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Deep Web
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E-book252 pagine5 ore

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Info su questo ebook

Maurizio è un cassiere che di notte fa il killer.
Lorenzo un hacker che viole le identità digitali altrui.
Alessandra una maestra che combatte l'emicrania con la marijuana.
Massimo un portiere che deve fronteggiare lo stalker della sua fidanzata.
Quattro vite molto diverse legate da un unico filo conduttore: il Deep Web, un mondo sommerso dove ogni cosa è lecita, gli affari illegali prosperano e la moneta di scambio è il Bitcoin.
 
Riusciranno a emergere dai meandri della rete o finiranno per annegarci dentro?
LinguaItaliano
Data di uscita7 gen 2020
ISBN9788898585854
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    Anteprima del libro

    Deep Web - Gianluca Malato

    mezz’ora.

    2.

    Lorenzo sistemò le cuffie bluetooth agganciandole ai padiglioni auricolari. In quel freddo pomeriggio d’inverno, nella sua stanza in un appartamento affittato in Piazza Bologna, si era isolato completamente dal mondo. In casa non c’erano i suoi coinquilini, solo lui e gli altri giocatori di Urban Terror.

    La modalità Capture the flag era la sua preferita. I giocatori si dividevano in due squadre. L’obiettivo era rubare la bandiera dal quartier generale della squadra rivale e portarla nel proprio.

    La mappa scelta per quella partita era Riyadh. Lorenzo l’amava. C’erano dune di sabbia e alcuni edifici in cui era facile nascondersi, oltre a un muro semidistrutto che divideva le due parti della mappa, perfettamente simmetriche.

    Con il nickname di Pliskeen88, cominciò a percorrere le vie del gioco osservando i compagni attraverso la soggettiva del suo personaggio. L’armamento che aveva scelto era lo stesso di sempre: fucile automatico AK-47, mitraglietta H&K da .45 mm, pistola Beretta e bombe a mano. Come dotazione di sicurezza di solito usava un giubbotto antiproiettile, ma quella sera aveva preferito un elmetto. C’era un certo Devastator, un tedesco, che era bravo a sparare alla testa, e in Urban Terror ci vuole poco per morire e ripartire dalla base.

    Per fortuna anche lui era bravo a sparare alla testa, per questo i suoi compagni gli avevano dato espressamente l’ordine di mettersi sulle sue tracce.

    Lorenzo si avviò verso il centro della mappa, dove c’era il muro semisepolto dalle dune, ma dal quale era possibile vedere attraverso delle brecce.

    Proprio attraverso una di queste fessure, mentre era acquattato e quasi invisibile, vide i nemici avvicinarsi ai suoi compagni mentre tentavano di attraversare il campo da un lato.

    Aveva già inquadrato uno degli avversari nel mirino a croce, quando il suo personaggio venne sbalzato via.

    Merda pensò ringhiando.

    Quella sera, Devastator non aveva scelto armi da assalto, ma un fucile da cecchino. E se era riuscito a ucciderlo con un colpo solo, vuol dire che stava usando l’SR-8, il fucile di precisione più potente.

    Strinse le labbra, infuriato. Entro pochi minuti avrebbe dovuto mettersi a lavorare e non aveva previsto di combattere contro un cecchino. Sperava che la partita si sarebbe risolta in uno scontro a fuoco in campo aperto, ma il fatto che adesso doveva fronteggiare un nemico invisibile scombinava tutti i suoi piani.

    Guardò l’orologio. Cercare un cecchino in quella mappa era un’impresa disperata. Era vero che c’erano parecchi nascondigli possibili, ma saranno stati già tutti presidiati da uomini armati a difesa del cecchino e della bandiera.

    Vagliata bene la cosa, aprì la chat e scrisse a tutto il team.

    Pliskeen88: ragà, qua la situazione è seria. Devastator ha un fucile da cecchino. Non credo di farcela.

    Gli rispose AntilopeDiGuerra, un cecchino esperto che di solito si metteva in posizione avanzata spostandosi sulla mappa ogni due o tre uccisioni, per non farsi scoprire.

