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Cento Giorni
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E-book447 pagine6 ore

Cento Giorni

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Info su questo ebook

Alex, dopo un curioso incidente, acquisisce alcune particolari facoltà che lo portano, suo malgrado, a vivere in costante equilibrio fra due diverse realtà. Attraverso una serie di circostanze apparentemente casuali legate a questo suo nuovo “dono”, si trova coinvolto in qualcosa di molto più grande di lui e seguendo il filo degli avvenimenti apprenderà una verità che, una volta scoperta, non potrà più né ignorare né tantomeno negare e che modificherà drammaticamente l’intero corso della sua vita. Durante un periodo di cento giorni, in cui passato, presente e futuro si mescoleranno e modificheranno, e in cui nulla è realmente come appare, Alex dovrà coraggiosamente seguire la sua strada cercando di modificare l’apparente ineluttabilità del proprio destino.
LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2017
ISBN9788856783636
Cento Giorni

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    Anteprima del libro

    Cento Giorni - Alberto Cutolo

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8363-6

    I edizione elettronica giugno 2017

    A Romano, Albertina, Alessandro e Cristina

    Il futuro è di chi sa, non di chi ha

    I – Storia di Alex

    Ricordo che quel giorno il riverbero del sole sulla visiera del casco rendeva la strada quasi invisibile e mi obbligava, a bordo del mio scooter e per di più con la chitarra a tracolla, a un’andatura veramente limitante.

    Ero, come sempre, terribilmente in ritardo a causa della mia smodata passione per il cibo che mi aveva tenuto incollato al tavolo fino a venti minuti prima; Gianni si sarebbe arrabbiato, a me sarebbe nuovamente toccato scusarmi e, come sempre, non avrei potuto evitare di chiedermi perché non posticipare le prove di un’ora invece di vivere sempre la solita triste pantomima.

    Non avevo neppure studiato le nuove parti e, presto o tardi, gli altri mi avrebbero buttato fuori dalla band se non mi fossi dato una bella regolata.

    Il problema era che in fondo a me non interessava molto la band e, se non fosse stato per la cerchia di amici che ci girava attorno, forse sarei stato io stesso a decidere di andarmene.

    Mah, intanto sono quasi arrivato, come faceva quel riff? E non mi ricordo neppure il testo... speriamo bene!

    «Ciao Gianni, scusa il ritardo, questo maledetto sole».

    «Sì, certo, il sole, muoviti che abbiamo già montato tutto, ho avuto un’idea per il brano nuovo».

    «Ah, grande, hai trovato lo special¹?».

    «Sì, più o meno, per adesso solo un’idea, bisognerà lavorarci».

    «Intanto mi preparo...».

    Cazzo, ho dimenticato la borsa con i cavi...

    «Carlo, non hai un jack² in più e un cavo per il microfono, sono uscito di fretta e mi sono dimenticato tutto, a ‘sto giro Gianni mi ammazza».

    «Guarda nella mia borsa, dovrebbero esserci dei cavi in più».

    «Grande! Allora... jack per la chitarra e canon³ per il microfono, ecco qui, meno male».

    «A posto, accendi pure che partiamo. Andre, chiama Gianni che è fuori a fumare!».

    «Vado».

    Tutto sembrava normale, una tranquilla giornata di prove con la band e inoltre Gianni era di buon umore, non si era neppure incazzato con me com’era solito fare.

    «Andre, dai il quattro che partiamo a suonare!».

    Un bel tiro, anche i volumi azzeccati.

    Sta per partire la strofa, me la ricordo

    Allungai la mano destra per afferrare il microfono...

    Bianco.

    Dolore.

    Buio.

    Mi risvegliai in un letto d’ospedale, avevo le labbra secchissime e tanta sete, ma che cacchio era successo?

    Mia madre stava parlando con un medico, di fronte a me, ancora ignara del fatto che mi fossi svegliato, la chiamai.

    «Mamma, mamma...».

    «Ti sei svegliato, tesoro? Grazie a Dio. Potevi morire, te ne rendi conto? Come ti senti adesso?».

    «Ma che è successo? Stavamo suonando, non ricordo bene. Ho sete».

    «Bevi, ti aiuta. Sei rimasto fulminato, un cavo, credo, non mi hanno detto molto, poi ci spiegheranno, l’importante è che tu stia bene, ti tengono qui fino a domani per sicurezza, poi si vedrà, più tardi arriva anche papà, stava lavorando».

