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Il Rubacuori Italiano: Gli Italiani
Il Rubacuori Italiano: Gli Italiani
Il Rubacuori Italiano: Gli Italiani
E-book460 pagine5 ore

Il Rubacuori Italiano: Gli Italiani

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Info su questo ebook

Proibito è quello che siamo...
Avevo 10 anni. Tu 19
Volevi essere uno chef. Mia madre ti ha reso una star.
Ho 24 anni. Tu 33.
Tu detieni il recordo per l'Uomo più Sexy Esistente.
Io sono sempre la ragazza dispersa, rifiutata e danneggiata che non riesce a trovarsi da nessuna parte se non tra le tue braccia proettive.

Ti amavo quando avevo 10 anni. Ti amo adesso.
Mi chiami migliore amica, e mi vedi ancora come una bambina.
Ho 25 anni con un uomo in ginocchio davanti a me.
Tu stai guardando attraverso il vetro. Tutto quello che ho bisogno è una parola da te.
Ma tu hai un segetreto che può distruggerci entrambi.

Ti conosco da tutta la vita. Ti amo da tutta la vita. 
Non ho mai pensato che quando sarei morta, sarenne stato a causa tua.

Questo NON è un romanzo mafioso. Il Rubacuori Italiano è un romanzo indipendente di amore proibito, da amici ad amanti, Le tematiche oscure potrebbero farvi piangere,
Assicuratevelo ora, perché dovete.

LinguaItaliano
EditoreN.J. Adel
Data di uscita4 gen 2021
ISBN9781071582787
Il Rubacuori Italiano: Gli Italiani

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    Anteprima del libro

    Il Rubacuori Italiano - N.J. Adel

    Questa è un’opera di finzione. Tutti gli eventi, i dialoghi e i personaggi sono frutto dell’immaginazione dell’autore. Ogni riferimento a persone vive o decedute è puramente casuale.

    TUTTI I PERSONAGGI SONO DI ETÀ SUPERIORE AI 18 ANNI

    ATTENZIONE

    QUESTO LIBRO CONTIENE DESCRIZIONI ESPLICITE DI SESSO E ALTRO MATERIALE CHE POTREBBE URTARE UNA PARTE DI PUBBLICO. LA LETTURA È DESTINATA A UN PUBBLICO ADULTO.

    Dedica

    A chi porta una cicatrice in volto, sul corpo o nell’anima.

    Sono una di voi.

    Siate felici, perché lo meritate.

    Basato su Avvenimenti Reali

    Parte Uno

    Passione

    Scena 1

    Maggie

    I miei piedi pesavano una tonnellata quando svoltai sulla Ocean Avenue e mi fermai davanti a una torre bianca e blu, alta dieci piani.

    Non ero mai stata una persona mattiniera. Chiunque lo sapeva. Papà lo sapeva quando aveva insistito perché lo incontrassi nell’attico alle otto del mattino.

    All’ingresso mi attendeva un’imboscata. Non ne avevo dubbi.

    Questa volta, avevo in mente di ottenere qualcosa in cambio da quel terribile incontro. Ma valeva la pena per qualsiasi cosa al mondo mettere di nuovo piede in questa casa?

    L’usciere mi salutò, arrestando momentaneamente i miei pensieri.

    ’giorno. Tolsi gli occhiali da sole, sforzandomi di aprire di più gli occhi. I miei stivali riecheggiarono sulle piastrelle di marmo mentre lentamente andavo verso l’ascensore. Infilai la mano nella tasca interna della giacca, presi una scheda rossa, la passai davanti al lettore e salii verso l’attico.

    Il respiro mi si infranse nel petto all’apertura dell’ascensore. Espirai lentamente e mi trascinai lentamente fuori. Concentrati sull’obiettivo, Maggie. Concentrati sull’obiettivo.

    Loretta, la domestica, aprì la porta con un sorriso sul suo viso da cinquantaduenne. C’era qualcosa di buono di quella donna bassa e grassottella che mi faceva sempre sorridere. Buongiorno, Maggie.

    Le baciai la guancia. È di sopra? sussurrai, togliendomi la giacca.

    Loretta fece un’espressione buffa mentre riponeva la giacca nell’armadio. Temo di sì.

    Irrigidii le spalle. E Papà?

    Ti sta aspettando per colazione sulla terrazza.

