Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

In dialogo con gli antichi: Percorsi di ricerca sui classici per tutte e tutti
In dialogo con gli antichi: Percorsi di ricerca sui classici per tutte e tutti
In dialogo con gli antichi: Percorsi di ricerca sui classici per tutte e tutti
E-book203 pagine2 ore

In dialogo con gli antichi: Percorsi di ricerca sui classici per tutte e tutti

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Questo libro nasce dall’amicizia delle due autrici – entrambe antichiste per formazione e docenti – che attraverso percorsi diversi si sono trovate a condividere esperienze e idee sul ruolo dei classici nella cultura contemporanea. Legate da un senso di insofferenza verso un certo modo di difendere le opere latine e greche, i percorsi formativi ad esse dedicati, e l’enfasi sulla loro centralità, le due autrici trovano nell’arte, nella critica, in un approccio pluralista e decoloniale, il senso di un sapere democratico, aperto e significativo per le singole persone. Convinte delle opportunità formative e trasformative che offrono i testi antichi, del fascino e dell’importanza che uno studio accorto del passato conserva per le nuove generazioni, hanno sentito la necessità di sgomberare il campo da celebrazioni poco convincenti, retoriche vittimiste, mettendo sulla carta qualche riflessione forse utile, riannodando i fili dei rispettivi percorsi, con qualche ipotesi per il futuro. Su come trascinare i classici giù dal piedistallo, come recuperarli dall’inutilità cui li abbiamo relegati, quali strategie adottare per permettere loro di entrare autenticamente in dialogo con la vita di chi li legge. Indubbio, dunque, che queste riflessioni possano innescare pensieri e proposte anche in campo educativo e didattico.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mar 2024
ISBN9791223008942
In dialogo con gli antichi: Percorsi di ricerca sui classici per tutte e tutti

Correlato a In dialogo con gli antichi

Titoli di questa serie (5)

Visualizza altri

Ebook correlati

Critica letteraria per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su In dialogo con gli antichi

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    In dialogo con gli antichi - Roberta Ortolano

    Prefazione, Anna Maria Matricardi

    Questo libro ha origine da una tessitura che intreccia differenti esperienze e modi, legati al Movimento di Cooperazione Educativa, al teatro, al lavoro del CTE, Centro Teatro Educazione, dell’ETI, poi proseguito nell’Associazione Casa dello spettatore.¹

    Cruciali le questioni messe in campo a partire da caratteristiche proprie della scuola, italiana in particolare, che vede tuttora nel liceo classico il luogo della formazione secondaria d’élite, perpetuando un pregiudizio classista che distingue saperi e conseguenti poteri.

    Illuminante una citazione di Simone Weil, presente nel testo:

    «Circa duemilacinquecento anni fa in Grecia si scrivevano bellissimi poemi. Ormai sono letti soltanto dalle persone che si specializzano in questo studio, ed è proprio un peccato. Perché questi antichi poemi sono così umani che ancora oggi ci toccano da vicino e possono interessare tutti. Sarebbero anzi molto più toccanti per la gente comune, per coloro che sanno cos’è lottare e soffrire, piuttosto che per chi ha passato la vita tra le quattro mura di una biblioteca».

    Su questa linea, le autrici ci conducono in un percorso di conoscenza e di metodologia particolarmente articolato che prevede alcuni capisaldi: l’interpretazione, strumento chiave nel dialogo con gli antichi, valido per tutte e tutti; uno strumento che presuppone come condizione primaria la libertà, quindi un atteggiamento di ricerca e di confronto in una dimensione condivisa, di gruppo; ritroviamo dunque le basi della scuola attiva rispetto a contenuti e forme che spesso sono considerate appannaggio di pochi.

    Altro tema fondamentale è il richiamo costante al teatro, come luogo di esperienza comunitaria e di conoscenza dell’umano che investe inevitabilmente il corpo, protagonista spesso dimenticato di ogni processo formativo.

    Infine, il testo ci offre uno sguardo vivace e dinamico sul mondo classico e suggerisce una feconda ridefinizione di valenze e significati, al di là di qualsiasi valore dato per assoluto, anche grazie alla ricchezza di riferimenti bibliografici, utili per approfondire la conoscenza e la riflessione sui temi trattati: un insieme di materiali preziosi per chi voglia sperimentare a scuola analoghi percorsi.

