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Liberi per amare: È possibile vivere i consigli evangelici nel mondo?
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E-book479 pagine6 ore

Liberi per amare: È possibile vivere i consigli evangelici nel mondo?

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Info su questo ebook

Liberi per amare. Questa affermazione esprime bene il profondo desiderio che si nasconde in ogni esistenza umana: desideriamo amare e in questo la libertà costituisce un requisito fondamentale. Noi cristiani abbiamo creduto all’amore e lo abbiamo seguito (1Gv 4,16). Il primo entusiasmo della nostra risposta richiede successivamente di chiarire in quale amore abbiamo creduto e come questo si esprime nella vita. È qui che la visione antropologico-morale diviene fondamentale per potersi confrontare sia con le proprie azioni sia con quelle istituzionali. Riconosciamo che la vita umana nasce da una vocazione all’amore e come tale è chiamata a maturare nel tempo come vocazione “per amare”. L’evento personale dell’incontro con Cristo apre la porta alla sua sequela, possibile solo da un legame d’amore che configura un rapporto interpersonale unico. Così le relazioni personali trovano un nuovo orizzonte capace di dare un senso profondo alla vita. Questo è il contesto in cui i consigli evangelici sono stati affrontati.
LinguaItaliano
EditoreIF Press
Data di uscita26 apr 2022
ISBN9788867882892
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    Anteprima del libro

    Liberi per amare - Maria José Chávez

    cover.jpg

    Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

    Istituto Superiore di Scienze Religiose

    Quaderni di studi 5

    Ma. José Chávez

    Verónica Fernández

    Liberi per amare

    È possibile vivere i consigli evangelici nel mondo?

    ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM

    Copyright © 2022 by Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

    Prima edizione in italiano: marzo 2022

    IF Press srl - Roma, Italia

    info@if-press.com - www.if-press.com

    ISBN: 978-88-6788-277-9 - eISBN: 978-88-6788-289-2

    Prefazione

    Agradezco la oportunidad de escribir unas líneas para el libro Libres para amar. ¿Es posible vivir los consejos evangélicos en el mundo de hoy? Un tema interesante en el que deseo se pueda profundizar y llegue a dar fruto.

    Es una riqueza el hecho mismo de escribir juntos varias personas con distintas vocaciones y carismas dentro de la Iglesia, buscando luz para vivir de manera más auténtica y renovada nuestro seguimiento de Cristo. Más allá de las palabras, esta búsqueda juntos, a la escucha del Espíritu Santo, en un ambiente de estudio y al mismo tiempo orante en su base, es por sí misma un acto de comunión.

    Me alegra también el tema, pues es vital. Hemos consagrado nuestras vidas a hacer presente el Reino de Dios. Sabemos que Jesús mismo es el Reino, es la presencia de Dios entre nosotros. Todos nosotros seguimos a ese Jesús que es Dios que ha salido al encuentro del hombre, que comparte nuestra vida y nos salva. Jesús que restaura nuestra comunión con el Padre y nos invita a todos y hace posible que vivamos en el Amor.

    Cada uno desde nuestra propia vocación y carisma, queremos hacer presente la vida de Jesús en el hoy y compartirla con nuestros hermanos los hombres porque en Jesús hemos encontrado el Camino, la Verdad y la Vida. Él eligió vivir por caminos de obediencia, de virginidad, de pobreza. Nos preguntamos cómo quiere que vivamos por estos mismos caminos en el hoy. Cómo quiere que vivamos los consejos evangélicos en nuestro tiempo de manera que sean fuente de luz y salvación.

    En este libro se ha buscado ahondar en este tema desde una profunda convicción, la vocación común a todo bautizado, a todo hombre: la vocación al amor. Ésta es la profunda vocación a la que todos somos llamados. Encontraremos las claves para vivir los consejos evangélicos en la actualidad, en la medida en que nos conduzcan a una creciente libertad, una libertad para amar más, para amar mejor, para que sea Cristo mismo quien ame en cada uno de nosotros. Ésta es la belleza de la vocación a la que hemos sido llamados.