    AntilopeDiGuerra: si, ho visto. Tranquillo, è affare mio. Se devi andare, vai pure.

    Fu con rammarico che Lorenzo lasciò la sessione di gioco. Sperava sinceramente di far fuori quel tedesco una volta per tutte, ma considerando gli impegni di quella sera, non poteva perdere tempo.

    Sarà per la prossima, crucco pensò con un ghigno sul volto.

    Tolse le cuffie bluetooth e chiuse Urban Terror.

    La finestra del gioco lasciò il posto a un desktop disordinato e pieno di icone. Sullo sfondo, un fotogramma da uno dei film della saga del Signore degli Anelli.

    Aveva visto quel film qualche anno prima e, come per tutti i nerd under 30 come lui, era diventato una specie di religione.

    Aprì Tor Browser e si connetté alla pagina di Silk Road. Lesse l’ultimo messaggio, così da esser sicuro di averlo capito bene.

    Il suo account Facebook è alessandra.vona.86. Voglio la password entro la fine della settimana. 1 bitcoin subito, i rimanenti 0.3 a lavoro finito.

    Lorenzo guardò il suo wallet di bitcoin sul telefonino e verificò l’accredito. Chiuse Tor e si mise subito all’opera.

    Per uno come lui, che aveva acceso il suo primo computer a 3 anni, il lavoro nell’informatica era stato una scelta obbligata. Ma fare lo sviluppatore di app per una piccola società non era poi così eccitante come aveva creduto. Turni massacranti, lavoro anche nel fine settimana per rispettare le date di consegna, tonnellate di straordinari e mai uno straccio di aumento di stipendio oltre i 1000 euro al mese con contratto da apprendistato a 3 anni.

    Un giorno, in un forum, sentì parlare del Deep Web e delle possibilità di guadagno che offriva, e aveva subito colto la palla al balzo. Con le sue conoscenze, poteva guadagnare ben più di quanto avrebbe mai ottenuto come programmatore.

    Fece doppio click sull’icona di un servizio di VPN, inserì nome utente e password e in meno di un attimo si trasformò, agli occhi di Internet, in un computer sperduto a Singapore.

    Quando accedeva alla sua botnet preferiva avvalersi di uno strato di sicurezza in più mediante una VPN.

    Aprì un client IRC e accedette a un server nascosto al quale erano collegati centinaia di ignoti utenti in tutto il mondo. Ognuno di essi aveva installato, a sua insaputa, una specie di virus che permetteva a Lorenzo di controllare il loro computer e fargli fare ciò che voleva senza che il proprietario se ne accorgesse. Questo era ciò che gli hacker chiamavano botnet.

    Un paio di comandi di testo e i bot installati in mezzo mondo cominciarono a tempestare Facebook con centinaia di richieste di accesso all’account di alessandra.vona.86. Ogni programma tentava di accedere mediante password incluse in una lista, e i computer più veloci tentavano diverse combinazioni al secondo.

    Ogni bot faceva una pausa di qualche decina di secondi ogni tanto, altrimenti i sistemi di sicurezza di Facebook si sarebbero attivati e avrebbero bloccato l’account per impedire altre intrusioni.

    Con un attacco coordinato in tutto il mondo, come quello che stava mettendo in pratica Lorenzo, era possibile scoprire la password di qualcuno in 2 giorni.

    Lorenzo monitorò alcuni parametri dei bot e si rilassò. Quella botnet gli costava 0.2 bitcoin al mese. Gli era stata messa a disposizione da alcuni hacker che la noleggiavano, tipicamente per attacchi DDoS finalizzati, di solito, a bloccare siti web. All’occorrenza si trasformava in un eccellente motore di calcolo per scoprire le password di qualsiasi servizio web.

    Lorenzo scorse le aste di Silk Road per qualche istante, poi venne distratto da una notifica sul telefonino.

    Alice: Ciao :) Ti va se vengo ora?

    Lorenzo sorrise teneramente.

