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Athanasius Kircher e l'Alchimia: Testi scelti e commentati
Athanasius Kircher e l'Alchimia: Testi scelti e commentati
Athanasius Kircher e l'Alchimia: Testi scelti e commentati
E-book288 pagine3 ore

Athanasius Kircher e l'Alchimia: Testi scelti e commentati

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Mente enciclopedica e geniale, interessato a tutti i rami dello scibile, Athanasius Kircher nacque in Germania il 12 maggio 1602. Entrato nella Compagnia di Gesù, insegnò matematica e lingue orientali, prima in Germania poi in Francia. Chiamato a Roma da Urbano VIII nel 1633 per insegnare matematica al Collegio Romano, trascorse qui la maggior parte della sua vita e rappresentò per quasi cinquant'anni la maggiore autorità culturale della cattolicità.
Fu in corrispondenza con gli uomini più colti del suo tempo e con i Gesuiti delle missioni orientali. Il presente volume comprende una prima parte con cenni biografici e un attento esame del suo pensiero filosofico e scientifico, ma soprattutto alchemico, di Anna Maria Partini. La seconda consiste nella traduzione di brani scelti del Kircher.
Il Kircher si interessò di fisica, chimica, matematica, filosofia, astronomia, storia naturale, musica, e cercò, attraverso i suoi studi sui geroglifici, di riportare alla luce la tradizione ermetica. Seguace di Marsilio Ficino, scrisse numerose opere di ermetismo religioso e fece parte del famoso cenacolo alchemico che si riuniva intorno la Regina Cristina di Svezia. Qui conobbe e frequentò, tra gli altri, gli alchimisti Francesco Maria Santinelli, nobile di Pesaro, autore della Lux Obnubilata, e il marchese Massimiliano Palombara, autore della Bugia, le cui personalità ermetiche sono state messe in luce dalla stessa curatrice (A.M. Partini) in due scritti pubblicati in questa stessa collana. Anche questa volta dallo studio attento della curatrice è emerso il punto di vista alchemico di Kircher che oscilla tra l'"archimia" (Vera Chimica) e l'Alchimia spirituale.
Nell'Oedipus Aegyptiacus, forse l'opera sua più nota dove parla anche degli Obelischi e della Mensa Isiaca, avvicina le varie fasi del processo alchemico al mito di Osiride, Iside e Horo.
Interessanti sono le sue osservazioni sullo "solfo fisso", termine poco usato nella simbologia alchemica, Tintura che trasforma la Luna in Sole; Solfo che va poi volatilizzato per convertire in Sole (corporizzare lo spirito e spiritualizzare il corpo).
Leggendo quindi attentamente tra le righe gli scritti del Kircher si possono scoprire i segreti più occulti su cui bisogna osservare il silenzio, com'è indicato dalla figura di Arpocrate (dio del silenzio), che s'intravede all'ombra di un cartiglio retto da Mercurio nel frontespizio di una delle sue opere più suggestive, l'Obeliscus Pamphilius.
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2015
ISBN9788827226339
Athanasius Kircher e l'Alchimia: Testi scelti e commentati
Autore

Anna Maria Partini

Si dedica a ricerche storiche sull’ermetismo, soprattutto del Seicento. Ha portato alla luce e commentato gli scritti ermetici del Marchese di Palombara (La bugia), di F.M. Santinelli (Sonetti alchemici), della regina Cristina di Svezia (Introduzione a Lo specchio della Verità); inoltre, ha tradotto e curato Il Toson d’Oro di Salomon Trismosin, Athanasius Kircher e l’Alchimia, La porta di Rivodutri e pubblicato Il sogno e il suo mistero, corredato da alcune miniature su porcellana. In collaborazione con Vincenzo Nestler, è autrice di uno studio sulla Magia astrologica (Edizioni Mediterranee); con l’egittologo Boris de Rachewiltz è autrice del volume Roma Egizia (Edizioni Mediterranee). Ha pubblicato numerosi articoli su riviste specializzate. È vicepresidente e istoriografa dell’Accademia Tiberina di Roma. Ha promosso e collaborato al restauro della “Porta magica” di piazza Vittorio Emanuele II in Roma.