    Deseo que la lectura nos dé algunas pautas para vivir con renovado ánimo y claridad la propia misión.

    Nancy Nohrden

    Direttrice generale della SVA Consacrate RC

    Introduzione Un cammino in comunione

    Marcelo Bravo, L.C.

    Direttore del ISSR

    Il presente volume è frutto di un lungo percorso di riflessione da parte dei singoli autori che si sono incontrati come comunità di ricerca per approfondire su una realtà che per molti versi è antica, ma anche nuova – vetera et nova – e riguarda il valore, l’attualità e l’originalità della consacrazione nel mondo.

    Liberi per amare: è possibile vivere i consigli evangelici nel mondo? Questa è la domanda alla quale si tenta di rispondere nelle pagine che seguono. Esse sono il frutto di una giornata di studio organizzata presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Regina Apostolorum il 14 novembre 2020. La giornata si inquadra in un cammino di riflessione che ha visto alla Società di Vita Apostolica, Consacrate del Regnum Christi, grazie alle quali questo progetto sta andando avanti.

    L’Istituto Superiore di Scienze Religiose, Regina Apostolorum – del quale sono Direttore – si è preoccupato sin dalla sua fondazione del tema della consacrazione, sicuramente focalizzandosi sulla consacrazione propria degli istituti di vita religiosa femminile tradizionale, ma non si è mai dimenticato della consacrazione laicale nel mondo né di tutte le altre forme di consacrazione sorte soprattutto dopo il Concilio Vaticano II. Esso è sorto in buona parte per venire incontro alla necessità di formazione spirituale, accademica e anche carismatica regolare come anche delle forme nuove di consacrazione.

    Le pagine che seguono si concentrano sulla consacrazione «nel mondo». Il Signore ci ha ricordato che tutti noi cristiani siamo nel mondo ma non apparteniamo al mondo. I cristiani, soprattutto coloro che si impegnano per la stretta via della perfezione evangelica, sanno che rendono presente su questa terra l’eone futuro, la realtà definitiva, presente ma non realizzata in pienezza: già ma non ancora. Ciò li rende solidali con un’umanità che stenta a riconoscere in Cristo il suo compimento ultimo e definitivo. In linea con questo pensiero va ricordata una frase di un pensatore cristiano, un po’ controverso, ma di una profonda intuizione e di grande valore per la nostra epoca, Pierre Teilhard de Chardin. Egli confessa di essere «assolutamente cristiano a forza di essere disperatamente umano». Dietro a questa espressione paradossale si evince come la consacrazione nel mondo manifesta che la rinuncia propriamente cristiana non significa abbandonare ciò che, in questo mondo caduco, appartiene a Cristo. In propria venit – εἰς τὰ ἴδια ἦλθεν , leggiamo nel vangelo di Giovanni. Una traduzione molto pertinente di τὰ ἴδια è appunto nella sua proprietà, tra le cose che gli appartengono di diritto in quanto Signore della storia, del tempo e dell’eternità. Gesù non venne come uno straniero o come un invasore, ma come il Signore della sua vigna, temporaneamente lasciata in mano a dei mercenari. Se si presenta come il ladro che viene quando meno ce lo si aspetta, è per ricuperare tutto ciò che è suo di diritto. È vero che una parte di quel mondo non lo accoglierà, e si renderà sordo e cieco di fronte alla Parola e alla Luce, ma non dimentichiamo che Dio agisce e compie la sua opera nell’intimo dei cuori, dove nessuno può entrare se non lo Spirito Santo, che geme con gemiti inesprimibili. Questa Parola e questa Luce avranno la meglio sulle tenebre. Infatti, οὐ παρέλαβον – «non lo hanno accolto»– può essere tradotto anche come «non lo hanno vinto». Il rumore e l’oscurità non sono che realtà effimere, destinate a scomparire di fronte alla Luce del mattino. Il Cristo Mistico – caput et membra – mette la sua tenda in mezzo al mondo per ricuperare per Dio ciò che gli appartiene.

    C’è quindi tutto un mondo che il discepolo di Cristo, con la sua consacrazione battesimale, deve anche consacrare a Dio, offrirlo misticamente sull’altare eucaristico sacramentale, ma anche in quello del sacrificio quotidiano.