    Lorenzo: Ciao! Si, certo. Vieni pure ;)

    Gli scappò una risatina. Le virgolette non erano state casuali.

    Alice: spiritoso :D passo tra dieci minuti.

    Lorenzo chiuse il portatile e si andò a fare una doccia con il bagnoschiuma al muschio che ad Alice piaceva tanto.

    Uscì dal bagno appena in tempo per sentire il citofono.

    Quando aprì la porta, una ragazza di 25 anni di media altezza, bionda e con i capelli corti, gli sorrise.

    «C’è qualcun altro, in casa?»

    «No. Giovanni e Mauro sono via. Siamo completamente soli.»

    Le ultime parole le aveva scandite bene, come per sottolinearle.

    «Ottimo» replicò Alice mettendo piede nell’appartamento.

    La ragazza aveva una piacevole aria acqua e sapone. Niente trucco, ma non ne aveva particolare bisogno. Gli occhi azzurri si incurvavano leggermente quando sorrideva. Nello zaino aveva dei libri di arte e il maglione metteva in risalto la forma del seno piccolo.

    All’apparenza, sembrava una ragazza seria ed educata, quasi timida. Quando entrarono nella camera di Lorenzo, però, un lampo di maliziosa sensualità si accese nei suoi occhi.

    Prese il colletto del ragazzo e lo tirò a sé fino a premergli le labbra contro le sue. Lorenzo sentì la lingua umida e flessuosa di lei scavare nella sua bocca con frenesia.

    Quel bacio appassionato lo lasciò senza fiato.

    «Ma da quant’è che non…» non fece neanche in tempo a finire la frase. Alice lo spinse di scatto e Lorenzo cadde di schiena sul letto.

    Il viso di lei era deformato da una passione incontenibile. Della ragazzina timida di qualche istante prima non rimaneva nulla. Ora c’era solo una giovane donna affamata di sesso.

    Con movimenti frenetici tolse il maglione e la maglietta, rivelando un reggiseno bianco che slacciò con disinvoltura.

    La vista di quei seni piccoli ed eleganti eccitò subito Lorenzo. Aveva sempre preferito i seni piccoli alle tette giganti. Li trovava più belli e aggraziati.

    Impaziente, Alice slacciò i pantaloni e sfilò le mutandine.

    Ansimava in preda alla fretta. Lorenzo aveva cominciato a togliersi la felpa, ma Alice si era avventata su di lui e gliel’aveva sfilata quasi con violenza. Poi, sempre più fremente, aveva tentato di slacciare la cinghia dei pantaloni, ma le mani le tremavano e non riuscì ad aprire la fibbia.

    Lorenzo la aiutò e lei, come un fiume in piena, gli sfilò pantaloni e boxer insieme.

    Il respiro le si fece più affannoso, ormai tremava completamente per la foga.

    Si mise in ginocchio sopra Lorenzo, prese in mano la sua erezione e la fece entrare dentro di sé.

    Prima che Lorenzo aprisse bocca, Alice lo anticipò. «Tranquillo, sto prendendo la pillola.»

    Lorenzo annuì. Nessuno dei due aveva malattie trasmissibili per via sessuale, anche perché erano fedeli l’uno all’altra. I patti dovevano essere chiari, tra due che condividevano solo il letto e nient’altro.

    Quando Lorenzo entrò dentro Alice, lei si calmò all’istante, come se aver finalmente ottenuto ciò che desiderava le avesse dato la pace.

    Lorenzo le sorrise e prese i seni di lei tra le mani. Ciò che seguì fu mezz’ora del più bel rapporto che avessero avuto da mesi.

    Quando si staccarono, erano entrambi sudati ed esausti. Fuori aveva cominciato a cadere una lieve pioggia che picchettava sui vetri.

    Lorenzo guardò Alice, che era ritornata a essere la studentessa d’arte di sempre.

    «Sei stata bene?»

    «Sì, grazie» rispose lei con un sorriso quasi timido.

    «Era da un po’ che non lo facevamo.»

