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Scolpire il Mosè nascosto dentro il marmo: La valutazione scolastica e l'Evidence Based Education
Scolpire il Mosè nascosto dentro il marmo: La valutazione scolastica e l'Evidence Based Education
Scolpire il Mosè nascosto dentro il marmo: La valutazione scolastica e l'Evidence Based Education
E-book180 pagine1 ora

Scolpire il Mosè nascosto dentro il marmo: La valutazione scolastica e l'Evidence Based Education

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Info su questo ebook

In ogni alunno è nascosto un Mosè nel marmo del suo background. L'Evidence Based Education è lo scalpello che può farlo emergere, perchè la valutazione è un'arte e ha bisogno di tecnica per essere personalizzata.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2023
ISBN9791221487169
Scolpire il Mosè nascosto dentro il marmo: La valutazione scolastica e l'Evidence Based Education

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    Anteprima del libro

    Scolpire il Mosè nascosto dentro il marmo - Daniela Mariana Corveddu

    PRIMA PARTE

    L’EBE in classe: polifonia di strumenti (di rilevazioni) e di voci (di professionisti)

    Premessa: Declino o piano obliquo?

    L’ouverture del nostro lavoro ha il suo la dall’analisi sulla scuola italiana di Antonio Calvani. In seguito, si uniranno alla sua voce, gli archi dei riferimenti legislativi e i fiati dei testi di Trinchero e Calvani in merito a come la valutazione incide nella vita scolastica.

    Il poliedrico assetto scolastico, nelle sue componenti istituzionali e relazionali, curricolari e metodologiche è mostrato, con la luce che riflette dalle citazioni dei testi, con tonalità opposte, da Calvani, in questo suo articolo. L’intento è di evidenziare la possibilità di valorizzare l’essere bianco della luce, quindi il suo aspetto unificante, rispetto alle tonalità delle diverse posizioni. Compito arduo soprattutto nel contesto culturale italiano attuale, in cui ha più spazio il dibattito, l’opporsi, che non l’integrare, il cercare una soluzione che rispetti le singole parti senza omologarne le identità specifiche.

    L’autore avvia questa diagnosi della scuola italiana partendo dalla recensione ipercritica del testo di Mastrocola e Ricolfi⁶, a cura di Argentin e Giancola.

    Il testo dà voce al pensiero di molti insegnanti per i quali gli apprendimenti scolastici hanno subito un costante declino in relazione ad un alleggerimento degli impegni scolastici e degli esami e ad una progressiva deresponsabilizzazione degli alunni.⁷ Su questa linea si sono collocati i testi di Israel, Chi sono i nemici della scienza Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza⁸ e di Galli della Loggia, L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola⁹.

    Di quest’ultimo testo, Calvani riporta la motivazione che secondo l’autore, è stata la base del successo della scuola italiana pre-’68:

    "L’autore¹⁰ riconosce un grande merito alla scuola che nel passato, soprattutto grazie ad un esercito di diligenti maestre, ha consentito all’Italia di diventare una delle principali economie del mondo; dal ‘68 subentra però il declino progressivo della scuola e del Paese con evidenti correlazioni e connessioni causali tra i due aspetti."¹¹

    L’autore dell’articolo introduce l’analisi di due elementi che, per i testi citati, rappresentano i nodi dell’attuale stato della scuola: la responsabilità della pedagogia e le prove standardizzate.

    La responsabilità della pedagogia

    La responsabilità della pedagogia, osservata da un punto di vista globale – di un suo apporto nelle decisioni degli ultimi anni- risulta nulla. Essa, infatti, ben poco è stata tenuta in considerazione. Molti rumors hanno avuto le cornici ideologiche in cui sono state presentate, in rapporto alla visione del rapporto tra scuola e società, scuola e mercato del lavoro, ecc.

    Altra considerazione meritano le dimensioni pedagogiche e culturali interne alla personalità degli italiani. L’autore fa riferimento soprattutto all’idea internalizzata dell’autorità e del rispetto delle regole che acquisiamo dalla cultura in cui si vive.¹²

    Egli riporta la ricerca della Microsoft del 2015¹³, che verifica empiricamente - tramite ricerche diacroniche - lo span dell’attenzione, e la testimonianza di qualsiasi docente di scuola primaria di una certa età in merito all’osservazione di come la maggior parte degli alunni arrivi a scuola con minor autocontrollo, più distratta e intollerante ai divieti e alle regole.

    A questa parte di responsabilità culturale di sponda genitoriale, si affianca quella di sponda scolastica. Serpeggiano, tra i docenti e i dirigenti, false credenze sull’efficacia di alcune metodologie didattiche che si presumono attive e strumentazioni tecnologiche vicarie all’apprendimento.

    L’autore conclude che comunque la pedagogia ha le sue colpe. La principale è quella di non essersi sintonizzata sui problemi centrali della scuola avanzando proposte significative chiaramente formulate, affidabili e sostenibili. Potremmo emblematizzare la conclusione affermando che la pedagogia si è inclinata per rovesciare sulla scuola idee senza strutture critiche di contenimento anziché inclinarsi quale piano per favorire un accesso senza barriere.

    Le prove Invalsi

    L’autore accoglie le critiche che convergono sulle prove standardizzate, in specie le prove Invalsi. Ne evidenzia, d’altra parte, la bontà, quali predittori dello sviluppo potenziale di un Paese. Soprattutto le prove internazionali valutano processi cognitivi di alto livello (ragionamento, inferenza, deduzione, interpretazione) e con le prove Invalsi, permettono una visione imparziale della nostra scuola strappandone il velo di autoreferenzialità che continua ad avvolgere la sua immagine.

