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L'innamorato
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E-book206 pagine3 ore

L'innamorato

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Info su questo ebook

L’innamorato, pubblicato nel 1565, è la squisita riscrittura del classico di Baldassare Castiglione Il Cortigiano. Brunoro Zampeschi, un giovane nobile e amico del grande scrittore Torquato Tasso, immagina un dialogo tra due amici che tentano di delineare le qualità spirituali e fisiche del perfetto nobiluomo. Zampeschi critica il profilo ideale dell’uomo di corte definito da Castiglione e offre un’analisi molto più realistica delle difficoltà che doveva affrontare un giovane nobiluomo italiano dell’epoca rinascimentale.
LinguaItaliano
Data di uscita14 mag 2022
ISBN9788899958237
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    Anteprima del libro

    L'innamorato - Brunoro II Zampeschi

    Gio. Mario Verdezotti

    Gio. Mario Verdezotti.

    CHI vuol seguir d’Amor l’altera corte,

    Intenda il suon di queste nove carte:

    Ch’a pieno in breve apprenderà quell’arte,

    Che la militia sua rende più forte.

    Quinci soldato suo con rara sorte

    Tal si fara, che d’ogni gioia à parte

    Gionto, mal grado di contrario Marte,

    Non temera da lui biasmo, nè morte.

    Così vittorioso al fin vedraßi

    De la crudele, e bella sua nemica,

    Ne speso hauer indarno il tempo, e i paßi.

    Venga dunque à veder l’alta fatica

    Spirto amoroso: e chi lontano staßi

    La stimi come dotta, anchor pudica.

    Girolamo Rossi

    Girolamo Rossi.

    ME ntre la nobil vostra e forte mano

    Vsa la spada oprar, prende lo stile,

    Recate in dubbio, qual, Signor gentile,

    Sia più degno di laude, e più sovrano.

    Ne l’uno, e l’altro, sì di mano in mano

    Gite avanzando l’altrui vecchio stile,

    Che fate alteramente essere à vile

    Pregio più caro, e haver si poco, e vano.

    D’Adria la saggia donna, aperto segno

    De l’un ne diede, alhor, che illustre peso

    Commise al molto, e chiaro valor vostro.

    L’altro mostrate quì, mentre che degno

    Formate Amante, in casto foco acceso,

    Tal siete e con la spada, e con lo inchiostro.

    Girolamo Ruscelli

    Girolamo Ruscelli.

    ME ntre, Signor, col stil pregiato, e raro

    Nel bel Regno d’Amor l’alme inviate,

    Tal vaghezza al cor mio ratto inspirate,

    Che di sottrarmi à me medesmo imparo.

    Ma mentre poi con si lucente, e chiaro

    Essempio vostro, il bel sentier mostrate,

    Dal preso volo già, l’alma sviate,

    Ch’altro non ha, che voi seguir più caro.

    Et oltr’il valor vostro, io veggio ancora,

    Ripercoter’in voi, nè so ben donde,

    Luce, che par che sopr’ogn’altra splenda.

    Voi dunque segua, e voi contempli ogn’hora

    Ogni spirto amoroso, nè d’altronde

    Più nobil’arte a i suoi desiri attenda.

    Torquato Tasso

    Torquato Tasso.

    CHI ’l pelago d’Amore à solcar viene,

    In cui sperar non lice aure feconde,

    Te prenda in Duce, e salvo il trarrai, donde

    Huom rado scampa à le bramate arene:

    Tu le Sirti, e le Scille, e le Sirene,

    E qual mostro più fiero entro s’asconde,

    Varchi à tua voglia, e i venti incerti, e l’onde,

    Qual nume lor con certe leggi affrene.

    Poi quando addutte in porto havrà le care

    Sue merci, ove le vele altri raccoglie,

    E’l Tranquillo d’Amor gode sicuro;

    Te non pur novo Tifi, ò Palinuro,

    Ma suo Polluce appelli, e’n riva al mare

    Sospenda al tempio tuo votive spoglie.

    Del Medesimo

    Del Medesimo.

    CO me fra’l glielo d’honestà s’accenda

    In nobil Donna un puro, e dolce ardore;

    E come il marmo, ond’ella impetra il core

    Tenero, e molle, esperto Amante renda:

    E con quali armi se copra, e difenda

    Ne’ dubbi assalti, ov’huom si spesso muore,

    Ne le tue carte à noi rivela Amore,

    E da te solo vuol c’hoggi s’apprenda.