    Attraversai il soggiorno, diretta verso la vista stellare dell’oceano, Papà mi sorrise da dietro la finestra a parete.

    Maggie. Una voce decisa squillò dietro di me, seguita dal ticchettio di tacchi sul pavimento.

    L’imboscata.

    Mi bloccai per un secondo. Poi, stringendo i pugni, presi un respiro profondo e mi voltai. Andrea.

    Non mi ero mai stancata di chiamare mia madre per nome. Se voleva essere chiamata Mamma, doveva meritarselo. E Andrea aveva smesso di farlo da tempo.

    I suoi lunghi capelli castani acconciati perfettamente. Tutta truccata. Mani curate. Rossetto rosso vivo. Una gonna a matita nera e una camicetta di seta rossa ad accentuare le sue curve, come sempre. Mia madre sembrava già una celebrità pronta per un servizio fotografico ancora prima di colazione.

    Ti sei tagliata i capelli? Mi squadrò da capo a piedi, la bocca curva in un’espressione di disapprovazione. E cos’hai addosso?

    Ecco qua. Cosa, non ti piace il mio look? Sistemai la cintura metallica sul mio vestitino nero e sorrisi.

    Andrea aggrottò le fini sopracciglia. Qualcuno con delle cosce come le tue non dovrebbe metterle così in mostra. Che taglia hai ora? Una quarantasei?

    Ignorala. Non è degna. Te lo sei ripromesso. No, sempre la quarantadue. Come negli ultimi cinque anni.

    Papà entrò nel soggiorno con in mano una tazza di caffè, un sorriso circospetto sulle sue labbra. Buongiorno, ragazze.

    Buttai le braccia attorno a lui, bisognosa della sicurezza del suo abbraccio, attenta a non fargli rovesciare il caffè. Papi.

    Mi baciò sulla guancia e mi diede la tazza, ma scossi la testa. No grazie. Ho intenzione di tornare a dormire.

    Andrea mise le braccia sul petto. Accettare di venire alle otto del mattino significa che vuoi qualcosa a tutti i costi. Che cos’è stavolta?

    Tirai un sospiro, fissando i suoi occhi nocciola provocatori. Non voglio niente da te, grazie. Papà ha chiesto di vedermi ed eccomi qui.

    Andrea ridacchiò e stirò la gonna sedendosi sul divano. "Hai finito i soldi e ora hai bisogno dell’aiuto del tuo Papi. Per cosa ti servono i soldi? Un altro dei tuoi progetti estetici?"

    Quando ho mai... Mi morsi l’interno della guancia, spostando lo sguardo su Papà. Sai cosa? Ti aspetto di sotto. Possiamo parlare mentre andiamo nel tuo ufficio.

    No, Maggie, aspetta. Appoggiò la tazza sul tavolino, guardando Andrea di traverso. Sono sicuro che tua madre non intendesse niente. Non ti vede da un anno ed è solo... interessata a sapere cosa stai facendo negli ultimi giorni.

    I miei occhi caddero sul pavimento in parquet. Sì, giusto.

    Mi sollevò il viso con il dito e sorrise. Non fare il broncio. Prendo le mie cose e andiamo in ufficio. Non ci metterò molto.

    Andrea prese una rivista di gossip dalla pila sul tavolino e nascose il viso dietro la carta patinata, mentre Papà saliva per le scale.

    Sulla copertina, c’era una fotografia a petto nudo di Mike Gennaro e mi si annebbiò la mente. I suoi riccioli marroni tortora scendevano sulle sue nude spalle. I suoi occhi avevano uno sguardo malizioso. Una barbetta incolta completava gli zigomi decisi e le labbra scolpite.

    Sentii il calore propagarsi sotto la pelle mentre tracciavo le linee del suo petto scolpito e depilato e gli addominali da perdere la testa. L’attore trentenne era un sogno erotico in attesa di accadere.

    Accadde.

    Molte volte.

    I miei occhi caddero sulla didascalia sotto la foto.

    Il Rubacuori Italiano torna a L.A.

    Il mio cuore schizzò nonostante tutte le promesse che mi ero fatta. Tornai a pensare al mio migliore amico mezzo nudo, il pollice mi sfiorava le labbra sorridenti.

    È troppo grande per te, disse Andrea. Nove anni per l’esattezza.

    Otto anni e nove mesi. Mi schiarii la gola. Chi?