    «Lo so, scusami. Purtroppo mia madre mi ha voluta al paese da lei dopo la morte di mia nonna. Non me la sentivo di lasciarla sola.»

    «Hai fatto bene, non preoccuparti.»

    Lei si girò verso di lui e lo circondò con un braccio. Poi gli schioccò un bacio sulla guancia e gli carezzò la barba con le dita.

    Lorenzo le fermò la mano con dolcezza. «Alice, lo sai che non si può.»

    Lei si fermò un momento, quasi l’avessero colta in flagranza di reato. «Scusami, a volte mi lascio troppo andare.»

    «Non fa niente, ma sono le regole. Solo sesso, nient’altro.»

    Alice si staccò da lui e si mise a sedere sul letto. Raccolse i vestiti e cominciò a rivestirsi.

    «Non possiamo estendere la regola a qualche coccola dopo?»

    Lorenzo la imitò e cominciò a rivestirsi anche lui. «Ne abbiamo già discusso. Se ci facessimo le coccole sarebbe come se stessimo insieme.»

    Alice non replicò. Lorenzo sapeva che la sua amica aveva bisogno di emozioni e sensazioni umane, ma sapeva anche che se fossero andati oltre il semplice sesso poteva nascere qualcosa tra loro che forse era meglio evitare.

    Quando si fu rivestita, Alice si voltò verso di lui. «Secondo te sono una ninfomane?»

    Lorenzo scoppiò a ridere. «Ma perché dici così?»

    Alice distolse lo sguardo, quasi imbarazzata. «Per come ti salto addosso ogni volta.»

    «Assolutamente no» la rassicurò Lorenzo. «Sei passionale e ti lasci andare, non sei malata.»

    Lei gli lanciò uno sguardo carico di bisogno di approvazione e lui rispose con un sorriso che sembrò tranquillizzarla.

    «Ora vado. Mi vedo con Michela. Giovedì abbiamo l’esame.»

    Lorenzo la accompagnò alla porta e la salutò con un bacio sulla guancia. Poi ritornò a essere solo in casa.

    Quando si avvicinò al computer sobbalzò. La botnet aveva già trovato la password Facebook di alessandra.vona.86.

    «Però, che record!» esclamò ad alta voce.

    La parola chiave era inganno86. Banale. Qualsiasi attacco a dizionario sarebbe stato in grado di trovarla in poche ore.

    Non provò ad accedere. Meno si toccava l’account da hackerare e meglio era. L’aveva imparato leggendo le esperienze di altri hacker in rete.

    Copiò la password e la incollò nella casella di posta su Silk Road, in risposta al suo cliente.

    Terminato il lavoro, si ritrovò magicamente senza niente da fare. Un incarico terminato e una scopata gli avevano svuotato il pomeriggio.

    Aprì Urban Terror. Forse poteva ancora entrare nella partita e sperare di sconfiggere quel bastardo di Devastator.

    3.

    Il gabbiotto del condominio a San Giovanni era piccolo per un uomo della sua taglia, ma Massimo aveva imparato a starci abbastanza comodamente senza troppi problemi. Una semplice tenda era la barriera che divideva la guardiola del portiere da casa sua e quindi, anche se a volte stava un po’ stretto, sentiva di avere tutto sotto mano.

    Il tempo passava lentamente, in quel mattino piovoso.

    Arrivò il corriere e si avvicinò a lui. Una firma, un saluto spiccio e poi era sparito. Il pacco che gli aveva consegnato era di Filotti, un signore divorziato che abitava al quarto piano e che lavorava di pomeriggio.

    Non c’erano segnali che gli facessero intuire il suo contenuto, come ogni volta.

    Lo ripose in un angolo. Il signor Filotti l’avrebbe ritirato più tardi.

    Guardò l’orologio e si stupì che fosse già mezzogiorno.

    Prese il portatile e aprì la piattaforma di trading online. Cominciò col dare un’occhiata ai grafici giornalieri del cambio euro dollaro.

    Annuì soddisfatto. La trendline ribassista reggeva molto bene.