    «Fulminato? Ma che dici? Ho sonno...».

    «Dormi, dormi ancora un po’, io resto qui, vicino a te».

    Mi addormentai profondamente.

    Chi poteva mai immaginare che quel giorno quel banale incidente avrebbe cambiato definitivamente tutto il resto della mia vita?

    Sognai mia madre vicino a me, in ospedale, la vidi uscire dalla stanza chiamata da un’infermiera, agitarsi, rientrare in stanza dicendomi che papà aveva avuto un incidente ma che non era nulla di grave, poi mi svegliai, mia madre era lì, vicino a me.

    Fortunatamente è stato solo un sogno, pensai.

    Stavo già per riassopirmi, quando un’infermiera chiamò mia madre dal corridoio fuori la stanza, che stranissima sensazione di déjà-vu... mio padre aveva avuto un incidente.

    Considerai la cosa come un caso. Fortunatamente mio padre non era grave.

    Purtroppo gli esami rivelarono che quello che avevo subito mi aveva creato, fra le altre cose, anche gravi danni al fegato, venni operato e la mia degenza in ospedale si allungò di un paio di settimane.

    In questo tempo sognai che mio padre tradiva mia madre.

    Era vero!

    Sognai che il mio vicino di letto avrebbe avuto complicazioni.

    Le ebbe!

    Sognai che Gianni mi avrebbe sostituito nella band approfittando della mia assenza forzata.

    Inevitabilmente successe!

    Ecco perché quel giorno non si era arrabbiato, già pensava di sostituirmi, bastardo!

    Ma che cosa mi era accaduto? Possibile che fossi diventato preveggente, sensitivo o come cacchio si dice? Cercai di analizzare bene i miei sogni per capirne meglio la dinamica, osservai facilmente che le premonizioni erano sempre a breve scadenza, in pratica sognavo cose che sarebbero accadute entro qualche giorno, massimo una settimana, in qualche modo le premonizioni mi riguardavano sempre, sognavo per contatto o per assonanza.

    I sogni premonitori avevano una consistenza particolare, erano tridimensionali, non so come dire, i sogni normali erano come dei film, quelli premonitori erano decisamente più reali, riuscivo sempre a riconoscere la differenza fra i due.

    Pensai che questa nuova facoltà avrebbe potuto rivelarsi parecchio utile ammesso che fosse durata, e se fosse invece stata solo una situazione temporanea?

    Decisi che la scelta più saggia fosse di non preoccuparmene e di vivere semplicemente la situazione per quella che era.

    Uscii dall’ospedale portandomi appresso qualche fastidioso effetto collaterale, non avrei più potuto bere alcol: condannato a una perenne lucidità!

    Mi accorsi di adorare le patate in tutte le sue forme, anzi, per essere preciso, non è che adorassi le patate, semplicemente non potevo proprio fare a meno di mangiarle.

    Passai mesi a documentarmi su tutte le ricette esistenti a base di patata e me ne inventai anche di personali, arrivai ad annotarmi centoventinove modi diversi di cucinare le patate in ogni forma e modo, a casa mia c’erano sempre chili di patate.

    Tre anni dopo

    Erano ormai passati tre anni dall’incidente e la mia vita in quel periodo era radicalmente cambiata, mio padre era tornato sulla retta via, e almeno quella crisi sembrava superata, ed io mi ero trasferito in un piccolo appartamento a Milano, circa sei mesi dopo l’incidente, dove conducevo una vita del tutto particolare.

    Il mio dono mi aveva permesso di prevedere certi risultati che si dimostrarono molto remunerativi e mi liberarono, almeno per il momento, dal fastidioso onere di dover lavorare per vivere, in poco tempo avevo vinto una somma di denaro sufficiente per potermi permettere una vita discretamente agiata e per comprarmi il piccolo appartamento in cui vivevo e al quale mi ero già molto affezionato.

    Inseguivo avidamente il sogno di trovare una compagna con la quale condividere tutto questo, ma inevitabilmente sapevo che non sarebbe durata, quindi la mia vita diventò una sequenza di rapporti totalmente inconcludenti, anche se, devo ammetterlo, sessualmente appaganti.

    Ero condannato alla lucidità e, a un livello più profondo, alla solitudine.

    Avevo un sacco di tempo libero che dedicavo in piccola parte alla musica, che però non mi appassionava più come un tempo, la lettura divenne invece la mia nuova forte passione.