    Tu con l’istessa man, che sì sovente

    Il ferro tratta e fra la turba hostile

    Apre à seguaci suoi largo sentiero;

    Ne spieghi in chiaro, & honorato stile,

    L’arte pur dianzi inculta; e parimente

    Sei di Marte, e d’Amor duce, e guerriero.

    Del medesimo

    Del medesimo.

    SA ggio d’Amor guerrier, guerrier di Marte,

    A cui crescon gli allor, crescono i mirti,

    Ch’agguagli, e vinci i più famosi spirti,

    C’habbian l’antiche, ò le moderne carte:

    Tu la penna, e la spada opri con arte,

    Che può la strada a mille beni aprirsi,

    E Venere, e Bellona amiche unirsi,

    Spargendo tu lor glorie in ogni parte.

    Dunque è ragione a chi ben dritto mira

    S’ogni bella d’Amor ministra santa

    (Anima illustre) ai tuoi favori aspira:

    E, se’l pubblico grido, onde si vanta

    Tuo gran valor, che tutta Italia gira,

    Gia degno d’ogni honor chiaro ti canta.

    Girolamo Mutio

    Girolamo Mutio.

    SE già lunga sragione in cieco errore,

    Son Stati involti i miserelli Amanti

    Di speme ignudi, & carchi di dolore,

    Perpetue fonti d’angosciosi pianti;

    Hor de la oscura nebbia usciti fore,

    Cangiar potranno i loro lamenti in canti:

    Che’l Secretario del divino Amore

    Descritti ha in carte i suoi precetti santi.

    Non potea penna far più bel lavoro,

    Di questa opra gentile, in cui s’insegna

    Come s’amaua ne l’età de l’oro.

    Or poi che l’opra è sì di laude degna;

    Del buon scrittor, & Cavalier Brunoro

    Seguite Amanti l’honorata insegna.

    L’Acceso, Academico Stordito

    L’Acceso, Academico Stordito.

    ST ava il regno d’Amor sprezzato, e vile;

    Sorgean felici i baßi Amanti indegni;

    Quando un Signor, ch’è un Sol tra i chiari ingegni

    In Parnaso ad Apollo à pien simile,

    Dipinse con purgato, e vago stile,

    D’un’Amante perfetto i veri segni,

    In cui rivolta i cor di pregio degni

    Scerner puote ogni saggia Alma gentile:

    Onde; poi che tornar al primo honore

    L’alto impero tuo antico quinci mira,

    E i suoi soggetti di bei fregi adorni;

    A sì rara opra intento, e lieto Amore

    Dice: Te invidia non offenda, od ira

    Di tempo: e il tuo fattor di gloria s’orni.

    Pomponio Spreti

    Pomponio Spreti.

    MI seri Amanti, che voi steßi havete

    Perduto dietro’l Sol di duo lucenti

    Occhi; e vinti dal duol, mesti e dolenti

    Spesso a voler morir posti vi siete,

    Non più per camin cieco errando andrete

    L’aere avampando co’ sospiri ardenti;

    Che’l mio Signor fuor tratto hà in dotti accenti

    Del vero amar lo stil già immerso in Lete.

    Egli i secreti scopre alti d’Amore,

    Onde ogni accorto, e saggio Amante impara

    Quel che deggia temer, quel che seguire.

    Così à me dato havesse’l ciel valore

    D’altrui ridir com’ei ne mostra chiaro

    La via, che frena ogni sfrenato ardire.

    Cesare Simonetta da Fano

    Cesare Simonetta da Fano.

    O D i rare virtuti essempio raro

    Magnanimo Signor, cui’l ciel comparte

    Tutto quel che può dar Natura, ed Arte,

    Non meno à Marte, ch’à le Muse caro;

    Sì ben ne mostri’l dolce stilo amaro,

    D’Amor ne le tue vive eterne carte,

    Che non fia lido, ò sì lontana parte

    Senza udir il tuo nome illustre, & chiaro.

    Chi scrisse mai pien d’alto affetto ardente

    Pari à te ne la Tosca alma favella

    Di vero amor diverse cose tante?