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    Athanasius Kircher e l'Alchimia - Anna Maria Partini

    COPERTINA

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    ATHANASIUS KIRCHER E L’ALCHIMIA

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    Testi scelti e commentati

    Anna Maria Partini

    Traduzione dal latino

    di Pasquale Faccia

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    Biblioteca Ermetica / 28

    diretta da Paolo Lucarelli

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    Copyright

    ATHANASIUS KIRCHER E L’ALCHIMIA - Testi scelti e commentati

    di Anna Maria Partini

    Traduzione dal latino di Pasquale Faccia

    Biblioteca Ermetica / 28 - diretta da Paolo Lucarelli

    © Copyright 2010-2015 by Edizioni Mediterranee

    ISBN 978-88-272-2633-9

    Prima edizione digitale 2015

    © Copyright 2015 by Edizioni Mediterranee

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

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    Prefazione

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    Mi sono interessata al Kircher molti anni fa, a proposito della Mensa Isiaca, o Tavola Bembina – detta così dal nome del cardinale Bembo che la comprò durante il sacco di Roma nel 1527 – prezioso cimelio dell’epoca alessandrina, probabilmente di carattere magico-religioso.

    Sotto la guida del barone Ricciardelli si cercava di fare un avvicinamento tra le figure e i simboli della Mensa Isiaca ed i Tarocchi che, secondo la Tradizione, risalivano al dio egiziano Thoth. Ma lo studio fu interrotto dopo qualche anno per la scomparsa dello studioso, che tuttavia aveva collocato buona parte delle figure. Da allora ho sempre conservato una predilezione culturale per il dotto gesuita tedesco, tanto più che faceva parte, assieme al marchese Massimiliano Palombara e al marchese Francesco Maria Santinelli, del famoso cenacolo che si era creato a Roma intorno alla regina Cristina di Svezia. Sono ritornata al Kircher qualche anno fa per un lavoro proprio su Cristina di Svezia e per uno studio più approfondito sulla Mensa Isiaca durante la stesura del libro sulla Roma Egizia, scritto insieme al noto egittologo, professor Boris De Rachewiltz. Athanasius Kircher m’interessava ancora per i suoi rapporti con Gian Lorenzo Bernini: la loro collaborazione è immortalata nella famosa Fontana dei Fiumi di piazza Navona e nell’Elefante con l’obelisco di piazza Santa Maria della Minerva, due luoghi strategici della Città Eterna, sia dal punto di vista storico, sia da quello esoterico.

    Ciò che forse mi ha più stimolata in questo nuovo lavoro è stata la metodologia da lui seguita con rigore scientifico che ha precorso alcuni aspetti della ricerca accademica attuale, ma soprattutto la sua apertura metafisica, non ancora da tutti sufficientemente acquisita, verso i problemi della trascendenza avvertiti ed espressi con vigore e convincimento.

    Molti Autori, infatti, si sono accostati alle opere di Kircher, studiandone però in genere solo alcuni aspetti particolari; per esempio la musica o la fisica, l’astronomia o le lingue e tradizioni antiche; mentre meno frequentemente s’è evidenziata la sua capacità di integrare in modo armonico le scienze naturali e quelle dello spirito, cosa che a mio avviso rende la sua figura ancora più singolare ed interessante.

    Notevole è così il suo impegno a ridurre tutto all’unità, in analogia ai principi di Ermete – Come in alto così in basso – illustrato chiaramente dai frontespizi delle sue opere sul magnetismo. La sua filosofia, imperniata sulla unitarietà di tutto il cosmo, era saldamente fondata su una fede intensamente vissuta nella preghiera e nella meditazione (vedi Sfera Mistica in Ars Magna Lucis et Umbrae).

    Kircher dedica all’Alchimia due scritti: uno pubblicato nell’Oedipus Aegyptiacus dal titolo Alchimia Hieroglyphica sive Aurifera Ars Aegyptiorum (Roma 1652/54); e l’altro nel libro XI del Mundus Subterraneus (Roma 1665), diviso in quattro sezioni: I De Origine Alchymiae, II De Lapide Philosophorum, III De Alchimia Sophistica, IV Iuridica sive Legalis, seguito da un ultimo capitolo In quo breviter quidam proprie decantatissimi apud veteres Alchimistas Lapis Philosophorum fuerit, et quid tandem prisci Philosophi, eorumque moderni sectatores per eum intellexerint, aperitur.