    La domanda iniziale – è possibile vivere i consigli evangelici nel mondo? – ha una risposta assolutamente positiva, fondata sulla fede in Cristo. È possibile, dunque, la consacrazione nel mondo tramite i consigli evangelici. È possibile essere liberi per amare in un mondo che ha bisogno sia di comprendere cosa sia la vera libertà, sia di trovare l’oggetto d’amore proporzionato al cuore umano – fecisti nos ad te ed inquietum est cor nostrum donec requiescat in te. Il nostro cuore – il cuore di ogni uomo – è inquieto finché non riposerà in Lui.

    SEZIONE I - STUDI FONDATIVI

    La vocación al amor como fundamento de todos los estados de vida

    Juan José Pérez-Soba

    Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia

    «¿Simón hijo de Juan, me amas más que estos?» (Jn 21,15). La pregunta de Jesucristo se dirige al centro de la vida de Pedro con una fuerza desconcertante, aparece en el momento de sellar una vocación apostólica. En cuanto tal no queda en la intimidad de la persona, sino que alcanza un sentido en verdad universal, la Iglesia reconoce en ella la vocación específica del ministerio petrino que pertenece a la constitución misma de la Iglesia para todos los tiempos. Lo sorprendente de la escena es que, en el ámbito más íntimo que podíamos pensar, el de una declaración de la verdad de un amor, se halla el cimiento de una institución que debe durar hasta el fin de los tiempos. Todo ello queda a merced de una respuesta de amor. Podría parecer un fundamento excesivamente débil para una realidad tan importante. No lo piensa así san Agustín que resume toda la escena con una precisión impresionante: «Sit amoris officium pascere dominicum gregem», «es un deber de amor apacentar la grey del Señor»¹. La triple confesión del apóstol da un marco solemne a esta alianza de amor con Cristo sostenida en la elección divina que conoce la realidad de Simón. En ella se condensa el contenido de toda una vida centrada en Cristo que alcanza su sentido en esta respuesta. y que ya estaba anticipada en el primer encuentro con Él en el que Jesucristo concede a Simón el nombre de Cefas (Pedro) (cf. Jn 1,42). La fuerza del nombre asegura su sentido eclesial, no se refiere a sí mismo, sino a su misión de ser fundamento de la Iglesia. Cristo concede así a la Iglesia la seguridad de una permanencia irrevocable en el que su presencia se hace patente: «sobre esta piedra edificaré mi Iglesia» (Mt 16,18)².

    De aquí que la sabiduría cristiana toma todo este valor simbólico desde una lógica de amor. En ver de ser una realidad débil y voluble, es «fuerte como la muerte» (Cant 8,6) y concede el fundamento divino a las realidades humanas. Se comprende que «el amor edifica» (1 Cor 8,1). La imagen es ahora la construcción de una casa sobre roca (Mt 7,24-27) que permanece a pesar de todas las vicisitudes humanas: La casa se establece como el «lugar de vida» que pide una estabilidad³, en correspondencia con la propia identidad. Según esta parábola, Jesús es el verdadero sabio que construye su casa, la Iglesia, sobre la roca de la escucha y de la práctica de la Palabra de Dios⁴. Con ello, da una nueva dimensión a esta permanencia que brota de la fuerza performativa de dicha palabra⁵, que convierte al hombre en un fiel cristiano, dentro de la casa de Dios que es la Iglesia.

    Aquello que es permanente en el amor, también en su dimensión social, pasa a estar sostenido por una acción de Cristo que es fiel a su promesa, por el amor con el que se ha entregado a su Iglesia. Esto se verifica por el carácter de promesa que tiene el mismo amor y que le hace susceptible de fundar obligaciones permanentes, necesarias para responder a la propia identidad de las personas sostenida en las relaciones personales. El sistema relacional correspondiente, en la medida que configura una forma de vida reconocida, puede denominarse «estado de vida» y tener una clara vertiente jurídica. No es ajeno al amor que es principio de obligaciones pues existen amores debidos. La reflexión sobre el «deber de amor» nace en la explicación de la respuesta a los dones de Dios. Así lo explica Ricardo de San Víctor: «El amor es gratuito cuando alguien ofrece con agrado un don a aquel del que no ha recibido ninguno. El amor es debido cuando a aquel del que se ha recibido gratis no se le devuelve sino amor»⁶. La lógica del amor, sí explica la constitución de un estado de vida.