    Credo Signor c’havesti solo in mente

    Di te l’idea quando formasti quella

    Vera, & pregiata idea d’un vero Amante.

    Federico Lanti

    Federico Lanti.

    DE scrivere gli affetti, & le maniere

    Di un vero Amante, che arde, e dir nol puote,

    Se non con interrotte, e flebil note,

    Ch’esprimon più che le parole intiere;

    E pallido qual morto, alto nochiere,

    Che l’Amata, qual Ferro ottuso cote,

    Per cui langue, onde avvien, che od in remote

    Parti del Mondo, ò appresso tema, e spere;

    Come ansio, e pago si dia in preda à cui

    Non è in calere, e il sà, nondimen segue

    Lei, per elettion, sua Tramontana,

    Come stia sempre in dolce pena, e strana

    Come non habbia mai paci, ne triegue

    Con chi ama, e adora, cose eran da lui.

    Lorenzo Baroncelli

    Lorenzo Baroncelli.

    PO nete fine, ò miserelli Amanti;

    A i rei sospir, ch’ogni hor v’escon del core,

    Poi ch’a l’entrar nel bel regno d’Amore

    La via sicura à hora vi s’apre inanti.

    Quinci asciugando i vostri amari pianti

    Lieti uscirete di perpetuo errore,

    Dolce menando in pace i giorni, e l’hore

    Sotto i legami suoi felici, e santi.

    E lodando il destin di tanta sorte,

    E quel nobil guerrier, che di sua mano

    V’aperse à tanto ben le chiuse porte;

    Farete il nome suo suonar lontano

    Perche ad honor de l’amorosa corte,

    S’odan le Sirti, e’l lito Gaditano.

    Del medesimo

    Del medesimo.

    SA ggio scrittor, gran Cavalier di Marte,

    Che così dottamente n’hai mostrato

    Qual esser deggia un vero Innamorato

    Con stil sì dolce, in sì lodate carte.

    Onde’l Ciel, la Natura, il Mondo, e l’Arte

    Stupisce di vederti sì pregiato;

    E cotanto à Bellona, e à Febo grato,

    Che teco à gara ogn’un tue gratie parte.

    Però s’humil t’inchino, ammiro, e adoro

    Come cosa divina, eccelsa, e rara,

    Sò che quanto è il tuo merto io non ti honoro:

    E se la tua virtù sì al mondo è cara,

    Che s’ode intorno sol sonar Brunoro,

    E ben ragion, poi ch’è sì illustre, e chiara.

    Luigi Pantalupi

    Luigi Pantalupi.

    SI gnor, se d’alta gloria havete il core

    Quant’altri, acceso à questa nostra etate;

    Perch’ahi, sì quel d’Amor Frutto celate,

    Che trar vi può dal cieco oblio de l’hore?

    Già n’è tal grido, e fama uscito fuore,

    E tal gia incende l’alme innamorate,

    Che n’ardon tutte: ond’hor l’alto ammorzate

    Vi prego, in lor più che Tantalio ardore.

    Si poi, Elle per voi da mille oltraggi,

    Che vaneggiando, l’han fin hora oppresse;

    Sciolte, n’andranno il nudo Arcier servendo.

    Così di Lei, ch’à tal impresa elesse

    Voi sol; più illustri fian gli eterni raggi,

    Novo intanto, Platon voi qui vivendo.

    Giovann’Andrea dell’Anguillara

    Giovann’Andrea dell’Anguillara.

    AM or, chi la tua forza non ammira,

    E’l tuo strale, e’l tuo foco non intende,

    Mentre rara bellezza il cor gli accende,

    Consuma il tempo, e in vano ama, e sospira;

    Ma chi teme di te la sferza e l’ira,

    E con giudicio aspira al fin, ch’attende

    I pa ßi, e le fatiche in van non spende,

    Ma dà nel segno, ove fermò la mira.

    Chi vuol saper di questo il vero modo,

    La fe, l’industria, la maniera, e l’arte,

    Che lega l’alme à a l’amoroso nodo;

    Legga queste faconde, e dotte carte,

    Che qual cosa celeste ammiro, e lodo

    Talmente i suoi concetti, orna, e comparte.

    Girolamo Zoppio

    Girolamo Zoppio.