    Il presente volume comprende una prima parte con cenni biografici, seguiti da un esame degli aspetti più significativi del suo pensiero filosofico, scientifico e soprattutto alchemico. La seconda parte consiste nella traduzione di brani scelti, tratti soprattutto dal Mundus Subterraneus, cui si fa riferimento nella prima parte: abbiamo evitato lunghe citazioni di altri Autori ed i numerosi esperimenti di laboratorio, su cui in verità varrebbe la pena di soffermarsi in altra occasione.

    Va detto comunque che resterebbe deluso chi volesse trovare negli scritti del Kircher una sistematica e completa trattazione dell’Arte alchemica in quanto tale. In realtà Kircher è soprattutto uno storico dell’Alchimia, e il suo intento è quello di offrire un’analisi critica di altri alchimisti, più o meno noti: egli si dedica in modo particolare ad operare una netta distinzione tra i Filosofi Ermetici e i ‘soffiatori di carbone’.

    Mentre i primi cercano una ‘quintessenza’ che guarisce dalle infermità umane e un ‘elisir’ per trasmutare i metalli imperfetti in oro, i ‘falsi alchimisti’ cercano di fabbricare l’oro dalle più disparate materie.

    Ci occuperemo qui del Mundus Subterraneus, in particolare della sezione IV (Iuridica sive Legalis, ecc.) insieme ad alcuni brani scelti della sezione II (De Lapide Philosophorum) e della sezione III (De Alchimia Sophistica).

    Abbiamo preferito riportare la parte alchemica contenuta nel Mundus Subterraneus, in quanto meno nota, rispetto a quella pubblicata nell’Oedipus. Il Mundus tratta i fenomeni del mondo inorganico minerale, tra cui l’attività dei vulcani: ci è quindi sembrato più vicino al mondo dei metalli e alla loro trasformazione sotto l’azione del fuoco, quasi che il vulcano fungesse in qualche modo da grande athanor.

    Abbiamo creduto opportuno iniziare con la Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto, tratta dall’Oedipus Aegyptiacus, data l’importanza riconosciuta a tale testo nel corso dei secoli. Le considerazioni del Kircher al riguardo, tra l’altro, offrono spunti di interesse, perché vi si chiarisce la sua posizione in merito alla natura ed agli scopi dell’alchimia e della scienza ermetica.

    Alla Tavola seguono i brani scelti, tratti dal Mundus.

    Quindi presentiamo due brevi ma compendiosi scritti sul ‘cerchio’ e sul ‘sale’, tratti rispettivamente dall’Oedipus Aegyptiacus e dal Mundus Subterraneus.

    Terminiamo con la Prefazione e l’Epilogo (Sfera Mistica) dell’Ars Magna Lucis et Umbrae, da cui emerge la statura filosofica e mistica del Kircher.

    Possiamo affermare che la posizione di Kircher di fronte all’‘arte aurifera’ è di critica negativa, pur se egli ammette che in casi assolutamente eccezionali si possa fabbricare l’oro materiale. Tuttavia, leggendo attentamente tra le righe i suoi scritti, si possono scoprire segreti più occulti su cui bisogna osservare il silenzio, com’è indicato dalla figura di Arpocrate (dio del silenzio), che s’intravede con un piede poggiato sulla testa di un coccodrillo, all’ombra di un cartiglio retto da Mercurio nel frontespizio di una delle sue opere più suggestive, l’Obeliscus Pamphilius.

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    Frontespizio dell’obeliscus Pamphilius di A. Kircher, Roma 1650

    Parte I

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    Athanasius Kircher

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    Cenni biografici e introduzione generale al suo pensiero

    Dotto matematico di cultura eclettica, Athanasius Kircher nacque in Germania nei pressi di Fulda il 12 maggio 1602. Entrato nella Compagnia di Gesù il 2 ottobre 1618, insegnò matematica e lingue orientali prima in Germania e poi in Francia. Chiamato a Roma da Urbano VIII nel 1633 per insegnare matematica, fisica e lingue orientali, trascorse la maggior parte della sua vita al Collegio Romano e rappresentò per quasi cinquant’anni la maggior autorità culturale della cattolicità. Nel 1637 fu inviato a Malta al seguito del langravio d’Assia, da poco convertitosi al cattolicesimo, come padre spirituale. Fu in corrispondenza con gli uomini più colti del suo tempo e con i gesuiti delle missioni orientali.

