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Il killer
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E-book197 pagine

Il killer

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Le otto di mattina, una spiaggia sconfinata lungo l’oceano. L’avvocato Elliott Benay passeggia con il suo cane, come ogni domenica, in totale solitudine. A casa lo aspetta l’amatissima moglie Vivienne. All’improvviso appare un uomo, giovane, atletico, afroamericano. «Lei è l’avvocato Benay?» chiede. E alla conferma, lo aggredisce. Elliott è spacciato ma, mentre cade, riesce a reagire e lo colpisce a sua volta con un teaser.
Insieme alla corrente migra qualcosa d’altro. Elliott è a terra, morto, ma tutto il resto è vivo, dentro un corpo estraneo che contiene anche l’anima dell’altro.
Chi deve vivere e chi morire? Elliott vuole conoscere la verità sul suo omicidio, il killer vuole sistemare tutti i conti in sospeso.
Un thriller senza respiro, un’allegoria potentissima del luogo dell’anima dove i confini tra buono e cattivo sono liquidi, una storia che non dimenticherete più.
Il killer, che cosa faresti se i ruoli s’invertissero?
LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2021
ISBN9791280324122
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    About this Book

    Le otto di mattina, una spiaggia sconfinata lungo l’oceano. L’avvocato Elliott Benay passeggia con il suo cane, come ogni domenica, in totale solitudine. A casa lo aspetta l’amatissima moglie Vivienne. All’improvviso appare un uomo, giovane, atletico, afroamericano. «Lei è l’avvocato Benay?» chiede. E alla conferma, lo aggredisce. Elliott è spacciato ma, mentre cade, riesce a reagire e lo colpisce a sua volta con un teaser.

    Insieme alla corrente migra qualcosa d’altro. Elliott è a terra, morto, ma tutto il resto è vivo, dentro un corpo estraneo che contiene anche l’anima dell’altro.

    Chi deve vivere e chi morire? Elliott vuole conoscere la verità sul suo omicidio, il killer vuole sistemare tutti i conti in sospeso.

    Un thriller senza respiro, un’allegoria potentissima del luogo dell’anima dove i confini tra buono e cattivo sono liquidi, una storia che non dimenticherete più.

    Il killer, che cosa faresti se i ruoli s'invertissero?

    Questo libro è un'opera di finzione e, tranne che nel caso di fatti storici, qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è puramente casuale. È stato fatto ogni sforzo per ottenere le autorizzazioni necessarie con riferimento a materiale protetto da copyright, sia illustrativo che citato. Ci scusiamo per eventuali omissioni al riguardo e saremo lieti di rendere i riconoscimenti appropriati in qualsiasi edizione futura.

    Dedicato a Nicoletta, Daniele e Silvana:

    le mie coordinate in questa parte di Universo

    PROLOGO

    Dopo una folle corsa, alla massima velocità che le gambe gli consentivano, cadde in avanti sulla sabbia, stremato e senza respiro.

    Il cuore batteva come un martello, lo sentiva pulsare in gola e nella testa, e il suono che percepiva nelle orecchie sembrava un tamburo ovattato e impazzito. Aveva fame d'aria e ogni respiro produceva un rantolo, perché non riusciva a inserire ossigeno a sufficienza rispetto a quanto ne richiedevano i suoi polmoni in quel momento. Stremato e ansimante, si girò su un fianco e guardò il cielo, aspettando che il fiato ritornasse a un livello più regolare e il senso di soffocamento si attenuasse un po'.

    Era sconvolto, anzi, era scioccato per quanto era appena successo e la mente non era in grado di spiegare: niente di tutto quello che conosceva e aveva imparato nella vita poteva rispondere in qualche modo a quanto aveva vissuto non più di un quarto d'ora prima. Nessuna cosa era nell'ordine giusto, ed era tutto privo di logica.

