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Il re della Giara
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Il re della Giara
E-book142 pagine2 ore

Il re della Giara

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Info su questo ebook

Rita e Giacomo, marito e moglie, vivono in una Sardegna a tratti ancora

arcaica e guidano una florida azienda agricola in cui allevano

cavalli. A poca distanza dalla loro azienda l'altopiano della Giara

ospita is quaddeddus: i piccoli equini endemici unici al mondo, come

testimonia la presenza di tre dita nello zoccolo. La vita di coppia dei

due coniugi va a gonfie vele, per quanto non sia ancora rallegrata dalla

presenza di figli. È anche per questo che quando una giovane donna

bisognosa d'aiuto, di nome Sonia, bussa alla loro porta – insieme ai

suoi due bambini, Maya ed Emanuele –, Rita e Giacomo non esitano ad

accoglierla nella loro casa. Nel frattempo, Rita rimane incinta: nasce

Cristoforo, un bimbo sano e intraprendente. C'è però un segreto che

funesta le giornate della giovane Sonia: sei anni or sono, il suo ex

marito, un ex galeotto, ha venduto la loro figlia appena nata a una

coppia di facoltosi. Sonia non ha mai sporto denuncia per paura di

ritorsioni. Sullo sfondo di questa magica vicenda, in cui il sentimento

prevale sulla razionalità, si muove Giulia, "sindaca" diciottenne del

paese in cui Rita e Giacomo vivono. Il suo impegno è anche quello di

salvare is quaddeddus dalla siccità, dagli incendi e dai

bracconieri. Giulia riuscirà nel suo intento grazie a tutta la comunità

del paese, grazie a Cristoforo e al suo cavallo, Soffio: il re della

Giara.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mar 2021
ISBN9791220323857
Il re della Giara

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    Anteprima del libro

    Il re della Giara - Dante Anedda

    animali.

    CAPITOLO I

    «Tu perché ti sei sposato?»

    «Perché voglio condividere con mia moglie la cosa più preziosa che ho, la mia vita» fu la mia risposta a Giacomo, un caro amico d’infanzia e compaesano, mentre percorrevamo una strada campestre che conduce alla Giara di Gesturi.

    «Anch’io e non vedevo l’ora di metter su famiglia.»

    «E poi con Rita hai visto bene, non potevi trovare di meglio.»

    «Dici?»

    «C’è sempre tanta complicità fra voi.»

    Giacomo mi sorrise con i suoi occhi verdi, poi si grattò i folti capelli lisci. «Ma sì dai, può darsi.»

    «Può darsi? A me a volte sembra che siate innamoratissimi.»

    «Sì, quello sì, forse hai ragione.»

    «Giacomo, certe volte non capisco cosa vuoi dalla tua vita.»

    I suoi occhi s’illuminarono e mi indicò un punto in lontananza. «Guarda, un cervo col suo cucciolo!»

    L’animale, sbucato da una sughereta, stava attraversando un campo ed era seguito da un meraviglioso cerbiattino. Non capitava tutti i giorni di vedere quegli animali, ma ancora più raro era vederli in compagnia dei loro piccoli. Lungo questo altopiano basaltico, che si estende per quarantadue chilometri quadrati fra i territori di Gesturi, Genoni, Tuili e Setzu, lontani dalla confusione, s’incontrano anche tanti tipi di uccelli, cinghiali e splendidi cavallini che corrono liberi tra i boschi e piccoli stagni ricoperti da biancheggianti ranuncoli acquatici.

    Giacomo si è sposato con Rita nel 1999, lui aveva cinquant’anni e lei trentacinque.

    ***

    «Tesoro, perché sei così imbronciato?» chiese Rita a Giacomo, una domenica subito dopo pranzo.

    «E me lo chiedi?!»

    «Sì, non posso?»

    Seguì un lungo silenzio.

    «Siamo sposati da otto anni e ancora non sono riuscito a realizzare il mio sogno.»

    «Oggi il tuo umore non è dei migliori.»

    «Manco fossi l’ultimo sfigato…»

    «Ma cosa vuoi di più? Abiti nella casa di campagna che volevi avere, con annessa l’azienda che desideravi.»

    «Non è per quello.»

    «Fai l’allevatore e il domatore di cavalli, il lavoro che avevi sempre desiderato.»

    «Rita, possibile che non capisci?»

    «No, non capisco, chiariscimi tu le idee.»

    «Lo sai benissimo.»

    Rita si mise le mani sui fianchi mostrando fiera il suo fisico esile e ben tornito. Poi sorrise maliziosa: «Ah, e aggiungiamoci che hai la moglie che tutti gli uomini desiderano, cosa pretende un uomo più di una moglie di quindici anni più giovane?».