    Leggevo tre o quattro libri a settimana, andavo per locali, ai concerti, a teatro, ovunque ci fosse la possibilità di un contatto umano.

    Evidentemente l’altro sesso mi trovava desiderabile perché riuscivo sempre a instaurare nuovi contatti, anzi, il più delle volte, venivo letteralmente abbordato.

    In verità non mi sono mai considerato particolarmente bello ma evidentemente devo essere dotato di un certo magnetismo, caratteristica in fondo compatibile col fatto di essere stato, in pratica, fulminato.

    Una notte sognai di essere in effusioni con una bionda pazzesca ma purtroppo con qualche grammo di carne di troppo... in mezzo alle gambe! Evitai ogni incontro con bionde per circa un mese, dopo di che, ormai convinto di essere al sicuro, la prima bionda con cui finii mi rese fin troppo chiaro che il futuro si può forse posticipare ma sicuramente non evitare.

    La notte appagavo i miei istinti sessuali con la-bella-di-turno, poi mi addormentavo e la mattina dopo già sapevo che non sarebbe durata, quindi che senso avrebbe avuto, dal mio punto di vista, continuare a vedersi?

    Mi consolavo pensando che, in fondo, era meglio essere considerato uno stronzo che perdere tempo con storie inconcludenti, quindi tendevo a chiudere le mie avventure con la stessa velocità con cui le avevo aperte.

    Ho già detto che la mia nuova grande passione era la lettura?

    Avevo da parte un discreto gruzzolo e varie lunghe ricerche su internet mi avevano totalmente convinto ad acquistare dei testi antichi, qualcosa che avesse il profumo della storia intorno a sé. Mi attirava il piacere legato al possesso di un oggetto così remoto e il fatto che potesse essere anche un solido investimento, considerando l’elevato valore di certe opere.

    Avevo anche cominciato a frequentare circoli di lettura, dove ci si consigliava a vicenda su negozi di antiquariato specializzati in quel tipo di testi e frequentavo anche gli stessi antiquari ma ancora non avevo trovato un testo che m’interessasse veramente acquistare.

    Forse, in quel momento, il mio vero interesse era più nella ricerca che nell’acquisto vero e proprio, mi piaceva imparare cose nuove e miravo a crearmi una buona cultura sull’argomento e una discreta conoscenza del mercato. Poi, una volta che avessi sentito di padroneggiare almeno in parte il tema, avrei anche pensato ad acquistare seriamente qualcosa ma con competenza e cognizione di causa.

    Sognai che il mio vicino di casa si sarebbe fatto male scivolando per le scale, lo incontrai il giorno seguente aspettando l’ascensore e pensai di metterlo in guardia ma non potevo certo dirgli «Ehi, ho sognato che ti romperai una gamba cadendo, non prendere le scale!» così gli raccontai di aver letto un articolo sugli incidenti domestici e su come sia facile scivolare sui gradini condominiali, infarcii persino tutto il discorso con false statistiche e convincenti cifre al fine di rendere credibile una mia completa invenzione.

    Purtroppo l’ascensore non arrivava.

    Il mio vicino mi salutò sostenendo che, per quanto interessante, non si può vivere avendo paura di tutto e imboccò la rampa, pochi secondi dopo sentii il tonfo e l’urlo.

    Eppure, dopo la storia della bionda, ritenevo di aver ben capito che il futuro non si può in alcun modo ingannare, mi ripromisi di non caderci mai più.

    A ogni modo, come conseguenza, il mio vicino di casa mi evita da allora come la peste considerandomi un menagramo.

    Pazienza, non mi era neppure un po’ simpatico.

    Insomma, la mia vita continuava nella sua solita folle normalità, ogni tanto sentivo i miei genitori, continuavo le mie solite frequentazioni e passavo ore su internet, che consideravo come un’enorme e gratuita fonte di sapere che sarebbe stato stupido non sfruttare. La rete mi aiutava a tenere i contatti con la miriade di persone che avevo conosciuto negli ultimi tre anni e mi serviva per documentarmi sui testi antichi e sulla letteratura in generale.

    Apprezzavo molto i forum che ricercavo e frequentavo sempre prima di un qualsiasi acquisto importante, questa cosa mi trasmetteva un senso di sicurezza e soprattutto di normalità se consideriamo che, in pratica, a causa del mio dono, non avevo nessuna reale necessità di documentarmi, mi sarebbe bastato toccare l’oggetto da comprare e il giorno seguente avrei sicuramente saputo se effettuare l’acquisto oppure no.