    Dotato di una mente enciclopedica, si occupò di filosofia, fisica, chimica, astronomia, storia naturale, archeologia, musica, e cercò, sopratutto attraverso i suoi studi sui geroglifici, di portare in luce la filosofia ermetica.

    Sebbene Isaac Casaubon (1559-1614) avesse dimostrato che i libri ermetici erano datati intorno ai primi secoli dopo Cristo, il Kircher non ebbe alcun dubbio nel ritenere che tali opere risalissero invece ad Ermete Trismegisto e contenessero l’antica sapienza della tradizione egiziana.

    Seguace di Marsilio Ficino, la cui ‘prisca theologia’ esaltava il simbolismo dei geroglifici, ritiene Ermete Trismegistus Totius reconditus doctrinae Author, il quale affinché la memoria di cose insigni non fosse cancellata dal trascorrere del tempo, ne scolpì la dottrina su pietre durissime che potessero durare in eterno, e perché tali arcani non fossero rivelati ad alcun profano, li avvolse in un apparato allegorico di vari simboli comprensibili soltanto dai sacerdoti (creati a tal fine) e alle autorità più importanti del Regno¹.

    A questa sapienza incisa sulle colonne di Ermete attinsero, secondo Giamblico, i padri del pensiero greco, Platone e Pitagora.

    I geroglifici, oltre che nascondere ai profani verità eterne e rivelare ai sapienti il rapporto che esiste tra mondo celeste e terrestre, hanno anche un valore divino in quanto sono Idee esistenti nella mente di Dio [Ideae in mente divina existentes²]. Quindi vanno scritti in silenzio e venerati come un’immagine rudimentale, finché Sileno non si rivelerà completamente e illuminerà tutto col raggio improvviso della divinità³.

    Inoltre, come scrive nell’Obeliscus Pamphilius, avevano anche un valore pratico realizzante: "Bisogna sapere che i simboli geroglifici non erano significativi soltanto delle cose più elevate e dei misteri sublimi della Divinità, ma rendevano anche possibili operazioni meravigliose che, per loro tramite, permettevano di tener lontane le macchinazioni e gli inganni degli spiriti malvagi, in virtù del potere degli Angeli e del Supremo potere di Dio che in essi si esprimevano. Gli gnostici egiziani dovevano possederne notevole conoscenza, come risulta dai talismani che ci sono giunti su pietre preziose"⁴.

    Come Ficino, Kircher cercò di conciliare alcuni aspetti della tradizione egiziana con quella cristiana. Nel Prodromus Coptus sive Aegyptiacus… egli scrive: "Con i geroglifici gli Egizi partendo da un’idea del mondo hanno concatenato tutte le altre cose ad esse analoghe così che sembra che abbiano rappresentato anche gli stessi misteri cristiani, non contenuti in un solo significato, ma esposti attraverso innumerevoli analogie, per una certa somiglianza occulta di tutte le cose tra di loro"⁵.

    In uno studio più approfondito sul dotto gesuita si potrebbe trovare un avvicinamento a Francesco Patrizi, che già un secolo prima aveva cercato di portare l’insegnamento di Ermete Trismegisto nell’ambito dell’Università.

    Amante della natura e dei suoi segreti, Kircher ne indagò tutte le branche dello scibile umano sia sperimentando nel suo laboratorio al Collegio Romano, sia osservandola direttamente, continuando così l’intento che si erano proposti nel 1603 i quattro fondatori dell’Accademia dei Lincei (Federico Cesi, Anastasio De Filiis, Giovanni Heckius e Francesco Stelluti). Anche se alla sua venuta a Roma (1630) l’Accademia aveva fermato ogni attività per la scomparsa prematura del principe Federico Cesi e quindi non esisteva più ufficialmente, il Kircher era sempre stato in contatto con i suoi amici tedeschi Johann Schreck e Johann Faber, che furono tra i primi accademici (v. carteggio Faber). Come i Lincei, credeva, pur tenendo vivo il suo interesse per la ricerca scientifica, nelle virtù occulte delle cose create e alla legge dell’analogia. Tutto è Uno; catene magnetiche legano le varie parti del cosmo tra di loro, come troviamo mirabilmente espresso nei frontespizi dei suoi libri e nei 5 medaglioni fatti affrescare nel soffitto del Museo al Collegio Romano.

