Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Frate Elia: compagno di San Francesco
Frate Elia: compagno di San Francesco
Frate Elia: compagno di San Francesco
E-book360 pagine5 ore

Frate Elia: compagno di San Francesco

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Con uno studio su Frate Elia e l'alchimia di Anna Maria Partini.
Elia da Cortona, o Elia da Assisi (Assisi, 1180 circa-Cortona, 22 aprile 1253), francescano laico, fu molto vicino a San Francesco essendo uno dei suoi primi seguaci. Ebbe un importante ruolo politico come amico e consigliere di Federico II di Svevia, dal quale ricevette delicati incarichi diplomatici. Non riuscì, però, nel suo intento di riconciliare i poteri universali del Papato e del Sacro romano impero; anzi, il suo impegno politico gli costò una scomunica che fu resa pubblica ed effettiva nel 1240. Un suo riavvicinamento al Papato si ebbe solamente nel 1250, dopo la morte di Federico II.
Una tradizione cronachistica, a lui sostanzialmente avversa, lo indica anche come dedito a pratiche alchemiche, arrivando perfino ad attribuirgli la stesura, presso la corte federiciana, di un trattato in sei libri in lingua latina sull’argomento intitolato Lumen luminum, ispirato al Libro degli allumi e dei sali e ai formulari del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto.
Da questi presupposti parte l’analisi di Anna Maria Partini che correda la nuova edizione del celebre e raro testo di Salvatore Attal di uno studio accurato e di un profilo biografico aggiornato sul celebre compagno di San Francesco.
LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2016
ISBN9788827227015
Frate Elia: compagno di San Francesco
Autore

Salvatore Attal

SALVATORE ATTAL detto SOTER (1877-1967), nato nella comunità ebraica di Livorno, convertitosi poi al cattolicesimo, fu un personaggio assai singolare. Prima di dare alle stampe la sua grande sintesi, La religione del Cristo: saggio sul cristianesimo esoterico, e il suo San Francesco d’Assisi, una delle prime biografie storiche sul “poverello” di Assisi, questo stimato cabalista pubblicò nel 1908 il saggio Esoterismo biblico destinato a convincere la Chiesa a prendere in considerazione la sua eredità ebraica.

Correlato a Frate Elia

Ebook correlati

Corpo, mente e spirito per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Frate Elia

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Frate Elia - Salvatore Attal

    Salvatore Attal (Soter)

    FRATE ELIA COMPAGNO DI SAN FRANCESCO

    Con uno studio su frate elia e l’alchimia

    di Anna maria partini

    ISBN 978-88-272-2701-5

    © Copyright 2016 by Edizioni Mediterranee - Via Flaminia, 109 - 00196

    Roma - Versione digitale realizzata da Volume Press

    Quem loco matris elegerat sibi

    et aliorum fratrum fecerat patrem.

    I CEL., II, 2

    Indice

    I. Studio delle fonti

    II. Frate Elia compagno di San Francesco

    III. Frate Elia Vicario di San Francesco

    IV. Frate Elia Generale dei Frati Minori

    V. Frate Elia penitente alla corte imperiale

    Uno studio su frate Elia e l’alchimia di Anna Maria Partini

    I. Studio delle fonti

    Come San Francesco, frate Elia è entrato vivo nella leggenda. La sua sorte straordinaria ha colpito vivamente l’immaginazione dei contemporanei e dei posteri. Primo compagno e Vicario di San Francesco, Ministro generale dell’Ordine, amico e confidente di Cardinali e di Papi, colui che per venti anni fu la guida, il direttore e l’organizzatore del movimento francescano si vide espulso dalla Chiesa e dall’Ordine, ribelle e scomunicato, scandalo e obbrobrio per i fedeli, immensa vergogna per i frati. Il suo nome si tramandò circonfuso da un fitto velo di terrore e di cupa maledizione. Per oltre cinque secoli, egli fu il frate maledetto, il traditore e il corruttore dell’ideale serafico, l’Anticristo annunziato dai veggenti. Le vecchie cronache evitano di nominarlo, oppure lo nominano con sdegno misto a orrore.