    La testa di Andrea apparve da dietro la rivista. Davvero?

    Girai la testa dall’altra parte. Ho già un fidanzato. Mike è mio amico.

    "No, non lo è. È mio amico e un mio cliente. Il che fa di lui un conoscente per te. Non confonderlo con nessun’altra cosa."

    Scena 2

    Maggie

    Come sei arrivata qui stamattina? chiese Papà mentre scivolai nel sedile posteriore della sua Jaguar.

    Con l’autobus.

    L’unica figlia di Nick Dawson prende l’autobus?

    Sorrisi. "Beh, non posso permettermi di pagare la benzina della Lexus che volevi comprarmi per il compleanno. Quando guadagni quattromila dollari all’anno, l’autobus è l’unica scelta."

    Perché ti stai facendo questo? Quando lavoravi con me ne guadagnavi più di trentamila.

    Papà, di tutte le persone sai che non c’entrano i soldi. È una questione di—

    Passione, mi interruppe. Già, già, questo discorso l’ho già sentito diverse volte.

    La conversazione stava prendendo una piega sbagliata, ma ingoiai il risentimento in virtù di questioni più urgenti. A proposito di passione, sto per girare un film.

    Gli occhi di Papà si corrugarono agli angoli. Cosa?

    Ho co-scritto la sceneggiatura di un cortometraggio con un amico e ho intenzione di dirigerlo.

    Ehm... non sono sicuro di capire. Pensavo che avessi smesso di lavorare con me perché volevi scrivere... libri.

    Già. L’ho... pensato anche io. Mi lasciai sfuggire un sospiro. Ma voglio provare a dirigere ora.

    Fece un cenno con la testa, le sue sopracciglia si avvicinarono. Hai mai girato qualcosa, Mags?

    Lo fissai per un momento e scossi la testa. Ho svolto un tirocinio e ho aiutato degli amici che frequentano la scuola di cinema con i loro progetti. Hanno apprezzato il mio lavoro.

    Non penso sia abbastanza.

    Lo so. Ecco perché ho intenzione di girare questo film. Voglio dimostrare al mondo quello che posso fare. È come quando gli attori fanno i provini. Strinsi i denti. Solo un po’ più costoso.

    Quanto costoso?

    Mi mordicchiai le unghie. Diecimila dollari?

    Sbatté le palpebre. Cosa?

    Alzai una mano. Lo so, è un bel po’.

    Un bel po’?

    Ok, è tanto, ammisi. Ma non per te. Come hai detto, è solo un terzo di quanto mi pagavi al mese.

    Se vuoi girare un film, perché non chiedi aiuto a tua madre? Può inserirti nel circuito—

    Ti prego non dirlo mai più. Un’ondata di rabbia mi attraversò. Anni e anni di dolore atroce si ripresentarono. Io e Andrea avevamo problemi irreparabili. Erano iniziati molto prima dell’anno in cui me ne andai. Erano nati attorno alle sue critiche costanti o il suo disprezzo per qualsiasi cosa facessi. Era... "Sai che morirei piuttosto che chiedere il suo aiuto.

    Assunse un’espressione profonda, i suoi occhi tristi.

    Papà, so che è tanto da chiederti dato che non ti faccio più guadagnare, ma consideralo un prestito. Un investimento. Ti ripago appena posso.

    Con cosa? Gli incassi del tuo successone?

    Ti prego non prendermi in giro. Ti ho detto che è come un provino. Nessun incasso.

    Passò le dita tra i capelli grigi. E se tornassi a lavorare di nuovo con me, solo per qualche settimana?

    Lo guardai in cagnesco come se mi avesse chiesto di vendere l’anima al diavolo. Vuoi che progetti le case dei ricchi di nuovo?

    Beh, hai una laurea apposta per questo. Sorrise. E il talento.

    E ho detestato ogni minuto. Papà... pensavo avessi appoggiato la mia decisione di smettere.

    È così. Solo non sopporto di vederti sprecare un altro anno a fare qualcosa di cui alla fine ti annoierai... di nuovo.

    Ahi. Mi aspettavo un atteggiamento del genere da Andrea, ma da lui mi colpì come uno schiaffo in faccia. Non tutti sono così fortunati da capire cosa vogliono al primo colpo. Alcuni di noi devono provare ancora e ancora e ancora e sperare di trovarlo.

