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I Cottifritti
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E-book145 pagine2 ore

I Cottifritti

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Info su questo ebook

Il racconto della buona notte per Diego si trasforma in un’avventura. Il protagonista è l’antenato Theo, nella cui storia si infilano altri racconti che vanno ancora più indietro nel tempo, per poi riavvicinarsi al presente della narrazione… Questo percorso nel tempo si accompagna ad un viaggio reale, in più direzioni e con più tappe. Theo così arricchisce le proprie conoscenze sia verso le sue origini sia nello spazio geografico in cui si muove. Entrambe le dimensioni si dilatano e ciò gli consente di comprendere meglio se stesso, di superare il disagio iniziale derivante dal suo essere diverso da quello che, all’epoca, è ritenuto normale. Questa crescita gli permette di effettuare delle scelte di vita uniche ed esclusivamente sue, indipendenti dai vincoli derivanti dalla tradizione della sua famiglia.
LinguaItaliano
Data di uscita22 apr 2022
ISBN9788898555734
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    Anteprima del libro

    I Cottifritti - Livia Mengoni

    Capitolo

    Uno

    Theo Gottfried era un ragazzino di nove anni che, oltre alla mamma Gertrud e al papà August, aveva due fratelli più grandi, Hubert e Wilhelm. Theo era un bambino fortunato perché faceva parte di una famiglia importante nel piccolo paese in cui abitava, alle porte della città di Praga. Il papà infatti era mastro vetraio e la sua bravura nel realizzare cose di vetro aveva reso famosa la sua bottega: molti nobili dei dintorni vi si recavano per acquistare i suoi manufatti. Gli affari andavano bene e alla famiglia di Theo non mancava nulla. Saggiamente il padre stava ora insegnando i segreti del mestiere a Hubert e Wilhelm affinché, quando lui non avesse più avuto la forza di lavorare, avrebbero potuto proseguire i suoi figli.

    Theo era molto affascinato dall’abilità del padre nel produrre questi meravigliosi oggetti in cristallo. Appena finita la scuola correva nel laboratorio a osservare il padre e i fratelli che ottenevano da una massa informe e opaca degli oggetti meravigliosamente trasparenti e lucenti.


    Quando Theo compì dieci anni a casa la mamma, per festeggiarlo, fece un pranzo un po’ più abbondante del solito, con zuppa di lenticchie e stinco di maiale, una vera prelibatezza! Dopo che ebbero terminato di pranzare il padre iniziò per la terza volta il discorso che aveva già fatto anni prima al decimo compleanno di Hubert e, qualche tempo dopo, di Wilhelm:

    Theo, sei diventato grande ed è ora che anche tu inizi a occuparti degli affari di famiglia.

    Theo si rese immediatamente conto che suo padre stava facendo un discorso molto serio perché sia la mamma sia i fratelli ammutolirono e volsero lo sguardo verso August, il quale proseguì:

    E’ quindi arrivato il momento che anche tu venga in bottega a dare una mano e non solo più a guardare quello che facciamo noi.

    Theo non vedeva l’ora perché aveva proprio voglia di iniziare a creare le cose meravigliose che facevano suo padre e i suoi fratelli.

    Grazie, sarà meraviglioso, posso venire già domani?

    Certo, ma verrai dopo la scuola. E, come prima di te avevano fatto i tuoi fratelli, inizierai tenendo pulita la bottega, che vuol dire anche tener puliti e splendenti tutti gli oggetti di cristallo che vi sono esposti.

    Il sorriso sulle labbra di Theo si spense immediatamente: non solo doveva continuare ad andare a scuola, ma doveva anche fare dei lavori da femmina: pulire e spolverare!

