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Cantami una canzone
Cantami una canzone
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E-book272 pagine3 ore

Cantami una canzone

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Info su questo ebook

Caterina è una giovane ragazza napoletana, receptionist in una nota casa discografica, sempre a contatto con vip e cantanti. Orfana di entrambi i genitori, bada con coraggio ai suoi fratelli, tre pesti che le danno un gran da fare. Dopo diverse delusioni amorose, decide di rinunciare a cercare l'amore della sua vita, ma questo proposito viene messo presto in discussione dall'arrivo in azienda di un noto autore di canzoni, Francesco Monni. Francesco è socievole e affabile, ma c'è qualcosa che non dice della sua vita, qualcosa che lo ha ferito. L'amore tra i due riuscirà a superare le ombre del passato?
LinguaItaliano
Data di uscita11 ago 2022
ISBN9791221425260
Cantami una canzone

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    Anteprima del libro

    Cantami una canzone - Annalisa Caravante

    Quasi come un amore. Sempre in sosta tra un punto e un cuore

    L'albero delle fate - Mango

    Capitolo 1

    Io, Caterina Magai

    Ok, voglio raccontarvi la mia storia; certo, non credo affatto che per farlo, debba iniziare da quando sono nata, no? Perché vorrebbe dire ripercorrere circa un quarto di secolo della mia vita e non penso proprio che sia interessante per voi che leggete. Soprattutto perché fino ai venticinque anni non ho vissuto esperienze eclatanti e non credo v'interessino le mie avventure con poppate e pannolini. Piuttosto, meglio cominciare da un punto ben preciso, da un evento che mi ha cambiata o che è impresso nei ricordi. Oppure, da uno di quei fatti che non voglio ricordare e che puntualmente salta fuori, facendomi fare mille cose per massacrarlo e seppellirlo nei meandri più nascosti della mente.

    Vi sarà capitato di voler dimenticare qualcosa, no? Allora potete capirmi.

    E ciò che io volevo scordare, compiuti i ventisei anni, era il mio ex.

    In che modo?

    Preparando la prima torta della mia vita. Tanto che ci vuole? mi ero detta Metto insieme quattro ingredienti, imburro la teglia, accendo il forno ed è fatta. E così avevo salvato l'unico libro di ricette dalla polvere.

    Ero in cucina e con lo sbattitore elettrico in funzione mescolavo gli ingredienti in una ciotola, ma ero così poco pratica che parte del preparato lo facevo volare dritto sulle piastrelle della parete, sul mio grembiule e sul nonno.

    Ehm… sì, anche sul nonno. Santo uomo che mi sopporta.

    Lui era seduto accanto a me, mi guardava perplesso e le sue sopracciglia si aggrottavano come tutte le volte che provava a comprendere il mio stato, ma gli era difficile capirmi perché cambiavo umore continuamente. Ero così fuori di me che, invece di legare i lunghi capelli castani, preferivo togliermeli dal viso ogni due minuti. Il nervosismo mi aveva anche fatta dimagrire parecchio e me n'ero accorta perché adesso mi andava alquanto bene l'unico paio di jeans rimastomi dall'adolescenza.

    E concorderete, questo è sicuramente un gran bel traguardo. Almeno il mio ex era servito a qualcosa!

    — Tesoro, perché non vedi di fare attenzione? — mi disse nonno.

    — Mmm…

    Mia sorella Bo di sei anni, inginocchiata sulla sedia, col gomito sul tavolo e il pugno che reggeva il mento, guardò il nonno e con lui esclamò — Mah!

    — Vi siete messi d'accordo voi due? – bofonchiai.

    Non tolleravo nulla e quello stato durava già da qualche settimana.

    Bo amava aggiustarsi i capelli, infatti, aveva la lunga chioma riccia ben legata dietro la nuca ed era sempre presentabile, al contrario di me che, quando ero a casa, indossavo un tutone di pile in inverno e di cotone in estate.

    Quando l'orologio segnò le dodici, dal balcone entrò un po' di sole, quel tanto che il palazzo di fronte lasciava passare in quella stradina quasi buia. Per fortuna noi eravamo al quarto piano che ti faceva uscire la lingua di fuori quando si guastava l'ascensore, ma che a differenza degli altri piani ci dava più luce.