    "Non so perché continui a dirlo quando è davanti a te. Andiamo, Mags. Vieni ad aiutarmi con un progetto o due. Forse la tua passione per l’architettura rinascerà. Consideralo un investimento reciproco."

    Più che altro una trappola.

    Mi sbagliavo. Pensavo che l’incontro a casa fosse un altro tentativo di farmi vedere Andrea e chiarire con lei. Ma no. Questa era l’imboscata.

    Tutto questo non riguarda Andrea o i soldi o le mie scelte di carriera. Vuoi solo attirarmi nella tua compagnia, dissi.

    Annuii. Non pensi che emergerò nell’industria del cinema... o in qualsiasi altra industria se non la tua.

    Entrambi sappiamo che quello che penso non conta, tesoro. Solo quello che pensi tu conta.

    Lo guardai, increspando le labbra. Avevo lavorato giorno e notte per sostenermi dopo aver smesso di fare l’architetto, mentre cercavo di diventare una scrittrice. Non avevo mai chiesto dei soldi anche quando le cose erano difficili e Dio sa quante volte sono stata al verde da allora."

    Anche quando me lo aveva offerto, non avevo mai ceduto.

    Ora, l’unica ragione per cui avessi chiesto aiuto a lui e non a qualcun altro era che pensavo che credesse in me. Pensavo che capisse che lasciare un lavoro stabile e remunerativo per inseguire i miei sogni fosse coraggio, non ingenuità o follia. Alla fine stava solo assecondando i capricci della sua bimba viziata fino a quando sarebbe tornata in sé.

    Mi allungai in avanti e chiesi all’autista di fermarsi.

    Maggie, non—

    Avvolsi le braccia attorno alle sue spalle. Sono contenta di rivederti, Papà.

    Maggie, mi chiamò mentre chiusi la portiera dietro di me. I soldi saranno sul tuo conto entro fine giornata. La sua voce andava sparendo dietro di me.

    No grazie. Sono un cattivo investimento. Andai via, i pugni dentro le tasche della giacca, le lacrime mi bruciavano gli occhi.

    Il mio telefono vibrò per una notifica di un’email. Lo tirai fuori, scorsi col dito e guardai l’oggetto: Risultati del nostro concorso di racconti brevi – Congratulazioni!

    Aprii l’email inarcando le sopracciglia.

    Cara Maggie,

    Sono lieto di annunciarti che il tuo racconto, Shreds, è finito tra i migliori cinque nel concorso di questo trimestre – congratulazioni!

    Vorremmo pubblicare la tua opera nella prossima raccolta, che speriamo di far uscire a metà novembre. Se ti fa piacere far parte della raccolta, rispondi e faccelo sapere prima di mercoledì 25 ottobre così che possiamo annunciare i vincitori, poi ti manderemo un assegno con il tuo premio di 1000 dollari.

    Ancora congratulazioni!

    Stephen

    Mi bloccai per un momento, poi alzai la testa verso il cielo chiaro, le lacrime stavano cadendo.

    Non era la prima volta che vincevo un concorso di scrittura, non che ora mi importasse la letteratura, ma vincere in questo particolare momento era tutto per me. Era la conferma che mi serviva prima dopo che il mio sostenitore principale  mi aveva detto che non stavo far altro che sprecare la mia vita.

    Asciugandomi il viso, mi rivolsi un cenno di approvazione. Avrei fatto il mio film. Ad ogni costo.

    Dovevo solo pensare a come ottenere altri novemila dollari. Scrivere qualche altro pezzo qui e là non sarebbe bastato. Sarebbero bastati appena per la spesa.  Forse avrei dovuto lasciare che Papà mi comprasse quella Lexus per il compleanno. Ora mi sarebbe stata utile.

    Il telefono vibrò ancora, questa volta era un messaggio. Feci una smorfia al vedere il nome sullo schermo. Mike.

    ‘giorno, Bambina. Tornato da Berlino. Ho 4 servizi fotografici in programma fino alle 3. Chiamami quando puoi. Stammi bene.

    Tirando su col naso, avviai la chiamata e misi il telefono all’orecchio, aspettandomi la segreteria.

    Carolina, come va? Mike rispose, la sua voce solare. Perché sei in piedi così presto?

