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Salvati dalla Sua Vita
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E-book466 pagine5 ore

Salvati dalla Sua Vita

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Info su questo ebook

Cosa significa “Cristo è morto per noi”? Per quale ragione la Bibbia dice che siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte di Gesù e che saremo salvati dalla sua vita? Qual è il senso dell’incarnazione di Dio in primo luogo? Perché “Dio con noi”? In questo libro cercheremo di dare risposta a queste e altre domande riguardanti la salvezza, andando a ricostruire innanzitutto l’origine delle varie teorie che sono state proposte nel corso della storia. Scopriremo che, a tutt’oggi, non v’è accordo fra i teologi su molti punti fondamentali della dottrina della redenzione, e giungeremo a delineare una nostra ipotesi, che sia esaustiva e renda giustizia alla misericordia di Dio. Per fare ciò, riscopriremo alcuni concetti biblici che erano andati perduti, i quali ci aiuteranno a recuperare l’idea di salvezza originaria. Dimostreremo che essa è intrinsecamente legata alla natura di Dio, la quale è stata pienamente manifestata nella fedeltà di Gesù Cristo e nel dono della sua vita. Comprenderemo, inoltre, per quale motivo siamo chiamati a identificarci in lui e nel suo amore, in quanto esso costituisce la sorgente, il fondamento e il fine ultimo della salvezza.

LinguaItaliano
Data di uscita15 feb 2022
ISBN9791220096669
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    Anteprima del libro

    Salvati dalla Sua Vita - Marco Galli

    PREFAZIONE DELL’AUTORE

    L’idea di scrivere questo libro nacque alcuni anni fa quando, durante la mia partecipazione a un precedente progetto editoriale, mi trovai a dover illustrare il modo in cui Dio compì la salvezza in Gesù Cristo; mi resi conto, con mia grande sorpresa, che ogni tentativo di spiegazione poggiava su teorie traballanti e ipotesi poco convincenti. La Bibbia dice che "Cristo morì per i nostri peccati, ma vi siete mai chiesti perché i nostri peccati dovessero richiedere la sua morte? Non poteva Dio perdonare e basta, senza bisogno di spargere sangue innocente? O ancora, cosa significa Diede la sua vita come prezzo di riscatto per molti"? Sembravano domande banali e immaginavo che duemila anni di argomentazioni teologiche avrebbero fornito risposte esaurienti, ma più cercavo nella teologia ufficiale e meno ero convinto della validità di quanto presentato. Le spiegazioni fornite sembravano non sempre compatibili con quanto predicato da Gesù, e spesso erano supportate solamente da una manciata di versetti biblici, l’interpretazione dei quali non era però armonizzata con il resto delle Scritture.

    Decisi dunque di studiare a fondo le teorie della salvezza che avevano contrassegnato la storia della teologia cristiana e, sorprendentemente, constatai che ve ne erano molteplici, estremamente diverse le une dalle altre; inoltre, specialmente quelle accettate dalle teologie occidentali sono relativamente recenti e non hanno radici nella tradizione cristiana dei primi secoli, ma in filosofie e dottrine sorte all’inizio del secondo millennio.

    Dovevo capirne di più, per questo motivo iniziai a esaminare ogni possibile fonte: dai testi degli antichi Padri della Chiesa, fino agli autori più recenti, decine di libri, centinaia di articoli e documenti prodotti e pubblicati in ogni epoca; e la Bibbia naturalmente, nella sua lingua autentica però, ebraico e greco, al fine di risalire all’origine delle parole utilizzate e ricostruire in tal modo alcuni dei significati andati perduti nelle traduzioni successive. Più procedevo nella ricerca, più la mia visione sulla salvezza si chiariva, tant’è che un abbozzo di questa prefazione scritto un anno fa è ora cestinato, poiché non più rispecchiante le sorprendenti rivelazioni in cui mi sono imbattuto. In particolare, più approfondivo il testo biblico, più emergevano concetti ebraici che si erano smarriti a causa del divario culturale creatosi nei secoli. Mi sembrava di vedere le Sacre Scritture rinnovate e vivificate, poiché ne stavo riscoprendo il profondo significato, prima delle distorsioni esercitate sul pensiero cristiano dalla filosofia greca e da altre idee pagane. Soprattutto le parole di Gesù, nella loro semplicità e nitidezza, assumevano ora un peso e un vigore nuovi che mettevano sottosopra molti dei concetti che avevo ritenuti non questionabili.