    CO me Amor, di cui già tanti, e tanti anni

    Fe del vivo, e suggetto, arda, e deprerde

    L’alme; e con quai lusinghe, e quanti ingannni

    Dolci, di cor gentil si faccia herede;

    Quando, e quanto servar la data fede

    In amor vaglia: e qual rio foco appanni

    Gli occhi, qual gli rischiari; & ove il piede

    Torca securo altrui da tristi affanni;

    Chiaro spiega, e felice in dotte carte

    Il gran Brunoro à l’alta Dea d’Athene

    Caro non men ch’al glorioso Marte.

    Spargete dunque à lui con le man piene

    Soave Mirto in questa, e’n quella parte

    Voi ch’amate il santißimo Hippocrene.

    Girolamo Pallanteri

    Girolamo Pallanteri.

    SC endi dal cerchio tuo, Compagna eterna

    Di lei, cui Cipro, e’l mondo, e’l ciel honora,

    Hor, che l’Idalio altier s’inherba, e’nfiora

    Tal, che non cede à la magion superna:

    E’l faggio Heroe, cui dolce fiamma interna

    Rende il bosco sì dolce, e dolce l’ora,

    Che qual debba tra i Mirti huom far dimo

    Brama in carte spiegar; movi, e governa.

    Ma, che vegg’io? l’opra immortal già fuore,

    Sì illustre appar, che d’ogn’intorno il nome

    Lieto portarne Amor, cantando, parme.

    Famoso Cavalier, chiaro Scrittore;

    Che in sì tenera età mostraste, come

    Si può pregio acquistar d’altro, che d’arme.

    Adriano Nigofanti

    Adriano Nigofanti.

    SP irto gentil, fra bei pensier d’Amore

    Mentre con puro stil, leggiadro, e raro

    Il mondo hoggi richiami al primo honore,

    E lo sproni lontan dal volgo ignaro:

    Tue degne lodi, e’l gran pregio, e’l valore

    Giostrar potran con ciascun’altre à paro:

    Et indi, ove il Sol cade, onde vien fuore,

    Fia il tuo nome mai sempre illustre, e chiaro:

    Altri, ciò, che potea la lingua, hà mostro:

    Formato altri ha cortese un’huom selvaggio,

    Tessendo al viver lor famosa historia.

    Tu con più vago, & più felice inchiostro

    Formi un perfetto Amante, honesto, e saggio,

    Poggiando eterno al ciel con maggior gloria.

    Il Devoto, Academico Stordito

    Il Devoto, Academico Stordito.

    RA gion’è ben, che il mondo v’ami, e pregi

    (Signor) fuora tutti altri degni, e illustri;

    Per che, dovunque il Sol risplenda, e lustri

    Splendon del valor vostro i chiari pregi;

    Ma più per che mostrando i ricchi fregi,

    D’un vero Amante, oprate che s’illustri

    L’arte d’Amor, che gia per tanti lustri

    In tenebre giaceva, & in dispregi.

    Hor si rallegra ogni amoroso core,

    Che per certo sentier salir al regno

    D’Amor puote, per voi di doti adorno;

    Et à voi sol le lodi, à voi l’honore

    Rendendo, del suo grato animo in segno,

    Sentir fa lieto il nome vostro intorno.

    Del Danese Cataneo

    Del Danese Cataneo.

    ME ntre con sì leggiadro, altero stile

    V’odo spiegar d’Amor la nobil arte,

    Voi stesso veggio ne le vostre carte

    Illustre esempio d’amator gentile.

    E veggio ritratto à voi simile,

    Mentre aprite i precetti alti di Marte,

    Perch’ei del suo valor vi fe tal parte,

    Che splender vi farà dal Gange, à Thile.

    O voi felice, à cui la chioma han cinto

    Con le lor man di trionfal corona

    I sacri Dei del ciel terzo, e del quinto.

    Già’l vostro eccelso honor canta Helicona,

    Si che dal suo splendor ogni altro è vinto,

    E Brunoro, e Zampesco alto risuona.

    L’Appoggiato Vmoroso, Academico

    L’Appoggiato Vmoroso, Academico.