    Il mio cuore ebbe un tonfo. Il modo con cui il suo accento italiano risaltò quando la sua voce robusta disse il mio secondo nome mi riscaldò le guance. Ehm... non ho ancora dormito. Mi passai un dito sulla sopracciglia. Come mai mi hai risposto? Pensavo ti stessero agghindando per le foto.

    Rise. Lo faranno... tra trenta minuti.

    Ok. Com’è andata a Berlino?

    Non male. Scatti. Promozioni. Festival. Solita vecchia roba. Comunque, che mi dici, Bambina?

    Odiavo quando mi chiamava così. Non sono una cazzo di Bambina.

    Ridacchiò. Mi è mancata la tua boccaccia.

    Alzai gli occhi. Veramente?

    Continuò a ridere. No, in realtà no. Si fermò per un paio di secondi. Ma sicuramente mi sei mancata tu.

    Anche tu mi sei mancato, Superstar.

    Quindi che mi dici?

    Presi un lungo respiro. Indovina? Uno dei miei merdosi racconti brevi ha appena vinto un premio.

    Primo, non chiamare così le tue storie. Secondo, stai scherzando?! È fantastico.

    Grazie, mormorai.

    L’hai già detto ai tuoi genitori?

    No. Sei il primo a cui lo dico. La voce mi si infranse.

    Maggie, stai bene?

    Sì, mentii. Perché non dovrei?

    Perché sembri così incazzata? Devi essere contenta, non rimuginare.

    Certo. Insieme al premio c’è un evento social e tutto il resto.

    Non il tuo genere di evento, lo so. Ma sono sicuro che non avrai problemi a imbatterti in uno che faccia per te.

    Mi conosci troppo bene, Superstar. C’è qualche probabilità che ci possiamo vedere a breve? Strizzai gli occhi, delusa con me stessa. Non avrei dovuto chiederlo.

    Ecco... Sì. Non ci vediamo da quanto, otto mesi? Vediamoci a casa dei tuoi. Ho qualcosa di importante di cui discutere con Andrea questa settimana.

    Che cazzo? Come vuoi.

    Ascolta, ora devo scappare. Ti scrivo. Stammi bene, Bambina.

    Fottiti.

    Ridacchiò. Ti voglio bene.

    Scena 3

    Mike

    Mike scivolò dietro il volante della sua Porsche color argento, i suoi occhiali da sole inclinati abbastanza per nascondere metà del suo viso. Come se avrebbe funzionato. I fan e i paparazzi si erano già radunati in strada. Fece un cenno con la testa e sorrise dietro gli occhiali mentre lentamente si muoveva tra le mani tese, corpi che saltavano e flash che scattavano. Il suo piede schiacciò leggermente sull’acceleratore fino a quando scampò dal delirio e fece una svolta.

    Erano passati quindici anni da quando aveva deciso di non diventare uno chef e aveva girato il suo primo film. Era abituato al delirio. L’attenzione, l’amore, le luci, apprezzava tutto. Significava che era ancora attraente, desiderato e di successo; sarebbe passato ancora del tempo prima che le masse non si sarebbero ricordate il suo nome.

    Buonasera, Loretta. Tolse gli occhiali quando la salutò alla porta, rivolgendole il suo sorriso perfezionato per i fan.

    Lei non ricambiò il sorriso. Non lo aveva mai fatto. La vecchia donna lo odiava per una ragione che non mi ero mai preoccupata di sapere.

    Lo accompagnò in soggiorno e gli chiese cosa volesse da bere.

    Sono a posto così. Affondò sul divano e mise gli occhiali da sole sul tavolino.

    La signora Dawson la sta aspettando. Scenderà a breve.

    Le rivolse un cenno con la testa e allungò il braccio dietro il divano. Una risatina gli sfuggì dalla bocca mentre lei si allontanava, mormorando qualcosa di incomprensibile.

    Le luci erano soffuse, proiettando una bellissima sfumatura sugli interni di legno e vetro. La stanza e gli arredi erano di tutte le sfumature di marrone. Calda. Accogliente. L’aria odorava dei gelsomini che adornavano i vasi d’antiquariato.

    Il suo sguardo vagò sulle onde dell’oceano mentre si ricordò della casa in cui era nato – dove Andrea Dawson era ancora Andrea Marino e lui era Mickey, il bambino dell’autista –. Non ricordava molto di quella casa, a parte che fosse grande, ma di nuovo, aveva quasi dieci anni l’ultima volta che ci era stato. Era stato invitato al primo compleanno di Maggie. Il giardino brulicava di ospiti e tantissimi bambini con cui giocare. Quel giorno, vide Andrea per la prima volta dopo che si era sposata. Allora aveva diciannove anni e Dio se era attraente.