    Introduzione, Cristina Pace e Roberta Ortolano

    Il dibattito pubblico sulla scuola in Italia si infiamma ciclicamente attorno ad alcune parole. Ad esempio, la parola merito, con cui l’attuale governo ha voluto connotare il Ministero dell’Istruzione: parola che in realtà non da oggi si presta a interpretazioni profondamente diverse, giudicata negativamente in quanto opposta all’idea di inclusione, o positivamente in quanto strumento di promozione sociale.

    L’imposizione ufficiale di questa ambigua idea del ‘merito’ – strettamente legata peraltro alla questione, non meno problematica, della sua misurazione, e quindi della valutazione² – è forse una ragione in più, oggi, per una seria revisione pubblica delle possibili visioni sulla scuola. Nel frattempo, più in generale, assistiamo a una esplicita polarizzazione del dibattito pubblico sull’educazione: da una parte alcuni recenti interventi sul presunto ‘sfascio’ della scuola democratica, in favore di una scuola capace di essere severa e dunque di formare davvero; selettiva, e quindi realmente capace di offrire anche alle classi subalterne la possibilità di accedere al famoso ascensore sociale. Dall’altra, la voce di quanti e quante difendono un’idea di scuola democratica tutt’altro che compiuta ma che in Italia poggia su una solida tradizione³.

    Al centro, le scuole con le loro difficoltà: già esistenti da tempo, ora sembrano ingigantite dagli effetti della pandemia; metodi che non funzionano più, studenti fragili, docenti disorientati. E la naturale tentazione di aggrapparsi al passato: era meglio quando si bocciava.

    In questo contesto, parlare di classici significa inevitabilmente anche parlare della scuola considerata tradizionale e difficile per eccellenza, il liceo classico. Sopravvissuto alle diverse riforme della scuola italiana, ma in perenne discesa, è comunque periodicamente messo sotto accusa. Scuola ‘anomala’ sul piano internazionale, viene difesa come specifica ricchezza ma anche accusata di non essere più al passo con i tempi: per la ‘debolezza’ dal punto di vista tecnico-scientifico e per lo studio del greco e del latino – ancora centrale e rappresentativo di questo percorso formativo, seppure fortemente ridimensionato dal punto di vista delle ore di lezione – studio che è fin troppo facile accusare di inutilità.

    Tale dibattito va avanti ormai da anni: molti ricorderanno le varie edizioni del Processo al liceo classico,⁴ e le molte pubblicazioni dedicate al senso degli studi classici, un vero e proprio filone editoriale che va dagli atti di convegni accademici, a libri di successo come Il greco lingua geniale di Andrea Marcolongo o Viva il latino di Nicola Gardini.⁵

    Al di là delle opinioni, tale fioritura di titoli – fra cui il recente e delizioso Perché ci ostiniamo a leggere (e far leggere) i classici⁶ – segnala se non altro l’esistenza di un pubblico di lettori che si interroga – e forse si tormenta – su questo punto. Una classe di docenti che cerca gli argomenti per convincere se stessi, prima che famiglie e studenti. Ma gli argomenti spesso risultano ripetitivi e a volte tradiscono il malcelato desiderio di tirare l’acqua al proprio mulino da parte di addetti ai lavori.

    Ci siamo volute chiedere anche noi, per l’ennesima volta, perché leggere e far leggere i testi greci e latini, ci vogliamo interrogare ancora sul senso di questi studi, provando a farlo in modo davvero gratuito, senza secondi fini. Con qualche puntualizzazione sul lessico che utilizziamo.

    Da una parte, ciò che dovrebbe essere preliminare: cosa sono i classici? Ha senso ancora usare questo termine per identificare le opere dei Greci e dei Romani? E qual è il nostro approccio nei loro confronti? Con quali attese li avviciniamo? Che cosa rappresentano, cosa vogliamo che siano per noi? Dobbiamo chiedercelo personalmente, pur senza ignorare illustri contributi già formulati che sembrano non incidere troppo, purtroppo, nel senso comune e nella pratica didattica, spesso ancora intrisi di più o meno inconsapevole classicismo.⁷ Né potremo ignorare lo spazio che il dibattito sta guadagnando anche in altri Paesi, sulla spinta recente di revisioni che suscitano forti polemiche e accorate apologie,⁸ ma che evidenziano di per sé la necessità di una ‘ristrutturazione’ del nostro rapporto con gli antichi.⁹

    Il nostro approccio non potrà prescindere dal fatto che i Greci e i Romani non possono più, per noi, essere un ‘modello’; che la nostra storia culturale, in cui essi svolgono certamente un ruolo di primo piano, non coincide con la storia del mondo; che in ogni caso essi rappresentano una cultura ‘altra’, peraltro non unitaria, i cui valori non coincidono, ovviamente, con i nostri.