    Ma non si è trattato solamente di ricerca, perché questo libro è anche il compimento di 14 anni di esperienze vissute in ambito cristiano in molti paesi del mondo; in diversi paesi europei, in Africa, in Sud America, in Medio Oriente e Asia, dove sono venuto a contatto, e in alcuni casi ho collaborato, con diverse Chiese cristiane, oltre ad aver conosciuto un’incredibile varietà di altre religioni e culti. Il mio approccio aperto e la tendenza all’esplorazione mi hanno portato in realtà a interessarmi di spiritualità sin da quando ero giovanissimo, collezionando esperienze in diversi ambiti, prima di giungere all’incontro personale con Gesù che ha cambiato il corso della mia vita. Nonostante le molteplici esperienze, o forse proprio in virtù di queste, non aderisco attualmente ad alcuna confessione cristiana in particolare. Di conseguenza, non ho alcun interesse o teologia specifica da difendere, né un posto di lavoro da preservare, o una Chiesa in esclusiva da promuovere; ritengo fratelli e sorelle in Cristo tutti coloro che hanno un cuore fedele a Gesù, indipendentemente dall’etichetta religiosa.

    Per questa mia libertà d’espressione, talune delle cose che ho scritte rischieranno di non piacere ad alcuni, ma come detto non ho altro intento se non quello di condividere il più possibile ciò che ho appreso e sperimentato, che questo abbia successo o meno. Spero comunque che il lettore possa apprezzare e beneficiare delle rivelazioni contenute in questo libro, così come ne ho beneficiato io stesso, riscoprendo il Dio misericordioso che incessantemente ci chiama a riconciliarci con lui al fine di donarci la vita piena preparata per noi.

    Il libro è organizzato in tre sezioni. Nella prima sezione esporrò la ricerca storica sulle teorie della salvezza; immagino che non tutti siano interessati alla storia della teologia, ma invito il lettore a non tralasciare questa sezione poiché fornisce un quadro indispensabile per poter comprendere come la teoria si sia evoluta, prendendo forme diverse nel corso dei secoli fino ad arrivare ai giorni nostri. Nella seconda sezione affronteremo invece alcuni essenziali fondamenti teologici, portando alla luce interessanti rivelazioni per quanto concerne l’incarnazione, il perdono, la grazia, il peccato, la fede, il nuovo patto, il significato dei sacrifici ebraici, l’idea di vita eterna. Nella terza e ultima sezione approfondiremo infine la realtà della Trinità, giungendo a formulare una (non così) nuova teoria della salvezza, che chiameremo Identificazione Vitale, la quale spiegherà per quale motivo l’amore di Dio costituisca l’origine, il fondamento e il fine ultimo dell’opera della salvezza compiuta in Gesù Cristo.

    SEZIONE I

    LE TEORIE DELLA SALVEZZA

    Perché Dio ha tanto amato il mondo,

    che ha dato il suo unigenito Figlio,

    affinché chiunque crede in lui

    non perisca, ma abbia vita eterna.

    Vangelo di Giovanni 3:16

    Cosa significano le espressioni "Cristo morì per i nostri peccati e Cristo è morto per noi"?¹ La risposta non è così scontata come immaginiamo e ha impegnato i teologi per quasi duemila anni senza che si sia ancora giunti a un’interpretazione universalmente accettata; pur essendo questo uno dei cardini della fede, non siamo ancora in grado di darne una spiegazione univoca. In linea generale, abbiamo sempre ritenuto la dottrina della salvezza accettata dalla nostra Chiesa di appartenenza come l’unica e inconfutabile verità, universalmente riconosciuta. Scavando nella storia della teologia ci renderemo però conto che non è così, e che nel corso dei secoli varie teorie si sono succedute, trovando momenti di grande accoglienza per poi magari venire dimenticate; tant’è vero che a diverse confessioni cristiane fanno capo teorie molto differenti tra loro. Scopriremo, inoltre, che le teorie più diffuse ai giorni nostri sono relativamente recenti e idee molto diverse erano in uso presso le prime comunità cristiane e durante tutto il primo millennio dopo Cristo.