    Restò immobile per qualche istante e poi, trovato il coraggio, alzò la mano per guardarla un'altra volta, ma ciò che vide lo scioccò di nuovo. Era nera. Non si era immaginato niente, non aveva sognato, semplicemente non la riconosceva perché quella pelle e quello stesso corpo non erano suoi. Ruotò sull'altro lato e una fitta di dolore esplose nella testa indicando la fonte del suo patire sul fianco sinistro. Abbassò il capo, si guardò il costato, e vide due piccoli fori all'interno di una bruciatura circolare sulla camicia bianca. Il tormento era atroce.

    Gemette, imprecò e con fatica si rialzò, ma anche in piedi tutto era diverso e vide che nulla quadrava rispetto alla sua solita prospettiva: le cose intorno a lui apparivano con una profondità diversa e fu allora che si rese conto che stava guardando il mondo da un'altezza di almeno venti centimetri superiore a quella a cui era abituato da ormai quarant'anni, da quando cioè aveva raggiunto il suo metro e sessantotto all'età di diciannove anni. Le gambe cedettero per l'orrore, si ritrovò nuovamente inginocchiato sulla spiaggia come davanti a un altare, e non riuscì a trattenere un urlo di disperazione. Era tutto vero. Era dentro un altro corpo, imprigionato in quello del suo assassino

    Si accasciò sulla sabbia e iniziò a piangere, genuflesso come un peccatore che in Chiesa chiede perdono a Dio.

    L’INIZIO 1.1 - L’AVVOCATO

    Passarono cinque minuti prima che riuscisse a trovare la forza e la volontà per risollevarsi in piedi. Il corpo tremava per l'orrore, il dolore e la fatica, ma la mente sconvolta aveva problemi più seri da affrontare, perché ancora non aveva realizzato quello che era successo.

    Si guardò un'altra volta le mani e non le riconobbe, allora si domandò chi fosse e la risposta gli venne naturale come respirare: Elliott, un avvocato di cinquantanove anni, benestante, anzi discretamente ricco, con un unico amore di nome Vivienne, più giovane di lui di ventisei anni, conosciuta solo tre anni prima. Lei era testimone di un processo di cui lui era l’avvocato della difesa. Si erano sposati tredici mesi dopo. Una vita regolare, tranquilla e borghese, di cui era soddisfatto.

    Cos'era avvenuto? Nonostante fosse in pieno panico, si sforzò di ragionare e riavvolse la memoria come un nastro, per cercare di ricordare ogni cosa, senza tralasciare alcun particolare, per capire l'esatta sequenza degli avvenimenti che lo avevano portato in quella situazione. Tornò a venti minuti prima, su quella stessa spiaggia, ma a circa due chilometri di distanza da dove si era accasciato, insieme a Tom, un Labrador di cinque anni che portava a correre lì ogni domenica.

    Il sole non era ancora alto in cielo, erano solo le 7.30 e la spiaggia era completamente deserta. Per questo sceglieva sempre la domenica a quell’ora. I gabbiani in cielo e il rumore di fondo della risacca lo rigeneravano tutte le volte, ed erano in grado di cancellare lo stress e la noia che accumulava durante la settimana.

    Tom correva a riprendere la sua palla da baseball preferita, quella autografata da Hunter Pence dei San Francisco Giants, che Elliott gli lanciava tra le onde: papà lanciava e Tom solerte la riportava, con quell'espressione tenera e un po' stupida che aveva sempre, sin da cucciolo. Era molto concentrato, mentre giocava con il cane, con i pensieri che viaggiavano veloci e tutti rivolti a quello strano caso di omicidio e a quel losco individuo che avrebbe dovuto difendere l'indomani: alcune cose non gli quadravano nella ricostruzione che aveva reso spontaneamente alla polizia, ma lui era l'avvocato difensore e sarebbe toccato all'accusa confutare le dichiarazioni con quelle che erano le evidenze. Stava pensando a come porre le domande al suo assistito, nel momento in cui lo avrebbero condotto alla sbarra a deporre, e mandava al contempo la palla verso il mare, senza quasi rendersene conto, incitando il proprio amico a quattro zampe a tuffarsi tra i flutti per recuperarla, quando una voce alle sue spalle lo riportò di colpo alla realtà.

