Logos e pathos
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Anteprima del libro
Logos e pathos - Renato Barbruni
Renato Barbruni
Logos e pathos
LOGOS E PATHOS
Il senso di fronte la sofferenza
Renato Barbruni
Edizione aprile 2015
ISBN 9786050360172
Autopubblicato con Narcissus.me
www.narcissus.me
___________________________________________________
Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl
___________________________________________________
© Copyright dell’Autore
Seconda ristampa 2015 a cura
Studio Associato di Psicologia e Psicoterapia
Dott. Renato Barbruni e
Dott.ssa Irene Barbruni
Via Pietro Agosti, 225
Sanremo
Tel. 0184 500215 – 3207774545
www.barbruni.it
renato@barbruni.it
ISBN: 9786050360172
This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)
by Simplicissimus Book Farm
Indice
INTRODUZIONE
PRELUDIO
PREMESSA
L’ecologia del dolore
La sofferenza e la ricerca del senso
Lo struggimento dell’Anima
Intermezzo
NEUTRALITA’ DELLA SOFFERENZA E SPECIFICITA’ DELLA PERSONA
Parte prima
DA PROMETEO A NARCISO
ETICA DELLA MEMORIA
Seconda parte
LA RI-ANIMAZIONE DELL’UOMO
Conclusioni
POSTLUDIO
L’autore
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Logos e pathos. Il discorso, quale ordine coerente della vita intrecciato intorno al significato da porre di fronte alla sofferenza: questo è il tema che ispira il presente lavoro. Il senso della vita, la logica che la muove e la interpreta, subisce un contraccolpo devastante di fronte alla sofferenza. E’ nel soffrire che si misura la coesione della logica attraverso la quale impostiamo la nostra esistenza, una logica che fissa le coordinate della coscienza. La sofferenza riesce a mettere sotto scacco la teoria del mondo in cui credevamo, e a cui affidavamo le nostre scelte più importanti. Quando la sofferenza incontra la personalità, può causare un tale terremoto da devastare l’intero ordine della vita. Il soffrire di per se stesso, per l’uomo, non è mai neutro, è sempre accompagnato da un suo significato. Non vi è agire dell’uomo in cui egli non cerchi un significato e se non riesce a trovarlo la sofferenza dilaga ed è devastante.
Sono queste le linee attraverso le quali si muove il lavoro che qui presento. Frutto di venticinque anni di attività come psicoterapeuta, questo scritto vuole introdurre il lettore all’interno delle problematiche che mi hanno accompagnato in questi anni. Dico ciò con molta umiltà anche se mi rendo conto che già il fatto che io abbia avuto in mente di scrivere queste pagine dimostra la mia presunzione: quella di presumere di sapere ciò che vado scrivendo. Semplicemente, qui si troveranno le tracce di quel ragionare che ha animato negli anni la mia sensibilità di ricercatore. Ciò che qui viene detto non vuole essere una rappresentazione oggettiva e conclusiva, desidero solo riportare quelle che sento essere importanti riflessioni a cui sono giunto, e che si inscrivono all’interno di una visone spiritualista della vita. Un altro psicologo vi racconterebbe le cose in altro modo: la verità ognuno la cerchi nel proprio intimo.
Renato Barbruni
PRELUDIO
Profezia di Simeone
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima".
Luca 2,33-35
I molti cuori in cui sono prigionieri i pensieri, sono i nostri cuori, che il peccato (la scissione tra senso e vita) ha reso sterili del pensare autentico. Arido e vuoto, il pensare umano non riesce a riconoscere correttamente il senso vero e profondo del reale. Malati e prigionieri della dualità della coscienza, viviamo dentro un mondo di antitesi che scambiamo per la realtà vera. Un mondo costruito davanti ai nostri occhi dal nostro stesso pensare. Un pensare incapace di vedere
realmente il mondo quale esso è in verità: quello che i mistici cristiani chiamano Il vero Volto di Dio
.
Questa soggettiva incapacità di vedere è il punto di partenza di ogni nostro ragionamento in questo testo. Cercheremo di rintracciare le stigmate della coscienza contemporanea che impediscono all’uomo di vedere
correttamente. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto; ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.
Liberarci dall’ignoranza è il grande segreto e il grande problema della nostra esistenza.
Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima
.
E’ proprio la Sofferenza ciò a cui si fa cenno, meglio ancora: è la Sofferenza ciò che indica la via, ciò che costituisce il tramite attraverso cui passare per giungere alla propria liberazione. E’ il senso, il Logos, che soffre nel nostro soffrire fino a quando non verrà svelato.