    Sebbene la redenzione attraverso Cristo sia sempre stata la base della fede Cristiana, non è mai stata formulata una definizione definitiva e universalmente accettata delle modalità della sua realizzazione.²

    Qualche teologo moderno, notando la molteplicità di teorie esistenti, si è spinto ad affermare che in fondo non è importante stabilire quale sia la teoria più giusta, poiché è il modo in cui la Bibbia rappresenta la realtà facendo uso di immagini e metafore diverse:

    Tra molti studiosi oggi, si preferisce non insistere sul fatto che una teoria sia centrale, dominante o giusta, ovvero che abbia bisogno di vincere sulle altre. Ciò riflette la varietà di modi offerti dalle Scritture per comprendere come la vita e la morte di Cristo siano efficaci per la salvezza dell’umanità decaduta.³

    Può darsi, ma se le teorie sono incompatibili tra loro, una deve essere giusta e le altre sbagliate, oppure sono tutte sbagliate; ma non può essere che siano tutte ugualmente giuste. Per questo motivo, nella prima sezione del libro andremo ad analizzare nel dettaglio tutte le varie teorie che si sono avvicendate nel corso dei secoli, per mostrare come non vi sia unanimità di vedute e per acquisire vari punti di vista che saranno utili per delineare una teoria della salvezza esaustiva.

    È fondamentale sottolineare la centralità dello studio che stiamo per affrontare, poiché da esso discendono un’infinità di implicazioni che toccano ogni aspetto della fede e di conseguenza della nostra vita; poiché idee sbagliate su Dio creano idee sbagliate anche su tutto il resto.⁴ La comprensione delle dinamiche della salvezza è di vitale importanza, poiché ci permette di comprendere chi siamo, chi è Dio, quale relazione sussiste tra noi e lui e come Gesù abbia influito su questa relazione.

    1. Le teorie della salvezza

    In questa prima parte del libro esamineremo tutte le principali teorie della salvezza, secondo l’ordine cronologico con il quale sono state adottate:

    Teoria della Trasformazione Morale (I sec.)

    Teoria della Ricapitolazione (II sec.)

    Teoria dell’Unione con Cristo (II sec.)

    Teoria del Riscatto (III sec.)

    Teoria del Christus Victor (III sec.)

    Teoria della Soddisfazione (XI sec.)

    Teoria dell’Influenza Morale (XII sec.)

    Teoria dell’Accettazione (XIV sec.)

    Teoria della Sostituzione Penale (XVI sec.)

    Teoria Governamentale (XVII sec.)

    Nell’ultimo capitolo della Sezione esporremo infine alcune teorie moderne meno note e altre interpretazioni che saranno utili al nostro studio. Prima d’iniziare però, è bene mettere in chiaro quali siano le questioni fondamentali che devono possibilmente trovare risposta, al fine di poter considerare qualsiasi teoria sufficientemente esaustiva:

    Secondo la teoria in esame per quale motivo la morte di Gesù fu necessaria per la salvezza? Poteva essere diversamente?

    Come la vita, le opere, la predicazione, i miracoli, la morte e la risurrezione di Gesù si inseriscono nel quadro della teoria?

    La teoria trova corrispondenza in tutto il linguaggio biblico o solo parzialmente? Ci sono elementi che non sono stati tenuti in considerazione?

    La teoria si inserisce coerentemente nel più ampio contesto teologico, ad esempio rispetto alla dottrina trinitaria e cristologica?

    Quali sono le influenze esercitate dal contesto storico, sociale e culturale che possono aver influenzato o plasmato la teoria in esame?

    Sarà dunque fondamentale tenere ben presenti questi punti nello svolgimento del nostro lavoro, al fine di fare chiarezza sulla capacità di ogni teoria di spiegare la realtà dei fatti, che è poi l’unica cosa che ci preme, ovvero giungere a una sintesi che ci permetta di conoscere la verità sulla salvezza.

    CAPITOLO 1

    LA TEORIA DELLA TRASFORMAZIONE MORALE

    Non conformatevi a questo mondo,

    ma siate trasformati

    mediante il rinnovamento della vostra mente,

    affinché conosciate per esperienza

    quale sia la volontà di Dio,

    la buona, gradita e perfetta volontà.