    La maggiore conoscenza dei tempi, il più approfondito studio delle fonti, i nuovi documenti venuti alla luce e illustrati da dotti imparziali permettono oggi di riportare la figura di frate Elia in un quadro storico più sereno e più veritiero. Attraverso le molte rivendicazioni che cuori generosi hanno tentato, la Storia ha già concluso con la completa riabilitazione di frate Elia¹. La sua vita prodigiosa toccò le più eccelse cime e cadde quindi nella disgrazia più cupa, ma non fu mai né volgare né vile. Nell’Ordine francescano, la sua figura primeggia con un rilievo e una dignità che il tempo e la calunnia non hanno potuto offuscare. Possiamo oggi riportarla nella sua vera luce, affidandoci semplicemente alla storia. I documenti, sebbene incompleti, sono tuttavia sufficienti per dare un ritratto preciso. Basta valersene con imparzialità. I biografi che si sono finora occupati di frate Elia hanno peccato per un verso o per l’altro. Fra tutti ha dimostrato una singolare incomprensione il Lempp, ritenuto per molto tempo lo storico più preciso di frate Elia. Dove non sbaglia sin dall’inizio, il Lempp si contraddice, e le contraddizioni sono frequenti e crude².

    Ben più precisi sono stati gli scrittori francescani che hanno preceduto il Lempp, e che il Lempp ha citato senza averne notato l’importanza. Meglio che l’Anonimo Cortonese³, che ha peraltro il pregio di essere il primo in data (1755), meritano speciale considerazione il P. Maestro Antonio Maria Azzoguidi⁴, Minore Conventuale (1757) e il P. Ireneo Affò⁵, Minore Osservante (1783) che hanno trattato il tema con intelligenza e acume, saggiando le antiche fonti con spirito di sana critica e sfatando assurde leggende.

    Nei tempi nostri, il P. Girolamo Golubovich⁶, O.F.M., con magistrali pennellate ha dato un profilo di frate Elia in cui sono rispecchiate per la prima volta la grandezza delle azioni e l’altezza del genio. P. Vittorino Facchinetti⁷, O.F.M., ha pure tracciato, per incidenza, un profilo di frate Elia assai prossimo alla verità storica, portando dei giudizi imparziali e sereni. Il P. Domenico Sparacio, Minore Conventuale⁸, ha invece trattato a fondo il tema, discutendo e illustrando le fonti con acceso fervore e vasta dottrina, ravvivata spesso da spirito di generosa polemica. Nuoce però al libro del P. Sparacio il suo carattere frammentario ed episodico, per cui malgrado l’ampia e precisa documentazione non può ritenersi una biografia vera e propria, poiché gli manca il carattere principale della biografia: il coordinamento.

    Tuttavia, malgrado la ricchezza dei dati messi in luce e valorizzati da così numerosi ed eminenti scrittori, per conoscere e illustrare le straordinarie vicende che fanno della vita di frate Elia uno dei romanzi più appassionanti del Medio Evo, bisogna ancora risalire alle fonti primitive e riferirsi agli antichi documenti, che rispecchiano la verità dell’epoca.

    Primi fra tutti, perché inconfutabili, sono i documenti ufficiali: lettere ricevute e scritte da frate Elia, bolle pontificie, atti notarili. Non sono eccessivamente numerosi, ma sono sufficienti per stabilire dei punti fissi, entro i quali si è sicuri di rimanere nella storia. Il tempo galantuomo ha arricchito questa fonte, ma non quanto si vorrebbe. Vi sono specialmente due documenti che, ritrovati, getterebbero una luce definitiva su frate Elia: il registro ove frate Illuminato segnava le lettere importanti che riceveva frate Elia e le sue risposte; la lettera che frate Elia affidò a frate Alberto da Pisa per essere consegnata a Gregorio IX e che fu rinvenuta nella tasca del Ministro generale, alla sua morte sulla via di Roma; né dopo se ne seppe più nulla. Ma questa sparizione è essa stessa un documento⁹.

