Certi capivano il jazz
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Info su questo ebook
Andrea perse la verginità da domande molto precocemente. A quattro anni. Gli deflorò il cervello facendo leva sulla sua voglia di sapere. Gli aprì la mente, sciancandola come le cosce di una liceale. La curiosità lo porta alla scoperta della vita in tutti i suoi aspetti. Scopre l'arte e se ne innamora perdutamente. Rimane affascinato dal jazz, prova a strimpellarlo ma si accorge di non sapere bene che senso dare alle note, allora imita: diventa un ragazzo-scimmia del jazz.
Più cresce, più aumentano le sue esperienze e più capisce che vita e arte sono collegate, che la vita la si può riversare nell'arte e, tramite questo travaso, smettere di imitare. Iniziare a creare. Certi capivano il jazz è la storia di come Andrea capì che cos'è veramente l'arte.
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Anteprima del libro
Certi capivano il jazz - Raffaele Montesano
Scena
Una camera da letto: un comodino con dei libri sopra; un grosso tappeto occupa gran parte del pavimento; in primo piano c’è una scrivania con una candela, dei fiammiferi e molti libri tra cui un vocabolario. La scrivania è messa leggermente in diagonale rispetto alla linea di quinta. Dietro la scrivania c’è una sedia.
Canzone: Sotto le stelle del jazz. Finisce a sfumare. Si apre il sipario. L’attore è seduto alla scrivania.
Ci avete mai fatto caso che gli spicchi del mandarino sono sempre dispari?
Cioè, nella vita avrò mangiato centinaia di mandarini; mi piacciono.
Centinaia di mandarini tutti a spicchi dispari.
Me ne sono accorto perché ho l’abitudine di masticarne uno con i denti di destra e uno con i denti di sinistra.
Alla fine i conti non tornavano mai.
Non è mai capitato, che so, che fossero: quattro e quattro; tre e tre; cinque e cinque.
No. Gli spicchi sono sempre dispari.
Ora, già lo so: appena andrete a casa vi verrà voglia di verificare personalmente questa cosa.
Vi metterete lì, con la vostra cesta di mandarini, e conterete.
«Dispari, dispari, dispari».
Magari qualcuno di voi troverà addirittura un mandarino a spicchi pari. Allora gli verrà voglia di venire in teatro a sbugiardarmi davanti a tutti.
Per fortuna mia, i mandarini pari sono rari. Inoltre, si possono scovare soltanto mangiandoli.
Quindi l’unica prova della loro esistenza viene ingoiata dallo scopritore.
Ora voi mi direte: «Contiamo gli spicchi sul tavolo, senza mangiarli».
Giusto! Mi avete fregato.
Però mettetevi nei panni – anzi, nella scorza – del povero mandarino pari. Non solo è la pecora nera – anzi, pari
– della famiglia, deve anche subire l’umiliazione di essere sbucciato senza poi essere mangiato.
Gli neghereste praticamente il suo scopo vitale.
A mio parere, i mandarini hanno un unico dovere e un unico diritto.
Hanno il dovere di essere gustosi e il diritto di poterlo dimostrare.
Un giorno farò una massiccia campagna di sensibilizzazione verso i diritti e i doveri del mandarino.
Per ora mi limito a usarlo come pretesto per iniziare la storia che vorrei raccontarvi.
La mia storia inizia con un mandarino a spicchi dispari.
Un modo come un altro per dire che la vita è piena di cose curiose. Tipo: i gemelli siamesi, i dejà vu, i capelli di Bob Marley, i quadri di Picasso, la mamma di Freud e così via…
La vita è piena di cose curiose, di conseguenza è meglio viverla con curiosità.
Secondo me, la curiosità è la voglia che ti viene di mettere la mano sul fuoco per vedere che effetto fa.
Apri il palmo, allunghi il braccio, tocchi la fiamma e ti scotti.
Così hai imparato che col fuoco ci si brucia. Ti ha fatto male, ma in fondo sei contento di aver imparato qualcosa.
E se la prima volta, nonostante il dolore, capisci che ci provi gusto nell’imparare, allora è fatta: la vita è tua.
E ne troverai di fuochi da dover toccare, ti scotterai parecchio.
Però alla fine sarai contento.
Imparare è soprattutto una questione di masochismo.
Apri il palmo, allunghi il braccio, tocchi la fiamma e ti scotti. E poi dopo sai che effetto fa, qualsiasi cosa.
Fiamma su fiamma ti fai una bella esperienza cotta a puntino, rosolata.
Pausa
Quella che vi voglio raccontare è la storia della mia curiosità: di come l’ho scoperta, di cosa mi ha fatto fare e di dove mi ha portato.
La curiosità fa male al fisico ma bene all’anima.
Il mio primo incontro con la curiosità lo ebbi a quattro anni.
A quattro anni stavo per perdere una delle mie due verginità.
Già, perché secondo me l’uomo ha due tipi di verginità: quella