    Lettera ai Romani 12:2

    Sulla base di alcuni studi recenti che hanno condotto a una profonda riconsiderazione dell’antico contesto culturale ebraico, un’ideale di trasformazione morale dell’uomo, come conseguenza della vita, predicazione, morte e risurrezione di Gesù, sembrerebbe essere stata l’interpretazione sulla salvezza predominante tra le prime comunità cristiane, le quali ritenevano che la missione di Gesù fosse finalizzata a produrre un radicale rinnovamento morale negli uomini e nella società come conseguenza dell’avvento del Regno di Dio. Questa teoria, che è stata definita dai suoi autori Trasformazione Morale, è stata elaborata recentemente, e ha il merito di riconsiderare la prospettiva di come le antiche comunità cristiane, di tradizione ebraica, avrebbero potuto intendere il messaggio del Vangelo, prima delle contaminazioni culturali con le quali lo interpretiamo in epoca moderna. Non è pertanto una teoria formulata da teologi antichi, come nel caso di diverse teorie che vedremo successivamente, ma è stata dedotta da un’approfondita analisi documentale, storica, sociale e culturale effettuata da alcuni studiosi contemporanei, sulla base di testi cristiani dei primi secoli.

    1.1. La teoria della Trasformazione Morale

    Secondo questa teoria la morte di Gesù e la conseguente risurrezione erano considerate, dalle prime comunità cristiane, principalmente in termini di martirio (testimonianza) esemplare da cui trarre ispirazione, motivazione e fiducia. L’opera salvifica di Gesù non era però limitata all’evento della crocifissione, ma si era manifestata in tutte le parole e gli insegnamenti che egli predicò e nell’esempio di vita che diede. La croce fu quindi la conseguenza del messaggio rivoluzionario portato da Gesù; afferma uno studioso: La croce è semplicemente una ramificazione della vita morale di Gesù. Egli venne crocifisso come martire per la radicalità dei suoi insegnamenti e dell’esempio morale.

    Consideravano Gesù come maestro, profeta e leader designato da Dio, che morì come martire per insegnare loro un nuovo stile di vita. Il loro paradigma di salvezza era incentrato su questo stile di vita insegnato da Gesù e sul seguire fedelmente il suo esempio e i suoi insegnamenti.

    La risurrezione di Gesù veniva considerata come la conferma della veridicità di quanto da lui predicato e attestava l’accettazione da parte di Dio della sua dottrina; in questa prospettiva, coloro che avessero seguito i suoi insegnamenti, avrebbero anch’essi ottenuto la stessa risurrezione e un giudizio finale positivo. In tal modo, la morte da martire e la conseguente risurrezione di Gesù servirono per infondere nei fedeli coraggio, speranza e fiducia nel far fronte alle persecuzioni.

    L’esortazione a fuggire il male (il peccato) e a praticare il bene (la giustizia) era predominante in questo periodo, anche sull’onda di quanto predicato precedentemente da Giovanni il Battista; il giudizio finale di ciascuno sarebbe stato determinato alla luce di quanto di buono o di malvagio compiuto in vita. Particolare enfasi veniva posta sugli insegnamenti morali e sull’amore reciproco predicato da Gesù, che costituiva di fatto la nuova legge, la quale portava a compimento e sostituiva la precedente legge mosaica, la Torah. L’accento non era più sull’adempimento di pratiche rituali, messe in questione dallo stesso Gesù, quanto sulla necessità di una trasformazione morale dell’individuo il quale, imitando Cristo e seguendo i suoi insegnamenti, si impegnava con dedizione nel compiere opere buone.