    Vi sono poi gli antichi biografi. L’Affò, con sano criterio storico assegna il primo posto alle due Leggende del Beato Tommaso da Celano, le più antiche in data e quelle che portano più manifesta l’impronta della serenità storica. Fra Tommaso conobbe personalmente frate Elia. Egli scrisse la Prima Leggenda tra il 1228 e il 1230, sotto il generalato di Giovanni Parenti. Il Lempp si svia grossolanamente quando attribuisce all’influenza di frate Elia i pochi cenni, modesti e necessari, che si riscontrano nell’opera del celanese. Fra Tommaso era troppo vicino agli avvenimenti per potere occultare la parte che vi aveva avuto frate Elia, o per travisare i fatti, ché sarebbe stato corretto subito dai molti contemporanei, primo fra tutti lo stesso Papa¹⁰. Con misurata discrezione, egli lascia nell’ombra l’azione di frate Elia, riversando tutta la luce sull’azione del serafico Padre. Nella Seconda Leggenda, il celanese non si contraddice; anzi, dove occorre, conferma quanto ha scritto nella prima. Non nomina mai, è vero, frate Elia; ma era impossibile allora nominarlo. La Vita seconda fu scritta sotto il generalato di Crescenzio da Jesi (1244-1247); frate Elia era già uscito fuori dall’obbedienza della Chiesa e dell’Ordine. Di lui si era detto nella Vita prima tutto quello che vi era da dire. Qualsiasi aggiunta sarebbe stata inopportuna. Anche qui il Lempp dà prova di solenne incomprensione. Egli scrive con somma leggerezza: Mais Thomas de Celano en écrivant sa Seconde Vie s’est complètement discrédité au point de vue du caractère; il faut bien que dans l’une ou dans l’autre des deux Vies il ait quelque peu défiguré la vérité. Questo apprezzamento è del tutto gratuito. La Vita seconda non è la correzione, ma il complemento della Prima, Entrambe sono unite da un invisibile filo ideale. Non si possono disgiungere e tanto meno opporre l’una all’altra.

    Lo Speculum Perfectionis, cui il Lempp, al seguito del Sabatier, dà tanta importanza, è invece una fonte di valore mediocre, soprattutto nei diretti confronti di frate Elia. Se ne attribuisce la paternità a frate Leone, e ciò può essere vero per i brani più antichi; ma questi sono proprio i brani ove non si parla di frate Elia. Lo Speculum divenne in seguito uno scritto polemico; all’inizio, doveva essere semplicemente il ricordo e l’esaltazione della virtù del Poverello. In esso ci è presentato lo specchio del perfetto frate Minore, secondo la concezione dei rigoristi, in opposizione alle vedute più pratiche dei moderati. D’accordo col Faloci-Pulignani, bisogna attribuirgli una data assai posteriore agli avvenimenti che narra. L’insieme come ci è pervenuto deve assegnarsi alla prima metà del secolo XIV. Rispecchia quindi in pieno i contrasti che divisero l’Ordine intorno all’osservanza¹¹.

    Su questo argomento delicato una parola franca s’impone. L’imparzialità non esime lo storico dall’obbligo del giudizio. Finché visse il serafico Padre, gli eccessi di zelo dei rigoristi furono contenuti e frenati dall’autorità del fondatore¹²; morto il Santo, le passioni si accesero con inaspettata violenza. I più accesi, i fanatici della povertà, furono per molti anni un elemento perturbatore dell’Ordine e finirono nell’eresia, fuori dell’Ordine e della Chiesa. La moderazione è la virtù francescana per eccellenza. Il Santo fondatore la esalta continuamente, la pratica con affettuosa sollecitudine verso i suoi seguaci; in punto di morte chiede perdono a frate Corpo per le troppe privazioni inflittegli. Ogni eccesso è ispirato a orgoglio: proprio ciò che il Santo deprecava con maggiore ansia. Dobbiamo dunque intendere la parola moderati nel senso virtuoso del termine. Con tutto il rispetto e l’ammirazione che meritano gli antichi atleti della povertà, dobbiamo riconoscere lealmente che furono i moderati, strettamente aderenti alle direttive segnate dalla Chiesa, coloro che continuarono l’opera di San Francesco e la portarono intatta fino ai giorni nostri. I rigoristi vollero il frate Minore solamente specchio di santità; i moderati lo vollero anche in specchio di sapienza; che i due ideali non fossero inconciliabili fu dimostrato dopo, quando rifulsero entrambi con pari splendore nell’eccelsa vita di San Bonaventura, il dottore serafico per antonomasia.