PREMESSA
L’ecologia del dolore
La sofferenza imprime in ciascuna persona un suo grado di intensità oggettivo e assoluto, mentre, d’altra parte, è suscettibile di un suo adattamento alla particolarità del soggetto che la patisce. Il che vuol dire che la sofferenza, accanto ad una dimensione oggettiva, racchiude una dimensione cangiante in quanto essa entra in relazione con il soggetto . Lo psicologo sa fin troppo bene che il suo lavoro verte prevalentemente su questo secondo aspetto, poiché il fatto che la sofferenza abbia una sua dimensione mutevole, deriva dalla particolarità della personalità che la patisce, e dalla situazione esistenziale e storica in atto: non c’è un patire se non c’è un patente (paziente). La struttura della personalità, con la sua organizzazione di idee, ricordi, sentimenti e stati d’animo, può possedere caratteristiche tali da permettere alla persona di sopportare gradi di sofferenza molto alti; e altrimenti, smagliature tali da non consentire al soggetto la tolleranza anche di livelli minimi di sofferenza. ¹ Questo fatto è sotto gli occhi di tutti e tutti i giorni. Dall’atleta che non si arrende facilmente rispetto al suo concorrente che non regge lo sforzo della fatica più a lungo e che, proprio a causa di ciò, subisce la sconfitta; a quel bambino che non sopporta la frustrazione e la delusione di non aver ricevuto quel regalo, e con toni drammatici mette in scena un tale pianto da far disperare i genitori, a tal punto che corrono a comprarglielo per farlo tacere. ² Troviamo un altro esempio nello studente che non sa sostenere la fatica dello studio, tanto più quando, guardando davanti a sé, vede un orizzonte incerto; lo scenario lo spaventa e lo deprime fino alla rinuncia allo studio, o semplicemente, fino a renderlo apatico e refrattario alla vita universitaria. Quello che riscontriamo, come demotivazione allo studio, altro non è che l’incapacità di reggere l’incertezza sul futuro e la fatica di apprendere ³.
In tanti momenti della vita, la capacità di tenere e di saper sopportare la sofferenza, ha deciso le sorti di una persona, addirittura della sua vita. Tanti suicidi trovano la loro origine proprio nella incapacità soggettiva di sopportare il dolore. Questa dimensione soggettiva, entro cui il dolore è percepito, è costituita dallo sviluppo e dalle dinamiche della personalità, e da fattori culturali. ⁴ Il lavoro psicologico tocca proprio questo aspetto: analizzare i fattori personali e culturali che non permettono al soggetto di vivere quel dolore autenticamente per quello che è. Se a quel certo episodio, causa di tanto dolore, riusciamo a togliere gli elementi di deficienza personale e di deformazione culturale, che sono gli aculei che amplificano la percezione del dolore, il soggetto potrà entrare in un rapporto dialettico con la propria sofferenza e scorgere gli elementi euristici necessari alla propria evoluzione sul piano spirituale.
La capacità di sopportare la sofferenza non è oggi una caratteristica psicologica considerata nobile. Nel senso che, se pur può essere apprezzata, è ricondotta alle qualità strutturali, e quindi di tenuta della personalità, ma non ha nessun valore spirituale. Essa non può aggiungere nulla al valore soggettivo ai fini della sperimentazione della dignità soggettiva. Là dove il soggetto riesce a tenere, a non farsi travolgere dall’onda d’urto provocata dalla sofferenza, l’interpretazione che generalmente si dà di un tale atteggiamento, è che il soggetto ha un errato rapporto con la propria aggressività, tant’è che tende a rimuoverla. La passività, e quindi tutti gli atteggiamenti psicologici che da ciò derivano, quali per esempio: la pazienza, la capacita di attendere, ecc. non sono considerati, nella attuale cultura psicologica, dei valori, ma delle micropatologie psicologiche. Ciò ci illustra assai bene a quale antropologia si riferisce una tale psicologia. L’uomo, di fronte alla sofferenza, o di fronte alle avversità, deve risponde con una forte spinta aggressiva e di volizione che promuova l’agire. Se non lo fa è perché il soggetto ha senz’altro rimosso la sua aggressività; alle volte l’ha sublimata, cioè l’ha spostata su un altro piano. Questo paradigma interpretativo, molto in voga nelle psicoterapie, svuota di senso e di valore la sopportazione e quelle micro psicoattività mentali che possiamo denominare il processo attraverso cui cerchiamo di ottenere il contenimento del dolore. Non vi è scampo per l’uomo contemporaneo, egli deve indubbiamente trascorrere la vita cercando di evitare il dolore poiché non saprebbe come affrontarlo, se non con gli psicofarmaci.
Nel suo toccante libro, Uno psicologo nei lager, Victor Frankl allora giovane medico recluso ad Auschwitz, narra la sua personale esperienza in quella orribile situazione. L’osservazione di ciò che egli stesso, e gli altri internati vivevano, lo hanno convinto della decisiva qualità, tipicamente umana, di saper sopportare il dolore poggiando su un significato profondo della situazione patita.
In questa introduzione abbiamo toccato alcuni punti che saranno i poli di orientamento del nostro discorso:
Primo punto: a quale antropologia ci riferiamo quando interpretiamo un atteggiamento umano? In altre parole: quale idea di uomo usiamo come schema di riferimento per interpretare i fatti umani?
Secondo punto: ci sono dimensioni umane che sfuggono alla interpretazione psicologica: l’uomo non è solo la sua struttura psicologica, o la sua