    I primi cristiani credevano che, al giudizio finale, ognuno sarebbe stato giudicato in base alla sua vita e alle sue opere;⁹ una risurrezione di vita per coloro che avevano compiuto il bene, una risurrezione di condanna per coloro che avevano operato il male.¹⁰ Il punto centrale della dottrina della salvezza non era fissato sul perdono dei peccati per i quali, sulla base di quanto già esposto nella Bibbia ebraica, il sincero pentimento e il ritorno a Dio costituivano condizione sufficiente per ottenere il perdono; l’attenzione era piuttosto rivolta alla condizione del cuore dell’uomo che costituiva il fondamento per una vita retta. Grande enfasi veniva posta sulla vita morale, e l’esortazione a vivere rettamente coprirà una parte rilevante del Nuovo Testamento, al cui centro era collocato il paradigma dell’amore per il prossimo.¹¹ Non va dimenticato, inoltre, che i riferimenti morali e teologici a cui potevano rifarsi le prime comunità cristiane provenivano principalmente dagli scritti dei Profeti e dai libri Sapienziali della Bibbia, dov’era forte e ricorrente l’invito a compiere il bene e ad aiutare in particolare gli oppressi: Imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!;¹² Difendete la causa del debole e dell’orfano, fate giustizia all’afflitto e al povero!¹³ Quello che si diffuse in questo primo periodo del cristianesimo potrebbe quasi dirsi un vangelo sociale, fortemente focalizzato sull’aiuto ai poveri; a riprova di ciò, quando Paolo e Barnaba si recarono a Gerusalemme per incontrare Giacomo, Pietro e Giovanni, ricevettero, oltre al mandato di andare dagli stranieri, la sola raccomandazione di ricordarsi, vale a dire di fare qualcosa, per i poveri.¹⁴ Tanto era sentita la questione che Paolo si adoperò continuamente per la raccolta di fondi per i fratelli poveri di Gerusalemme,¹⁵ e chi si univa alla Chiesa vendeva tutti i propri beni e ne faceva parte con chi era nel bisogno.¹⁶

    La grazia di Dio, secondo questa teoria, consisterebbe nell’aver inviato Gesù il quale, per mezzo della propria vita e insegnamenti, fornì un esempio morale tale da motivare la scelta degli uomini di abbandonare le vie del peccato e condurre una vita retta fondata sull’amore. L’uomo infatti era ritenuto dotato della capacità di scegliere (libero arbitrio) e non si ipotizzava alcuna idea di peccato originale, concetto che venne formulato solamente nel IV secolo da Agostino d’Ippona.¹⁷ Pertanto, il male che affligge l’uomo veniva considerato derivante o dall’ignoranza nel conoscere il bene, o dalla cattiva coscienza nel non praticarlo; grazie agli insegnamenti e alla testimonianza di Gesù, gli uomini sarebbero pertanto toccati nell’intimo ed esortati a conoscere il bene, ad abbandonare le vie malvage e a convertirsi alla giustizia e all’amore per il prossimo. La morte e la conseguente risurrezione di Cristo incoraggerebbero il fedele a adoperarsi senza riserve, finanche a costo della vita, a compiere il bene e a impegnarsi per la comunità. È un concetto allargato di salvezza, non tanto del singolo, come siamo abituati a immaginare nella nostra società individualista, ma della comunità, che era tipico della cultura ebraica, dove ciascuno era chiamato a operare come membro coordinato di un unico corpo, la Chiesa.

    Per concludere, la salvezza veniva vista come conversione e pentimento della persona verso una nuova dimensione morale, premessa per un giudizio finale positivo da parte di Dio, che si ottiene compiendo il bene a imitazione dell’esempio dato da Gesù, rimanendo fedeli alla sua causa e leali alla comunità.

    In primo luogo, c’è un Dio spirituale e inesprimibilmente esaltato, che è Signore e Padre del mondo. In secondo luogo, egli richiede una vita santa. In terzo luogo, alla fine si siederà in giudizio e premierà i buoni con l’immortalità e punirà i malvagi con la morte. L’insegnamento riguardante Dio, la virtù e la ricompensa eterna, è tracciato attraverso i profeti e Cristo; ma la realizzazione di una vita virtuosa (di rettitudine) è stata necessariamente lasciata da Dio agli uomini stessi; perché Dio ha creato l’uomo libero, e la virtù può essere acquisita solo attraverso gli sforzi dell’uomo. I profeti e Cristo sono dunque una fonte di rettitudine nella misura in cui sono maestri.¹⁸

    Va detto però, per completezza, che la visione della prima Chiesa, ipotizzata da questa teoria come integralmente esemplarista, in realtà non escludeva la necessità dell’azione dello Spirito Santo nel processo di trasformazione dell’uomo e vedeva nell’unione con Cristo la via per giungere alla sua piena realizzazione, come vedremo in seguito.

