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Il mio sbaglio perfetto
Il mio sbaglio perfetto
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E-book256 pagine3 ore

Il mio sbaglio perfetto

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Info su questo ebook

Until Series

Dall'autrice bestseller di New York Times, Wall Street Journal e USA Today

Liz ha già sofferto troppo nella vita: quando il padre è morto, abbandonando lei e suo fratello Tim, sua madre non è riuscita a gestire il lutto, estraniandosi dal mondo e trascurando i propri figli. Dopo molti anni di fatica, le cose sembrano finalmente andare per il verso giusto. Sua madre ha trovato un nuovo compagno e lei è riuscita ad aprire il negozio dei suoi sogni. Se non fosse che Trevor Mayson, scapolo d’oro della città e inguaribile Don Giovanni, ha perso la testa per Liz. La sua passione travolgente lo porterà a commettere un grosso errore, allontanandola per sempre, o almeno così sembra, se non riuscirà a riconquistare la sua fiducia e a dirle, una volte per tutte: ti amo.
Aurora Rose Reynolds
Autrice bestseller di New York Times, Wall Street Journal e USA Today, Aurora Rose Reynolds ha iniziato a scrivere perché i maschi alfa che vivevano nella sua testa la lasciassero un po’ in pace. Quando non scrive e non legge trascorre le giornate con il suo maschio alfa reale e un alano blu che le dà sempre filo da torcere.
LinguaItaliano
Data di uscita6 giu 2016
ISBN9788854196384
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    Anteprima del libro

    Il mio sbaglio perfetto - Aurora Rose Reynolds

    Prologo

    Trevor

    «Cazzo se sei stretta!», dico, scivolando nelle sue parti bagnate e sentendola stringersi forte intorno al dito. Mentre le mordo il lobo dell’orecchio, chiedo: «Quand’è stata l’ultima volta che l’hai fatto?». Merda, adoro come geme.

    «Mai», piagnucola, sollevando i fianchi per ricevere la mia mano.

    Mi sveglio di soprassalto, guardo l’ora e vedo che sono appena le due di mattina. «Sta diventando ridicolo», dico, strofinandomi la faccia. Da quando ho infilato un dito nelle mutandine di Liz, le mie notti sono sempre tormentate. Era finito tutto il secondo in cui quella splendida bocca aveva pronunciato la parola mai. Non potevo scoparmi una vergine, soprattutto se era dolce come Liz.

    «Sei sveglio?», dice Anna… o Amber – forse Angie – dall’altro lato del letto.

    «Sì, è ora di andare, dolcezza», rispondo mentre mi tiro su e mi domando perché cazzo continui a mettermi in queste situazioni. Scopare tutte queste donne è come attraversare il deserto con una bottiglia di acqua salata: all’apparenza è la stessa cosa, ma non soddisferà i miei bisogni.

    «Non posso restare?». Si lamenta e mi accarezza la schiena.

    «No». Mi alzo e indosso un paio di pantaloncini grigi.

    «Quindi mi stai cacciando?»

    «No, ti sto dicendo che è ora di andare. Se ti cacciassi, sarei un maleducato».

    «Quando ci rivedremo?», chiede, mentre cerca di rientrare nel suo vestitino blu e si domanda come diavolo abbia fatto a uscirne così velocemente ieri sera.

    «Ti chiamo io, lascia il tuo numero da qualche parte». Vado in bagno e so che quando uscirò, lei non sarà altro che un ricordo.

    «Yo, T!», dice Cash, infilandosi nella poltroncina del mio tavolo. Sorrido; usa quella parola almeno cento volte al giorno. «Che ci fai da queste parti?».

    Sollevo un sopracciglio, ingurgito un altro pezzo di French toast e rispondo senza parlare.

    «Vai da mamma e papà questo fine settimana? Asher ha finalmente tolto il divieto d’accesso a July, quindi la mamma farà una mega festa», dice tutto eccitato.

