettere tuttavia un po’ di ordine e dare un nome ed un cognome a quei fenomeni psicologici che vediamo in noi stessi (e nelle altre persone) però può tornare molto utile.
Diciamo che con tutta l’umiltà del mondo l’obiettivo di questo volume è quello di indurvi a fare le domande giuste, e darvi anche qualche risposta!
Faccio una piccola premessa, ma di un’importanza estrema. Il tono del libro sarà ironico, ma ciò non significa mancare di rispetto a chi soffre e combatte quotidianamente con una psicopatologia.
Ironia non significa irriverenza.
Parte 1
Parlando di psicologia
Le emozioni: cosa sono
e a cosa servono
Luisa Fossati
Hello, I love you – The Doors
Hello, I love you
Won’t you tell me your name?
Apriamo questo libro con alcuni capitoli guida
che saranno utili per comprendere meglio quelli più specifici relativi ai disturbi psicologici. Questo capitolo sulle emozioni è importante perché racconta del funzionamento emotivo, aspetto psicologico che riguarda tutta la sfera del benessere e del malessere psicologico.
Visitando lo zoo di Londra, Darwin si fermò davanti alla teca contenente un esemplare di Bitis arietas, la vipera soffiante, un serpente letale. Provò ad appoggiare il naso sullo spesso contenitore di vetro con l’obiettivo di provare a non fare un passo indietro se il serpente si fosse avventato verso di lui. Non solo non ci riuscì quella volta ma non vi riuscì mai. Ogni volta che il serpente si avventava, lui indietreggiava di scatto, seppure non avesse nulla da temere. Aveva paura nonostante la sua mente razionale
sapesse bene che il pericolo era inesistente.
Questo aneddoto è uno di quelli che Darwin riporta per mettere in luce quanto la spinta delle emozioni primarie sia decisamente più forte di quella della volontà razionale.
Perché questo avviene? Semplice, perché le emozioni sono arrivate prima della ragione, sono innate e si attivano automaticamente perché hanno un preciso obiettivo: quello di salvarci la vita.
Le emozioni recepiscono informazioni dal contesto in cui ci troviamo e orientano il nostro comportamento verso l’autoprotezione. Pensate a cosa accadrebbe se il Covid-19 non ci facesse affatto paura: non ci saremmo lavati le mani, avremmo continuato tutti a darci baci e abbracci e ce ne saremmo andati tranquillamente in giro senza tenere le distanze di sicurezza.
Ma cosa sono le emozioni? Sono risorse adattive fondamentali che rendono l’essere umano non solo capace di sopravvivere ma anche di sviluppare un’esistenza più efficace e soddisfacente (Elliot, Watson, Goldman, Greenberg, 2006).
Per molti anni in Europa ha prevalso una visione della mente divisa: ragione vs emozione dove l’emozione veniva vista come una sorta di interferenza alla ragione. Ma perché nella storia c’è stata tutta questa diffidenza (e a volte anche ostilità) per ciò che ruota intorno all’emozione? Per due motivi sostanziali:
perché le emozioni sono difficilmente controllabili. Darwin lo sapeva bene. La ragione non ha mai ottenuto particolari successi nel tenere a bada
le emozioni; e ciò che non è controllabile, non è prevedibile… e ciò che non è prevedibile spaventa o quantomeno viene percepito come un problema;
perché inviano messaggi scomodi
, dove per scomodi si intende in controtendenza rispetto agli imperativi morali dei vari periodi storici o anche solo della famiglia. Tanto per fare un esempio, prendiamo i sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia. Se ci pensiamo bene sono parecchi quelli che hanno a che fare con la sfera emotiva. Molto spesso le spinte emotive remano nella direzione opposta rispetto ai principi familiari o sociali che vengono spesso insegnati fin da giovani. Facciamo l’esempio di un’emozione che viaggia in controtendenza rispetto a ciò che è stato insegnato; abbiamo la mente piena di insegnamenti del tipo: non ci si deve mai arrabbiare
oppure i maschietti non piangono
. Messaggi che scoraggiano l’espressione spontanea delle emozioni… che vengono etichettate inopportune o sbagliate.
Non ascoltare le emozioni, non è una grandissima idea. Anzitutto perché la parte del cervello che le maneggia
(il sistema limbico) esiste da tanto tempo prima della sezione cognitiva (legata alla ragione). Le emozioni, come diceva un mio paziente, sono come una specie di attrici isteriche che fin tanto che non dedichi loro attenzioni… urlano!
Non voglio però rovinarvi la sorpresa. Andiamo per gradi. Intanto vediamo quali sono le emozioni, e cosa fanno.
Le emozioni influenzano il pensiero
Le emozioni influenzano il nostro modo di pensare, solo che non ce ne accorgiamo. A volte e si ha la percezione di avere chiarissima la situazione quando invece… mah, mica tanto.
Pensate a un momento nel quale avete sperimentato grande tristezza. Quali erano i vostri pensieri in quel momento? Probabilmente frasi del tipo: nulla sarà mai più come prima
. Poi, passato il picco di tristezza ci accorgiamo di avere più risorse di quelle che in quel momento immaginavamo di avere; magari quell’evento triste ha davvero impattato sulla nostra vita ma non nel modo così definitivo che inizialmente credevamo.
La