    Insieme alle due Leggende di fra Tommaso, tra le fonti più importanti per la storia di frate Elia si devono considerare le Cronache di fra Salimbene. Malgrado l’astio evidente contro frate Elia e la manifesta partigianeria dell’autore, le Cronache hanno in molti punti un calore di verità che le rende preziosissime. Fra Salimbene conobbe personalmente frate Elia, dal quale fu ricevuto nell’Ordine del 1238. È dunque un contemporaneo che parla, e talora proprio un testimone oculare. Fra Salimbene apparteneva a nobile casato; vestì il saio per entusiasmo. Anima ingenua e di umore vagabondo, girò per lungo e per largo l’Italia e la Francia, avvicinando Papi e principi, santi e dottori illustri. Ne rispecchiò quindi la figura con freschezza inimitabile. Le Cronache di fra Salimbene sono una delle opere più originali del Medio Evo. Ritraggono i tempi con evidenza pittorica. Verso frate Elia sono parziali e ingiuste; i giudizi che vi sono espressi sono quasi tutti soggetti a revisione. Ma poiché fra Salimbene registra anche i fatti, ci fornisce spesso la chiave per comprendere e valutare le azioni. Il suo libro De Praelato è stato giudicato dal Lempp un cumulo di miserabili pettegolezzi; il giudizio è esagerato. Fra Salimbene era tutt’altro che un rigorista; ma era un dotto. Aveva conservato sotto il saio l’orgoglio del nobile. Egli si pone all’occasione in evidenza con ingenua compiacenza. La causa principale del suo rancore verso frate Elia è proprio un merito di frate Elia il quale, continuando fedelmente l’opera del Beato Padre, non fece mai distinzione fra chierici e laici, pur favorendo il progresso degli studi nell’Ordine.

    Usate con prudenza, nella giusta interpretazione, le Cronache di fra Salimbene sono dunque una fonte preziosissima per la storia di frate Elia. Esse illustrano l’ambiente con vivacità incomparabile. Se fossero mancate, sarebbe mancata alla figura di frate Elia gran parte del suo rilievo.

    Alle Cronache di fra Salimbene bisogna aggiungere le varie cronache dell’Ordine scritte quasi tutte posteriormente agli avvenimenti. Le passioni del tempo vi hanno lasciato la loro impronta; peccano tutte di evidente parzialità. Tuttavia hanno valore anche le loro stesse inesattezze, perché aiutano a rintracciare la verità.

    Giordano da Giano, della valle spoletana, scrisse o meglio dettò la sua Cronaca nel 1262, essendo già vecchio. Sono ricordi che affiorano e prendono vita nel cuore commosso del frate. Egli conobbe frate Elia, da cui fu inviato in Germania con la missione ordinata nel Capitolo del 1221. Passò quasi tutta la sua vita in terra tedesca, per alcuni anni compagno di fra Tommaso da Celano. Tornò in Italia nel 1230 per la traslazione del corpo di San Francesco nella nuova basilica costruita da frate Elia, da cui ebbe affettuosa accoglienza. Tommaso da Celano gli regalò in quell’occasione alcune reliquie del Santo Patriarca: un brano della tonaca e dei capelli. Era allora Ministro generale Giovanni Parenti; ma l’uomo più in vista dell’Ordine era sempre frate Elia, edificatore e custode della tomba del serafico Padre. Frate Giordano non appare scandalizzato per le vicende deplorate nella bolla Speravimus hactenus. I suoi ricordi non dimostrano una grande acredine contro frate Elia. La ragione principale del suo risentimento è l’opera dei Visitatori, per cui si trovò in Roma nel 1238 quale avversario di frate Elia.