    «Lui lo sa che la mamma farà una festa?», chiedo, perché se non ne sa niente, sbroccherà di brutto. Eh già. Ho visto mia nipote due volte e l’ho tenuta in braccio solo in un’occasione, prima che November costringesse Asher a dargliela.

    Cash fa spallucce e guarda dietro di me. «Yo!», urla, muovendo la mano. Mi giro e vedo Liz accanto alla porta. I suoi lunghi capelli biondi sono aggrovigliati in una treccia disordinata appoggiata sulla spalla. Indossa un vestito estivo senza spalline che le copre i seni perfetti, arrivando fino al pavimento. Risponde al saluto e le sue gote si tingono di un rosa acceso. Poi un tizio la abbraccia e vedo tutto rosso.

    «Chi cazzo è quello?», ringhio. I miei fratelli ormai sono abituati al mio problema con Liz.

    Cash fa di nuovo spallucce. «Non lo so», borbotta, guardandoli. «Yo, Liz. Vieni un attimo qui». Il tipo va a un altro tavolo e si siede guardando nella nostra direzione.

    «Ciao ragazzi», dice, la sua voce è morbida come le curve del suo corpo. Sapere qual è il suo odore e cosa si prova a toccarla mi fotte il cervello.

    «Questo fine settimana vai alla festa di mamma e papà, vero?», chiede Cash.

    Mi guarda e la sua faccia si fa scura quando dice: «Non… non lo so».

    «Chi è quello?», chiedo. La mia domanda la sorprende per un attimo.

    «Un amico», dice, torcendosi le mani.

    «Come si chiama?», insisto, guardandolo e notando il suo sguardo fisso sul culo di Liz. Avrà qualche anno meno di me. I suoi capelli biondo scuro sono tutti scompigliati, e in quel completo da quattro soldi sembra un cazzo di impiegato.

    «Bill», risponde, guardando Cash. «Adesso devo andare. Forse ci vediamo nel fine settimana. Lo… lo faccio sapere a tua madre». Si gira e torna verso Bill e il suo completo da quattro soldi. Lui non le toglie gli occhi di dosso. Devo trattenermi, altrimenti andrei lì e gli spaccherei la faccia contro il tavolo di legno.

    «Quando la smetterai di cazzeggiare?», chiede Cash.

    «È troppo innocente, cazzo», borbotto, spingendo via il piatto.

    «E quindi, T? Non ti interessa solo perché non è una sgualdrina come quelle cagne che ti scopi di solito?», chiede, e sotto sotto, so che ha ragione. Era mia il secondo in cui le avevo messo gli occhi addosso a casa dei miei genitori. Era seduta fuori e rideva insieme alla mamma. In quell’istante, avevo capito che sarebbe stata la donna della mia vita. Eravamo diventati un po’ amici, e una cosa aveva portato all’altra la notte in cui mia nipote era nata. Finalmente ero riuscito a mettermi sopra di lei, ma sapere che è una vergine aveva sconvolto il mio mondo. Da quel giorno, cerco di evitarla.

    «Devo andare», dico. Prima di uscire lascio i soldi sul tavolo e guardo Liz un’ultima volta. Perfetto! Il tipo si sta sporgendo per metterle i capelli dietro l’orecchio. Il sangue mi ribolle nelle vene. So che o me lo faccio passare, o mi faccio avanti. In entrambi i casi, devo fare qualcosa. Il tipo guarda nella mia direzione e solleva il mento per mettermi in guardia. «Fatti sotto, figlio di puttana», dico sottovoce, e poi mi avvio verso la porta.

    Capitolo 1

    Liz

    Arrivo davanti alla porta dello strip club e la apro con uno spintone. Ho lo stomaco pieno di farfalle. Vivo in questa città da tantissimi anni, ma in questo locale non ci sono mai entrata. Non avrei mai pensato di farci un giro dentro, figuriamoci chiedere se possono farmi lavorare. È tutto buio, e l’unica luce accesa viene dal bar.