    Desde esta perspectiva, el estado matrimonial, que tiene como fin construir una casa⁷, entendida como un sistema relacional de obligaciones mutuas, ahora representa el analogado fundamental del «estado de vida» que vive el hombre y pide un reconocimiento social e institucional. Aquí se habla de «vida» porque en él se juega la vida entera como un «todo» que Dios toma y le da un nuevo significado. Nosotros, al tomar esta consideración desde el ministerio petrino y referirlo a la casa como realidad humana centrada en el matrimonio, comprendemos la constitución sacramental de la Iglesia referida a los dos sacramentos «al servicio de la comunidad»⁸, y sostenida por un amor en el que la referencia humana es ahora principal. Esta será la base para los otros estados de vida eclesiales que se determinan desde la variedad de caminos que se abren en el seguimiento de Cristo.

    En un seguimiento personal

    «Dicho esto añadió: Sígueme» (Jn 21,19)⁹. La misión que Cristo pide a Pedro está vinculada al seguimiento. No se habla de él de forma genérica, sino como respuesta a la previa elección de Dios que tiene unas características peculiares propias de la persona a la que se dirige y su historia concreta. Se propone tras la triple profesión de amor que significaba la reparación de su triple negación¹⁰. No se puede establecer una equivalencia entre el ministerio petrino y el seguimiento que se pide, este es de característica personal e incluye otras realidades, parece claro que podría recibir el encargo y no ser fiel a él, siempre de un modo que no altere la casa fundada sobre roca. Puede fracasar en el seguimiento y permanecer en el estado.

    El seguimiento, en cambio, si tiene que ver con el amor primero del que ha hecho profesión y toca lo radical de la persona. De hecho, parece inseparable la petición de amor de la misión del buen pastor que tiene sentido cristológico y de prueba de su caridad¹¹. El seguimiento no puede comprenderse suficientemente desde el estado de vida. Tiene un valor existencial que va más allá de la estructura y pide la caridad como fundamento.

    El «amar más» que pide a Simón, tiene una fuerza grande en el diálogo y se aprecia que desconcierta un poco incluso al interpelado. El contexto nos dice que tiene que ver directamente con la mayor responsabilidad del encargo, que Lucas también destaca al poner en boca de Cristo: «yo he pedido por ti, para que tu fe no se apague. Y tú, cuando te hayas convertido, confirma a tus hermanos» (Lc 22,32). Pero, su base es la referencia al seguimiento, a entender que no se quita el sentido personalísimo de esta conversión en una llamada única de Cristo, que no es solo institucional. Tiene valor por el recuerdo de sus negaciones y su promesa anterior de no dejar nunca a Cristo, cuando dijo en comparación con los otros: «aunque todos caigan, yo no» (Mc 14,29; cf. Mt 26,33); que el evangelio de Juan propone como un don de sí: «Yo daré mi vida por ti» (Jn 13,37). El contexto, entonces, es el de un amor preferencial, que supone una lógica basada en el establecimiento del vínculo y la intensidad del mismo en donde se destaca el hecho esencial de la precedencia del amor divino¹² y se sitúa en paralelo con el «discípulo a quien Jesús amaba» (Jn 21,20) en un sentido personal¹³.