    È da lamentare che questa cronaca sia mutila, fermandosi a questo anno. I rifacimenti di Giovanni da Komorovo e del Glassberger non danno uno specchio così vivo del ricordo, da loro non vissuto. Spesso però ricopiano testualmente gli antichi autori. Le notizie che danno, vagliate con criterio oculato, possono fornire perciò qualche referenza precisa.

    Tommaso da Eccleston scrisse verso la stessa epoca la sua celebre cronaca De adventu fratrum Minorum in Angliam. Egli appartiene al partito stesso che causò la caduta di frate Elia, il partito degli Inglesi; e sugli uomini principali che ebbero parte nella congiura fornisce preziosi particolari. Ma egli stesso non è un testimone oculare e visse lontano dagli avvenimenti. Ripete delle narrazioni udite, spesso deformate dalla lontananza e dalle passioni. Anche per lui la massima colpa di frate Elia è l’istituzione dei visitatori. Il suo racconto è però deturpato da sì gravi anacronismi da togliergli ogni valore storico nei riguardi di frate Elia.

    Vi sono poi tutti gli scritti posteriori agli avvenimenti, che costituiscono la serie delle fonti di seconda mano; non possono accettarsi come testimonianze, ma non possono nemmeno rigettarsi completamente.

    Ubertino da Casale e Angelo Clareno appartengono al gruppo della stretta osservanza. Duole di dovere usare per qualificare uomini insigni per valore morale e aspirazioni mistiche il termine di fanatici. La loro intransigenza portò nell’Ordine maggior turbamento che l’asserita rilassatezza dei loro avversari, i quali costituivano peraltro la grande maggioranza dei frati, fedele all’obbedienza e ligia alle direttive della Santa Sede. I Clareni finirono nella scomunica, ciò che è già un giudizio. Gli scritti di questo gruppo sono ardenti di passione polemica, irruenti, pieni di mistica violenza, ma difettano di ogni esattezza storica. Presentano una cronologia fantastica, irta di anacronismi, confondendo persone e tempi. Sono scritti di gente che vive, fuori del mondo, una vita di sogni ammirabili. Sono dei documenti umani; non sono documenti storici.

    Verso la fine del secolo XIII, Bernardo da Bessa, in seguito al suo libro De Laudibus, scrisse la sua Cronaca dei XIV ovvero XV Generali, che si ritrova nel rifacimento detto Cronaca dei XXIV Generali, del secolo successivo. Questi documenti sono precisi in quanto alla cronologia; ma nella narrazione degli avvenimenti rispecchiano le fonti di cui si sono serviti. In generale tutti gli scritti posteriori alla morte di frate Elia portano evidente l’impronta delle vicende della sua vita. La sua apostasia getta un’ombra malefica anche sugli inizi, così splendidi e così puri. Si hanno quindi le leggende dei sogni, degli ammonimenti del Cielo, delle inesistenti diffidenze di San Francesco verso il suo Vicario. Durante il fervore della lotta, le immaginazioni eccitate inventarono arditamente, e poi si persuasero della verità delle invenzioni. I cronisti posteriori riportarono poi tutto senza controllo. Alla luce della numerosa e sapiente critica svolta ai giorni nostri, si può oramai discernere la sicura o per lo meno probabile verità.

    Perciò anche lo Speculum Vitae Beati Francisci et sociorum ejus, per quanto posteriore agli avvenimenti e pieno di anacronismi, di confusioni di persone, di errori di giudizio, deve essere tuttavia ascritto tra le fonti per lo studio della vita di frate Elia. Il frate ingenuo che lo compose ricopiò senza criterio veri documenti antichi, mescolandoli e confondendoli. Ma dalla confusione può ancora sorgere qualche luce.

    Bartolomeo da Pisa, nelle sue Conformità, accenna più volte a frate Elia, senza insistervi particolarmente. Il Lempp nota a suo riguardo: la sola indicazione che gli sia propria è che fa morire frate Elia in Sicilia. Ciò prova semplicemente quanto quest’autore sia in questo punto male informato. Ciò prova piuttosto l’inconsistenza dei giudizi del Lempp. Vedremo che frate Elia fu sul finire dei suoi giorni in Sicilia, dove lasciò traccia durevole del suo soggiorno.

