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La proposta
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E-book189 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Megalops Occidentale è una città governata dal caos e dalla corruzione. Una metropoli tentacolare, buia e claustrofobica dove non c'è spazio per speranza e libertà. Il Signore dei Vetri, a capo della sua spietata ed efficiente organizzazione, avanzerà la sua "proposta", un diabolico piano criminale che ha l'obiettivo di conquistare il potere tramite una martellante campagna pubblicitaria. Solo alcuni 'insistenti' come Degrado intuiranno le intenzioni del Signore dei Vetri, ma il piano è già in uno stato avanzato, e per bloccarlo potrebbe già essere troppo tardi. Originalissima storia distopica, insolito esempio di spaghetti fantascienza, 'La proposta' è l'ennesima conferma del poliedrico talento narrativo di Nino Filastò. -
LinguaItaliano
Data di uscita23 feb 2022
ISBN9788728175194

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    Anteprima del libro

    La proposta - Nino Filastò

    La proposta

    Translated by

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1984, 2022 Nino Filastò and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728175194

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Presentazione

    Niente mondi alieni per oggi. Via le astronavi, i robot e gli invasori spaziali. Abbiamo di fronte solo il nostro futuro, qui, sulla buona vecchia Terra, a Megalops Occidentale: un futuro grandioso e sordido. Le città sono cresciute in altezza, si sono stratificate come le formazioni di scisto o di arenaria e sono ora un’immensa realtà a molti livelli.

    In alto la pulizia, lo sforzo e naturalmente il potere. Giù, sempre più giù la miseria, la droga, la disperazione e qualche timida ondata di ribellione. Ma lo status quo è saldamente controllato dai manovratori di fili, e l’uomo è un animale adattabile: la sua forza è anche quella di arrangiarsi – sempre e comunque a vivere. Ma è davvero un segno positivo?

    In questo panorama futuro agghiacciante un elemento nuovo viene a sconvolgere l’esistenza tranquilla della città a molti livelli: la Proposta. Una proposta che emerge dalle brume di un passato totalmente dimenticato, quello dell’illuminata Inghilterra «augustea» del 1729.

    Ma purtroppo la natura della proposta non va descritta nell’introduzione al libro; è necessario scoprirla a poco a poco, attendendo la rivelazione della lettura o magari frugando tra le proprie reminiscenze letterarie.

    Preferisco soffermarmi a descrivere l’autore, che è un personaggio nuovo nel mondo della fantascienza, al suo esordio assoluto come romanziere.

    Nino Filastò nasce a Firenze nel 1938. Dopo la laurea in Giurisprudenza svolge per quattro anni la professionedi copy-writer, cioè del creatore di slogans, di frasi chiave, trovate di vendita, filmati pubblicitari. Parallelamente si occupa di quella che fino ad una decina di anni fa è stata la sua grande passione: il teatro. Dal 1959 al 1973 dirige il Centro Universitario Teatrale di Firenze e poi il Gruppo Teatro Sperimentale di Firenze, e cura la regia di diverse pièces, scrivendone alcune egli stesso.

    Ma la fantascienza? Credo si tratti di un «primo approccio» tra i più inconsueti, L’autore lo racconta così:

    «Il professore di greco-latino pensò un giorno, con quell’humour un po’ sadico che è tipico dei fiorentini di razza, di farci tradurre un brano dal greco tratto dal romanzo di Luciano ambientato sulla Luna e che è l’antenato della letteratura di SF.

    Evidentemente si voleva divertire a vedere che cosa ne sarebbe venuto fuori. Noi tutti durante i compiti in classe «si copiava», cioè ci si consultava scambiandoci le copie a carta-carbone del compito, in équipes di quattro, a seconda della disposizione dei banchi. Il Professore, un uomo intelligente e di spirito, lasciava fare, leggeva il giornale e si limitava a qualche sbuffo risentito quando le consultazioni diventavano troppo rumorose. Ma in quella occasione, nonostante che i febbrili consulti si intersecassero per tutta la classe e che avessero piuttosto il tono delle diatribe, la sua impassibilità fu quasi totale; solo che qualcuno di noi ebbe l’impressione che ghignasse.