    Mi tenevo ben alla larga da qualunque notiziario, non mi interessava la politica né lo sport né tantomeno il gossip o la cronaca, a dirla tutta non mi interessava proprio la televisione, che ritenevo un autentico generatore di tempo perso.

    Quando volevo sapere qualcosa, la cercavo in rete e quando ero da solo e in cerca di distrazioni, leggevo o suonavo, oppure semplicemente ascoltavo un po’ di musica, a volte anche mentre leggevo.

    I – Lunedì

    Un giorno, in uno dei miei tanti incontri al mio circolo letterario preferito, venni avvicinato da un personaggio che si presentò come antiquario specializzato in libri antichi, un individuo curioso che, pur parlando un ottimo italiano, tradiva un curioso accento che mi portò ad identificarlo come slavo. Affermò di avere alcuni testi d’incredibile valore da mostrarmi ma ovviamente non li aveva con sé, insistette però per fissare un appuntamento da lì a qualche giorno. Accettai, ma cercai, nel salutarlo, di tenergli la mano il più a lungo possibile e di stare in sua prossimità per tutto il resto della serata, volevo naturalmente essere certo di avere qualche visione a riguardo durante quella notte.

    Decidemmo di vederci il giovedì seguente davanti alle colonne di San Lorenzo e ci scambiammo i numeri di cellulare, era lunedì e avevo quindi ancora tre notti per saperne di più.

    Il primo giorno non sognai nulla ma non me ne preoccupai.

    II – Martedì

    Il secondo giorno i miei sogni furono del tutto ordinari.

    III – Mercoledì

    La terza notte per la preoccupazione feci davvero fatica a prendere sonno, probabilmente perché desideravo davvero una previsione, comunque non sognai assolutamente nulla e non riuscii a dare una spiegazione sensata alla cosa.

    Mi decisi ad affrontare comunque l’incontro, spinto da un’incredibile curiosità, ma considerai di non acquistare nulla, almeno fino a che non fossi riuscito a documentarmi a modo mio.

    IV – Giovedì

    L’incontro era fissato per le nove di sera, inutile dire che alle otto e trenta ero già seduto sul sagrato della chiesa, concentrato nel chiedermi perché il mio dono fosse praticamente scomparso da tre giorni, cioè da quando avevo incontrato quel curioso personaggio.

    Mi dissi che forse il mio non poteva essere un dono a comando e che probabilmente il fatto stesso di aver voluto usare le mie facoltà a richiesta le aveva naturalmente inibite. In fondo non avevo mai avuto, che mi ricordassi, la volontà di direzionare le mie preveggenze e per questo, probabilmente, finora avevano funzionato.

    Ero assorto in questi e in mille altri pensieri, quando il telefono mi segnalò l’arrivo di un messaggio: Se è ancora interessato al nostro incontro, la aspetto tra un quarto d’ora davanti alla chiesa di San Eustorgio, in Corso di Porta Ticinese.

    Mi sembrò davvero curioso ma in fondo il posto lo conoscevo ed era veramente a due passi e poi la curiosità era davvero tanta, così mi incamminai.

    La strada era stranamente poco frequentata, forse per via dell’orario, ci misi dieci minuti a raggiungere la chiesa e cominciai a guardarmi intorno, mi sentivo impaziente e anche un po’ agitato, infatti sobbalzai quando sentii arrivare un nuovo messaggio: Perdoni la prudenza ma è necessaria. Salga sull’auto posteggiata con le quattro frecce dall’altra parte della strada, l’autista la porterà da me.

    Cominciavo davvero a irritarmi, schiacciai istintivamente il tasto di chiamata, volevo avere subito un dialogo a voce con questo strano individuo che iniziava anche un po’ a spaventarmi.

    Il suo telefono era irraggiungibile... mi presi qualche secondo per pensare e poi m’incamminai verso l’auto ferma dall’altra parte della strada, ormai la curiosità era troppa ma ora anche la paura cominciava a farsi sentire.

    Decisi di stare sul chi vive, misi le mani in tasca in cerca di qualche pesante oggetto e afferrai stretto il mio telefono pronto a usarlo come un’improbabilissima arma.