    Tutti i biografi che hanno voluto discutere le fonti di cui si sono serviti per narrare la vita di frate Elia si sono fermati qui. La storia francescana non presenta, infatti, altri documenti attendibili¹³. Ma vi è un’altra fonte fecondissima di documenti, che fino a oggi è rimasta nell’ombra. La vita di frate Elia può dividersi naturalmente in tre grandi periodi, contrassegnati ciascuno da un nome eccelso: il periodo di San Francesco, che va fino al 1226, in cui morì il Santo; il periodo di Gregorio IX, che va fino al 1239, in cui frate Elia prese le parti dell’Imperatore; il periodo di Federico II, che va fino alla morte di Elia, nel 1253. Quindi tra le fonti necessarie a illustrare e chiarire le vicende della vita di frate Elia bisogna porre i documenti imperiali. Federico II fu principe grandissimo, dotato di eccelse qualità. Tutti i suoi biografi attestano concordemente il fascino che esercitava su chiunque lo avvicinasse. Perfino il Soldano saraceno ne fu preso. Non si può quindi tralasciare la conoscenza di quest’uomo straordinario nel giudicare le azioni di frate Elia.

    Noi dunque useremo ampiamente dei documenti di parte imperiale, che completano e in alcuni punti spiegano i documenti di parte francescana, altrimenti incomprensibili. I biografi che hanno scritto la storia di frate Elia astraendo dalla storia di Federico II hanno compiuto opera monca e parziale. L’Azzoguidi ha intuito questa verità, e ne ha tenuto conto nel suo compendio della vita di frate Elia, svolto nella nota XXVI dei suoi Sermones in Psalmos. Ma è rimasto solo, e i biografi posteriori non l’hanno seguito. È una grave loro deficienza, cui ripareremo.

    Frate Elia fu uno degli uomini più grandi del suo tempo. Per vastità di mente e acume d’intelligenza egli superò tutti i contemporanei. Fu in grado di comprendere l’altezza morale di San Francesco e l’altezza politica di Federico II, e queste due altezze conciliò nella riverenza e nell’amore per la Chiesa, Santa madre comune, invocata con ardente passione tanto dall’Imperatore quando dal misero frate, sul loro letto di morte. Presso Federico frate Elia non fu l’avversario, ma il difensore della Chiesa. Egli volle la conciliazione fra la Chiesa e l’Impero e spese i suoi sforzi più nobili per attuarla. Ma i tempi non erano maturi per sì sublime impresa. Frate Elia fu travolto dal suo insuccesso. L’odio e la calunnia si accanirono sul caduto e per molti secoli fecero strazio della sua fama. Oggi il suo merito, di cui fanno testimonianza le più antiche fonti, rifulge intero e attira l’ammirazione dello storico imparziale. La gloria di frate Elia è pura gloria francescana¹⁴. Tutti i Frati Minori ne traggono luce e splendore, al di sopra delle differenze di forma che distinguono le tre grandi Famiglie serafiche, tutte unite nella santità della vita, nel fervore della dottrina, nella mirabile carità e nell’amore ardentissimo per il Santo Fondatore.

    NOTE

    1 Il P. Michele da Firenze pubblicò nel 1778 le Notizie critiche, istoriche e morali francescane concernenti la vita di San Francesco d’Assisi, le gesta di frate Elia da Cortona ecc., interrotte dopo le due prime dispense, in cui ebbe speranza di potere dimostrare essere stato questi il migliore discepolo di San Francesco. Questa audace affermazione parve allora scandalosa, e suscitò vivacissime avversioni. Oggi le conclusioni cui giunge la critica imparziale non differiscono gran che da questo giudizio.

    2 Edouard Lempp, Frère Élie de Cortone, Étude biographique, Fischbacher, Paris, 1901.

    3 Anonimo Cortonese (Proposto Filippo Venuti), Vita di Frate Elia, Livorno, 1755, ristampata nella stessa città nel 1763 con le osservazioni di un Anonimo Pisano, che sarebbe, secondo il Papini, il Conventuale P. Maestro Antonio Mattei.