    La mamma, a cui non era sfuggito il cambiamento di espressione del figlio, si affrettò ad aggiungere:

    Ragazzo mio, è un lavoro di responsabilità quello che ti affida tuo padre: tenere la bottega in ordine e pulita è indispensabile per far sì che le persone raffinate scelgano gli oggetti che vengono prodotti nel laboratorio di tuo padre piuttosto che quelli fatti da altri mastri vetrai. Inoltre bisogna imparare a maneggiare con destrezza i vasi e i bicchieri in cristallo per conoscerli e per poterne realizzare di più belli. Caro Theo, devi imparare a conoscere gli oggetti di cristallo, comprendendo la loro natura: quando guardi un vaso di cristallo, tu ne vedi le decorazioni grazie alla luce che lo colpisce e che riflette. Le forme e la luce giocano insieme e il modo in cui lo fanno lo puoi imparare soltanto osservando, maneggiando e comprendendo il legame che esiste tra le forme e la luce, tra ciò che senti con il tatto e ciò che vedi…

    Gertrud aveva una sensibilità speciale per i giochi di luce sul cristallo e aveva anche molto buon gusto; entrambe erano doti preziose per August, che spesso chiedeva alla moglie qualche consiglio estetico per la realizzazione delle sue opere.

    Sappi riprese il padre che per poter fare il nostro lavoro devi avere i polmoni come quelli di un adulto, è necessario che pazienti ancora un po’. E ricordati sempre che un mastro vetraio bravo non può essere uno zoticone, per cui è importantissimo che tu prosegua la scuola. Coloro che vengono a comprare da noi sono nobili raffinati e scelgono i nostri prodotti perché sono raffinati come loro; l’istruzione ci consente di affinare i nostri gusti ed è per questo che noi vendiamo più di altre botteghe che si sono affrettate a produrre senza preoccuparsi della ricerca del bello.

    Theo ascoltò il padre e si rassegnò al fatto che la scuola a casa sua dovevano farla tutti! Avrebbe capito pienamente le parole del padre solo molti anni più tardi…

    Capitolo

    Due

    La vita di Theo proseguiva con le mattinate passate a scuola e i pomeriggi trascorsi in bottega. Ma proprio a scuola in quei giorni ci fu una novità. La maestra disse:

    Ragazzi, poiché ormai tutti voi, chi più chi meno, sapete leggere e scrivere, da domani inizieremo a disegnare.

    Gli alunni si scambiarono sorrisi: disegnare era certo più divertente che scrivere e far di conto. Erano tutti contenti tranne uno: Theo. Il ragazzo era preoccupatissimo, si sarebbe di certo ripetuto il dramma dell’inizio della scuola!

    Appena incominciata la scuola, infatti, la maestra aveva iniziato a insegnare le lettere dell’alfabeto e Theo l’aveva da subito imitata, tracciando le lettere come faceva lei, e gli sembrava di riuscire anche piuttosto bene. Ma la maestra si era arrabbiata moltissimo, e Theo non riusciva a capire perché. Il panico che aveva provato quel giorno non l’aveva più dimenticato.

    Theo, non è possibile! Non puoi usare quella mano per scrivere! Aveva urlato la maestra.

    Il ragazzino non capiva, quale mano doveva usare? Gli sembrava di fare come tutti i suoi compagni… Poi la maestra, dopo aver preso un cordino dal cassetto della sua cattedra, gli si avvicinò e gli legò la mano sinistra, proprio quella con cui impugnava la penna, alla spalliera della sedia, dietro la schiena.

    Mi dispiace disse la maestra ma dalla mia classe usciranno soltanto ragazzi che sanno scrivere con la destra e non con la sinistra! Non va bene usare quella mano, proprio non si deve fare.

    Poi visto quanto Theo era mortificato, con un tono leggermente meno severo disse:

    Non va bene, è sbagliato scrivere con la sinistra, non lo fa nessuno!

    Theo, con gli occhi pieni di lacrime, guardò la maestra con aria ancora più interrogativa. La maestra, che era una buona e brava donna, si rese conto che la spiegazione che aveva dato a Theo, un bambino così curioso e intelligente, non poteva essere sufficiente, così aggiunse:

    Capisci anche tu che se scrivi con la sinistra, la tua mano sul foglio passa sulle parole appena scritte e dato che l’inchiostro è ancora fresco, sbava da tutte le parti e viene fuori un gran pasticcio!