    Esto no significa, ni mucho menos, que sea ajeno al estado de vida, más bien señala el fin del mismo¹⁴. Está incluido, por la misma razón amorosa que lo sustenta, aquello que el amor pide como fidelidad tiene que ver con todas las condiciones humanas que manifiestan la verdad del amor en el mundo y en donde el hombre pone en juego su libertad¹⁵. Son las que se expresan en todo estado de vida. Eso sí, en un cristiano, está referido a Cristo que da un nuevo valor a las relaciones humanas: Cuando el Señor avisa: «El que quiere a su madre o a su padre más que a mí, no es digno de mí; el que quiere a su hijo o a su hija más que a mí, no es digno de mí» (Mt 10,37; cf. Lc 14,26). La fuerza de estas palabras hace entender que, desde la línea del seguimiento, la prioridad absoluta del amor a Cristo debe ser manifestada y hace variar la analogía inicial que presentábamos. Así se expresa el Señor en referencia al seguimiento de algunos elegidos: «todo el que por mí deja casa, hermanos o hermanas, padre o madre, hijos o hijas, recibirá cien veces más» (Mt 19,29; cf. Mc 10,29-30; Lc 18,29-30).

    Hemos de comprender las palabras de Cristo desde la lógica inclusiva del amor. No rechaza ni mucho menos las relaciones familiares, sino que ahora las sustenta desde el amor de caridad de Cristo y las constituye como una familia cristiana. Es fácil comprender esta exigencia desde la llamada a Abrahán de dejar la tierra y la familia (cf. Gén 12,1-3), pero con la promesa de una nueva tierra y una nueva descendencia. Así como el sacrificio de Isaac (cf. Gén 22,1-18), acaba con la reintegración del hijo amado, como hijo de una nueva promesa. No se niegan los lazos familiares, sino que se pone la realidad del seguimiento por encima de ellos. Se establece un nuevo sistema relacional en el que el amor de Cristo es su fundamento y establece su orden interno desde la prioridad de su elección que supera la generalidad de la atracción a lo perfecto del amor¹⁶.

    Todo ello nos conduce a un ordo amoris, en el que se integran todos los vínculos estables, pero en el que el don divino se convierte en novedoso¹⁷. Si el amor esponsal hace abandonar la propia familia; el amor de Cristo es todavía más radical. En todo seguimiento se apunta al deseo radical del hombre que el amor de Dios es capaz de convertir: «Podremos decir por tanto que no es [el seguimiento] simplemente una pregunta que se refiere a mi acción, sino más profundamente, a lo que yo soy, el deseo que habita radicalmente mi corazón»¹⁸.

    Esta variación se debe al afecto nuevo que el Espíritu Santo genera en nosotros por su gracia en el evento del encuentro con Cristo¹⁹. Es necesario conocer el dinamismo que une esa infusión de la gracia con nuestro modo de amar. Un testigo privilegiado es Ricardo de San Víctor que explica la dinámica de la caridad desde el amor esponsal al partir del amor de Cristo como seductor que nos enamora para convertirnos al amor divino que nos transforma²⁰. En este proceso da una importancia esencial al amor como afecto, pues parte de la vulnerabilidad a la que nos abre el amor²¹ y la posibilidad de encontrar en él una identidad en la llamada de Dios y las relaciones que establece. En todo ello, el amor esponsal tiene una característica específica: «en toda esta multiplicidad de significados [del amor] destaca, como arquetipo por excelencia, el amor entre el hombre y la mujer, en el cual intervienen inseparablemente el cuerpo y el alma, y en el que se le abre al ser humano una promesa de felicidad que parece irresistible, en comparación del cual palidecen, a primera vista, todos los demás tipos de amor»²².

    Entramos en una paradoja curiosa: la lógica de la revelación de Dios se realiza por medio de un amor esponsal exclusivo hasta el punto de que: «A la imagen del Dios monoteísta corresponde el matrimonio monógamo. El matrimonio basado en un amor exclusivo y definitivo se convierte en el icono de la relación de Dios con su pueblo y, viceversa, el modo de amar de Dios se convierte en la medida del amor humano»²³. Pero la misma exclusividad que muestra Cristo exige que algunos renuncien al matrimonio para manifestar de una forma peculiar su presencia en el mundo. El amor esponsal, precisamente por la totalidad de su exclusividad y su integridad de unir cuerpo y alma, pasa a ser un factor decisivo del modo del seguimiento de Cristo.