    «Posso fare qualcosa per te?», chiede una signora molto bella da dietro al bancone, mentre asciuga un bicchiere.

    «Devo… devo vedere Mike», dico, facendo un altro piccolo passo in avanti.

    «Certo, cara. Vieni con me», risponde, accompagnandomi in un lungo corridoio. Apre l’ultima porta.

    «Aspetta un attimo, Shannon», dice Mike senza alzare gli occhi dallo schermo del computer. «November ha aggiunto un nuovo programma su questo coso e non riesco più a trovare la mia mail», brontola. Sorrido e vado dietro la sua scrivania, prendo il mouse e clicco sull’icona della mail. Ridacchia: «Ehi, tesoro. Come stai?». Lo dice con quel tono paterno che ho imparato ad amare. Mike e mio padre erano migliori amici finché lui non era morto, dieci anni fa. Dopo la sua dipartita, aveva dato una mano a mia mamma ogni volta che aveva avuto bisogno di aiuto con me e mio fratello. Pregavo che si sposassero, ma non erano rimasti altro che amici.

    «Potrebbe andare meglio». Sento il groppo che mi sale di nuovo in gola.

    «Che succede?», chiede Mike, alzandosi e portandomi verso il divano.

    «Be’, ho bisogno di un lavoro».

    «Va bene», dice, e capisco che non sa cosa pensare. «Cosa c’è che non va con il negozio?». Non riesco più a trattenere le lacrime.

    «Tim ha rubato tutti i nostri soldi, e non posso dirlo alla mamma». Mi metto a piangere affondando la faccia nel suo petto. Non so cos’è successo al fratello che conoscevo, quello che ogni sera veniva a casa per vedere come stavo dopo che papà era morto. Eravamo molto legati, poi lui se n’era andato a studiare fuori città, e tutto era cambiato. Avevo finito il liceo e mi ero messa a lavorare in una fabbrica di zona per otto anni, ma dovetti smettere quando aveva chiuso a causa della crisi. Ogni settimana, il giorno della paga, mettevo da parte un po’ di soldi. Avevo sempre avuto il pallino per lo shopping, e visto che in città non c’erano dei negozi che vendessero niente di carino, mi era venuta un’idea, avevo risparmiato e, finalmente, ero riuscita a realizzare i miei sogni. Tentazioni aveva aperto i battenti.

    Mi siedo e parlo a bassa voce, senza guardare Mike. «Tre mesi fa, quando Tim era venuto a trovarci, mi aveva chiesto se poteva darmi una mano con il negozio. Visto che quella settimana avevo fatto un sacco di ore ed ero esausta, gli avevo detto di sì. Non potevo sapere che voleva aiutarmi perché aveva intenzione di lasciarmi in mutande. Ora se n’è andato, e si è portato via tutti i soldi che avevo in cassa… e anche i miei risparmi. Non posso dirlo alla mamma. Tra qualche settimana si sposa e non ha bisogno di altro stress. Ho ingaggiato un detective privato per trovare Tim e i ventitremila dollari che ha rubato, ma chissà quanto ci vorrà. Ho perso l’appartamento, e ho dovuto mettere tutte le mie cose in un deposito. Adesso sto nel retro del negozio. Pensavo di potercela fare, però due giorni fa mi è arrivata un’ingiunzione di pagamento per l’affitto di Tentazioni. Non posso perdere anche il mio sogno», mormoro, la mia voce è roca per il tanto piangere.

    «Shhhh, tesoro, non ti preoccupare, andrà tutto bene. November non usa più il suo appartamento, puoi andare a vivere lì. E ti darò quello che ti serve».

    Scuoto la testa. «Non posso accettare, non sarebbe giusto».

    «E io non posso farti lavorare per me, Liz», dice, mettendomi una mano sulla guancia. Mi dispiace di dover tirare fuori l’artiglieria pesante, ma ho bisogno di quei soldi, e li accetterò soltanto se me li sarò guadagnati.

