Preziosissimo dono di Dio / Teorie e simboli dell'Alchimia
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Anteprima del libro
Preziosissimo dono di Dio / Teorie e simboli dell'Alchimia - Georges Aurach
COPERTINA
preziosissimo_dono.pngPreziosissimo Dono di Dio
image.pngdi Georges Aurach
dal manoscritto 18 Verginelli-Rota
del XVIII secolo
Teorie e Simboli dell’Alchimia
image-1.pngdi Albert Poisson
Anna Maria Partini
Biblioteca Ermetica /31
droppedImage.pnglogo.pngCopyright
Preziosissimo Dono di Dio - dal manoscritto 18 Verginelli-Rota del XVIII secolo - di Georges Aurach
Teorie e Simboli dell’Alchimia - di Albert Poisson
di Anna Maria Partini
ISBN 978-88-272-2383-3
I edizione digitale
© Copyright 2013 by Edizioni Mediterranee
Via Flaminia, 109 - 00196 Roma
www.edizionimediterranee.net
Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma
droppedImage-1.pngRingraziamo l’Accademia dei Lincei
che ha gentilmente permesso
la pubblicazione delle immagini a colori
del manoscritto Verginelli-Rota.
Introduzione al Preziosissimo Dono di Dio
image-2.pngDi Giorgio Aurach si sa ben poco, tranne le brevi notizie raccolte da Albert Poisson e da lui riportate nel manoscritto n. 52 del fondo Verginelli-Rota (Biblioteca dell’Accademia dei Lincei).
Lenglet-Dufresnoy gli attribuisce un Hortus Divitiarum e un Rosarium, intramezzato da versi in tedesco e ornato da figure allegoriche di cui si è persa ogni traccia. A lui attribuisce anche un testo sulla pietra filosofale, De Lapie philosophorum, qui de Antimonis minerali conficitur (sic), andato disperso, stampato a Basilea nel 1686¹.
Ma la sua opera più famosa è il trattato del Donum Dei conosciuto anche sotto il titolo di Prezioso o Preziosissimo Dono di Dio, illustrato da 12 immagini a volte di mirabile fattura che indicano attraverso la serie di ampolle
le varie trasmutazioni della materia
sotto l’azione del fuoco.
Come altre opere tradizionali il Donum Dei è ricco di massime e sentenze di alchimisti celebri del passato come Ermete, Aristotele, Arnaldo, Morieno ecc., ma ha, in particolare, grande affinità con il Rosarium Philosophorum, come ho potuto constatare confrontando i due testi.
La struttura dell’opera ha però una sua propria autonomia e vivacità e si distingue soprattutto per la serie delle immagini dipinte da lui stesso, come ripete, in più punti del suo trattato.
È stato uno dei testi più ricopiati attraverso i secoli, come dimostrano i numerosi manoscritti, specie del secolo XVII, conservati nelle biblioteche di tutto il mondo.
Le immagini di Aurach insieme a quelle del Rosarium Philosophorum, attribuito ad Arnaldo da Villanova, e dello Splendor Solis di Salomon Trismosin, sono tra le più famose della iconografia alchemica: esse simboleggiano in linguaggio amoroso le nozze di Sole e Luna, di Zolfo e Mercurio, di Re e Regina, la loro morte e la loro sublimazione, fino alla nascita dell’Ermafrodito, dell’Elisir perfetto.
Come scrive van Lennep, Giorgio Aurach è tra i primi che all’alba della iconografia alchemica sviluppò la tematica dei vasi figurati
per rappresentare le varie fasi della Grande Opera materializzando il sogno dell’alchimista che attraverso i secoli trasferì nell’immaginario il processo chimico che si effettuava nel suo matraccio
².
Il manoscritto originale latino "scritto da Georges Aurach di Strasburgo e dipinto di sua propria mano l’anno 1415 della Salvezza dell’Umanità riscattata" non è più reperibile. In italiano finora ne esiste una sola versione pubblicata dalle Edizioni Mediterranee, a cura di S. Andreani (1983)³.
Sono sempre stata affascinata dalle immagini del Donum Dei, specie di alcuni manoscritti finemente miniati. Trovarne tre esemplari nel fondo Verginelli-Rota realizzava il mio desiderio di pubblicare uno di questi codici sia per il ricordo del professor Vinci Verginelli, studioso di grande amabilità e cultura, da me conosciuto nei suoi ultimi anni, sia per mettere in evidenza questa meravigliosa Collezione di testi e manoscritti alchemici ancora oggi poco nota e considerata.