    La perspectiva en la que se basa tiene un referente fundamental, pues la realidad amorosa que unifica todas las demás en su sentido más pleno es el «don de sí»: «Nadie tiene amor más grande que el que da la vida por los amigos» (Jn 15,13). Es un amor que tiene su expresión más clara en el martirio que permanece en la Iglesia como el testimonio mayor y se habla del estado de perfección siempre en relación con él²⁴.

    La lógica del afecto y la variedad de respuestas: virtud, consejo y voto

    Debemos tomar la lógica amorosa para poder entender mejor el significado real de estas preferencias. Si el seguimiento es personal y siempre centrado en el camino abierto por Cristo con una luz que solo puede ver la fe²⁵, se entiende que el vínculo afectivo que lo sustenta hace variar la respuesta humana. Recordemos la sabiduría de la explicación de Santo Tomás que expone la presencia afectiva de Dios que es fundamento del acto de caridad diciendo: «el amor añade la unión del afecto»²⁶, de forma que sin esta unión inicial afectiva todo el dinamismo de la caridad sería imposible.

    Así que se puede proponer que la auténtica distinción de los elementos que corresponden al seguimiento de Cristo, siempre fundado en la caridad, se puede establecer por la diferencia que existe entre los afectos humanos.

    Esta realidad nos permite, a la luz del seguimiento, distinguir tres realidades que están presentes de forma distinta en la realidad consecuente a la dinámica de la caridad en referencia a una perfección: la virtud, el consejo y el voto. En todos ellas, la presencia de un dinamismo afectivo es esencial, pero se inscribe en dinámicas diversas.

    Tomamos la virtud desde una tradición que supera la visión neoestoica que se impuso en el siglo XVII, lo hacemos desde la visión de Santo Tomás de Aquino, que se puede considerar una cumbre en este estudio²⁷ y la expone desde la realidad de la integración afectiva. La virtud es una realidad humana que marca los fines excelentes de los actos desde la atracción al bien. Es el bien el que lo caracteriza desde su objetividad dirigida a la perfección en la acción: «la virtud es lo que hace bueno al que la tiene y hace buena su obra»²⁸, y contiene en sí mismo un principio de perfección, porque es: «la disposición de lo perfecto a lo óptimo»²⁹. La llamada a la perfección en el bien que da razón de la virtud es el que toma la caridad para asumir las virtudes y darles una nueva forma porque ahora son el medio para unirse más a Cristo, esta es la base de la doctrina de la «caritas forma virtutum»³⁰. Pero esta unión con Jesucristo nunca está suficientemente expresada en las virtudes humanas, pues esa unión real requiere una primera acción de Cristo que depende de su libertad y su modo de darse a sí mismo.

    Así aparece el espacio para la existencia de los consejos. El consejo añade a la virtud la identificación peculiar con Cristo en el que Él se revela como la roca firme de su vida y concede una nueva configuración a su respuesta al bien en la medida del seguimiento y la edificación de la Iglesia. Seguimos a Cristo en la identificación con él en la forma de vivir determinadas bienes (se entiende aquí como bien el propio de la acción humana), que nos unen directamente con él. De esta forma, es algo presente en todos los cristianos con formas diversas. Eso no indica que la vida de los consejos permita cualificar todo estado de vida, aunque todo fiel esté llamado a vivirlos en su propio modo. Se puede entender como el «más» que pedía a Pedro y que puede tener muy diversas manifestaciones. Podemos comprender mejor esta dimensión si partimos del valor salvífico de los misterios de la vida de Cristo que son especificaciones de este seguimiento y han tenido en la tradición un gran relieve en la vida espiritual³¹. En ellos siempre hay que destacar la acción del Espíritu en Cristo que ha sido uno de los aspectos importantes de ver la vida consagrada en continuidad con el sacramento de la confirmación³².

    Por su parte, el voto es un modo concreto de seguimiento de Cristo que da una nueva valencia al consejo. En su contenido depende de éste. No es que el voto conceda al consejo su hecho de serlo, sino que es tal la importancia del consejo que puede ser objeto de un voto que será esencial en la configuración de un estado de vida.