    Qualche minuto dopo le dodici entrò in cucina mio fratello Luigi: quattordici anni, sempre con la sua maledetta palla che faceva rimbalzare più volte di seguito e con addosso la maglia azzurra.

    — Forza Napoli sempre!!! – esclamò, stringendo il pugno. Poi prese a cantare una canzone da stadio. Io, però, non ero intenzionata a sopportarlo e mi voltai solo un secondo a guardarlo; lui, incrociando il mio sguardo furioso, si fermò di scatto, facendomi un sorriso misto di paura e prudenza. Guardando il nonno, gli chiese: — Ha le sue cose?

    — No, lei è così anche senza.

    — Nervosetta?

    — Già. Pensa, mi è arrivata addosso tanta di quella torta che adesso sono pronto per essere infornato.

    Sbuffai e commentai: — Come ci sentiamo spiritosi oggi!

    Luigi prese una sedia, vi si accomodò a cavalcioni e disse: — Ma comunque, cara sorellina mia, tu hai ragione; quel cretino del tuo fidanzato…

    — … ex!

    — … ex fidanzato non si è portato a letto solo un'altra donna, ma la segretaria dell'agenzia, quella sorta di sgorbio pieno di peli. Ma che è? Una foresta? Con quale coraggio? Dico io. Con tutte le donne che ci sono a Napoli!

    Poggiai la ciotola sul tavolo e lo fissai irata: — Staresti cercando di tirarmi su? Perché, se è così, non ci stai riuscendo. Sappilo!

    Lui fece spallucce: — Io ci ho provato, ma sappi che sei più carina tu… E non ci vuole molto a essere più carina di quella.

    — Ah e basta! – portai le braccia conserte, facendo un enorme sforzo per non arrabbiarmi ulteriormente. A quel punto nonno capì che era meglio intervenire: — Caterina bella, quanto è accaduto con Davide dovrebbe farti capire che non hai trovato ancora la persona giusta. Pensa se fosse capitato dopo il matrimonio, sarebbe stato peggio.

    Sbuffai ancora e mi sedetti: — Ma come si fa a capire chi è quello giusto? Antonio mi sembrava una brava persona e anche Luca, Simone… Davide…

    — Hai deciso di elencarli tutti? Tesoro mio, è qui il punto, non deve sembrare una brava persona, deve esserlo e deve volerti bene.

    — Già! Dietro a una qualsiasi bella faccia può nascondersi sempre un traditore. – esclamò Bo ammiccando. La fissai di sbieco, aggrottando le sopracciglia: — Dove hai sentito questa cosa?

    — In Amore e passione.

    — Caterina, non farci caso, – replicò mio fratello –  quando la nostra vicina viene a romperci le scatole, mette sempre la solita fiction. Che poi io non capisco una cosa, che c'è di bello nel vedere della gente mettersi le corna reciprocamente? Perché, diciamoci la verità, nelle fiction si parla sempre di corna.

    — Non trattano sempre di corna, ci sono alcune molto interessanti, solo che io non ho mai il tempo di seguirle! E comunque non parlare male della nostra vicina, la signora Giulia è una brava persona. – commentai.

    — Finché non sparla di tutto il condominio.

    — Va bene, – disse nonno, alzandosi – cucino qualcosa, non credo sia l'ideale mangiare una torta per pranzo. Cosa preparo?

    — Io voglio i bocconcini di pollo! – rispose Bo.

    Mio fratello si sedette sul tavolo come faceva sempre e replicò: — Un uomo come me non mangia bocconcini di pollo. Io voglio una bella bistecca alla brace.

    — Così Lucia si arrabbia, lei è a dieta, mangia solo riso e insalata. — gli ricordò nostra sorella.

    — E dove credete di stare? Al ristorante? – chiese nonno – Facciamo spaghetti al pomodoro per tutti e non se ne parla più.

    — E va bene, – si lamentò Luigi – anche se ormai li sogno di notte. Ultimamente Caterina prepara sempre e solo quelli! Una volta sognai una forchetta gigante che mi inseguiva per tutta la città e dei pomodorini che mi giravano intorno chiamandomi scemo. È stato molto traumatico.

    Effettivamente Luigi aveva ragione, cucinavo sempre spaghetti al pomodoro, ma da quando erano morti i nostri genitori, tra il lavoro e la casa non avevo mai tempo per preparare qualcosa di più elaborato. Qualche volta però avevo cucinato tagliatelle ai funghi… acquistate surgelate al supermercato.