    Il fatto è che la mancanza di pratica con qualsiasi cosa avesse un minimo di fantasia, secondo il clima burocratico della cultura scolastica, aveva precipitato tutti nella più nera disperazione: com’era possibile, se ricordo bene, che le foglie di quell’albero cantassero un motivo, o che si spostassero da un ramo all’altro cantando come uccelli? E cos’erano quelle numerose bocche ed eccentrici occhi degli animali appollaiati sulla suddetta pianta? Che specie di animali erano quelli? Per ciascuno di noi stava in agguatonon soltanto l’errore di sintassi o di grammatica, ma si profilava l’ERRORE globale, il non aver capito un accidente, lo sbaglio di impostazione concettuale, perché probabilmente il tutto aveva un sottile significato filosofico, sotto sotto c’era qualche metafora troppo complessa per le nostre limitate risorse nel campo della filologia greca.

    Il giorno in cui il professore riportò i compiti fu un giorno di risate amarognole, in cui l’ironia si accompagnava ad un tragico abbassamento della media trimestrale. Nessuno aveva avuto il coraggio civile di tradurre l’albero di Luciano come un albero. Chi ci aveva visto un tempio, chi una nave. Un’équipe di intelligentoni aveva interpretato il tutto come una battaglia di semi-dei, le bocche erano diventate caverne, le foglie giavellotti e così via, razionalizzando e mitologizzando.

    Forse fu a causa di questa refrattarietà alla fantasia dell’ambiente scolastico così intelligentemente messa in luce dal professore – e per naturale reazione, che durante una vacanza estiva mi innamorai del primo libro di SF che lessi. Si trattava di Cristalli Sognanti di Theodore Sturgeon.»

    Il tempo passa, ma la passione per la fantascienza è tenace.

    Oggi Filastò svolge la professione di avvocato penalista e da qualche anno si occupa di giornalismo, collaborando ad alcuni quotidiani. Dice che da oltre un secolo il periodo peggiore per fare il difensore è quello che viviamo, e che anche questa è una buona ragione per scrivere.

    E finalmente l’interesse per lo scrivere vede protagonista la fantascienza: lo spunto per il romanzo viene da una trasposizione teatrale del romanzo I Viaggi di Gulliver di cui Filastò si occupò personalmente e che in seguito lo stimolò ad iniziare uno studio su Jonathan Swift. Molti anni dopo il germe diventa un’idea, e oggi un romanzo.

    In La Proposta trovano posto tutte le esperienzedell’autore: il teatro echeggia nei magnifici dialoghi, incalzanti e credibili come raramente capita di leggere; la professione di penalista si riflette nella figura dell’avvocato dei «vaganti»; il giornalista è presente con il suo stile secco, essenziale, frizzante e piacevolissimo, e si ritrova soprattutto nella faticosa indagine che svolge il protagonista, alla caccia di una cospirazione addirittura paradossale nell’enormità del suo crimine. Infine il copy-writer è padrone assoluto del campo quando si tratta di passare alla fase promozionale della Proposta in quello che è forse il brano più perfetto di tutta l’opera, con il suo cinismo mostruoso eppure assolutamente credibile.

    Abbiamo parlato dell’ambientazione, un futuro che può forse ricordare quello di Ranxerox ¹ , soffermiamoci un attimo sui personaggi. Ad un eroe pieno di incertezze, dal nome significativo di Degrado, un «insistente» di mezza tacca mezzo investigatore e mezzo leccapiedi del Palazzo, si contrappone un criminale che è tra le figure più memorabili del romanzo: il Signore dei Vetri, un colossale buongustaio, cinico, crudele e annoiato dei piaceri che gli offrono ricchezza e potere. Tra i due la storia si svolge parallelamente, il primo coinvolto in un’indagine più grande di lui ed il secondo che dispiega tutti i suoi mezzi per raggiungere uno scopo raccapricciante.