    Al presentar estas tres realidades en sus relaciones mutuas, podemos determinar ver la novedad de una perspectiva amorosa del consejo en cuanto tal que está abierta a la configuración de cada estado de vida en una analogía nueva. El estado religioso no sería entonces el analogado principal de los consejos en cuanto tales, sino de los votos en su recepción eclesial y podríamos establecer un sentido de consejos propio para cada estado de vida³³.

    Ahora es preciso unir el seguimiento a la caridad en un principio fundamental que es un criterio teológico clave para entender la vida cristiana. Así se ha de interpretar el encuentro con el joven rico como lo comprendían los padres: «"hemos dejado todo. Y porque no es suficiente solo dejar las cosas añadió lo que es perfecto: y te hemos seguido"»³⁴; se trata de un sentido interior del seguimiento de naturaleza afectiva tal como lo explica San Ambrosio: «Sigue la evocación mística del publicano, al que mando seguirle no con el andar del cuerpo sino con el afecto del alma»³⁵. Lo que hace a Santo Tomás señalar ese sentido afectivo como propio de la caridad: «la perfección de la vida cristiana consiste principalmente en el afecto de la caridad a Dios»³⁶.

    Debemos de entenderlo así a partir de la aclaración de Veritatis splendor: «Jesús, al llamar al joven a seguirle en el camino de la perfección, le pide que sea perfecto en el mandamiento del amor, en «su» mandamiento que se inserte en el movimiento de su donación total, que imite y reviva el mismo amor del Maestro»³⁷. De aquí que ofrezca una nueva visión del seguimiento de carácter más bíblico que cambia el concepto de «perfección» que ahora se refiere de modo directivo a la vida en la caridad y que se explica como la «forma de vida» propia de todo cristiano y configura su respuesta³⁸: «El camino y, a la vez, el contenido de esta perfección consiste en la sequela Christi, en el seguimiento de Jesús, después de haber renunciado a los propios bienes y a sí mismos»³⁹.

    La perfección está en el seguimiento, que es dinámico, en una lógica de «dar fruto» y no en un estado de vida determinado. Este es necesario a modo de «lugar» donde realizar la llamada de Dios que tiene que ver con la existencia encarnada del hombre, pero no lo define suficientemente. El seguimiento toma de la caridad su valor de llamada universal, pero que, en su sentido cristológico, aparece determinada en la elección divina en sus características personales concretas. Por todas estas razones se comprende el seguimiento como una realidad que han de vivir todos los cristianos y que se define por la caridad. Solo en él se da la salvación del hombre. De aquí que el Papa Wojtyla concluya diciendo: «seguir a Cristo es el fundamento esencial y original de la moral cristiana»⁴⁰.

    El centramiento de este seguimiento personal, al mismo tiempo, sacramental y moral⁴¹, lo sitúan por encima de la determinación de los denominados «consejos evangélicos» que no definen el seguimiento en cuanto tal, aunque son una condición del mismo. El reconocimiento del papel del seguimiento como fundamento, nos permite entender su esencia desde la lógica del amor que lo sostiene.

    La comprensión de los consejos en su implicación personal necesita entonces la lógica amorosa que ha pasado a ser central. La interpretación racionalista que une directamente la perfección con los consejos nació en un momento teológico que separó la espiritualidad de la dogmática y la moral y perdió con ello su enraizamiento en una teología de la caridad⁴², por lo que se sentimentalizó olvidando el enorme sentido de una afectividad divina⁴³. La referencia al corazón de Cristo que surge en esa época fue como la llamada a no perder esta impronta, pero más allá de lo que fue de hecho la teología del tiempo, desarrollada en una fractura de la razón y el afecto que continúa hasta hoy⁴⁴.

    El buen pastor da la vida, el fin de los consejos

    La razón de ser buen pastor es «dar la vida por las ovejas» (Jn 10,11). Es el punto en el que la parábola toma su máximo sentido paradójico, ya que ningún pastor da la vida por una oveja, pues es bien consciente que vale más que todas ellas. En cambio, el Buen Pastor da la vida porque las ovejas son del Padre (cf. Jn 10,29), la raíz de la Filiación marca toda misión desde la unificación que realiza Cristo de identidad y misión. Es el Hijo y su misión es hacernos hijos en Él. Esa es la «vida abundante» que nos ha traído (cf. Jn 10,10).