    Salii sull’auto non sapendo bene cosa dire, l’autista mi anticipò:

    «Prego, spenga il telefono e mi consegni la batteria».

    «Adesso sono davvero stufo, mi volete spieg...».

    «Prego, spenga il telefono e mi consegni la batteria» ripeté fermo e senza inflessioni.

    Lo feci e la macchina partì immediatamente.

    L’autista non disse più una parola ed io feci lo stesso, nella mia testa stavo cercando di immaginare ciò che sarebbe successo e le mille possibili varianti di una situazione davvero particolare.

    Per quanto fosse lecito immaginare, questo avrebbe anche potuto essere un sequestro di persona, in fondo che ne sapevo io di questa gente incontrata una sola volta e avvolta in un’aura di mistero che neppure le mie particolari facoltà potevano oltrepassare?

    Cercai di rivolgere la mia attenzione alla strada, volevo capire dove fossimo diretti, stavamo andando in direzione di Corsico, in pratica stavamo uscendo da Milano, tentai un dialogo:

    «Senta, ho lasciato la mia auto posteggiata a...».

    «Lei è arrivato con i mezzi pubblici, non si preoccupi, sarà riaccompagnato».

    «Ma...».

    «Sarà riaccompagnato, non si preoccupi».

    Quindi ero stato sicuramente seguito fin da quando avevo lasciato casa mia! Ma come poteva questa gente sapere dove abitassi?

    L’idea del sequestro, anche se anomalo, nei miei pensieri stava guadagnando sempre più credibilità, dovevo cercare di architettare un piano per uscire da questa assurda situazione ma non avevo la minima idea di come fare e inoltre mi sentivo come paralizzato dalla paura, credo, stavo pure sudando.

    Intanto la macchina sfrecciava sulla vecchia Vigevanese, una strada che conoscevo molto bene perché l’avevo percorsa per circa due anni quando suonavo con la mia vecchia band e questo, se non altro, mi trasmise un certo senso di sicurezza.

    «Manca ancora molto?».

    «Siamo quasi arrivati, signore».

    La macchina imboccò una serie di vie secondarie sempre più isolate finché giunse davanti a un pesante cancello di ferro battuto.

    Un click dell’autista su un piccolo telecomando ordinò al cancello di aprirsi, attraversammo un viale di media lunghezza e ci fermammo di fronte all’ingresso di una villetta circondata dagli alberi.

    Anche se l’oscurità della notte non permetteva una visione d’insieme della proprietà, sulla porta vidi stagliarsi in controluce la snella figura dell’antiquario, in attesa.

    «Ben arrivato, mi dispiace per tutti questi stratagemmi, non vorrei si fosse spaventato, ma capirà che in questi casi la prudenza non è mai troppa».

    «Io non so di che casi lei stia parlando, non ancora almeno, ad ogni modo, vorrei riavere la batteria del mio telefono, se non le dispiace».

    «La riavrà una volta riaccompagnato, stia tranquillo e mi segua».

    Ormai la mia curiosità aveva raggiunto livelli fuori controllo, non aggiunsi alcun appunto e mi risolsi a seguirlo.

    Entrammo in casa, l’ambiente era poco illuminato ma si capiva che era arredato con grande stile e anche una discreta personalità, begli oggetti mescolati con un gusto un po’ retrò, lo trovai perfettamente consono con l’idea che mi ero fatto del mio ospite.

    Salimmo un’ampia scalinata fino al primo piano, ci fermammo davanti a una porta chiusa con una doppia serratura, entrammo in uno studio le cui pareti erano completamente coperte da libri e con un’ampia scrivania proprio nel mezzo.

    «Si accomodi pure, desidera qualcosa da bere?».

    «No grazie, vorrei invece procedere».

    «Molto bene».

    L’antiquario si diresse verso un angolo in ombra dello studio, dove solo adesso intravedevo una pesante cassaforte coperta da un drappo di velluto viola a mo’ di tovaglia e con sopra un vassoio con bicchieri ed una bottiglia di... direi cognac.

    «Davvero non crederà ai suoi occhi» mi disse estraendo dalla cassaforte una pesante scatola anch’essa chiusa da un grande lucchetto.

    Appoggiò la scatola sulla scrivania davanti a me, aprì il lucchetto e prima di sollevare il pesante coperchio mi disse:

    «Lei ha mai sentito parlare di Nikolai Tesla?».