    CO me si cangi un’animo repente,

    E scosso il ghiaccio in fiamma si converta,

    Scoprendo piaga in se profonda, e aperta,

    Ch’ad amar la sua Donna il face ardente:

    Come s’imprima ne l’humana mente

    D’Amor lo strale; & come à pena certa

    Corra per strada ogn’hor dubbia, ed incerta

    Chi di servir Amor mai non si pente:

    Come ogni vil pensier posto da parte,

    Si vesta un cor di fede alta; & costante

    Seguendo il Sol, che il Ciel gli diede in sorte:

    Come s’involi al Tempo, & à la Morte

    Fatto perfetto, un generoso Amante,

    Signor s’impara in queste vostre Carte.

    Ridolfo Arlotti

    Ridolfo Arlotti.

    CH i brama far ne l’aspra guerra horrenda,

    Qual senza mai prometter tregua, ò pace,

    A foco, e à ferro Amor quà giù ne face,

    Pruova, onde il nome suo chiaro risplenda;

    L’arme onde accorto se copra, e difenda,

    Et onde altrui fera, & assaglia audace,

    Non d’Etna da la falsa atra fornace,

    Brunor, ma di tua mano illustre prenda:

    Sì vedrem’ poi ch’havrà rotto il diamante,

    Che à le nemiche Donne indura i petti,

    E ogn’empio suo pensier fugato, e vinto,

    Goder in premio del valor prestante

    Quant’have il terzo Ciel gioie, e diletti

    D’immortal mirto il crin d’intorno cinto.

    Luca Contile

    Luca Contile.

    QV el, che non seppe à pien nè la scola

    Ragionando d’Amore, e di beltate

    Mostrar il gran Platon’, con scelte e ornate

    Voci, per voi chiaro si scerne, e vola.

    Onde alquanto s’allegra, & si consola

    La nostra afflitta, e sventurata etate,

    Già, ch’al mondo, Signor; voi dimostrate

    Ciò, che può far la penna vostra sola.

    Seguite il bel camin’, ch’anchor io spero

    Vedervi in mezo più sublimi heroi

    Di doppio Allor la degna fronte cinto.

    Io di lontan, come mio lume vero

    V’inchino, e honoro; & tutti i pregi suoi

    Vi cede ogni altro, e da voi tiensi vinto.

    Ascanio Centorio de gli Hortensi

    Ascanio Centorio de gli Hortensii.

    HOR potrà ben per ogni altera riva

    Dolce volando trionfar Amore

    Per voi, Signor; e rinovar suo ardore

    Nel vostro dir, che in terra ogni altro priva.

    E dal Ciel poi con la sua Madre Diva

    Sparger’in voi quel sacro, almo splendore,

    Che si de al saper vostro, e al vostro honore,

    Ch’indi si v’orna di celeste oliva.

    Onde, Sigdor; ch’à più leggiadri Amanti

    Mostrate il fin’de’lor bramati giorni,

    Lieto godete de’be’frutti vostri.

    E dritto è ben, che con soavi canti

    Le vostre tempie tutto il mondo adorni;

    Poi ch’amando per voi par, che s’innostri.

    Gioseppe Betussi

    Gioseppe Betussi.

    VOI, che cò chiari, & ben purgati inchiostri

    Alzate tanto il bel Toscano fiume,

    Dando a le glorie sue si larghe piume,

    Ch’altero poggia à più sublimi chiostri;

    Scorgetemi con un’de’pensier vostri,

    Che la strada d’Amor tanto m’allume,

    Ch’à le tenebre mie si faccia lume,

    E la via di salir’al ciel mi mostri.

    Potreste voi con l’amoroso stile

    Non pur far forza al doloroso inferno,

    Ma de’Fati cangiar la salda voglia;

    Però, vostra mercè; spero di vile

    Augel palustre, il tempo haver sì à scherno,

    Che non havrà di me più, che la spoglia.

    Del Medesimo

    Del Medesimo.

    PO chi son’, che correndo ad Indi, e à Sciti,

    Cerchin’di lor far il terreno vermiglio;

    Men’quei, ch’à vendicar di Maria il figlio

    Monstrin’gli animi pronti, e i petti arditi:

    Raro, ò nessun, ch’Apollo hoggi l’enviti

    O Minerva à suoi studi; anzi in e ßiglio

    Par, che sia il bene oprare, e il buon consiglio

    Che ci può far eterni, e riveriti.

    Ma fra

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