    In questa prospettiva, dovremmo esserci lasciati alle spalle da tempo ogni tipo di approccio identitario, ormai insostenibile, per riconoscere che il valore dei classici sta nella loro capacità di parlare e di rappresentare una risorsa per chiunque ancora vi si voglia avvicinare.

    Questa traccia ci conduce ben oltre il liceo classico: riflettere sulle potenzialità formative di quelli che chiamiamo classici antichi ci porterà alla questione molto più ampia del ruolo della letteratura, della poesia, dell’arte, e dello spazio che nella nostra società e nelle nostre scuole è concesso a questa dimensione dell’esistenza.

    Leggere e interpretare: un binomio che in fondo caratterizza la pratica scolastica fin dai tempi antichi e che può rappresentare una vera palestra di libertà, a patto che ci affranchiamo da luoghi comuni, convinzioni stereotipate, e un certo disprezzo verso la ricerca pedagogica e didattica, che spesso si respira, concedendo a questi testi, non a caso arrivati fino a noi da un passato lontanissimo, di entrare davvero in contatto con la vita delle persone – anche attraverso una necessaria revisione delle nostre strategie didattiche.

    Come insegnanti, intellettuali, mediatrici culturali, è necessario prenderci responsabilità delle nostre scelte e delle nostre proposte didattiche, sia dal punto di vista dei contenuti che delle forme. Il discorso ci porta dunque, inevitabilmente, a quello che probabilmente è il cuore della questione: parlare di scuola democratica significa essenzialmente non smettere di farsi domande a partire dalle esperienze concrete. Perciò un buon numero di queste pagine è dedicato al racconto di episodi vissuti, e anche nelle parti in cui azzardiamo qualche generalizzazione il punto di vista che adottiamo è sempre orientato al ruolo che i classici possono (o non possono più) avere nell’orizzonte del nostro fare. Al fondo c’è, più di quanto possa apparire, ciò che per tentativi e via via con maggiore consapevolezza abbiamo attraversato, progettato, costruito. A scuola, all’università, nel foyer di un teatro, con ragazzi e ragazze in formazione, con allievi e allieve che raccolgono e rilanciano la posta, e, non ultimi, gli studenti adulti di Rebibbia. Alla ricerca di situazioni che permettano di capire davvero quanto «la letteratura e la poesia possono essere fondamentali per la vita delle persone.»¹⁰

    Ci sono ambiti in cui il modo tradizionale di insegnare – chi parla, chi ascolta –, che ancora qualche volta ci si ostina a difendere come imprescindibile nei licei, semplicemente non è possibile.

    E da una serie di esperienze sempre nuove che via via stiamo immaginando ci accorgiamo che è fuori, fuori dalle aule e dalle biblioteche che i classici sembrano recuperare la loro forza. È nella ricerca di pratiche didattiche attive che rivelano il loro autentico valore. Fra persone che non li hanno mai avvicinati, che pensavano di non essere in grado di capirli, e mai avrebbero pensato di trovarli interessanti. Così, ‘tirando giù’ dal piedistallo i classici, mostrandoli nella loro accessibilità, per poi lasciarli liberi di agire, nello spazio aperto dell’interpretazione, ci sembra di scoprire nuove possibilità, un futuro per i nostri stessi studi.

    Maestri e maestre di questo approccio, del resto, sono da sempre le e gli artisti. Da quelli antichi, che nel ri-racconto perpetuo del mito trovavano nel passato nuovi sensi per leggere il presente e indicare il futuro, a coloro che nelle diverse epoche, leggendo e interpretando, conservando e rielaborando, hanno permesso il viaggio nel tempo dei testi greci e latini. È ciò che accade anche oggi, nella letteratura, nella filosofia, nell’arte, sulla scena.