    Qualcosa, in effetti, ne sapevo, nelle mie continue scorribande in rete, soprattutto nel periodo in cui facevo ricerche su elettricità e paranormale per trovare una spiegazione a ciò che mi era successo, mi ero spesso imbattuto in questo nome. Da alcuni era riconosciuto come il più grande scienziato di tutti i tempi e un immenso innovatore, da altri era invece considerato come un visionario, da altri ancora come un ciarlatano, io finora non mi ero fatto una precisa idea sull’argomento.

    «Naturalmente sì» risposi.

    L’antiquario intanto aveva indossato un paio di guanti bianchi, aprì la scatola e ne estrasse un plico avvolto in un panno scuro che appoggio sulla scrivania, aprì con molta delicatezza e cautela il telo e ne estrasse un manoscritto di circa un centinaio di fogli che recava chiaramente in calce il nome di Nikolai Tesla.

    «L’originale manoscritto di Tesla con i progetti completi della Teleforce, si rende conto?».

    «Veramente non sono così ferrato sull’argomento... mi pare di ricordare che la maggior parte dei progetti di Tesla e dei documenti che lo riguardavano fossero stati sequestrati e catalogati dall’FBI come Top Secret perché considerati troppo pericolosi e, se non sbaglio, erano proprio quelli riguardanti la Teleforce che lui stesso poco prima di morire aveva inviato al dipartimento della difesa americano».

    «Molto bravo, davvero, non mi sta affatto deludendo, allora saprà anche che Tesla anni prima aveva subito un disastroso incendio nel suo laboratorio che venne in pratica raso al suolo, in quell’occasione dovette ricreare da zero tutta la sua ricerca a partire dai pochi oggetti e appunti che aveva miracolosamente salvato dalla distruzione, in seguito a questa terribile esperienza, decise che sarebbe stato più prudente fare una copia almeno degli appunti più rilevanti e decisivi in modo da non dover più perdere energie e tempo in futuro».

    «Una copia?».

    «Molto arguto, quella che mandò al dipartimento di stato americano, mentre affidò l’originale a una persona di fiducia, un certo Peter Savo che sosteneva di esserne il nipote».

    «Mi sembra che anche lo stato di conservazione sia davvero eccellente».

    «Per nostra fortuna il tempo non ha creato danni rilevanti, tutto il plico è, in effetti, perfettamente intellegibile. Avrà comunque modo, se ci sarà fra noi un altro incontro, di verificarne di persona lo stato di conservazione e di appurare, prove alla mano, che si tratta di assoluti originali».

    Nel dire questo, richiuse il panno e ripose il materiale in cassaforte.

    «Accomodiamoci pure nel soggiorno, mi segua».

    Uscimmo dalla stanza e scendemmo al piano di sotto, dove ci accomodammo su due pesanti poltrone in pelle rossa, mi abituai quasi subito alla penombra e cominciai così ad apprezzare lo stile degli arredi, poi, fingendo un certo disinteresse, affrontai io stesso l’argomento decisivo:

    «Io mi considero una persona molto pratica, andiamo quindi subito al sodo, quanto mi costerebbe entrare in possesso del manoscritto?».

    «Apprezzo molto la schiettezza e le dirò che, vista la mia non più giovane età, vorrei passare in tranquillità i miei ultimi anni lontano da qui, non sarò quindi particolarmente avido e, considerato che si tratta di un manoscritto di inestimabile valore, penso che una cifra intorno ai cinquecentomila euro sia di reciproca soddisfazione per entrambi».

    Mi chinai in avanti sulla poltrona appoggiando i gomiti sulle ginocchia e giungendo le mani gli dissi:

    «È uno scherzo? Anche ammettendo che l’affare possa interessarmi, dove pensa che possa trovare una cifra simile?».

    «Non è uno scherzo e inoltre penso che lei abbia tutte le capacità di raggiungere questo obiettivo se davvero lo desidera, nella mia lunga vita ho acquisito una discreta capacità di valu­tazione delle persone e con lei penso di non sbagliarmi... o forse sì?».

    «Capirà da se che, vista l’entità della transazione, avrò ovvia­mente bisogno di ampie garanzie circa l’originalità del manoscritto e la liceità del suo possesso, sempre ovviamente ammettendo che io possa mettere insieme la cifra di cui si sta parlando».

    «Era scontato che lei avrebbe posto questa condizione».