    Guardò verso il suono dei tacchi che proveniva dietro di lui. Andrea sorrise da orecchio a orecchio quando lo vide, le sue labbra di un rosso cremisi come il vestito succinto che gli lasciava scorgere il suo décolleté. Chiunque altro sarebbe stato tentato, ma lui era abbastanza saggio per non esserlo.

    Si alzò e lei gli strinse le braccia attorno alla vita, stringendolo in un abbraccio. Mi sei mancato, Mickey.

    Interruppe subito l’abbraccio. Molto bene. Il filler ti fa un bell’effetto.

    Scosse i capelli mettendosi a sedere vicino a lui. Grazie. Forse dovrei darti il nome del mio chirurgo. Ti servirà presto.

    Sorrise e mise una gamba sull’altra. Nah, sto bene. Ti ha chiamato James?

    "Sì, il tuo manager mi ha informata che non vuoi girare Heavenly Kisses. Nessun problema. Ho alte due sceneggiature da farti scegliere."

    Questa volta cos’è? Una commedia romantica o un thriller romantico? Fece una smorfia. "Ascoltami. Non c’entra Heavenly Kisses. Non voglio passare il resto della mia carriera da attore a fare nient’altro che il tipo sexy che salva la giornata e si prende la ragazza. Ho finito con quel genere di stronzate. Voglio recitare. Quindi portami qualcosa di diverso. Di importante."

    Sospirò. Capisco quello che stai passando. Credimi. Dopo molto tempo nel giro ti annoi. Vuoi provare qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, rischioso. Si chinò in avanti, le sue tette ancora di più in mostra. Ma non puoi fare questo cambiamento tutto d’un tratto. Devi semplificarti la strada, spianare la strada al tuo pubblico perché accetti il cambiamento, altrimenti tutto quello per cui hai lavorato duramente sarà a rischio.

    O forse mi serve solo un nuovo pubblico. È questo il motivo per cui cambiare, no?

    Ma noi—

    "Niente ma! Last Resort è l’ultimo film del mio contratto con la Universal e l’ultimo di questo genere che farò. Il prossimo anno sarà diverso e farai meglio a essere pronta."

    Non posso lasciartelo fare. È un suicidio professionale.

    Sai cosa? Non me ne frega più un cazzo. Se non puoi darmi quello che voglio, troverò un nuovo agente che lo farà.

    Gli lanciò un’occhiata alzandosi in piedi. Scusami? Hai dimenticato quello che ho fatto per te? Quello che la mia famiglia ha fatto per te?

    No, non l’ho fatto e non lo farò mai. Mi piace quello che abbiamo. La nostra amicizia e collaborazione è stata molto prolifica finora. Prese gli occhiali e si alzò. Per me e per te.

    Poi la guardò. "Non voglio farla finita e sono sicuro che vuoi continuare a guadagnare i milioni che ti faccio guadagnare. Quindi dammi quello che voglio.

    Scena 4

    Mike

    Ehi, Bimba. Mike ridacchiò sentendo Maggie imprecare in risposta. Immaginò i suoi occhi nocciola alzarsi mentre sistemava il telefono all’orecchio entrando nella Porsche. Perché non sei venuta da Andrea?

    Puah! Veramente non sai la risposta?

    Ma eravamo d’accordo di incontrarci lì.

    No. Tu hai fatto quella domanda fastidiosa e ho detto come vuoi, lo corresse. Sai meglio di chiunque altro che è l’ultimo posto dove vorrei essere, anche se è per vedere te. La sua voce era tagliente.

    Grugnì. Ok. Cosa ne dici se mi faccio perdonare?

    Ti ascolto.

    Un sorriso gli distese le labbra. Questa sera terrò un party all’AKA. Perché non vieni?

    Vivi ancora lì?

    Sì, sì. Viveva nella suite dell’AKA a Beverly Hills da due anni. Dopo la morte del padre, la villa a Bel-Air era troppo grande e solitaria per un uomo da solo come lui.

    Ehm... Sai che non direi mai di no, ma Kyle non è in città stasera. Non gli va che vada alle feste senza di lui.