    «Avvocato Benay? Avvocato Elliott Benay?» urlava da distante.

    Si voltò e vide un giovane nero di circa trent'anni, alto non meno di un metro e novanta, che gli veniva incontro con un sorriso disarmante, quasi fluttuando con eleganza sulla sabbia, nonostante corresse. Da quella distanza non gli sembrò di riconoscere la voce e neppure il volto, anche se non era mai stato bravo a ricordare i lineamenti delle persone (e questa sua mancanza, in passato, gli era stata spesso causa di imbarazzo) e quindi attese, senza dire nulla, che si avvicinasse.

    Notò subito che era di una bellezza straordinaria, sia per l'armonia del volto che per il fisico muscoloso, che sembrava esplodere da sotto la camicia. Ma anche quando lo guardò più da vicino non gli risultò famigliare e, nonostante l'espressione amichevole, c'era qualcosa in lui che stonava e che lo mise subito in allarme. L’abbigliamento, forse, un completo nero con una camicia bianca, senza cravatta, e un paio di scarpe da almeno trecento dollari, di certo non adatte per camminare sulla spiaggia.

    «Avvocato Benay?» chiese ancora una volta il giovane man mano che si avvicinava.

    «Si, sono io. Lei chi è?» domandò Elliott

    «Mi chiamo Garrell e ho bisogno di riferirle una cosa.»

    «La ascolto. E comunque è curioso come lei mi abbia trovato in questa landa desolata», osservò l'avvocato con diffidenza.

    «Sì, mi perdoni se la disturbo a quest'ora, e di domenica, ma è stata sua moglie a dirmi dove avrei potuto trovarla», si giustificò allungandogli la mano tesa con un sorriso aperto come una persiana spalancata, quasi lo conoscesse da sempre.

    Elliott di riflesso cercò di fare altrettanto, ma, appena si avvicinò, venne colpito in pieno volto da un pugno, sferrato con forza e precisione.

    Stramazzò indietro, in maniera goffa e si trovò a terra a guardare il cielo, confuso e impaurito, mentre quell'idiota di Tom abbaiava alla palla da baseball in mezzo alle onde.

    Non ebbe neppure il tempo di risollevarsi.

    Il tizio si chinò sopra di lui e lo immobilizzò mettendo le ginocchia sulle sue braccia. Inchiodato sulla sabbia, con almeno cento chili che premevano sugli arti, Elliott udì quello sconosciuto pronunciare quelle che non sapeva sarebbero state le ultime parole che avrebbe sentito in vita, almeno con quelle orecchie.

    «Senza rancore avvocato, è solo il mio lavoro.»

    Non ebbe modo di ragionare, di capire cos'era precipitato nella sua vita in poco meno di due minuti, percepì solo sensazioni fisiche e nessun pensiero: venne afferrato per la gola e sentì una morsa stringergli il collo. L'aria non entrava più.

    La sua mente iniziò a roteare in una capriola di luci e confusione, mentre il panico gli spegneva la lucidità. Si rese conto che le ombre si stavano alzando all'esterno della sua visuale ma il colore bianco stava invadendo il centro della sua mente. Il mondo vacillò, i rumori si abbassarono piano piano, come una radio che smette di trasmettere mentre le batterie si esauriscono.

    Tutto si allontanava, anche quel latrare cadenzato di Tom; tutte le sensazioni vitali stavano lasciando il suo Io razionale e ricettivo.

    La vertigine si chiuse in cerchi sempre più stretti e stava per restituire l'anima a Dio, quando si rese conto, con le ultime gocce di razionalità che gli restavano, che la sua mano destra riusciva ad arrivare alla tasca del giubbotto. Senza pensare, senza ragionare, senza alcuna idea, mosso dal mero spirito di sopravvivenza, estrasse la pistola elettronica. La portava sempre con sé, da due anni, dopo che era stato aggredito, per fortuna senza conseguenze estreme, dal fratello di Timoty Hyron, un omicida finito sulla sedia elettrica sei anni prima.