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    Obelisco, originale ligneo di A. Kircher, dedicato a Cristina di Svezia

    Che al Collegio Romano esistesse un laboratorio chimico-alchemico è confermato dal fatto che la regina Cristina di Svezia, giunta a Roma nel dicembre 1655, dedicò una delle prime visite al Collegio Romano, dove si interessò specialmente alla biblioteca, ricca di antichi codici greci e latini, e alla galleria ove padre A. Kircher, gran matematico, teneva cose curiose della natura e dell’arte…; nel giardino osservò erbe, piante, metalli... e vide distillate col fuoco d’uno stesso fornello 65 erbe distinte in 65 alambicchi.... Attrasse l’attenzione della regina soprattutto l’erba Fenice, che come la fenice, germoglia nell’alambicco perpetuamente dalle sue ceneri⁶. L’episodio è riportato dal Kircher nel Mundus Subterraneus a proposito della Palingenesi: "Riguardo a questo esperimento indubbiamente mirabile oso affermare di essermi molto impegnato finché finalmente ho trovato un altro modo con il quale sono riuscito a produrre dalle sue ceneri la pianta chiusa ermeticamente in un alambicco dal collo molto lungo, e l’ho mostrata per circa 10 anni a tutti i visitatori nel mio Museo fino all’anno 1656, nel quale la regina Cristina di Svezia, che si era degnata di visitare il mio Museo, osservò con grande interesse questo esperimento. Questa fiala, che poi dopo la sua partenza avevo collocato fuori dalla finestra nel mese di febbraio, per il gran freddo la trovai rotta e questo aveva determinato la fine dell’esperimento, quasi disdegnando di mostrarsi ulteriormente dopo che una regina di così grande prestigio l’aveva così grandemente onorata. Io, poi, sia a causa delle spese che dovevo sostenere, sia tediato da tanta fatica, lasciai tutto così com’era, ma il modo e il criterio con cui conducevo questo tipo di esperimento l’ho riservato completamente in un particolare opuscolo intitolato La palingenesi delle piante dalle loro ceneri, dove tutta l’esecuzione pratica è descritta minutamente"⁷.

    Tra gli allievi del Kircher vi furono certamente due grandi alchimisti che attinsero al suo sapere: il marchese di Palombara e il medico milanese F.M. Borri. Probabilmente a lui fa riferimento il Palombara quando scrive nella sua Bugia che esisteva un’unica persona a cui avrebbe potuto rivolgersi nelle difficoltà e traversie della sua ‘ricerca’ della pietra filosofale⁸. Al marchese Massimiliano Palombara sono da attribuire le famose iscrizioni alchemiche della ‘porta magica’ di piazza Vittorio (Roma), ingresso secondario della Villa Palombara sull’Esquilino e, probabilmente, del suo laboratorio alchemico⁹.

    Il Museo kircheriano fu un raro esempio di raccolta d’arte (pitture, statue, reperti archeologici, vetri, ceramiche), di strumenti scientifici (astrolabi, microscopi) di naturalia (animali, metalli, alghe) e artificialia (statue parlanti, automi, lucerne, attrezzature chimiche). A metà tra arte e scienza erano gli Hermetica Hesperimenta, cioè gli esperimenti chimici di cristallizzazione, di trasmutazione, di orologi magnetici. Oltre che a esperimenti chimici, Kircher si dedicò a tecniche fisiche, dando luogo a specie di meraviglie applicate, come camere ottiche per proiettare immagini, statue parlanti, lanterne magiche, ecc.

    Ma accanto a questo lato della sua vita, dedicata all’indagine sperimentale che lo portava ad essere a contatto con le culture di tutto il mondo attraverso le missioni, amava anche, come risulta dall’ultimo capitolo dell’Ars Magna Lucis et Umbrae, ritirarsi nella preghiera e nella meditazione. Suo luogo preferito di raccoglimento fu il santuario della Mentorella che si erge su un picco di montagna (Vulturella, ‘Picco dell’avvoltoio’), vicino Guadagnolo (Lazio).