    La sua faccia si contorse dal disgusto quando sentì il suo nome. Quello spilungone bastardo con gli zigomi da modello, che aveva conosciuto un mese dopo che Mike era andato in Europa per girare Everlasting. Quello con cui stava da più tempo che con tutti gli altri fidanzati messi insieme. Kyle? Quel viscido broker ora ti comanda? Ma che cazzo?

    No, non lo fa. È il mio ragazzo. Non voglio farlo arrabbiare.

    I suoi pugni si strinsero sul volante. Quindi non vai a un party per far piacere a un ragazzo insicuro che non si fida che tu vada da qualche parte senza di lui per qualche ora? È questo che mi stai dicendo?

    Tanto geloso? Perché non ti cerchi una ragazza?

    Ottima domanda. Una a cui non poteva rispondere senza mentirle. Maggie, ho l’erba. Tanta erba. Vieni o no?

    Beh, se me lo dici così...

    Mando una macchina per le 9:30.

    Scena 5

    Mike

    Mike guardò una seconda volta Maggie mentre passava tra la gente che saltava su e giù al ritmo delle luci stroboscopiche sul pavimento della sua suite. Lei incrociò il suo sguardo con un sorriso sbilenco, camminando tranquillamente verso di lui con un vestito nero avvolgente e tacchi con lacci di lusso. I suoi occhi nocciola, incorniciati da un eyeliner nero, brillavano di una luce selvaggia. Porca puttana.

    Diede a James il suo drink e si avvicinò a lei. Ehi—

    Se dici Piccola un'altra volta, ti rubo tutta l'erba e non mi vedrai più.

    Si morse il labbro ridendo. Vieni qui. Allargò le braccia e lei vi si gettò. Il suo naso le sfiorò i capelli mentre si abbassava per baciarle la guancia. Perché doveva avere quel buon profumo? Chiuse gli occhi, ingoiando un gemito. Mi sei mancata tanto, pazza.

    Le sue braccia scivolarono sul suo bacino, stringendolo forte. Mi sei mancato anche tu.

    Il modo in cui stringeva una giovane gnocca con gli occhi chiusi nel bel mezzo di una stanza piena di persone doveva aver fatto alzare qualche sopracciglio, ma non gli importava. Quegli abbracci amichevoli erano la sua unica possibilità di sentire il suo calore, toccare la sua pelle, ascoltare il suo battito cardiaco. Non aveva intenzione di lasciarla andare a mano che non lo facesse lei.

    Quando infine si staccò, lui la ammirò. Sei fantastica. Le sue dita giocherellavano con una ciocca dei suoi capelli castani. E ti stanno bene corti.

    "Grazie. Dovresti dirlo ad Andrea. Per lei, i miei capelli non sono mai della lunghezza giusta. Il mio corpo non è mai della taglia giusta. E ovviamente, la mia scelta degli abiti non è mai appropriata per nessuna occasione.

    È buono che non le dai mai ascolto. Sei incantevole. La prese per mano e andò verso il balcone, lasciando la follia della festa dietro la porta a vetri.

    Lei lanciò la sua borsetta su una delle sedie di vimini che circondavano un piccolo tavolo in noce. Forse dovresti provare a non darle ascolto.

    Saresti dovuta esserci oggi. L’aria fredda gli scompigliava i capelli mentre goffamente andava verso la ringhiera. Sono sicuro che ti sarebbe piaciuto.

    Ne dubito. È successo qualcosa di nuovo?

    Annuì, scostando i capelli dal viso, le labbra increspate in un sorriso sardonico.

    Lei sgranò gli occhi. Cosa?

    Le ho detto che non farò più lo stesso tipo di film e che avrei trovato un altro agente se non mi avesse dato quello che volevo.

    Lo guardò a bocca aperta. Non esiste! Hai praticamente detto ad Andrea Dawson di prenderlo dove non batte il sole? Merda! Avrei veramente dovuto vederlo. Deve aver perso la testa.

    Sgranò gli occhi ridendo. Un po’ di rispetto. È comunque tua madre.

    Succhiamelo.

    Dio aiutami.

    Fece un salto e si sedette sulla ringhiera vicino a lui. Quindi finalmente esci dalla tua zona di comfort?

    Hm-hm.

    Come mai?

    La guardò di sbieco. La luna illuminava il volto di lei con uno scintillio argenteo e la sua bellezza lo distrasse per un secondo. Lo sguardo gli cadde ai piedi. Perché ho smesso.