    Luigi riprese a giocare con la palla, facendola rimbalzare sul pavimento, nonno si mise ai fornelli, Bo a colorare; io uscii in balcone e fermai lo sguardo sulla strada, scorgendovi l'ombra sconsolata dei miei giorni. Come detto da Luigi, la mia storia con Davide era terminata con un tradimento da parte di lui e ciò mi stava facendo sentire inadeguata a tutto. Non gli avevo dato neppure il tempo di spiegarsi, ma che cosa avrebbe potuto dire? Lo avevo trovato a letto con la segretaria dell'agenzia dove lui lavorava e per me non c'erano scuse.

    Dopo circa una mezz'oretta, quando l'odore dei pomodorini cotti si espandeva per la casa, facendo rumoreggiare lo stomaco, mia sorella Lucia rincasò tutta infreddolita, ritornava dalla scuola e le chiesi com'era andata quel giorno. Lei diede un'occhiata alla padella che sfrigolava e si scaldò le mani strofinandole.

    — Tanto è inutile che snobbi la mia domanda, – continuai – te la farò finché non rispondi. Come è andata oggi?

    — Come al solito, male.

    Alzai gli occhi al cielo: — Fra te e tuo fratello un'unica emozione quando parlate della scuola e non vi dico quale.

    Lucia spostò una sedia dal tavolo e si sedette: — Ti farò vedere come ti emozionerai quando uscirà il quadrimestre.

    — Per allora darò le dimissioni come sorella.

    — Perché la tavola è piena di bucce di uova, di zucchero e farina?

    — Ho preparato una torta.

    — È una punizione perché non vado bene a scuola?

    Mi dispiaceva non riuscire a seguire l'istruzione dei ragazzi, ma ero la sorella più grande e il tempo sembrava sempre non bastare mai.

    Nonostante l'avessi preparata con un pessimo stato emotivo, la torta venne veramente buona, come buoni furono gli spaghetti al sugo di pomodoro del nonno.

    Capitolo 2

    Sirena Experimental Center

    Sotto l’arco di pietra color grigio c’era una porta a vetri a due ante molto ampie che si aprivano automaticamente al passaggio delle persone; al loro richiudersi, unendosi, le ante formavano la lettera S. Sul grigio edificio s’innalzavano per quattro piani delle grandi finestre a specchio e nel punto più alto, al centro del palazzo si ergeva a grossi caratteri il nome dell’etichetta musicale Sirena Experimental Center: una casa discografica situata nel cuore della città di Caserta. Entrando dall'ingresso principale, si accedeva a un piano terra molto ampio, con a destra la reception, a sinistra le scrivanie di due delle tante segretarie e al centro un'enorme scala bianca che portava al primo, al secondo e al terzo piano dove si trovavano gli uffici degli impiegati, degli amministratori e dei dirigenti.

    Io ero la receptionist. Ok, un lavoro come tanti altri, tranquillo, a contratto a tempo indeterminato e full time. Certo, avevo una laurea in economia e commercio e avevo sognato di fare altro, ma come dice sempre nonno Francesco, l'importante è lavorare.

    Ciò che era evidente in quella struttura, era il fatto che più si salivano le scale al centro della sala, più si occupavano posti importanti e tanti erano gli impiegati e le impiegate, che solo per il fatto di lavorare su un piano più in alto, credevano di essere chissà chi. Noi del pianterreno, io e le mie colleghe e amiche Nadia e Manuela, eravamo le disgraziate senza futuro, almeno così la pensavano le segretarie del presidente che lavoravano al terzo piano.

    La Sirena Experimental Center già dalla sua fondazione si occupava di tutti i generi musicali e per ogni settore aveva un responsabile che doveva procurare cantanti e autori. Ai tempi in cui inizia questo mio racconto era autunno e ci si avvicinava alle selezioni per  il Festival che si sarebbe tenuto in primavera e molti erano gli artisti, fra gli emergenti e gli affermati, a cui dare un testo per parteciparvi. Poteva trattarsi solo della musica o delle parole o entrambe le cose perché la Sirena discografica forniva anche questo servizio: creava brani nuovi per chi era solo cantante, per quelli che ne urgevano immediatamente e per le giovani scoperte. Tutti, quasi tutti, dal personale del facchinaggio al titolare del marchio, lavoravamo strenuamente per arrivare alla manifestazione nel miglior modo possibile e sperando di parteciparvi con un buon numero di artisti.