Nel fondo Verginelli-Rota figurano 3 codici del Donum Dei di Aurach: ho preferito pubblicare il ms. 18, anche se scritto in un italiano alquanto rudimentale, per le sue belle figure e perché poco noto.
L’emozione di aver tra le mani un manoscritto, soprattutto se si è interessati anche al contenuto del testo, è un’esperienza vissuta da tutti coloro che attraverso la ricerca, si trovano a contatto con materie e personaggi che riguardano il passato. È come mettersi direttamente e sottilmente a contatto, immedesimarsi con luoghi e persone di una catena ininterrotta attraverso i secoli.
Quando a questo si aggiunge l’esperienza di altri eminenti studiosi dell’arte alchemica interessati allo stesso testo, è come trovarsi sulla scia di coloro che ci hanno preceduti, seguendo e continuando un filo che sussiste ininterrotto attraverso i tempi.
droppedImage-2.pngLa rosa bianca e la rosa rossa. Trésor des trésors (1620-1650 circa)
ms. 975, Bibl. de l’Arsenal, Paris
Mi ero interessata in modo particolare al Donum Dei nel 1986, quando ebbi l’incarico di curare la parte esoterica di una mostra sui "Primi Lincei", promossa dall’Accademia dei Lincei per il IV centenario della nascita di Federico Cesi, fondatore dell’Accademia (1603)⁴.
Insieme a interessanti documenti e cimeli di grande valore storico e scientifico, alcuni dei quali riguardanti Galileo Galilei, furono esposti anche libri e manoscritti della Prima Biblioteca Lincea.
Nel progetto culturale dei Primi Lincei la Biblioteca
svolgeva un ruolo essenziale in quanto costituiva, accanto al Museo
, il nucleo centrale del loro sodalizio. Essa conteneva libri di tutti i settori dello scibile con stampe e manoscritti di matematica, di astronomia, di filosofia, di storia, di letteratura, ma anche di cultura orientale e di carattere astrologico e alchemico⁵.
L’interesse dei primi Lincei per l’ermetismo è dimostrato dall’elenco dei libri della ricca Biblioteca di Federico Cesi (Arch. Linc. mss. 13 e 32) che contiene un gran numero di opere di alchimisti famosi: Raimondo Lullo, Arnaldo da Villanova, Pietro d’Abano, Fabio Paolini, Sendivogius, Quercetano, Paracelso, Roberto Fludd, Marsilio Ficino, Michele Maier e altri⁶.
Accanto ad alcuni di questi ultimi riuscii a inserire, nella bacheca a me assegnata, anche alcuni codici della bella collezione di Ermetismo alchemico Verginelli-Rota, tra cui quelli di Aurach, donata recentemente all’Accademia dei Lincei dal professor Vinci Verginelli, dotto umanista e cultore di ermetismo, da lui raccolta con amore e competenza attraverso gli anni insieme al noto musicista Nino Rota. L’atto della donazione, avvenuta nel maggio 1985 alla presenza dell’allora Presidente Giuseppe Montalenti, fu ufficialmente legalizzata e messa a disposizione degli studiosi l’anno dopo, alla presenza del nuovo Presidente Francesco Gabrieli, che in una cerimonia solenne tenuta a Palazzo Corsini, sede dell’Accademia, ringraziò con nobili parole l’esimio studioso (1986).
Come scrive lo stesso Verginelli, la scelta di donare i suoi libri alla prestigiosa Accademia dei Lincei è stata fatta anche in omaggio a Cristina di Svezia e al principe Federico Cesi, ambedue interessati agli studi alchemici: … A me, che ho fatto donazione dei miei libri ermetici, fa uno strano sentire l’assistere al
ritorno di questi libri alchemici alla sede che è storicamente e qualitativamente la più propria per essi: Palazzo Corsini, la reggia di Cristina, amica di alchimisti e alchimisticheggiante ella stessa. Ma c’è di più. Trovo nel diligentissimo studio (Roma 1972) di Raffaello Morghen intorno all’Accademia Nazionale dei Lincei una notizia non aliena intorno al Principe Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei nel 1603, una notizia che riporto tal quale per darle più rilievo. Precisamente il Morghen scrive: ‘S’intende che per il Cesi la ricerca scientifica aveva un carattere spiccatamente enciclopedico. Alle ricerche di carattere archeologico ed erudito egli alternava indagini alchimistiche e discussioni filologiche sui testi sacri’. In qualche notte di luna è bello immaginare che l’ombra del Cesi aggirandosi fra tanti libri ora ritrovi e riconosca qualche testo di sua alchimica conoscenza
⁷.