    Accanto a Degrado e al Signore dei Vetri una sequenza composita di uomini e donne rappresenta ogni strato sociale della Megalops: dal capo della Polizia, ai drogati di sbroscia, agli attori itineranti, ai vaganti, gli unici non integrati nel sistema.

    Chi sia poi a trionfare, se Degrado o il Signore dei Vetri, non ha poi molta importanza. Rimane comunque ilquadro ammonitore di un’umanità degradata che subisce passivamente ogni abiezione senza neppure rendersi conto di quanto facilmente venga manovrata. Assurdo? Non dimentichiamo che quando Swift pubblicò la sua «Modesta Proposta» nel 1729, ci fu chi la prese seriamente in considerazione.

    Ci sono più cose in Cielo e in Terra, Orazio, di quante ne possa sognare la tua filosofia, scrive Shakespeare. Ma forse più complesso del Cielo e della Terra è proprio l’animo umano.

    Per tutti i curiosi pubblichiamo in appendice al romanzo il testo swiftiano da cui Filastò prende le mosse per questo romanzo. Ricordiamo, cosa che sorprenderà i lettori più giovani, che già nel 1966 la rivista di fantascienza Gamma lo incluse in sommario (nel n. 8) accanto a cinque o sei racconti più ortodossi, presentando Swift come«uno dei più venerati precursori della fantascienza».

    Mauro Gaffo

    Capitolo primo

    Il vecchio sedeva sul divanetto e ogni tanto alzava lo sguardo, ma senza impazienza.

    In un qualsiasi ufficio del secondo livello non sarebbe andato al di là della segretaria.

    Bastava guardargli il vestito.

    Ma l’Insistente Degrado non aveva una segretaria. Tutto quello che aveva era una scrivania, una poltrona a schienale alto, una piccola scaffalatura piena di scartoffie, il divanetto e la patente incorniciata storta sul muro, tutto questo in uno dei settecento vani di un immobile adibito ad uffici del terzo livello. Comunque era già un miglioramento: ancora due anni prima di ricevere i clienti nei bar.

    Il suo mestiere, nuovo in apparenza, ha molte cose di diversi mestieri antichi.

    «Insistente» è la definizione ufficiale. Gli Insistenti non hanno nessuna specializzazione; gli avvocati li chiamano «sciacalli», i funzionari dei palazzi «inesistenti», la gente comune «raccatta-merde».

    Non è una carriera brillante.

    Si tratta di grattare le rogne di chi non ha di che pagare un avvocato, o di che corrompere un poliziotto o un funzionario.

    Si viene pagati per attaccarsi alle costole di avvocati, poliziotti e gente dei palazzi e per non mollare finché non si ottiene qualcosa. Quando va bene. Quando non va, pazienza: la clientela non è danarosa e paga il risultato.

    Degrado spesso veniva pagato in natura, come molti nel suo ramo; il che andava bene quando si trattava delle prostitute del secondo e del terzo livello (quelle del primo non andavano da lui). Recentemente qualche poveraccio era stato costretto a sdebitarsi con una settimana di schiavitù, ma si era rivelato soltanto un ingombro, per sette lunghi giorni fra i piedi a pasticciare negli spazi ristretti del residence e dell’ufficio, oppure dietro come un cane per la strada, a far da guardaspalle con una falsa faccia feroce.

    Lo scomodo non valeva lo spocchio.

    Per questo, da qualche tempo, aveva deciso di fare un po’ di filtraggio.

    Di non seguire la vocazione di paladino degli oppressi.

    Degrado fingeva di studiare un inserto ed intanto cercava di capire qualcosa di questo vecchio, prima di occuparsi del suo caso.