    Calvani tocca un punto molto sensibile del corpo docente e dirigente. Egli connota con autoreferenzialità ciò che per i più è il diritto ad esprimere come autorevole, la propria conclusione in merito alle performance e all'impegno degli studenti, per i docenti, e anche dei docenti, per i dirigenti. Così come un medico, alla fine del proprio percorso di specializzazione e di tirocinio, acquisisce una pratica professionale che conferisce autorità alle proprie diagnosi - e che nessuno si permette di rettificare, contrastare, dimostrare con teorie di riferimento o ricerche socio-culturali- così il docente e il dirigente, con esperienza di insegnamento e/o di governo unitamente ad un'altra relativa alla riflessione sulla stessa, emette una diagnosi a cui si aspetta che venga dato seguito avviando le cure prescritte da parte della famiglia, dell'alunno o dei docenti. 

    In questa visione, i risultati delle prove Invalsi e delle prove internazionali sono letti come un alter-ego astratto, che fa prendere coscienza dell'ideale senza tener conto del reale della scuola italiana, regionale, cittadina, paesana. Senza considerare le letture che degli stessi risultati si danno. Le prove, così come sono proposte o capite, snaturano l'aspetto artigianale dell'insegnamento e del governo di una scuola. Esso è il lavoro di migliaia di docenti e dirigenti, che con passione, sentimento, cura, sfida, tenacia, ogni giorno, provano e riprovano per dare senso alla vita di ogni singolo alunno con l'insegnamento. I docenti e i dirigenti forse, sono ancora i soli a credere nel valore performante della cultura gratuita e di base per uno sviluppo, anche armonico, degli alunni e delle alunne. 

    Su quanto detto, l'autore osserverebbe che il contesto culturale è il canovaccio su cui leggere l'azione dei docenti e dei dirigenti. Citando la ricostruzione storica compiuta da Israel nel suo testo¹⁴, affermerebbe che un voto insufficiente in una materia è come una scatola di pomodori avariata; l'utente protesta con il consumatore. Da quanto detto emerge il tema di fondo che la società sente quando la Scuola suona: un votificio a tempo determinato. 

    Difatti l'autore propone quale cura: favorire un clima culturale a favore delle prove standardizzate rimuovendo la percezione negativa diffusa tra gli insegnanti (aggiungiamo: dirigenti) e favorendo una diversa cultura della valutazione. 

    La caratteristica dell'autore è di empatizzare con entrambi i fronti dell'argomento, arricchendolo di motivazioni pratiche che impreziosiscono la tiara della controversia sulle prove standardizzate. Nelle note, pertanto, osserva che le competenze previste dalle Indicazioni Nazionali per la scuola primaria, prevedono il raggiungimento di determinati obiettivi con specifiche abilità e conoscenze. Il loro raggiungimento è dimostrato da azioni di teaching to test. Ora se queste azioni hanno condotto al positivo raggiungimento di obiettivi con valore intrinseco di alto livello, allora esse possono considerarsi affidabili¹⁵. 

    D'altra parte, l'autore suggerisce l'opportunità di favorire iniziative che aiutino il sistema nazionale di valutazione a valorizzare l'aspetto formativo, dinamico e sfidante della valutazione stessa e non quello puramente certificativo. In linea con la ricerca docimologica che in Italia beneficia di una tradizione avveduta (Visalberghi, Vertecchi e Domenici)¹⁶.

    Citando infine il testo di Gavosto¹⁷, afferma che l'attenzione sugli apprendimenti è necessaria quale leva per un nuovo più ampio consenso.

    ‘Quello che finora è mancato nelle riforme italiane, è un tessuto connettivo che rendesse coerente agli occhi dell'opinione pubblica l’insieme delle  misure  adottate:  questo  tessuto  connettivo  non  può  che  essere  il  livello  degli apprendimenti¹⁸.’ ¹⁹

    È dunque necessario contribuire con apporti positivi, scevri di retorica e astrattezza, consapevoli della logica del rendere visibili, verificabili e sostenibili i miglioramenti proposti. 

    La situazione legislativa in Italia

    A decorrere dall’anno scolastico 2020/2021 la valutazione periodica e finale degli apprendimenti è espressa, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni Nazionali, ivi compreso l’insegnamento trasversale di educazione civica di cui alla legge 20 agosto 2019, n. 92, attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione, nella prospettiva formativa della valutazione e della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti.²⁰

    La finalità espressa nel documento ministeriale è quella di valorizzare il miglioramento degli apprendimenti. Il docente, nelle modalità che riterrà più opportune – ma che restituiscano all’alunno la piena comprensione del livello di padronanza dei contenuti verificati- mantiene la libertà di espressione in merito alla valutazione in itinere (comma 2, art.3).

    Nei commi successivi, la Nota esplica l’iter che l’Istituzione scolastica deve seguire per procedere in tal senso. L’espressione padronanza dei contenuti e l’iter processuale, basato sulla definizione degli obiettivi, inducono a pensare che la metodologia di riferimento sia il mastery learning, ma gli allegati alla Nota sciolgono subito l’ipotesi, individuando le quattro dimensioni su cui il giudizio dovrà costruirsi:

    l’autonomia, dell’alunno nell’apprendimento

    le risorse, mobilitate per portare a temine un compito

    la continuità, nell’apprendimento

    la tipologia della situazione, nota o non nota.

    Le Linee Guida che accompagnano l’Ordinanza esprimono un concetto rivoluzionario per la logica valutativa italiana quando affermano:

    Il giudizio descrittivo sul raggiungimento degli obiettivi di apprendimento non è riducibile alla semplice sommatoria degli esiti ottenuti in occasione di singole attività valutative: occorre rilevare informazioni sui processi cognitivi in un’ottica di progressione e di continua modificabilità delle manifestazioni dell’apprendimento degli alunni. La valutazione, infatti, documenta lo

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