    Giacomo abbassò il capo, guardò il bicchiere pieno di Nuragus e lo trangugiò tutto: «Che me ne faccio della moglie giovane se non riesce a rimanere incinta?!».

    «Non puoi umiliarmi in questo modo. Non te lo permetto!» Rita si voltò poggiando le braccia sulla credenza e reclinando il capo.

    Giacomo si alzò e le posò una mano sulla spalla. «Scusa, non intendevo, non volevo offenderti.»

    «Cosa ci posso fare? Ho tentato di tutto, dalle acque termali all’agopuntura, dall’endometrio all’insufflazione tubarica. Lo sai, c’è stato un momento in cui volevo darmi alla consultazione di un mago virtuale o al viaggio a Lourdes!»

    «Tesoro, scusami, sono un cretino!» disse lui, mentre l’abbracciava. «Ti chiedo perdono.»

    Rita sbuffò. «Sei sempre il solito, per qualche giorno fai il bravo e puntualmente ogni quattro, cinque giorni fai di queste uscite.»

    «Scusami.»

    «Per questa volta sei perdonato, ma cerca di non offendermi più in questo modo» disse lei. «Tu non sai quanto lo desidero anch’io un figlio.»

    «Non dobbiamo perdere la speranza, Rita.» Giacomo l’abbracciò ancora.

    «Sì, e poi oggi la scienza, anche in questo campo, sta facendo grandi passi.»

    Giacomo le sorrise speranzoso. «Meglio non pensarci troppo e attendere fiduciosi. Cosa ne diresti se andassimo a fare una cavalcata nella Giara?»

    «Ben volentieri» disse Rita.

    I due uscirono dalla cucina e si diressero verso la stalla per sellare due puledri di tre anni, che avevano bisogno di essere gradatamente rieducati alla monta, vi salirono sopra e s’incamminarono al trotto.

    Quando giunsero a destinazione scesero da cavallo e si sdraiarono sull’erba a godere un po’ di sole. Poi, vedendo che i cavallini brucavano tranquillamente l’erba, decisero di addentrarsi nel bosco per cercare funghi. Dopo aver attraversato un pianoro, guadato un paio di corsi d’acqua e raccolto un bel po’ di russule, tornarono sul punto in cui avevano lasciato i cavalli a pascolare, balzarono sulle loro groppe e scesero verso valle.

    Attraversarono un ponticello di legno grezzo, percorsero una lunga strada pianeggiante e poi svoltarono a sinistra per imboccare lo stradello dal fondo acciottolato che conduceva dritto alla loro azienda. Quando ormai si trovavano a poche decine di metri dal cancello d’ingresso, i cavalli si fermarono di colpo spaventati alla vista di un furgone bianco tutto arrugginito, fermo in mezzo alla strada. Giacomo e Rita scesero dalle loro selle e procedettero a piedi tirandosi dietro gli animali che camminavano guardinghi.

    «Com’è possibile che si possa parcheggiare un’automobile in questo modo, ignorando che questo è un ingresso privato?» disse lei un po’ scocciata.

    «Niente targa, tutto arrugginito» soggiunse lui. «Secondo me l’hanno lasciato qui perché non funziona più.»

    Quando si trovarono a due passi dal furgone, i due coniugi videro una giovane donna e un ragazzo avvicinarsi a passo veloce verso di loro.

    «Salve ragazzi!» si affrettò a salutare Giacomo, non appena se li trovò di fronte. «È vostro?»

    «Sì» disse il ragazzo, dopo aver risposto al saluto.

    «Per cortesia spostatelo da qualche altra parte altrimenti non riusciamo a portare i cavalli nella stalla» notò Giacomo. «Iniziano a dare segni di intolleranza ai comandi, sono impauriti e non vogliono più camminare.»

    «Posso parcheggiarlo nel tuo cortile?» domandò il ragazzo.

    «Chi è l’autista?» chiese Giacomo.

    «Io.»

    «Non prendertela a male, ma tu sei ancora troppo giovane per guidare» disse Giacomo. «Scusa, posso chiederti quanti anni hai?»

    «Quattordici.»

    «Vi somigliate moltissimo, siete fratello e sorella?» chiese Giacomo alla ragazza.

    «Sì, io sono più grande di otto anni.»

    Rita sorrise. «Come vi chiamate?»

    «Sonia.»

    «E io Marco.»

    «Dove abitate?» domandò Rita.

    «In una baracca a sessanta chilometri da qui» rispose Sonia.

    «Statemi un po’ a sentire, come mai siete capitati da queste parti?» chiese Giacomo ai due giovani.

    «Siamo venuti qui alla ricerca di rame e ferro vecchio» notò il ragazzo. «Voi ne avete?»

    «Che ve ne fate del rame e di qualche ferraglia arrugginita?» chiese il padrone di casa.