    4 P. Antonio Maria Azzoguidi, Sanctii Antonii Sermones in Psalmos, n. XXVI, Bologna, 1757.

    5 P. Ireneo Affò, Vita di frate Elia, presso Filippo Carmignani, Parma, 1873.

    6 P. Girolamo Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa, Padri di Quaracchi, Firenze, 1906, t. I, da p. 19 a p. 117.

    7 P. Vittorino Facchinetti, San Francesco d’Assisi nella storia, nella leggenda, nell’arte, Santa Lega Eucaristica, Milano, 1921.

    8 P. Domenico Sparacio, Fra Elia, compagno, Vicario e successore di San Francesco Serafico, Profilo storico, Milano, 1923.

    9 Il compito dello storico non è semplicemente di catalogare documenti e vagliarne l’autenticità. Le antiche fonti sono il materiale grezzo; egli deve farne una costruzione. La pura verità storica è un elemento freddo e inerte; bisogna che sia rischiarata, integrata e per così dire fatta vivere con ciò che non si trova nei documenti e che nondimeno esiste: l’irradiamento dell’anima, la luce dello spirito, che rivelano la personalità, il fondo invisibile del personaggio. Perciò il vero storico deve essere anche un artista, capace di rianimare e rendere vivente il passato. Vi è sempre nell’opera sua una parte originale di creazione, che pur rimane strettamente aderente alla verità. È dunque un diritto legittimo dello storico di interpretare i documenti e all’occasione anche la stessa assenza di documenti.

    10 "La prima e più antica opera ove di frate Elia si parli è la Vita di San Francesco, scritta per ordine di Papa Gregorio IX da fra Tommaso da Celano. Un tale scrittore, vissuto con San Francesco e con frate Elia, e scelto da un Papa sì celebre perché scrivesse le azioni del Santo Patriarca, deve riputarsi maggiore di ogni eccezione; onde ci farà grandissima autorità per tutta quella serie di anni che frate Elia visse in compagnia del serafico suo Maestro" (P. Ireneo Affò, op. cit., p. 9).

    11 Il P. Gratien, Cappuccino, nella sua pregevolissima Histoire de la fondation et de l’Evolution de l’Ordre des Frères Mineurs au XIII siècle, J. Duculot Éditeur, Paris, 1928, a p. XV dell’Introduzione, nota con perfetta sagacia: Aujourd’hui, après la découverte du recueil intitulé Legenda Antiqua de Pérouse par le P.F.M. Delorme, O.M., nous pouvons affirmer avec certitude que le Speculum Perfectionis, qu’il s’agisse de la rédaction de P. Sabatier ou de celle du P. Lemmens, n’est pas une oeuvre authentique de frère Léon, mais une compilation du commencement du XIV siècle, où sont entrés des récits empruntés les uns au compagnon de Saint François, les autres au biographe officiel.

    12 San Francesco temeva soprattutto l’orgoglio, che è il mezzo più efficace per cui il Maligno assoggetta l’uomo. Vi è qualche cosa di peggio che l’orgoglio della scienza: è l’orgoglio della santità. Il serafico Padre era costantemente occupato a evitarlo in sé e negli altri. Frate Ruffino, all’inizio della sua conversione, vi era incline. Ribolliva ancora in lui il sangue riottoso del feudatario. Mormorava perfino contro il santo Maestro, che interrompeva le sue meditazioni solitarie con comandi inopportuni. Per piegarlo, il pietoso Padre giunge fino a mandarlo a predicare nudo in Assisi. Il fine appare chiaro: non era la penitenza che il Santo voleva evitare, ma l’orgoglio della penitenza. Frate Elia fu il fedele continuatore di questo spirito. Con inflessibile dirittura, egli mantenne l’Ordine nella via segnata dal Santo Fondatore.

    13 I Fioretti non sono una fonte per la storia di frate Elia. Questa mirabile composizione, che rispecchia con splendore incomparabile l’anima e la virtù del Poverello, non può avere il valore di documento storico. Come leggenda, è sistematicamente ostile a frate Elia. La citeremo per la conoscenza dei tempi posteriori: la formazione di una leggenda rientra nel campo storico.