    Con cosa?

    Una volta una diciassettenne mi ha detto che quando avrei finito con queste – cito – emozioni scadenti, sarebbe finalmente andata a guardare il mio lavoro. Guardò verso l’alto. Vorrei che sapesse che ho smesso e vorrei portarla alla mia prima un giorno.

    Sorrise. Perché dare ascolto a una sciocca adolescente?

    Perché è la mia migliore mica. E non è sciocca. Ha l’abilità di seguire la sua passione dovunque, in qualsiasi momento. Le accarezzò la tempia con il dorso della mano. Ti ho sempre invidiata, Carolina.

    Si passò una mano tra i capelli e sospirò.

    Cosa?

    Le sue labbra si incresparono. Papà mi sta obbligando ancora a lavorare per lui e penso di dover dire di sì.

    Cosa?! Perché?

    Lei distolse lo sguardo. Non posso dirtelo.

    Cosa vuol dire che non puoi dirmelo? Scattò in piedi e le girò il viso nella sua direzione. Quel lavoro ti ha resa infelice. Hai giurato che non avresti più lavorato come architetto. Che cazzo è successo? Ti servono dei soldi? È questo che intendi? Sei nei guai o qualcosa del genere?

    No. No, non è così. Scese dalla ringhiera Guarda, se ti dicessi perché mi servono i soldi, vorresti aiutarmi e dopo una piacevole chiacchierata con Papà, ho capito che devo farcela da sola. Per me stessa. Ecco tutto.

    La fissò per un secondo, poi prese una penna e il suo libretto degli assegni dalla tasca della giacca. Quanto ti serve?

    Dio! Cosa ho appena detto.

    D’accordo. Si chinò sul tavolo, scarabocchiò il suo nome su un assegno e glielo porse. Qui. Metti la cifra e riscuotilo quando vuoi.

    Guardò il pezzo di carta per un attimo. Un assegno in bianco? Sul serio? Pensi che lo prenderò? Per nessun cazzo di motivo.

    Lui le prese la borsa, mise dentro l’assegno e la ripose sulla sedia. Sì, lo prendi, disse con tono autoritario sedendosi sulla sedia. Come procede il tuo romanzo?

    Riempiendo il petto d’aria, si sedette sulla sedia di fronte e distolse lo sguardo. Non posso fottutamente crederti.

    Hai smesso di scrivere, non è vero?

    Sì, annunciò. Non voglio che anche tu mi faccia la morale su come sto sprecando... Si interruppe quando James aprì la porta a vetri.

    Mike si scusò per l’interruzione. Sì, James?

    I tuoi ospiti stanno chiedendo di te. Le sorrise. Ciao. Sono James Bailey, il manager di Mike. Allungò la mano.

    Maggie Dawson, urlò sopra la musica, stringendogli la mano. Poi guardò nuovamente Mike. Dovresti tornare dai tuoi amici.

    Si alzò. Vieni con me. Te li presento.

    Tra un po’. Mi serve un po’ d’aria. Vai avanti tu.

    Ok. Torno con dei regali. Ammiccò.

    Scena 6

    Maggie

    Ti va se ti tengo compagnia? Un sorriso smagliante comparve sulle labbra del manager di Mike mentre chiuse la porta.

    Lo guardai in faccia. Era un ragazzo affascinante; chiunque poteva vederlo. Alto più di un metro e ottanta. Atletico. Occhi grigi. Capelli biondi. Fisico simmetrico. Qualche anno più grande di Mike. Certo. Questa settimana stava diventando più merdosa ogni giorno. Un po’ di compagnia avrebbe potuto farmi staccare la testa per un minuto.

    Si sedette, sbottonandosi la giacca. Sembri familiare. Ci siamo già visti?

    Forse ci siamo incrociati una volta o due. L’agente di Mike è mia madre.

    Sei la figlia di Andrea? Maggie Dawson, disse lentamente, come se si sentisse stupido per non aver colto la somiglianza del cognome.

    L’unica e sola.

    Modesta. La sua risata mi fece ridere. Era una di quelle persone. E carina. Un lampo di malizia gli brillò negli occhi. Molto carina.

    Inclinai la testa, valutandolo. Non ero in grado di stabilire se fosse onesto o se lo stesse dicendo solo per portarmi a letto. "Ho

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