    Che fosse un relitto della Città Bassa, era fuori di dubbio. Ma aveva qualcosa di speciale.

    «Di che vive» deduceva l’Insistente «non ha al braccio il cerchio giallo, quindi non è un assistito. Non guarda l’orologio, non si spazientisce: niente orari, non lavoro dipendente. A settant’anni del resto, chi lo farebbe lavorare. Nessun tatuaggio né sul viso né sulle mani: non è mai stato schiavo. Niente marchio e quindi non è mai stato dentro. Sembrerebbe uno che ha qualcosa di suo. Ma chi ha mai visto un vestito simile. Sembra uscito da un museo. Con che cosa può pagare uno che non può permettersi neppure una tuta termica?» La prima conclusione fu quella di liberarsene alla svelta. Poi guardò la borsa e cambiò idea.

    Era una borsa di cuoio animale con una chiusura in metallo cromato. Qualche tempo prima Degrado si era occupato di un furto di roba simile ed aveva un’infarinatura di quel mercato. Databile intorno al 1980. Un oggetto fatto interamente a mano, si vedeva dalle cuciture. Un discreto valore d’antiquariato. Sarebbe bastata la borsa per rifarsi delle spese.

    Degrado alzò la testa e guardò il vecchio con aria professionale. Attaccò il metronomo che prese subito a scandire i secondi: — Ha dieci minuti per esporre il suo caso. Mi riservo di accettare l’incarico. Dica.

    Il Vecchio diede un’occhiata al quadrante fermo sul numero dieci e si alzò in piedi.

    — Ci vorrà un po’ più tempo, prevedo — disse. — Posso pagare.

    Si avvicinò alla scrivania aprendo la borsa. Allineò sul tavolo, da sinistra a destra, una stilografica ad inchiostro, un oggetto che l’Insistente non riuscì ad identificare, un coltello a scatto con manico di madreperla, un rasoio elettrico a pila, una statuetta di bronzo raffigurante un uomo nudo nell’atto di lanciare una sfera, un’altra cosa sconosciuta e alla fine, con un’occhiata per valutare l’effetto, una rivoltella a pallottole che esibì, lucida e nera, in perfetto stato, svolgendola da un panno.

    Il Vecchio mise la mano a taglio fra gli altri oggetti e la rivoltella.

    — Fino a qua come anticipo per le spese. La rivoltella in caso di risultato positivo.

    Degrado non riusciva a staccare gli occhi dall’arma.

    — Anche la borsa in anticipo.

    Il Vecchio la poggiò sul tavolo, ci infilò dentro gli altri oggetti, riavvolse la pistola nel panno e se la mise in tasca.

    Si muoveva con molta lentezza, come uno che ha tempo a disposizione. Fece posto davanti a sé sul piano della scrivania, allontanando la borsa con una certa noncuranza, come se pulisse il tavolo. Un gesto da persona abituata agli oggetti di valore. Poggiò sullo spazio sgombro una vecchia foto bidimensionale in bianco e nero e l’avvicinò verso l’Insistente toccandola con la punta delle dita e dandole leggeri colpetti, come se avesse paura di sporcarla.

    — Deve ritrovare queste due — disse il Vecchio.

    Degrado guardò la foto. C’erano una donna e una bambina; sullo sfondo si intravvedeva la facciata di una vecchia casa e un albero.

    — Io abito fuori del territorio metropolitano — disse il vecchio, — queste due mi sono un po’ parenti; avevano deciso di stabilirsi con me. Erano in viaggio dirette verso la mia zona, nel settore delle Vecchie Miniere e sono sparite. Circa sei mesi fa.

    — Perché non chiede informazioni al dipartimento migrazioni interne? — chiese l’Insistente, — ci sarà il loro documento di viaggio. Se hanno avuto un incidente è registrato.

    — Se fosse così semplice non sarei venuto da lei. Non esiste nessun documento di viaggio. La ragazza, quella più grande voglio dire, è una vagante e la bambina è sua

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