    Come si può vedere, le riflessioni che abbiamo riversato in questo libro hanno una storia, sono l’esito (provvisorio) di un itinerario di ricerca e di consapevolezza ancora in corso. La matrice è in un percorso di studi simile (anche se coltivato in aule e in epoche diverse) ma soprattutto in una comune ricerca di senso, che partendo da ambiti esistenziali e lavorativi differenti, si è intrecciato a più riprese, soprattutto negli ultimi anni. Quasi inevitabilmente, dunque, questo libro ha assunto la forma che ha, in due parti distinte, come distinte sono le nostre esperienze e gli ambienti e le persone a cui preferibilmente ci rivolgiamo, e diversi i nostri sguardi. Ci accomuna certamente la condivisione di opinioni e orizzonti e – forse – un tratto caratteristico: la tendenza a riflettere costantemente sul nostro fare, l’esigenza di sottoporlo continuamente a verifica e di ridiscuterne le premesse e gli esiti, nel tempo vivo della sedimentazione e dell’amicizia e alla luce della realtà del nostro tempo.

    Perciò ci è venuto facile intenderci, prima di tutto sull’urgenza di mettere in discussione la centralità dei classici, che pure ha caratterizzato la nostra formazione: di ridefinirla, per poter prendere le distanze da impostazioni e metodi che ci stavano stretti da tempo, e potercene riappropriare in modo diverso, portandoli con noi nell’impegno sociale.

    La (ri)scoperta è che i classici possono parlare a molte più persone di quelle che frequentano i licei classici e i dipartimenti di scienze dell’antichità.

    Seguire i classici nella loro – direi autonoma – ricerca di senso fuori delle biblioteche e delle accademie, nella loro vita ‘imprevista’, può rappresentare la specifica proposta di questo libretto: per restituire ricchezza e profondità alle nostre pratiche didattiche, anche nelle aule delle nostre scuole e università, per tutte e tutti.

    Perché i classici, Cristina Pace

    Le riflessioni che seguono – nate non a caso da una precisa sollecitazione del Movimento di Cooperazione Educativa¹¹ – cercano di rispondere a una domanda che raramente viene posta in termini espliciti: nella prospettiva di una formazione autenticamente democratica, che punti a favorire l’inclusione, a promuovere l’autonomia, la creatività e la libertà di tutte le persone, quale ruolo svolge o può svolgere la conoscenza dei classici, e – per quello che in particolare mi riguarda – dei classici antichi?

    La domanda è opportuna, da una parte perché di fatto, al di là delle intenzioni, è diffusa – più diffusa di quanto ci piacerebbe pensare – l’idea che gli studi ‘classici’ siano riservati a pochi, in quanto ‘inutili’ e ‘difficili’; dall’altra perché i testi letterari greci e latini, la cui presenza è così rilevante nella nostra memoria culturale, sono spesso investiti dell’ingrato compito di definire la nostra ‘identità’ (nazionale, europea, occidentale): oggi si trovano così, loro malgrado, al centro di questioni delicate e polemiche complesse, quanto cruciali.

    La stessa annosa crisi del liceo classico, come degli studi universitari di antichistica, sempre più confinati agli interessi di pochissimi, non credo possa essere affrontata efficacemente, solo cercando nuove ‘strategie’ didattiche, tecnologiche, accademiche. Si dovrà accettare, credo, di rimettere in discussione radicalmente la posizione dei classici nel nostro sistema scolastico e sociale, e verificare il loro senso in un mondo globalizzato.

    Per gli antichisti (studiosi e docenti) non si tratterà tanto di trovare il modo di difendere le posizioni di un tempo, di preservare una formazione rivolta al passato dallo strapotere del presente, di conservare una scuola ‘antica’ di fronte agli attacchi della società neoliberista, al dilagare delle tecnologie, al risentimento della cosiddetta Cancel Culture – finché si potrà. Si tratterà piuttosto di affrontare un processo di revisione profonda e forse dolorosa, per porsi positivamente di fronte alla questione cruciale: se e in che modo la letteratura del passato può contribuire, nella nostra società, a una formazione democratica, inclusiva, ad arricchire il pensiero e la creatività necessari ai nostri tempi.

    Per me, il tema si è imposto naturalmente: approdata agli studi classici per passione, dall’insegnamento dei metodi della filologia classica sono passata all’insegnamento della Drammaturgia antica nei corsi di Beni culturali, in cui mi sono trovata a proporre la lettura (in traduzione) dei classici greci e latini a studenti di ogni provenienza scolastica, che spesso a stento hanno sentito parlare prima di Edipo o Aristotele. In tale contesto non si tratta, come si potrebbe pensare, di ‘semplificare’ la materia, di ‘divulgarla’, come a volte si dice, quasi che si debbano ‘abbassare’ i contenuti al rango di chi di per sé non era destinato a tale privilegio; quanto invece di andare al nocciolo delle questioni: individuare e sviluppare le ragioni essenziali per cui riteniamo che questi antichi

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1