    «Puoi consigliarmi un altro strip club?». Tiro fuori il cellulare, fingendomi pronta a scrivere tutti i numeri telefonici che mi darà.

    «Non ti lascerò lavorare da nessuna parte». Si mette le mani in faccia. «Cristo santo, non so perché cazzo sto pensando a questa roba». Quando mi guarda di nuovo, capisco che è davvero molto combattuto. «Senti, se vuoi puoi servire da bere, ma non ti faccio salire sul palco».

    «Ok». Accetto subito. Non ho mai avuto intenzione di finire sul palco. L’avrei fatto se avessi dovuto, ma l’idea di togliermi i vestiti in modo sexy mi era sembrata troppo faticosa. «Cosa dirà Trevor?», chiede Mike, e poi distoglie lo sguardo. A Trevor piace far scappare tutti gli uomini che mostrino anche solo un minimo di interesse nei miei confronti. Sono piuttosto sicura di essere quasi innamorata di lui, ma so anche che il sentimento non è reciproco. All’inizio credevo che fosse uno dei miei migliori amici, ma poi era nata July. Eravamo finiti a casa sua per festeggiare l’avvenimento con una bottiglia di vodka. Le cose si erano fatte intense e parecchio passionali. Mi aveva infilato una mano nelle mutande e io ero talmente presa dal momento che quando mi aveva chiesto quand’era stata l’ultima volta che l’avevo fatto, gli avevo detto: «Mai». Non volevo dire che ero vergine, ma che non avevo mai sentito un fuoco così caldo. Era come se il mio corpo fosse stato acceso dal didentro. Non appena avevo detto mai, però, lui si era bloccato subito. Avevo cercato di spiegargli che non lo intendevo in quel senso, ma mi aveva ignorata completamente. Si era limitato a raccogliere la mia camicia da terra, darmela e andarsene. Da quel giorno, ha fatto di tutto per evitarmi, e la cosa non mi dispiace, perché non mi sono mai sentita così umiliata in tutta la mia vita.

    «Trevor non ha voce in capitolo su quello che faccio. E poi non ci parliamo più». Riesco a sentire la tristezza nella mia stessa voce.

    «Certo, va bene», dice Mike, passandosi una mano nei capelli. «Puoi cominciare domani. Chiedi a Shannon di darti un’uniforme».

    «Grazie mille», sussurro, guardandomi le mani appoggiate sul grembo.

    «Aspetta a ringraziarmi, cara».

    «Dico davvero. So che non è facile per te».

    «Ok, tesoro». Sospira, poi mi abbraccia di nuovo. «Ci vediamo domani. Il turno comincia alle nove, ma vieni qui per le otto. Ti farò spiegare da una delle ragazze dove teniamo tutto e cos’è che devi fare». Si alza e tira fuori un mazzo di chiavi dalla tasca. «Queste ti serviranno per l’appartamento. Passa dalla porta della cantina che è sul retro. Entra pure senza problemi. Domani ti aiuterò a spostare le cose dal deposito e a trasferirti». Mando giù con forza, cercando di controllare le emozioni che mi stanno divampando dentro. «Andrà tutto bene, Liz», ripete Mike e mi abbraccia ancora. «Va’ a prendere la tua uniforme adesso. A domani».

    «Ok». Faccio un passo indietro. «Grazie ancora, Mike. A domani», ed esco dal suo ufficio. Shannon è dietro al bancone. Mi dà quella che dovrebbe essere un’uniforme, anche se mi sembrano solo un paio di fili di seta, e poi mi indica la porta.

    «Ehi, bella», dice Beth – meglio nota come Bambi – quando entra nel camerino. La prima volta che l’ho incontrata, mi aveva intimidita un po’. È alta un metro e ottanta, quasi tutto di gambe, e ha dei lunghi capelli castani, una pelle perfettamente abbronzata e gli occhi d’oro. Dal Montana, era venuta in Tennessee un anno fa e aveva iniziato subito a lavorare al Teasers.