    Il suo primo incontro con la Mentorella avvenne nel 1661, mentre effettuava un giro di esplorazione del Lazio per raccogliere elementi per il suo lavoro. Si trovò quasi sperduto tra le alte rupi dei monti, quando intravide un tetto seminascosto da un fitto bosco. Avanzando, si trovò innanzi una chiesa semidistrutta, le cui pareti conservavano ancora tracce di affreschi. Sull’altare maggiore si ergeva una statua della Madonna col Bambino, ricoperta di polvere e ragnatele. Attratto dalla potenza misteriosa del luogo e dall’Immagine della Vergine venerata come Madre delle Grazie, si attivò in ogni modo per restaurare il santuario rivolgendosi a Leopoldo d’Austria e ad altri principi tedeschi. Con le offerte raccolte fece affrescare la cappella di S. Eustachio sulla cima della rupe e costruire una scala d’accesso, detta Scala Santa.

    Dal 1664, il Kircher decise di recarsi alla Mentorella ogni anno alla data del 29 settembre, giorno dedicato a S. Michele. In realtà il luogo era sacro a S. Eustachio, legato alla sua conversione al cristianesimo. Si racconta che, ai tempi dell’imperatore Traiano, un ufficiale pagano di nome Placido mentre cacciava in quei boschi, inseguì un cervo che, arrampicatosi fino all’alta vetta del monte, non aveva più possibilità di scampo. L’ufficiale si avviò su per le rupi e quando pensava di aver già conquistato la preda, questa gli balzò davanti con la testa eretta e con una croce abbagliante tra le corna. Le mani tremanti dell’ufficiale lasciarono cadere l’arco, e mentre s’inginocchiava una luce divina illuminò il suo cuore. Tornato a Roma, diventò cristiano e cambiò il nome di Placido in quello di Eustachio.

    Probabilmente il Kircher fu devoto di S. Eustachio, ma certamente lo fu ancor di più della Vergine Maria, al punto che nel 1680, anno della sua morte, volle offrire il suo cuore alla Madonna della Mentorella, affinché, raccolto in un’urna, potesse giacere ai suoi piedi per sempre.

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    La conversione di S. Eustachio,

    dall’Historia Eustachio-Mariana di A. Kircher, Roma 1665

    A Lei, Madre di Dio, il Kircher dedicò un inno composto nel luogo stesso della Mentorella: Poema votivo cantato nel luogo di S. Eustachio e della Chiesa ivi fondata in onore della Madre di Dio (Dei para) da parte di un povero ed umile servo della Grande Madre cantata in forma semplice ed extemporanea dalla Rupe.

    Al verso 11 (partendo dalla fine dell’inno), Kircher, rivolgendosi ad Alessandro VII, gli augura che sotto la protezione della Madre di Dio abbia salvezza e vittoria certa; particolarità degli ultimi versi è che per comporre il numero sette proprio del papa ricorre ad un gioco di lettere, cioè pone in evidenza con caratteri maiuscoli le due I nell’ambito della parola Victoria (VIctorIa), come anche nella frase con cui chiude il poema: LaVs ChrIsto Deo, e VIrgInI MatrI.

    Nella sua Autobiografia e nel Mundus Subterraneus riporta le accuse che gli furono rivolte, specie nei primi anni dei suoi studi, per magia e pratiche cabalistiche. Ma qualsiasi fosse il suo pensiero su queste zone di confine tra scienza e magia, questo non traspare dai suoi scritti che velano segreti profondi, su cui è necessario serbare il silenzio, come ammonisce la figura di Arpocrate con cui chiude l’Oedipus Aegyptiacus. Non tutti, infatti, sono degni di accedere ai segreti celesti come ritenevano gli antichi Egizi: "I sacerdoti egizi indicavano i misteri divini con figure allegoriche, occulte ed evanescenti e solo i sacerdoti, i saggi e i filosofi erano eruditi in queste discipline... Anche negli Evangelisti leggiamo che Cristo nostro Salvatore sovente usava parlare per parabole...

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