    Con le ultime forze, nell'ultimo secondo di vita, mentre tutto intorno diventava buio, e il mondo conosciuto fino ad allora cessava di esister, Elliott Benay premette il grilletto.

    Una scarica da cinquantamila volt investì il corpo di Garrell.

    Buio.

    Assoluto.

    Nessuna percezione dei sensi, ma solo la sua mente lucida, lucidissima. E poi quella spinta in avanti, come se fosse diventato un treno che correva, anzi un aereo, un razzo. Aveva la sensazione di una velocità enorme, non umana, che lo proiettava in avanti verso il centro di un abisso nero, al fondo del quale qualcosa lo attendeva.

    Non provava nessuna paura.

    Poi di colpo percepì un arresto improvviso, ed ebbe la sensazione di tornare a ritroso, quasi stesse precipitando dentro sé stesso, dentro la propria razionalità e tornasse al principio di tutto, come se si avvitasse, dirupando nell'infinito. E quando raggiunse il fondo di quella vertiginosa caduta all'indietro un bianco intenso, accecante, gli esplose nella mente, restituendogli tutte le capacità sensoriali umane.

    Lentamente, senza respiro, aprì gli occhi e vide il cielo azzurro di una domenica mattina di inizio ottobre. Sentì le onde che si rovesciavano sulla spiaggia e un lontano abbaiare, in cui riconobbe la voce di Tom e finalmente inalò quella boccata di aria, per tornare ad abbeverarsi alla vita

    Rimase a terra per qualche istante, poi si alzò a fatica e si guardò intorno: era sulla sua spiaggia, quella di tutti i fine settimana, isolata e splendida come la ricordava, dove i gabbiani garrivano in cielo e il mare discorreva tra sé e sé borbottando e sciabordando sulla battigia.

    Cos'era successo? Era stato aggredito, da quel tipo, come si chiamava? Garrell. E dov'era andato? E come aveva fatto a liberarsi da lui?

    Sì voltò di scatto, di nuovo in preda al panico e vide un uomo a terra, di razza bianca. Riconobbe subito sé stesso, come in uno specchio, con quella sensazione di estranea familiarità che avvertiva quando, seduto sul divano con Vivienne nelle sere d'autunno, si rivedeva nel filmato del matrimonio.

    Quella che era stata la sua mano stringeva la pistola elettronica, da cui partivano due fili metallici che finivano dentro al suo corpo.

    Al suo nuovo corpo.

    Urlò, e fu un grido di terrore, per essersi visto morto su quella spiaggia; si strappò via i fili con una manata, si alzò e iniziò a correre verso il faro abbandonato che vedeva in lontananza, mentre quello stupido cane sembrava non essersi accorto di niente e continuava a crogiolarsi dentro l'acqua del mare con la sua pallina autografata in bocca.

    Elliott corse, corse velocissimo, senza risparmiarsi, come se avesse il diavolo che lo inseguiva per cavargli gli occhi, finché dopo un paio di chilometri non cadde in avanti, e atterrò in quella landa totalmente isolata.

    Tornò al presente. Mettere in ordine gli eventi non era servito.

    Cosa diavolo era successo? Cosa faceva il suo Io dentro quell'uomo? A quel solo pensiero l'orrore gli diede un colpo allo stomaco che gli procurò nausea e panico, e si voltò a vomitare. Si impose di non cadere in una crisi isterica e iniziò a respirare a fondo, lentamente, inspirando ed espirando con molta, moltissima calma, e provò a ragionare, ora che aveva ricordato tutto quello che era successo.

    Dunque, come stavano le cose? La sua coscienza, la sua mente, il suo vedere ciò che lo circondava erano sempre gli stessi e fino a lì non c'era niente di anormale.

    Aveva la consapevolezza di essere il brillante avvocato Elliott Benay, ma se osservava il suo corpo ciò che vedeva gli era totalmente estraneo, anzi orribilmente estraneo, gli dava una

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