    «Li vendiamo» rispose il ragazzo. «È così che riusciamo a sbarcare il lunario.»

    «Mi dispiace di non potervi accontentare perché non abbiamo né ferro vecchio né rame» disse il padrone di casa. Poi, riflettendo, aggiunse: «Anzi, se non ricordo male, dovrebbero esserci alcune grondaie in rame nel loggiato vicino alla cucina. Le volete?».

    «Certo che le vogliamo!» rispose Marco.

    «Allora facciamo così, aprite il cancello e parcheggiate il furgone in fondo al nostro cortile» disse Giacomo ai due giovani.

    Appena la strada venne sgomberata dal mezzo, i due coniugi riuscirono a convincere gli animali a entrare nella stalla, liberarono i puledri dalle briglie e dalla sella dopodiché, insieme agli ospiti, si diressero in direzione del loggiato.

    «Eccole» disse il padrone di casa a Marco, indicandogli le grondaie penzolanti. «Ce la fai a staccarle da lassù?»

    «Scusa, non è che potresti darmi una mano?» disse il ragazzo a Giacomo.

    «Come?»

    «Ce l’hai una scala?»

    «Sì.»

    «Ecco, tu devi solo portare la scala e appoggiarla al muro sotto la grondaia» disse Marco, «al resto ci penso io.»

    Intanto Rita e Sonia si misero a conversare.

    «Sonia, scusa, ma non ho capito bene dove abiti.»

    «Vivo in aperta campagna a pochi chilometri dalla città di Cagliari.»

    «Tu e tuo fratello abitate con i vostri genitori?»

    «No, abitiamo con i nostri nonni materni» rispose la giovane. «I nostri genitori sono morti quando io avevo quindici anni.»

    «Sono morti in seguito a una disgrazia?»

    «In effetti sì, può essere considerata una disgrazia» riferì Sonia. «Sono morti entrambi di AIDS.»

    «Oh, mi dispiace tanto, ti posso offrire una tazza di tè?» disse Rita alla ragazza.

    «Perché no!»

    La padrona di casa fece entrare l’ospite nel salotto e le indicò la sedia dove accomodarsi. Sonia si sedette, poi disse sorridente: «Lo sai, Rita, che sei molto gentile? E anche simpatica».

    «Grazie, Sonia. Anche tu sei simpatica» notò in un sorriso, «e anche molto bella.»

    «Sei sposata da tanto?» chiese la giovane.

    «Da otto anni.»

    «Hai figli?»

    «No.»

    «Ecco è pronto» disse Rita all’ospite, mentre le porgeva la tazza del tè appoggiata su un delicato piattino. «Gradisci anche un biscotto?»

    «Certo» rispose Sonia. «Rita, fammi leggere il palmo della tua mano.»

    Rita sbuffò. «Oh mamma, no dai…»

    «Su, metti qua» insistette la giovane.

    «Non dirmi che vuoi prevedere il mio futuro…» disse la padrona di casa. «Sei una cartomante?»

    Sonia esaminò la mano di Rita. «È un dono che ho ereditato da mia mamma.»

    «Credi di riuscire a capirci qualcosa?» domandò la padrona di casa.

    «Ci sto provando…»

    «Non credo a tutte queste cose, credo solo a quello che si può dimostrare» disse Rita, fingendo di essere poco interessata alla cartomanzia. Poi, dopo un attimo di silenzio, aggiunse: «Riesci a dirmi se posso avere dei figli?».

    «Ora devo proprio andare. Si è fatto tardi» disse la giovane. «Tornerò presto a trovarti, ok?»

    Sonia si diresse verso Marco, che stava terminando di caricare l’ultima grondaia, poi fratello e sorella salirono sul furgone e si diressero verso casa.

    I due coniugi chiusero il cancello del cortile a chiave e poi, vedendo che si era fatto quasi buio, raggiunsero la stalla per dare da mangiare ai cavalli. Dopo aver accudito gli equini, fatto la doccia e indossato vestiti puliti, andarono in cucina. Rita si mise subito dietro i fornelli a cucinare e Giacomo pensò ad apparecchiare e a portare le bevande a tavola. Quando la cena fu pronta, si sedettero a tavola l’una di fronte all’altro e mangiarono in un silenzio scandito solo dallo scroscio incessante della pioggia che si sentiva battere sul tetto della casa. Dopo cena lui si mise a guardare la televisione, sdraiato sul divano, mentre lei mise i piatti nella lavastoviglie e finì di rassettare la cucina. Vedendo che l’orologio sul camino segnava quasi mezzanotte, marito e moglie decisero di andare a dormire. Non fecero neppure in tempo a entrare sotto le coperte che subito dovettero rialzarsi perché sentirono Alì, un pastore tedesco di tre anni, addestrato per fare la guardia alla casa, abbaiare senza sosta. Rita

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