Nel fondo Verginelli-Rota figurano tra l’altro, come già detto, tre codici del Pretiosissimum Donum Dei di G. Aurach da me citati in un articolo scritto, lo stesso anno, su I Primi Lincei e l’Ermetismo⁸, cioè dopo che erano stati esposti tra altri documenti e libri nella bella mostra alla Farnesina nel 1986. Ricordo che grazie a G. De Angelis potei pubblicare nell’articolo stesso alcune belle immagini dei manoscritti, da lui gentilmente fotografati.
Il più antico è il ms. 3 del secolo XV, in pergamena francese, anonimo e senza titolo con belle immagini a colori su fondo azzurro con stelle d’oro⁹. Inizia: Premier Chapitre
, ma dalla serie delle figure riconobbi l’opera di Aurach; segue il ms. 18 del secolo XVIII in italiano, dal titolo Preziosissimo dono di Dio, copia di uno più antico, con alcune osservazioni del copista attuale: è corredato da 12 figure alchemiche a colori brillanti; il più recente è il ms. 52 del secolo XIX, in francese, dal titolo Le Très-Précieux Don de Dieu.
Quest’ultimo è particolarmente interessante perché trascritto e disegnato da Albert Poisson, noto alchimista e storico delle scienze morto prematuramente (1893), e per le notizie da lui aggiunte alla fine del testo sull’autore e sulla storia del manoscritto.
Un altro codice del Donum Dei citato nello stesso articolo sui Primi Lincei, in quanto apparteneva all’antica Biblioteca del Cesi, è il ms. H. 174 della Biblothèque de l’École de Médicine a Montpellier, in latino, anonimo e senza titolo, ma dalle sue figure riconobbi anche qui il trattato di Aurach.
Alle cc. 1r e 7v è contrassegnato dal timbro linceo ed è datato 1607. Particolarità del manoscritto è, come scrive Ada Alessandrini, nota storica dell’Accademia dei Lincei, di essere espresso come un racconto a immagini, nel quale il testo scritto, ridotto all’essenziale, è inserito a guisa di didascalie, all’interno e all’esterno delle rappresentazioni figurative
¹⁰. Le illustrazioni, alcune delle quali inquadrate da strutture architettoniche e armoniose, son ben disegnate e a colori vivaci.
Timbro della Biblioteca Cesiano-Lincea.
Ms. H. 174, c. 1r
È probabile, osserva l’Alessandrini, che intorno al 1607 il Principe (Cesi) abbia acquistato quel prezioso codice di soggetto alchimistico; ma non è neppure da escludersi che Federico Cesi abbia fatto copiare appositamente quel testo, in quanto gli studi alchimistici furono praticati con impegno dai Primi Lincei
¹¹.
Il manoscritto come già detto è anonimo, ma il titolo si può ricavare dalla conclusione: Et in hoc completur prectiosum Dei donum, quod super omne mundi scientiarum arcanum est thesaurus thesaurorum…
.
Il testo del ms. H. 174 corrisponde in gran parte a quello di una breve opera anonima in italiano contenuta nel manoscritto Reg. Lat. 1278 della Biblioteca Apostolica Vaticana dal titolo Lapis et sua operatione con figure, riportata dal Carbonelli nel suo bel libro sulle fonti storiche dell’alchimia e della chimica in Italia. È anch’essa caratterizzata da ampie didascalie, scritte all’interno delle figure che sono 14 (come nel ms. H. 174) anziché 12. I disegni in bianco e nero sono dal punto di vista artistico più rozzi di quelli del manoscritto francese.
In ambedue i codici è riportata una figura originale che di solito non esiste in altre copie di Aurach: Re e Regina nudi si abbracciano ai piedi di un albero, ai cui lati sono due scheletri; due nastri, in cui è scritta la famosa frase alchemica Dealbate latonem et claudite libros
, avvolgono le due figure regali. Altra particolarità dei due codici è il vaso o matraccio, che in genere poggia sulla nuda terra, mentre in queste illustrazioni poggia su un fornello di terracotta.
Sia il testo latino del ms. H. 174 della École che quello italiano del ms. Reg. Lat. 1278 alla Vaticana, ambedue anonimi, in più punti sono perfettamente simili a un codice latino della Biblioteca Nazionale di Roma, il ms. 336 del fondo Gesuitico, dove il trattato di Aurach è attribuito a Frate Elia, come risulta dal titolo: Fratris Hellie ordinis minorum. Libellus de lapide Philosophorum qui ex antimonio minerali confficitur (c. 13r, 49r).