    Detto questo, si alzò e si diresse verso una seconda cassaforte posta anch’essa in un angolo buio del soggiorno e coperta come l’altra da un pesante drappo di velluto, la aprì e ne estrasse una pesante cartelletta di cartone, poi la richiuse con cura e tornò a sedersi.

    «Se lei mi conferma il suo interessamento, io mi sarei già permesso di prepararle copia degli incartamenti unitamente ad una delle pagine meno rilevanti del manoscritto, in originale, da far eventualmente stimare».

    Appoggiò quindi la cartelletta sul tavolino posto fra le nostre due poltrone e la ruotò con un gesto deciso verso di me prima di tornare a sedersi.

    «Ho bisogno di tempo per riflettere – dissi – ora non posso darle nessuna garanzia».

    «Lo immaginavo, ma come le ho detto prima, ritengo di saper egregiamente valutare le persone e sono sicuro che fra noi si troverà un accordo, prenda pure il materiale e si conceda il tempo che le serve per riflettere, la ricontatterò io, diciamo fra una settimana?».

    Mi chinai verso la cartelletta e lo fissai, lui mi sorrise e fece un elegante cenno con la mano per indicarmi di accomodarmi verso l’uscita.

    «Claudio!».

    Un secondo dopo l’autista comparve sulla porta del soggiorno.

    «Signore?».

    «Accompagna il signore ovunque lui ti chieda e torna subito da me».

    «Naturalmente, signore».

    Afferrai il plico con decisione e mi alzai.

    «Si ricordi, una settimana, ci risentiremo fra una settimana».

    Mi limitai a fare un cenno di assenso con il capo mentre gli porgevo la mano per salutarlo, poi seguii l’autista verso l’uscita.

    «Dove la porto, signore?».

    «Va bene dove mi ha prelevato, grazie».

    Il viaggio di ritorno fu quasi istantaneo, continuavo a toccare la cartelletta senza avere il coraggio di aprirla, avevo lo sguardo perso nel vuoto e non riuscivo a focalizzare un vero pensiero, speravo che il mio dono mi avrebbe aiutato ma avevo paura di pensarci perché non volevo inibirlo come mi era successo nei giorni precedenti.

    «Eccoci arrivati signore».

    E nel dirmi questo mi porse la batteria del mio telefono.

    «Buona notte, signore».

    Aprii la portiera e scesi dalla vettura, la macchina si allontanò e solo allora mi resi conto che avrei fatto meglio a farmi accompagnare a casa, visto il valore del plico che portavo con me e considerato il fatto che evidentemente l’antiquario e il suo autista già sapevano dove abitassi, cercai dunque un bar e chiamai un taxi.

    Giunsi a casa che era ancora presto, secondo i miei standard, l’orologio segnava mezzanotte, appoggiai la cartelletta sul tavolo, mi preparai del latte caldo che appoggiai vicino all’incartamento e mi accomodai su una sedia, tirai un profondo respiro e finalmente decisi di aprire il prezioso plico.

    Conteneva una ventina di fogli, uno dei quali avvolto in una busta di plastica trasparente, evitai di consultare subito tutta la documentazione ma con molta prudenza estrassi direttamente il foglio originale dalla sua protezione, lo afferrai quasi con devozione, lo avvicinai al viso e lo annusai, sentivo il profumo del tempo proprio come mi ero immaginato e fu un’emozione davvero intensa.

    Riposi tutto il materiale nella cartelletta che nascosi sopra il mobile della cucina, controllai di aver chiuso bene porte e finestre e mi coricai.

    Quella notte presi sonno molto velocemente, a scapito dell’emozione, e sognai, sognai in modo molto intenso, quasi vita reale, mi vidi acquistare un gratta e vinci da dieci euro in un piccolo bar in Corso San Gottardo, l’orologio alle spalle dell’uomo alla cassa segnava le dieci e diciassette del mattino di due giorni dopo, potevo persino sentire in bocca il sapore del succo d’arancia che avevo appena consumato.

    V – Venerdì

    Mi svegliai presto eppure mi sentivo molto riposato, preparai il caffè, accesi il mio Mac⁴ e recuperai la cartelletta da sopra il mobile, avrei dedicato tutta la giornata a ricerche, verifiche e ragionamenti.

    Passai circa quattro ore a scaricare ogni tipo di informazione su Nikolai Tesla, avevo bisogno di documentarmi su date e particolari della sua vita.

