La scuola è un animale politico
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Anteprima del libro
La scuola è un animale politico - Roberta Monaco
A scuola di pensiero
di Luigia Cavone
Chi è Luigia Cavone
Insegna Italiano e Latino presso il liceo classico statale ‘Socrate’.
Motto
Pasolini: mon amour!
La scuola che vorrebbe
«Vorrei una scuola in cui si riesca ad appassionarsi a quello che si è ed a quello che si fa, al riparo dalla noiosa routine e dal conformismo.
Una scuola in cui la burocrazia (registri, pagelle, compiti, verifiche, giudizi, voti…) sia pensata e praticata solo come uno strumento necessario, mai come il fine ultimo.
Una scuola in cui si impari che il sapere è uno; quindi una scuola in cui nel succedersi dell’ora di Italiano a quella di Matematica (e viceversa) gli studenti non abbiano la sensazione di trasferirsi su un altro pianeta!
Una scuola con più Dante, più filosofia, più musica e storia dell’arte insieme a più matematica e scienze non solo nei licei ma in tutti gli istituti tecnici e professionali.
Una scuola in cui sia ‘severamente vietato’ svolgere per più di un anno lo stesso programma disciplinare (con disattivazione della funzione ‘copia/incolla’).
Una scuola in cui ci si possa guardare negli occhi e, riconoscendosi gli uni gli altri, intendersi».
Docenti e Politica: dal deserto alla città
Se ora c’è i signori qui e i poveri sotto, così non si può fare. Si tratterebbe di eliminare i poggi e riempir le buche e fare le eguaglianze, se si dovesse parlare di sogni sociali e politici. Ma io non sono un sognatore sociale e politico: io sono un educatore di ragazzi vivi, ed educo i miei ragazzi vivi a essere buoni figlioli, responsabili delle loro azioni, cittadini sovrani.
(don Lorenzo Milani, 1965)
Potrebbero bastare queste parole a sintetizzare il mio sentire sul tema del ruolo politico dei docenti.
Negli anni Settanta i cosiddetti ‘Decreti Delegati’ diedero forma democratica e politica in senso proprio alla vita della scuola, ma oggi la crisi di partecipazione negli Organi Collegiali è sotto gli occhi di tutti.
Eppure tutti abbiamo a che fare con la scuola, non solo in quanto insegnanti, genitori o studenti, ma come società civile, che, tramite le istituzioni statali finanziate con le tasse pagate da tutti, garantisce i diritti fondamentali della persona, tra i quali quello allo studio. Verrebbe voglia di dire: tutti siamo scuola!
Al contrario, spesso ci si rapporta alla scuola come a un servizio al quale rivolgersi con la mentalità del cliente consumatore, che, si sa, ha sempre ragione.
Induce a essere preoccupati il fatto che tale logica aziendale fosse sottesa anche al DdL 953 ex Aprea¹. Non a caso l’attuale Consiglio di Istituto diventava ‘Consiglio dell’Autonomia’ e i termini ‘collegio’ e ‘collegialità’ quasi scomparivano.
Sarebbe invece utile pensare ogni singola istituzione scolastica come una comunità dotata di capacità inclusiva, che da un lato interagisca – con la dignità dell’istituzione – con il proprio territorio di riferimento, e dall’altro operi con chiarezza di intenti e di regole nella prospettiva nazionale di una identità storica comune.
Anche per questo può tornare utile e attuale riconsiderare le parole di don Milani.
Educatori di ragazzi vivi
Come docenti siamo chiamati a intercettare la vita dei nostri studenti, a conoscerla per aiutarla a sbocciare nella libertà individuale e civile. Sarà banale ricordarlo, ma la vita si intercetta con la vita. Se vivi sono i ragazzi nelle nostre scuole, vivi devono essere i docenti che li incontrano.
A riguardo non si può non ripartire dalle parole di Aristotele nella Politica:
È evidente […] che l’uomo è per natura animale politico […] e più di tutte le api e di ogni animale vivente in società. Perché la natura nulla fa invano: ora, l’uomo solo fra gli animali ha la ragione […]. E il linguaggio vale a mostrare l’utile e il dannoso, sicché anche il giusto e l’ingiusto, ché questo è proprio degli uomini rispetto agli altri animali: l’aver egli solo il senso del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto².
E nell’Etica a Nicomaco:
Il bene è degno di essere amato anche per un solo uomo; ma più bello e divino quando sia per nazioni e per stati […]. Il sommo bene apparterrà alla scienza suprema e per eccellenza direttrice delle opere. E tale appare la politica³.
Anche secondo Hegel nella famiglia e nella società civile c’è comunque politica⁴.
Dunque, la dimensione politica e civile nell’insegnamento è costitutiva. Non bisogna averne paura, come invece spesso è accaduto nel passato e anche in tempi assai recenti. Che cosa sarebbe l’insegnamento dell’Educazione civica, per esempio, se non esigenza ed espressione di quella essenziale dimensione politica dell’essere umano?
La Costituzione italiana (art. 21) recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Per riconoscere e incarnare un tale diritto occorre essere educati e competenti nelle forme della democrazia, che quindi si deve imparare nel luogo deputato: nella Scuola.
Il problema nasce nel momento in