    1.2. Pelagio e Agostino

    Un’interpretazione piuttosto simile alla teoria della Trasformazione Morale conobbe ampia diffusione nel IV secolo a motivo delle opere di un monaco di nome Pelagio,¹⁹ il quale caldeggiava un ritorno alle origini del cristianesimo, proponendo un modello esemplarista basato sulla vita di Gesù che, fortemente osteggiato da una parte della Chiesa e in particolare da Agostino d’Ippona, gli costerà una condanna per eresia nel 418 d.C. È importante aprire una breve parentesi sullo scontro tra questi due illustri studiosi, poiché fu un evento che segnò il corso della teologia cristiana.

    Nel dettaglio, Pelagio negava l’esistenza di qualsivoglia peccato originale ereditato da Adamo ed Eva, come invece ipotizzato da Agostino, se non in termini di cattivo esempio da essi tramandato; l’umanità non sarebbe né corrotta, né incapace di compiere il bene e tantomeno colpevole di alcunché per nascita, sarebbe solo educata male e assuefatta ai vizi:

    Perché nessun’altra causa provoca in noi la difficoltà di compiere il bene se non la lunga consuetudine dei vizi, che ci ha infettati fin dall’infanzia, e gradualmente, attraverso molti anni, ci ha corrotti, e così ci tiene in seguito legati e dipendenti a sé stessa, così che sembra in qualche modo avere la forza della natura.²⁰

    Egli riteneva che l’uomo non necessiti di redenzione e che sia stato creato con la capacità e la libertà di agire rettamente in base alle proprie scelte, seppur aiutato dall’esempio di Cristo:

    Nella persona di Gesù Cristo la legge spirituale interiore è resa pienamente manifesta per noi. Le sue parole spiegano la legge spirituale e la sua vita e morte la esemplificano. Attraverso di lui siamo rinati come uomini e donne nuovi, perché possiamo vedere chiaramente come dovremmo vivere. Non abbiamo più bisogno di leggi esterne scritte, perché in Cristo comprendiamo pienamente la legge spirituale interiore.²¹

    Agostino, al contrario, vedeva l’uomo come totalmente schiavo del peccato e incapace di compiere il bene poiché, pur essendo ancora dotato di libero arbitrio, si troverebbe in catene e in grado di adempiere solamente ai desideri peccaminosi, che lui identificava in particolare con la concupiscenza sessuale.²² L’uomo sarebbe pertanto libero, ma libero di compiere esclusivamente il male; solo la grazia di Dio può donare vera liberazione e conferire la capacità di operare il bene, poiché non vi sarebbe nell’uomo alcunché di buono. L’umanità, secondo Agostino, se non redenta, è una massa dannata (massa perditionis).

    I punti chiave della disputa diedero vita a due visioni diametralmente opposte, definite Agostinianismo e Pelagianismo che possono essere così riassunte:

    Agostinianismo: solo la grazia di Dio può trasformare il cuore di un uomo da malvagio a buono. È la grazia che libera il libero arbitrio e rende l’uomo capace di scegliere il bene. La grazia di Dio è concessa solo a coloro che sono predestinati ed è irresistibile. La salvezza è una decisione di Dio.

    Pelagianismo: la grazia è intesa come aiuto in termini di buona educazione, esempio morale ed esortazione da parte di Dio. Rifiuto di qualsiasi nozione di un rafforzamento interiore dell’anima o della volontà dell’individuo da parte di Dio, e negazione della predestinazione. La salvezza è una scelta dell’uomo.

    Fondamentalmente, la predicazione di Pelagio poneva grande enfasi sull’etica, la virtù e una via rigorosa di seguire l’esempio di Cristo per giungere alla purezza morale: Se devo, dunque posso. All’opposto, per Agostino, unicamente la grazia divina poteva conferire all’uomo la capacità di vincere i desideri peccaminosi e metterlo in grado di vivere nella giustizia.