    Mi aveva insegnato a servire ai tavoli, a far bere tanto i clienti e a sorridere per ricevere una mancia, se mai l’avessero lasciata. Le avevo chiesto perché non lavorasse sul palco. Cioè, sono sicura al cento percento che farebbe un sacco di soldi lassù. Mi aveva risposto che era troppo goffa, e che il soprannome Bambi non gliel’avevano affibbiato qui da noi. Quando era piccola, i suoi genitori le dicevano sempre che non riusciva a controllare le gambe, come se non fossero attaccate al suo corpo, e quindi avevano cominciato a chiamarla come il cerbiatto della Disney.

    «C’è il pienone di là?», chiedo mentre mi metto un lucidalabbra rosa.

    «Non proprio. Alle undici arriva un addio al celibato. Hanno prenotato il privé. Rex dice che puoi darmi una mano. Le mance dovrebbero essere buone», dice, poi va verso il suo armadietto. Guardo la persona riflessa nello specchio e per un attimo, mi dimentico chi sono.

    I miei occhi verde chiaro brillano ancora di più con l’ombretto fumoso che porto. I lunghi capelli biondi mi ricadono sulle spalle e arrivano proprio sotto i seni che stanno mettendo a dura prova la parte superiore del corsetto nero. Mi strizza in vita, allargandomi i fianchi proprio dove finisce il tessuto. Le calze a rete e le mutandine di seta abbinate al corsetto mi fanno sembrare più una coniglietta di Playboy che una cameriera. Ci ho messo un paio di giorni per abituarmi a camminare con i tacchi alti, e adesso sono quasi sicura di non finire, a ogni passo, con il naso sul pavimento.

    Lavoro allo strip club da tre settimane ormai. Le mance sono grandiose, l’orario è sopportabile e avere un letto in cui dormire ogni notte è una figata. L’unica cosa negativa è che sono stanca morta. Fare due lavori non è facile, soprattutto se nessuno deve venire a sapere del secondo.

    Avevo visto Bill due giorni prima, e mi aveva aggiornato sulla situazione di mio fratello. Aveva scoperto che Tim era stato in Alabama, ma che si era già spostato e lui non era più riuscito a rintracciarlo. Forse sarebbe stato meglio chiamare la polizia, ma l’idea di spedire mio fratello in prigione non mi andava giù.

    «Ok, bella, mi cambio le scarpe e possiamo andare. Mi raccomando, non dimenticare che le feste di addio al celibato sfuggono sempre un po’ di mano», dice, e si infila un paio di tacchi a spillo vertiginosi.

    «Cosa vuol dire sfuggono di mano?», chiedo, nervosa. Era già successo che qualcuno diventasse troppo affettuoso, ma i buttafuori erano stati sempre pronti a intervenire prima che le cose, appunto, sfuggissero di mano.

    «Be’, alzano molto il gomito e nove volte su dieci l’alcol li rende più stupidi del solito». Ridacchio. Non posso farne a meno: Bambi è lesbica al cento percento, e pensa che tutti gli uomini siano idioti. All’inizio, la sua attrazione per le donne mi aveva messa un po’ in imbarazzo, ma poi avevo scoperto che, come un qualsiasi eterosessuale, anche lei aveva il suo tipo di persona ideale, e non ero io. Sorride e scuote la testa. «Se hai un problema, dimmelo e ci penso io».

    «Sono sicura che non saranno poi così tremendi», dico, domandandomi per quante persone le mie fossero state le ultime parole famose.

    Trevor

    «Pronto». Mentre rispondo al telefono guardo l’orologio e vedo che segna le dodici e qualche minuto.

    «Yo, T. Devi assolutamente venire al Teasers», dice Cash, e io mi tiro su.