    Passò al grafico a 4 ore e osservò la candela giapponese delle 8, appena conclusa, seguita da una timida macchiolina che sarebbe diventata la candela delle 12.

    Quella delle 8 era una pin-bar, più precisamente una inverted hammer. Un piccolo martello dal manico molto lungo, con la testa che puntava verso il basso.

    In un trend ribassista era solitamente un segnale di forza a favore del trend. Infatti, questa candela compariva al termine di un piccolo movimento al rialzo preceduto da un più ampio movimento ribassista.

    Massimo aprì lo strumento che disegnava i ritracciamenti di Fibonacci e connetté l’inizio dello swing ribassista con la sua fine, proprio prima che il cambio salisse di nuovo.

    Annuì soddisfatto. La coda superiore della candela (il manico del martello, come la chiamava lui), toccava il livello di Fibonacci 61,8%. A Massimo non serviva altro per prendere una decisione.

    Segnò il valore del cambio all’apice della candela e aprì la maschera di immissione dell’ordine. Inserì quel valore nel campo stop loss e cambiò il numero di lotti in modo tale che il rischio fosse di 200 euro. Poi cliccò su short.

    Vide la posizione aprirsi nel portafoglio e il suo controvalore evolvere. Prima era negativo a causa dello spread, ma poi cominciò a risalire fino a diventare positivo.

    Soddisfatto, guardò gli altri strumenti finanziari, ma non vide alcun segnale di ingresso.

    Chiuse la piattaforma di trading e si accomodò sulla poltrona. Con il suo stipendio da portiere, che superava di poco i 1000 euro, aveva dovuto inventarsi un modo alternativo di guadagnare soldi. Considerati i tempi morti nel suo lavoro, il trading era l’ideale.

    Prese la settimana enigmistica dal tavolo e cercò una definizione.

    7 verticale: si usa per piantare i chiodi.

    Sorrise. Dopo il segnale di trading che aveva avuto prima, gli sembrava quantomeno ironico essersi imbattuto in quella definizione.

    Non fece quasi in tempo a scrivere, perché una bellissima ragazza aveva messo piede nell’atrio.

    Era una giovane dell’est Europa; non più di 25 anni, alta e bionda, snella, ma con forme provocanti.

    I suoi occhi azzurri si piantarono su di lui e Massimo rimase imbambolato.

    La ragazza si avvicinò con fare deciso e un incedere sensuale, lento e risoluto.

    «Scusi» esordì con un inconfondibile accento rumeno «lei lo sa che è il portiere più sexy del mondo?»

    Massimo sorrise e quasi arrossì, imbarazzato.

    «Posso darle un bacio?» continuò la ragazza.

    «Vieni qua, tu» replicò Massimo, entusiasta.

    Lei aprì la porta accanto al gabbiotto e in un attimo gli fu sulle ginocchia, le braccia intorno al suo collo e le labbra premute sulle sue.

    Massimo la abbracciò forte e le accarezzò i capelli. «Come stai, tesoro?»

    «Un po’ stanca, ma adesso bene.»

    Quando si sciolsero dall’abbraccio, lei non voleva saperne di scendere dalle sue gambe.

    «Dai, Domnica, potrebbe vederci qualcuno» protestò Massimo a bassa voce.

    «E allora?» replicò lei, provocante. «Ti vergogni di amare una ragazza rumena di dieci anni più giovane di te?»

    «Non è questo. È che qualcuno potrebbe mettere in giro delle chiacchiere.»

    Domnica scese, ubbidiente. Sapeva che a Massimo provocava imbarazzo la sua presenza sul lavoro. Forse era cominciato quando Mario Arona, il milanese del settimo piano, le aveva scoccato un’occhiata carica di doppi sensi, per poi lanciare verso di lui uno sguardo carico di risentimento. A Massimo non era mai piaciuto, quel tizio. Tanto meno aveva gradito come aveva guardato la sua Domnica.

    «Ero passata per farti un saluto» disse lei, cambiando discorso. «Quando stacchi?»

    «Tra un’ora.»

    «Ti

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