    La maestra aveva ragione: nella sua lunga esperienza sapeva che finché i bambini scrivevano una lettera per volta, il problema non era così importante, ma poi, quando le lettere si susseguivano per costruire parole e poi frasi, il pasticcio era garantito. Ma la ragione principale era che in quegli anni era considerata una cosa brutta essere mancini, perché i mancini, si pensava, avevano qualche stranezza… erano diversi da tutti gli altri.

    Indipendentemente dal motivo che spingeva la maestra a correggere Theo, il bambino restò stupefatto e sconcertato. Con il magone in gola prese la penna con la destra e iniziò a scrivere, anzi tentò di iniziare a scrivere, ma fu un disastro: non riusciva neppure a tenere la penna in mano!


    Da quel giorno anche i compagni di scuola considerarono Theo un po’ strano per il solo fatto che scriveva con la sinistra. I compagni iniziarono a prenderlo in giro anche durante il gioco. Quando giocavano a palla, Theo usava il piede sinistro e nessuno riusciva mai a prevedere la traiettoria che la palla avrebbe preso. Così gli altri ragazzini, sempre sorpresi dall’intervento di Theo, non volevano né averlo nella propria squadra, né tra gli avversari: in breve tempo fu emarginato. Per lui fu un periodo molto brutto. Scoprire di essere diverso dagli altri perché usava la sinistra per scrivere non gli importava assolutamente. Ma questo cosa c’entrava con il giocare a palla? Perché i suoi compagni non lo volevano? Non se ne poteva fare una ragione… Così, subito dopo la scuola, anziché fermarsi a giocare con gli altri, correva alla bottega di papà August.

    Per sua fortuna Theo aveva una grande forza d’animo e decise che avrebbe imparato a scrivere con la destra. Tutte le sere iniziava un faticoso esercizio a cui, grazie al cielo, partecipava anche la mamma, che fornì un prezioso aiuto: gli prendeva la mano destra e gli faceva tracciare, guidandolo, una lettera. Poi ci provava Theo da solo: con la destra impugnava la penna e intingeva il pennino nell’inchiostro. Ma già quest’operazione era difficile, perché l’inchiostro sembrava volesse fuggire dal pennino e le macchie si moltiplicavano in ogni direzione: sul tavolo, sul prezioso quaderno, sui vestiti… Ma per fortuna il bambino era permaloso e testardo e continuava a riscrivere quella lettera sul quaderno per diverse pagine, finché non gli sembrava di aver ottenuto un buon risultato. A quel punto c’era la prova finale: andava da August e gli chiedeva:

    Padre, quale lettera pensate che io abbia scritto?

    Il papà osservava il foglio con molta attenzione, mentre fumava la sua pipa e dopo un periodo di silenzio, che a Theo sembrava un’eternità, dava il suo verdetto:

    E’ una L.

    Se era quella la lettera che Theo intendeva scrivere, allora gridava:

    Sì! e correva dalla mamma tutto soddisfatto di aver conquistato un’altra lettera. Se invece il padre leggeva una lettera diversa da quella che lui aveva voluto scrivere, mogio mogio tornava dalla mamma e disperato diceva:

    E’ tutto inutile, non ce la farò mai! e gli occhi si riempivano di lacrime. Allora la mamma, per consolarlo, gli dava un po’ di zucchero da far sciogliere lentamente in bocca e a Theo sembrava che quello zucchero gli desse la forza per affrontare di nuovo quell’orribile lettera!


    Con molto allenamento Theo imparò a scrivere con la destra tutte le lettere dell’alfabeto che, pur essendo tante e di diversa forma (maiuscolo e minuscolo), erano un numero finito. Adesso, con l’inizio delle lezioni di disegno, il problema si riproponeva, ma in modo più grave: le linee e le forme sono infinite, mai Theo avrebbe potuto prepararsi ad affrontare con la destra qualsiasi disegno gli fosse stato detto di fare! Con questa preoccupazione, la notte prima dell’inizio delle lezioni di disegno Theo si addormentò all’alba ed ebbe appena il tempo di fare un sogno: stava disegnando con la sinistra

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