    Una sola settimana non era poi molto e, considerato che le mie facoltà sembravano non volermi aiutare in questa occasione, avrei dovuto informarmi con metodi assolutamente canonici, mi ci dedicai molto.

    Cominciavo ad avere un po’ d’appetito, così mi preparai degli gnocchi di patate con salsa ai broccoli e dei dolcetti di patate, dopo mangiato mi rimisi subito a navigare in rete e non feci altro fino a quando, a notte fonda, mi addormentai.

    VI – Sabato

    Sveglia alle sette, nessun sogno utile, colazione, doccia, veloce rilettura degli appunti del giorno prima, vestizione e poi via, avevo un appuntamento importante alle dieci e diciassette e non potevo certo mancare, era il caso di muoversi per tempo, uscii.

    Alle dieci e sedici eccomi in coda per pagare.

    «Pago una spremuta d’arancia e... mi dia anche un gratta e vinci da dieci euro».

    «Sono tredici euro e cinquanta, questo va bene?».

    «Faccia lei, grazie».

    Una volta uscito dal bar mi diressi a piedi verso Corso di Porta Ticinese, mi sembrò una buona idea sedermi davanti alla chiesa di San Eustorgio, così ci andai.

    Il gratta e vinci si chiamava Il Tesoro del Faraone, di buon auspicio, pensai.

    Senza troppa apprensione estrassi dalla tasca una moneta e lo grattai, lessi e rilessi più volte il biglietto e il cuore mi balzò in gola!

    Avevo appena vinto un milione di euro... non riuscivo a crederci, le tasse avrebbero probabilmente un po’ ridimensionato la vincita ma ne sarebbe rimasta a sufficienza per permettermi di acquistare il manoscritto, il destino ancora una volta mi aveva aiutato, riposi il biglietto nella tasca interna della giacca e chiamai un taxi.

    Mi documentai velocemente in rete e decisi di far sbrigare le pratiche d’incasso direttamente alla mia banca, sembrava il modo più sicuro, ci sarei andato di persona quanto prima.

    Pensai che sarebbe stato giusto festeggiare ma mi resi tristemente conto che, a causa delle incredibili vicissitudini della mia vita, non avevo neppure un vero amico, solo una quantità di conoscenze prettamente femminili e nessuno con cui condividere in modo veramente disinteressato la mia felicità, mi sentii improvvisamente molto triste ma in fondo non avevo davvero voglia di vedere gente, così mi ributtai nelle mie ricerche e non ci pensai più.

    La documentazione che mi era stata consegnata aveva apparentemente un preciso riscontro nelle poche informazioni storiche che trovai, ma questo non mi dava alcuna certezza che tutto quanto non fosse solo un falso ben confezionato, in fondo l’antiquario era una persona con precise competenze e con una grande cultura, sarebbe stato perfettamente in grado di produrre un falso assolutamente credibile, aggiungiamoci pure che il mio dono non mi stava minimamente aiutando in questa circostanza e si può facilmente capire quanto la mia apprensione stesse quindi esponenzialmente aumentando.

    Mi sforzai comunque di rimanere lucido ma avevo bisogno di aiuto, disponevo ancora di cinque giorni di tempo e volevo sfruttarli al meglio.

    Contattai una persona che avevo conosciuto tempo prima e che mi aveva parlato di specifici esami per effettuare la datazione certa di documenti storici e così ebbi l’informazione che mi serviva, mi costò abbastanza ma riuscii a farmi garantire l’esito in massimo tre giorni, così consegnai di persona il documento al laboratorio la mattina del lunedì successivo.

    VII – Domenica

    Identificai anche un vero esperto, uno scrittore che aveva pubblicato alcuni libri sulla vita e sulle teorie di Tesla, e decisi di contattarlo, così chiamai la sua casa editrice spacciandomi per un milionario interessato a finanziare una serie di confe­renze sull’argomento Tesla in giro per l’Italia e, attraverso una veloce serie di efficaci conversazioni telefoniche, riuscii a mettermi finalmente in contatto con il mio uomo, il quale, fortunatamente, abitava a Modena, quindi non molto distante da Milano, e ottenni facilmente un appuntamento con lui per il giorno seguente.

    VIII – Lunedì

    L’incontro andò piuttosto bene, raccontai al mio esperto di voler produrre un libro su Tesla che partisse però da un punto di vista diverso dal solito, in quanto potevo vantare una inedita ed

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