    «È mezzanotte passata. Non ho intenzione di uscire per venire a farti compagnia in un cazzo di strip club».

    «Fidati, T. A tra poco». Mette giù prima che possa mandarlo a fare in culo.

    «Gli conviene che ne valga la pena», brontolo tra me e me. Mi alzo dal letto, indosso un paio di jeans e una maglietta ed entro nel mio pick-up. Quando arrivo al club, noto subito che il parcheggio è pieno zeppo di macchine nonostante oggi sia mercoledì sera. Cash è vicino all’ingresso e sta parlando con uno dei buttafuori.

    «Yo», saluta con il suo solito tono di voce. Si guarda intorno e poi mi porta in una stradina laterale.

    «Che cazzo c’hai?», chiedo, guardandomi a mia volta intorno e pensando che forse si è cacciato nei guai.

    «Mi raccomando mantieni la calma adesso che entriamo». Sembra in preda al panico.

    «Cosa sta succedendo?». Comincio a preoccuparmi.

    «Non appena l’ho vista, sono andato da Mike per chiedergli cosa cazzo stesse succedendo. Mi ha detto che ha bisogno di soldi, che non li avrebbe accettati senza lavorare e che se lui non le avesse dato un lavoro qui, se ne sarebbe andata in un altro strip club».

    «Hai intenzione di dirmi di chi cazzo stai parlando prima o poi, o no?». Incrocio le braccia sul petto per non afferrarlo e scuoterlo.

    «Liz», dice, alzando le mani al cielo. «Chi sennò?»

    «Mi stai dicendo che Liz è lì dentro e si sta spogliando?». Digrigno i denti. Penso a lei sul palco, mezza nuda e con gli occhi di tutti quegli uomini puntati addosso. Non ci vedo più dalla rabbia.

    «È tutta colpa tua, T!», urla Cash, piantandomi un dito sul petto.

    «In che modo, scusa?»

    «Quando è venuta a chiedere un lavoro a Mike, lui le ha chiesto cosa avresti detto tu, e lei ha risposto che non hai voce in capitolo su quello che fa». Mi sento bruciare. Ha ragione. Tecnicamente non ho alcuna voce in capitolo su quello che fa, ma rimane il fatto che lei è mia, e non ho intenzione di condividerla con nessun altro.

    «Senti, ti chiedo soltanto di mantenere la calma. All’ingresso c’è Ed stasera, e mi ha detto che Liz sta lavorando a un addio al celibato».

    «Cristo santo, di bene in meglio», borbotto, e mi passo una mano tra i capelli.

    «Io vado a parlare con Ed. Tu entra e portatela da qualche parte. Non fare una scenata».

    Liz

    Oh Signore, penso. Per avere a che fare con uomini del genere non basterebbe tutto l’oro del mondo. Ho passato le ultime tre ore a bloccare mani a destra e a manca. Ormai non so più quante volte ho detto ai tipi dell’addio al celibato: «Vietato toccare». Giuro che alla prossima palpatina gli tiro un calcio. «Rex, mi dai altre due bottiglie?», sospiro, e mi guardo intorno. Ed, il buttafuori, è vicino all’ingresso. Strizzo gli occhi per vedere con chi sta parlando. Dannazione! Sembra Cash, ma non avrebbe senso: perché dovrebbe essere qui? Stupido mascara. Batto le palpebre ma ancora non riesco a mettere bene a fuoco.

    «Cash», lamenta una voce dietro di me, e il cuore mi arriva in gola. Mi volto e vedo Skittles che fa uno scatto verso la porta.

    «Oddio!», mormoro, abbassando la testa. Faccio per tornare nel privé, e quando penso di essere in salvo, la mia fortuna mi abbandona e vengo travolta da Skittles e dalle sue tettone finte, che mi finiscono dritte in faccia.

    «Scusa», dice con la sua vocina lagnosa. Si rialza un attimo prima che io muoia soffocata. Quando finalmente sono

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