    Ai fini del nostro studio, per giungere a una riconciliazione tra le due visioni, potremmo ipotizzare che l’uomo nasca con la capacità di compiere sia il bene che il male (è ciò che infatti ci aspetteremmo di trovare tra Cristiani e non Cristiani) e che in questo ambito di scelta finisca spesso, forse anche condizionato da cattivi esempi o da un ambiente ostile, per compiere delle scelte sbagliate (ed è ciò che effettivamente riscontriamo e che chiamiamo male); la grazia di Dio, in vari modi e in differenti momenti della vita, sarebbe offerta a tutti gli uomini,²³ sebbene non sempre accolta, affinché essi, sotto l’azione dello Spirito di Dio, siano persuasi ad allontanarsi dal male e a perseguire il bene. Ma questa, per il momento, resta solo un’ipotesi che cercheremo di approfondire nel seguito del libro.

    1.3. Critiche alla teoria della Trasformazione Morale

    Le principali critiche che vengono mosse alla teoria della Trasformazione Morale riguardano in particolare l’idea di salvezza ottenuta per mezzo di sforzi umani, e il fatto di sottovalutare il peso della corruzione morale dell’umanità. In tal senso, sempre secondo i critici, viene negato il ruolo redentivo alla morte di Gesù, che nella teoria della Trasformazione Morale assumerebbe solo carattere di testimonianza esemplare. Questa teoria, se spinta verso l’accezione estrema del Pelagianismo, renderebbe la morte di Gesù marginale al processo di salvezza, se non in termini di esortazione morale; l’uomo sarebbe in grado di salvarsi da sé, in quanto perfettamente libero di scegliere il bene e la giustizia. In tal caso, Gesù avrebbe potuto solamente predicare il suo nuovo modello etico e risparmiarsi il martirio della croce. L’idea proposta dal Pelagianismo è quanto di più simile ci sia, in ambito teologico, allo stoicismo greco,²⁴ e pur essendo stata più volte scartata dalla teologia ufficiale è in realtà piuttosto diffusa, in particolare in alcuni circoli pseudo religiosi.

    1.4. Conclusione

    Le teorie cosiddette esemplariste, le quali sostengono che la vita, la morte e la risurrezione di Gesù abbiano costituito solo il perfetto esempio morale da seguire, sono state ripetutamente bocciate nel corso della storia della teologia, spesso anche duramente, ed etichettate come eretiche. Tuttavia, si deve riconoscere a favore della teoria della Trasformazione Morale il merito d’aver evidenziato la necessità di un cambiamento radicale nell’uomo nel seguire Gesù e rimarcato che le opere buone a favore dei poveri, degli oppressi e di tutti i bisognosi, costituiscono un aspetto naturale della vita di un Cristiano; come disse l’Apostolo Giacomo "La fede, senza le opere, è morta",²⁵ vale a dire che una fede, la quale non produca opere buone, è quasi sicuramente inautentica. Possiamo pertanto affermare che grazia e opere non sono in antitesi tra loro, ma procedono parallelamente nel percorso di vita e di salvezza di ciascun Cristiano.

    Nell’ambito del dibattito sulla grazia innescato da Agostino e Pelagio nel IV secolo, ancora di grande attualità, ci si domanda quale sia il ruolo dell’individuo nell’ambito della salvezza (libero arbitrio? predestinazione?), quale sia la portata della grazia (irresistibile? irreversibile?) e quali siano i risultati generati dalla stessa. Nella versione dettata da rigorismo morale è concreto il rischio di sfociare nello stoicismo, nel quale Gesù non avrebbe alcun ruolo, se non marginale, nel quadro della salvezza. All’opposto, la visione agostiniana fondata sulla predestinazione e sulla grazia irresistibile renderebbe la compartecipazione umana all’evento della salvezza del tutto superflua e ininfluente, sfociando nel fatalismo²⁶ (tipico della cultura dell’antica Roma che probabilmente influenzò Agostino) e nel lassismo.

    È dunque necessario trovare una sintesi tra le due impostazioni, come già si cercò di fare nel VI secolo,²⁷ per conciliare l’azione della grazia di Dio con un impegno del fedele a rinnovare e trasformare la propria vita. Ritengo infatti poco plausibile un percorso di salvezza che non sia iniziato dalla grazia divina e supportato dallo Spirito Santo in varie forme e gradi, ma altrettanto infondata una completa mancanza di libertà di scelta e responsabilità individuale dell’uomo in tale percorso. Questa sintesi (sinergismo) fu probabilmente ciò che cercarono di trasmetterci gli autori del Nuovo Testamento e i Padri della Chiesa,²⁸ e che andò quasi perduta sotto la spinta di filosofie e religioni pagane,²⁹ le quali indirizzarono verso l’una o l’altra delle due visioni estreme (stoicismo o fatalismo).