    Dar la vida es la expresión máxima de una libertad para amar. Cristo lo presenta en una continuidad asombrosa con su filiación en un sentido misional: «Por eso me ama el Padre, porque yo entrego mi vida para poder recuperarla. Nadie me la quita, sino que yo la entrego libremente. Tengo poder para entregarla y tengo poder para recuperarla, este mandato he recibido de mi Padre» (Jn 10,17-18). La realidad humana que sostiene esta entrega es la esponsalidad, la entrega del propio cuerpo por amor en una intención de unirse en «una carne» (cf. Gen 2,24; Mt 19,5; Mc 10,8; 1 Cor 6,16; Ef 5,31).

    Esto añade a la consideración general de la caridad, que en cuanto don general se concibe como una amistad indiferenciada, las características propias del amor esponsal que son particulares. Se trata de la totalidad, la exclusividad y la reciprocidad en una intimidad mutua que implica el corazón⁴⁵.

    De aquí la exigencia de que en la vocación personal al amor se especifique el modo de vivir esta esponsalidad. Esto es lo que expuso San Juan Pablo II al presentar que el amor esponsal se especifica en virginal y conyugal⁴⁶. La diferencia consiste en la reciprocidad que lo constituye que en el virginal es diferente ya que encuentra en su misma donación exclusiva a Cristo una reciprocidad en la intimidad que reúne esas condiciones únicas del amor divino: inmediatez, unicidad y plenitud⁴⁷. El testimonio de estas características es de una riqueza peculiar en la Iglesia, precisamente porque ha de vivir de esta realidad para ser creíble la presencia de Dios en el mundo. Es la dimensión eclesial de los consejos en donde la diferencia del estado de vida es central⁴⁸, pero que no es ajena, sino que destaca la importancia del amor esponsal.

    Esta perspectiva que hemos propuesto permite centrar la mirada nueva sobre el significado de los consejos. No son meramente descriptivos de una forma de vida, apuntan a una riqueza antropológica de entrega de la que hay que comprender sus raíces. No basta con ver la voluntad humana de entregarse, sino la acción divina que lo hace posible desde dentro

    Al plantear la teología de los votos⁴⁹, en la defensa de la profesión religiosa propia de las órdenes mendicantes, bien distinta de la tradición benedictina centrada en la regla y su estabilidad⁵⁰, Santo Tomás de Aquino presenta los tres votos a partir de aquello que se ofrece a Dios: el de pobreza, los bienes exteriores; el de castidad, el propio cuerpo; y el de obediencia, la propia voluntad. «Pues como el holocausto es el sacrificio perfecto, así por los votos anteriores el hombre satisface perfectamente a Dios, a quien ofrece el holocausto de las cosas exteriores y del propio cuerpo y del propio espíritu»⁵¹. El sentido negativo de renuncia queda subsumido en el positivo del sacrificio, en el contexto de dar culto a Dios que es lo propio de la religión. Dentro de esta visión que desea diferenciar bien los estados de vida, no deja de destacar que hay que comprenderlos sobre todo como «religare»⁵², por lo que la unión a Dios en el corazón es más valiosa que la sola renuncia y orienta ésta en un sentido fundamentalmente positivo con el fin de realizar las obras de la caridad⁵³. Es la luz necesaria en todo momento: «la caridad es la que nos une a Dios, que es el último fin del ama humana, porque quien permanece en la caridad, permanece en Dios y Dios en él (1 Jn 4). Y por ello la perfección de la vida cristiana se considera según la caridad»⁵⁴.

    En este contexto, la teología del voto se sostiene en la de mérito, tan vinculado a la caridad⁵⁵, que supone siempre una primera acción de Dios y a partir de ella se presenta su relación con los mandamientos: «Pues hay un voto en el precepto y un voto en el consejo. En ambos por necesidad se concluye, que es mejor hacer algo bueno por un voto que sin voto»⁵⁶. Es la caridad la que sostiene siempre la argumentación: «lo que pertenece más a la caridad, es

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