    Spesso, verso le ore dodici già avevamo il viso stanco e i primi fra tutti gli operatori e le operatrici del call center, impegnati a rispondere alle più svariate domande degli utenti. C’era chi chiedeva quale artista avrebbe partecipato al Festival, se un certo album fosse già in vendita o se questo e quell’altro cantante stessero preparando un altro lavoro… e qualcuno domandava anche che intimo indossassero le ragazze del call center.

    In uno dei giorni lavorativi più critici della casa discografica, alle ore tredici Nadia, un tipo bassino, bruna e cicciottella, si accostò con la sua bella ciambella tra le mani alla reception e prese a lamentarsi di alcune colleghe del primo piano. Lo faceva spesso e io l'ascoltavo volentieri, così le ore passavano più velocemente. Mentre con la sua grossa bocca Nadia parlava e mangiava nello stesso tempo, notò sulla mia scrivania il testo di una canzone. Lo afferrò, lo lesse ed esclamò — Oh Santo cielo, chi ha scritto questa roba?

    — Nadia, – risposi, togliendoglielo dalle mani – lo devo dare a Crischi.

    — Ma questo testo è orrendo! Neppure un cane scriverebbe tanto male!

    — Abbassa la voce, è di De Rossi e se il capo vede che lo stai leggendo, si arrabbia.

    — Semmai gli farei un favore, gli eviterei di fare una brutta figura, questo testo è patetico: amore mio, cuore mio, senza di te non vivo… Sempre il solito Già sentito!

    — Insomma, smettila!

    — Avanti, Caty mia, non dirmi che non lo trovi pure tu nauseante?

    – Beh… forse avvicinandosi con un altro punto di vista, rileggendolo, volendo trovarvi qualcosa di buono… no, fa schifo, hai ragione. Ma teniamolo per noi; ultimamente in azienda mancano parolieri. E chi lo dice al capo che, così come stanno le cose, per avere un artista al Festival ci vuole solo un miracolo di San Gennaro?

    — San Gennaro e San Sebastiano assieme! Devono risolvere 'sta cosa, i testi che scrivono fanno pena.

    — Forse è per questo che hanno contattato un nuovo autore. – risposi, ma Nadia si era già distratta con un'altra cosa: — Oh oh, – esclamò, voltandosi verso l'ingresso – guarda chi sta entrando, miss Esisto solo io.

    Mi girai a mia volta e vidi entrare nell’edificio Fabiana, una delle segretarie del capo, una ragazza bionda, non molto alta ma attraente e con lunghi capelli mossi. Era una di quelle con la puzza sotto al naso, che a stento salutava e che non si tratteneva più di un minuto al piano terra. Nadia, mal sopportandola, come la vide passare, le augurò una buona giornata, pur sapendo che lei non apprezzava quell'augurio.

    — Nadia, – la richiamai – smettila di inimicartela, a cosa ti serve, scusa?

    — A niente, ma non la sopporto. Se la vedessi schiacciata da un camion, direi all'autista di farci una seconda passata. Ce l’hai una foto?

    — Di Fabiana? Amica mia, lo sai che certi riti sono proibiti… quando lo fai, chiama anche me.

    — Ma che cosa dici, Caterina? Io parlavo di quello, coso là, il nuovo paroliere.

    — Ah ma allora mi avevi sentita? Dammi soddisfazione quando parlo.

    — E ti lamenti sempre!

    Appena irata, spostai il monitor e mostrai la foto del nuovo autore, un uomo bruno, dai capelli corti e da un taglio d'occhi quasi asiatico; Nadia si avvicinò di più allo schermo e iniziò a leggere la scheda a voce alta.

    — Oh Santo cielo, tu mi farai licenziare! – mi lamentai, spostandola via.

    — Be', la foto non è un granché, poi lui è anche basso, sta scritto un metro e settanta! Ma da dove lo hanno preso, da un asilo nido? Chi è? L'ottavo nano?

    — Un metro e settanta non è basso e poi non importa l’aspetto fisico, ciò che conta è che scriva bene, altrimenti sono guai per l’azienda.