    CAPITOLO 2

    LA TEORIA DELLA RICAPITOLAZIONE

    Poiché, come tutti muoiono in Adamo,

    così anche in Cristo saranno tutti vivificati.

    Così anche sta scritto:

    Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente;

    l’ultimo Adamo è spirito vivificante.

    Prima Lettera ai Corinzi 15:22 e 15:45

    La teoria della Ricapitolazione (così soprannominata dagli studiosi) venne formulata da Ireneo di Lione³⁰ nel II secolo ed è la meno citata tra le principali teorie della salvezza, probabilmente poiché ritenuta, a torto, teologicamente debole. Vi sono infatti in essa elementi di assoluto rilievo e vedremo come sia fondata su solidi assunti teologici. Non va inoltre sottovalutata l’influenza che ebbe Ireneo, uno dei Padri della Chiesa, il quale, grazie ai suoi scritti e alle sue intuizioni, costituirà uno dei punti di riferimento per buona parte della dottrina cristiana del primo millennio. Ireneo spese letteralmente tutta la sua vita per confutare le eresie, in particolare quella gnostica,³¹ che stavano minacciando le verità tramandate dagli Apostoli. Fu anche grazie alla sua opera che tali verità non furono completamente stravolte dal proliferare di eresie che stavano infiltrandosi nel nascente cristianesimo, a seguito delle (non sempre autentiche) conversioni dei pagani alla nuova religione.

    2.1. La teoria della Ricapitolazione

    Rifacendosi alle lettere di Paolo, Ireneo sosteneva che Gesù era il secondo Adamo venuto per restaurare ciò che il primo Adamo aveva corrotto. La parola ricapitolazione viene dalla traduzione di Efesini 1:9-10: Facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra. Ricapitolare significa, dunque, raccogliere sotto un solo capo, in uno solo, ne consegue che Cristo, in sé stesso e per mezzo della sua vita, ripercorse e ristabilì l’ordine di tutto ciò che avrebbe dovuto essere l’umanità, ma che non fu a causa dell’infelice scelta di Adamo ed Eva. Egli capovolse il corso dell’umanità, dalla disobbedienza di Adamo alla sua perfetta obbedienza. L’incarnazione di Gesù, nuovo Adamo, è dunque l’elemento centrale e fondante di questa teoria:

    Il Cristo pienamente divino divenne pienamente uomo per riassumere in sé tutta l’umanità. Ciò che era stato perso attraverso la disobbedienza del primo Adamo fu restaurato attraverso l’obbedienza del secondo Adamo. Cristo passò attraverso tutte le fasi della vita umana, resistette a tutte le tentazioni, morì e risuscitò vincitore della morte e del diavolo. Egli divenne così il nuovo Capo della nostra razza e recuperò ciò che era stato smarrito in Adamo, salvandoci attraverso un processo di ricapitolazione. I benefici della vittoria di Cristo sono disponibili attraverso la partecipazione in lui.³²

    Nel dettaglio, Ireneo riteneva che Adamo ed Eva fossero stati creati infanti e che avessero da compiere un percorso di crescita prestabilito da Dio che avrebbe permesso di sviluppare pienamente la loro natura. Ireneo reputava che gli esseri umani fossero, nel piano stabilito da Dio, destinati alla perfezione, a essere eternamente a immagine e somiglianza di Dio. Questo sviluppo, tuttavia, necessitava di obbedienza, ma gli uomini, sedotti da Satana, vollero affrettare i tempi e prendere da sé ciò per cui non erano ancora pronti. In tal modo finirono per deviare dalla traiettoria tracciata da Dio e divennero incapaci di vivere la vita alla quale erano stati destinati. Il peccato dell’uomo, secondo Ireneo, era pertanto un peccato d’impazienza; volle, per così dire, bruciare le tappe e rimase scottato:

    Secondo Ireneo la caduta fu un errore sul mezzo più che sul fine. Anche se

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