L’attribuzione dell’opera di Aurach a Frate Elia è ripetuta in una stampa di Jennesio del 1685 (Francoforte) dov’è riportata insieme al Libro segreto di Artefio e a un libretto di Saturnio Trismegisto, una piccola opera che ha come titolo: Fratris Heliae ordinis minorum. Libellus de Lapide Philosophorum, qui ex Antimonio minerali conficitur, e cioè con lo stesso titolo del ms. Gesuitico ¹².
droppedImage-4.pngIncipit del Donum Dei della stampa di Jennesio del 1685 (Francfurti)
Ringraziamo la Biblioteca del Comune e dell’Accademia etrusca
di Cortona per la gentile concessione dell’immagine,
Confrontando alcune pagine dei due testi ho potuto constatare che si trattava sempre del Donum Dei di Aurach, anzi si può ipotizzare che il ms. Ges. 336 sia stato il modello originale di Jennesio. Le figure della stampa sono invece di molto inferiori.
L’opera dell’alchimista alsaziano ebbe una vasta diffusione e ne esistono numerose copie. I titoli diversi e spesso l’anonimato hanno creato una certa confusione sull’autore.
Sulla scia della stampa di Jennesio è stato recentemente tradotto e pubblicato il testo di Aurach attribuendolo a Frate Elia (Libro di Frate Elia dell’Ordine dei Minori sulla Pietra dei Filosofi¹³), libro che contiene pertanto un’ottima presentazione del Frate alchimista, autore del celebre sonetto Solvete i corpi in acqua e tutti dico / Voi che cercate di far Sole e Luna /...
¹⁴.
Sono passati tanti anni da quando mi interessai di queste opere. Ma già da allora proponevo agli studiosi di alchimia dotati di buona volontà che valeva la pena di fare uno studio critico sui vari codici di Aurach con le loro varianti, cosa che purtroppo è rimasta inattuata.
La donazione dei testi ermetici alla Biblioteca dell’Accademia dei Lincei fu seguita dal Catalogo alquanto ragionato dei libri, fatto dallo stesso Verginelli sotto il titolo Bibliotheca Hermetica¹⁵, fornendo di ogni libro i contenuti più significativi ed elencando, con paziente esattezza, gli sconosciuti testi contenuti nei Collectanea
, nelle Bibliotecae
, nelle Miscellanee rendendo in tal modo note e reperibili le opere più introvabili; ma soprattutto dando notizie preziose per chi desidera addentrarsi nella dottrina alchemica. È, come scrive lo stesso Verginelli, il primo catalogo di libri ermetici compilato in Italia. L’autore dedica il libro al suo grande amico Nino Rota, studioso tacito e perspicace di cose ermetiche
:
Incipit del ms. Gesuitico 336
della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma
Al musicista grande e mio più grande amico
Nino Rota
Dedico
Questo catalogo
Della
Raccolta Verginelli-Rota
di
Antichi testi ermetici
(secoli XV-XVI-XVII-XVIII)
Questi libri
Che insieme ricercammo e insieme raccogliemmo
Poi che egli ci ha lasciato
Offro
Agli studiosi di tutto il mondo
Ut quaerant et inveniant et lux fiat in eis
Riporto da una lettera di V. Verginelli all’editore Nardini alcune sue frasi che dimostrano i tratti più salienti della sua personalità ermetica:
"… eccoti qui il mio catalogo. Che fatica…
Mia intenzione è stata unicamente giovare agli studi cui ho dedicato tutta la mia vita, anzi per i quali ha avuto un senso e un frutto il mio vivere… Ho amato l’amicizia, anzi l’amicizia sacra, pitagorica… Non ho mai amato altro oro che quello… filosofale. Ed è stata questa la mia ricchezza…"¹⁶.
droppedImage-6.pngTavola I
1.La Soluzione Filosofica: Il vaso di natura e il vaso dell’arte
image-3.pngAll’inizio del nostro secolo, un gruppo di alchimisti francesi, tra cui Fulcanelli e Canseliet, si è interessato al Donum Dei di Giorgio Aurach, sia per il testo che per le immagini, riportando nei loro libri osservazioni, riflessioni e riferimenti. Canseliet e Poisson ne hanno addirittura copiato, da codici più antichi, lo scritto e dipinto di propria mano le immagini a colori.
L’esperienza giovanile di Canseliet, che con alcuni amici trascrisse nel giro di una sola notte nel 1920 un manoscritto di Aurach del secolo XVII, forse nel desiderio e nella speranza d’afferrare attraverso la sequela dei vasi
il secretum secretorum della Grande Opera, mi è stato di sprone e in un certo qual modo di avvertimento.
Ho iniziato questo studio partendo da alcune loro citazioni