    — E comunque adesso lo ricordo, sì sì, Francesco Monni. L’ho visto su un giornale, ho letto un articolo su di lui tempo fa. È stato anche cantante, se non erro in un duetto.

    — Non mi sorprende, tu che leggi riviste, invece di lavorare e sottolineo invece di lavorare, è normale che lo conosca. Comunque, ha scritto testi per molti artisti famosi, per esempio: Dimmi che Luna sei per Alex D., L'amore, una parte di me, Gli specchi del futuro e altri che non ricordo.

    — Davvero? Lui è lo smielato autore di questi testi? Quello che chiamano Lo scrittore dell'amore?

    — Non sono smielate, sono delle canzoni molto romantiche.

    — Sì, dimmi che luna sei, io sarò per te la stella più calda…

    — Nadia, non cantare, che sei anche stonata. E comunque, come hai visto, non è uno qualsiasi. Dicono che si faccia pagare molto bene e che sia l’autore più richiesto sul mercato.

    — Sì, ma ho anche letto che il nanetto non parla molto volentieri con quelli che non sono del suo stesso livello sociale e che si dà delle arie. Chi lo ha conosciuto, lo definisce arrogante e presuntuoso. E quando arriverebbe lo gnomo?

    — E smettila, ti dovesse scappare di chiamarlo così davanti a un dirigente!

    — Come se non ce ne fossero già tanti di altezzosi e buffoni in questo posto.

    — Smettetela di ciarlare, – rispose la nostra collega Manuela avvicinandosi — e andiamo a mangiare qualcosa.

    Nadia faceva il minimo indispensabile; era entrata nella Sirena discografica grazie a un'importante conoscenza e a quei tempi se ne stava tranquilla a oziare, a mangiare e a leggere riviste per quasi tutto il giorno. Dedicava al lavoro solo le ore che il suo capo trascorreva in ufficio.

    La nostra collega e amica Manuela, invece, era una bella ragazza bionda, alta e slanciata, ma un po’ impacciata. Si impegnava parecchio nel lavoro, soprattutto a risolvere i casini che lei stessa combinava. Amava molto chattare con i vari pretendenti sui social e quando qualcuno aveva bisogno di conforto e di aiuto, lei c'era sempre. Era generosa? Più che altro aveva accumulato una serie di delusioni contro le quali diceva di aver trovato un sistema infallibile: buttarsi tutto alle spalle e ricominciare.

    Nadia e Manuela ancora oggi stanno sempre insieme, anche se il più delle volte non fanno che battibeccare.

    Ritornando alla casa discografica, l’unico tra gli uomini che si fermava a salutarci e a scambiare quattro chiacchiere con noi, era Fabio Crischi; a quei tempi era consulente musicale e talent scout per il ramo pop. Era una brava persona, ma c'era una cosa che non sopportavo, il suo atteggiamento da dongiovanni; era sempre pronto a elargire complimenti alle donne, ma il suo chiodo fisso, purtroppo, ero io. Purtroppo perché non era il mio tipo.

    Capitolo 3

    Odio lo straordinario

    Alla Sirena Experimental center, quando si avvicinavano le selezioni per il Festival di primavera, come già detto, non c'era tempo di annoiarsi: gente che andava, gente che veniva, telefoni e cellulari che squillavano ed estenuanti turni di lavoro.

    Una mattina come tante sentii Mariella De Riso, addetta ai primi contatti con gli artisti, esclamare dal primo piano: — Oh mio Signore, non ce la faccio più! Te lo giuro, farò sempre la brava se in cambio mi distruggi, no, mi disintegri il cellulare. Anzi, meglio ancora, fa' saltare tutta la rete delle telecomunicazioni, sia fisse che mobili!

    Scendendo le scale e avvicinandosi a me con due occhi infossati, la De Riso mi chiese — Caterina bella, quanti stupidi esseri canterini sono entrati da questa maledetta porta?

    Le feci segno di guardare Manuela; Mariella si voltò e vide la mia amica truccata, pettinata e perfetta in ogni particolare. Alzando gli occhi al cielo e ritornandosene indietro, la De Riso esclamò — Per favore, telefona al bar e fammi portare del caffè stretto, molto stretto!

    A me ci vogliono quintali di caffè bofonchiai.

    Erano circa le dieci e un quarto, quando davanti alla grande scalinata esterna della Sirena Experimental, da un’auto nera uscì un giovane

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