    14 Frate Elia è una grande figura francescana, che dilata la sua gloria su tutto l’Ordine. Vi è stata un’epoca in cui si volle vedere in frate Elia il capostipite di una delle tre grandi Famiglie serafiche, su cui doveva continuare a pesare l’onta dell’apostasia. Ciò è puro romanzo; peggio ancora, iniquo libello. Finché visse frate Elia, non vi furono divisioni nell’Ordine, che si mantenne unito nella tradizione del serafico Padre, confermata dalla suprema autorità del Pontefice. Frate Elia cadde per ragioni politiche, estranee all’organizzazione dell’Ordine. Egli appartiene in misura eguale e con pari legittimità a tutte le Famiglie francescane. Non è un demerito, ma un vanto comune.

    II. Frate Elia compagno di San Francesco

    Frate Elia è assisano. Tutti gli antichi biografi lo chiamano concordemente Elia di Assisi¹. Solamente assai più tardi appare nei cronisti del secolo XVII col nome di Elia da Cortona, dal luogo della sua morte. Fra Salimbene ricorda anche il suo nome di famiglia: Bonusbaro, Bombarone, riferendo che il padre di lui era nativo di Castel Britti e la madre di Assisi². Esercitava la mercatura in questa città, negoziando in tele comuni, tele da materassi secondo l’antico cronista, laddove il padre di San Francesco negoziava in panni di lusso³.

    Il nome di Bombarone si trova ripetuto nelle antiche carte di Assisi, investigate e messe in luce con geniale acume dal Fortini. Il primo console di Assisi è appunto un Bombarone, il quale nel 1198 dà la sua prima sentenza nella cattedrale di San Ruffino, e, particolare notevole, non più in nome dell’Imperatore, ma superbamente in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Si afferma così l’indipendenza del Comune. Il Console giudica senza esitazione, energico e sicuro: Ego autem hoc modo laudo⁴. È il modo stesso di frate Elia.

    Il Consolato era una magistratura popolare. Il console veniva scelto nel popolo minuto, il ceto cui apparteneva la famiglia di frate Elia. Inoltre il nome di Bombarone non era diffuso; non appare che fosse proprio a molti. Si può quindi congetturare con sufficiente probabilità che il Console Bombarone, di cui è traccia nell’archivio di San Ruffino, sia uno stretto congiunto di frate Elia. Nel 1198, San Francesco aveva sedici anni. Elia Bombarone non poteva averne molti di più. Si può anche credere, senza urtare la verosimiglianza, che frate Elia sia proprio il figlio del console. Molte circostanze così si chiariscono.

    Assisi era una piccola città, ove tutti si conoscevano fra loro. Il giovinetto Elia dovette certamente conoscere il giovane Francesco, che meravigliava allora i suoi concittadini col suo fasto e la sua prodigalità.

    Però non faceva parte dell’allegra brigata che aiutava il figlio di Pietro Bernardone a scialacquare i denari del padre. Elia era di carattere serio. Preferiva lo studio alle cene e ai canti⁵.

    Tommaso da Celano, confermato dai Tre Compagni, ricorda un amico innominato che seguiva San Francesco nei primi tempi della sua conversione, confortandolo con la sua tacita sollecitudine⁶. Il Sabatier, seguito dal Joergensen, vede in questo ignoto compagno il futuro frate Elia⁷. Il Pennacchi sostiene la stessa tesi con convinzione e abbondanza d’argomenti. La cosa è assai probabile. Il carattere di frate Elia si adatta perfettamente alla parte che sostiene l’ignoto amico presso San Francesco. Spesso questi si dirigeva verso una grotta remota nella campagna di Assisi, ove penetrava solo, trattenendovisi lunghe ore in ardentissima preghiera. L’amico lo seguiva docilmente, dando rari consigli, pago di confortarlo con la sua silenziosa devozione⁸. Questa attitudine dimessa è pure consona alla situazione di Elia: figlio di un piccolo mercante di fronte al figlio di un grande mercante, anche astraendo dal prestigio del

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1