Idea Di Scuola
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Anteprima del libro
Idea Di Scuola - Silvano Tagliagambe
Note
Presentazione
Roberto Maragliano
Questa di Silvano Tagliagambe è la prima uscita di Studio Digitale, un progetto editoriale di nuovo conio che nel rivolgersi alla scuola e a chi ci lavora aspira a fornire elaborazioni e prodotti rispondenti alle logiche e le sensibilità dei sistemi aperti.
Non ci si aspetti dunque di trovare, qui e nei titoli che verranno, la proposta di percorsi lineari sulla cui intrinseca bontà scientifica poter fare affidamento e quindi da mettere agevolmente in pratica per ricavarne esiti positivi.
Se così ci si attrezzasse a pensare e agire ci si troverebbe ancora prigionieri di un sistema chiuso e, di conseguenza, si correrebbe il rischio di fraintendere il significato di una proposta che, come questa di Idea di scuola, non vuole presentarsi ed essere intesa come un prontuario di idee corrette e giuste da tradurre meccanicamente in azione didattica ma, al contrario, intende mettere in crisi quel tipo di cultura e di aspettativa.
In coerenza con tale assunto, il testo che sto introducendo (e che funge da documento programmatico per l’iniziativa Up School di cui viene dato conto nella Prefazione) aspira a essere una sorta di zibaldone di spunti e suggestioni, ciascuno dotato di una sua specifica sostanza culturale scientifica tecnologica, tramite cui il docente o l’educatore possano provvedere a un ripensamento del ruolo cui sono chiamati a svolgere, del contesto entro cui lo svolgono e dello strumentario culturale e materiale di cui si servono. Non un sistema blindato, un elenco di formule e autori garantiti, quanto una rete aperta di riferimenti dove ciò che vale è prima di tutto la quantità e la qualità dei collegamenti tra nodo e nodo
Intendiamoci, l’obiettivo di questo libro non rinuncia certo a essere pratico: di conseguenza, tutte le considerazioni che sono qui formulate e discusse mirano a dar vita a una scuola che voglia essere bella e piacevole e comunque stimolante per chi vi opera e chi se ne serve, oltre che buona, ovviamente, e dunque efficace, produttiva, costruttiva, oltre che democratica e trasparente.
Ma gli elementi e le aspirazioni di operatività cui si fa riferimento nel testo non sono mai disgiunti da un impegno costante di concettualizzazione, né del resto potrebbero mai esserlo, in considerazione del profilo di filosofo ed epistemologo del suo autore.
O, per meglio dire, il passaggio alla pratica, a un diverso modo di intendere la pratica, è indicato e promosso qui come lo sbocco di un itinerario di riconcettualizzazione. Dunque di un percorso complesso, come dirò a breve. Ma intanto mi preme giustificare le ragioni del ricorso che ho fatto al termine di ‘riconcettualizzazione’.
Sì, perché a dispetto di parole che ricorrono con una certa frequenza nel testo e che, nel denunciare l’appartenenza alle aree semantiche della creatività, dell’operativita, della socializzazione, sembrano fungere da elementi di continuità con un’elaborazione educativa che ha dato ampia prova di sè nei decenni passati, e non solo nei contesti della ricerca sulla scuola, ma pure in quelli dell’azione politica e amministrativa che la riguardano (in Italia e non solo lì), a dispetto dunque di questa sensazione di familiarità che potrà talora provare, il lettore non tarderà molto a riconoscere che buona parte dei riferimenti scientifici, filosofici, tecnologici, letterari, artistici su cui poggiano i ragionamenti e le proposte di Silvano Tagliagambe appartengono a repertori che non è consueto trovare impiegati, per di più con tale generosità, ricchezza, pertinenza ed elasticità, in opere destinate agli insegnanti.
La trama dei riferimenti all’attualità scientifica, e penso soprattutto alla chiamata in causa delle neuroscienze, ma anche a quelli tratti e riattualizzati dalla cultura classica, e penso ai brani da Hegel o Kierkegaard o Leopardi ma pure ai richiami visivi o sonori da un Henri Matisse o da un Giuseppe Verdi, serve a sostenere l’esigenza di dar corpo e sostanza non tanto a un’idea quanto all’idea stessa di scuola. Di qui il senso della riconcettualizzazione
di cui ho detto.
Provo ad allargare l’orizzonte entro cui collocare questo spunto di riflessione.
Si tratta di prendere atto dei densi e appunto corposi processi che sono in atto nel mondo. Sono tanti e tanto evidenti i cambiamenti intervenuti nella vita delle società e delle culture, rispetto ai tempi in cui il modello di scuola tuttora in piedi, sia pure nel suo impianto scheletrico, è stato messo a punto: due secoli circa ci separano dalla fondazione di alcune delle più importanti scuole nazionali del continente europeo, e tra queste certamente l’italiana. Forte è anche il distacco che il mondo interno alla scuola prova oggi rispetto a ciò che è in atto nelle dinamiche del mondo esterno: e poco importa che tale condizione sia orgogliosamente rivendicata come occasione, offerta alla scuola, di contrapporsi in positivo alla negatività del mondo circostante o sia fatalisticamente intesa come giustificazione per la pochezza degli esiti raggiunti; sempre distanza è. Molto avanti è poi andato il processo attraverso cui delle scelte che avevano una loro ragione storica, ma che oggi risulterebbero assai meno legittime, sono approdate all’esito di essere vissute come assunti indiscutibili: penso per fare un solo esempio al potere gerarchicamente riconosciuto ai diversi linguaggi, quello scrittorio posto ai livelli più elevati e nobili dell’azione scolastica, quelli sonori e visivi e quello dell’operatività collocati ai margini, fin già a livello di prima scuola (e sempre più procedendo verso i livelli alti).
Insomma, tante e tanto grandi cose sono maturate negli spazi interni ed esterni all’azione scolastica, e tanta e tanto grande confusione e pure fusione sono state fatte sui vari fronti di quella che un tempo si chiamava la battaglia delle idee
, che l’idea stessa di scuola si è come evaporata, nelle coscienze (e, si direbbe pure, nelle scienze; cioè nei confronti ufficiali tra esperti e addetti ai lavori).
Oggi ognuno ce n’ha una sua, di idea, anche perché non c’è chi non sia passato per un’esperienza personale di scuola (per non dire poi di quelli che ci si sono trovati a rifarla, l’esperienza, come gli insegnanti e marginalmente i genitori), ma un fondamento comune quelle tante idee individuali sembrano non averlo, allo stato attuale. Manca, insomma, l’idea di scuola.
Così, anche ignorando la questione di fondo, ci si è adattati a volerla cambiare e possibilmente migliorare nel suo funzionamento interno, questa istituzione, ma senza che si avesse adeguata consapevolezza di quali potrebbero o dovrebbero essere i suoi fondamenti, al presente, e dunque la sua stessa identità di scuola.
Non a caso non se ne discutono mai, seriamente o liberamente, i presupposti filosofici ed epistemologici, né i presupposti didattici e tecnologici, malgrado che questi risalgano a cinquecento e quelli a duecento anni fa. Non li si discute anche perché sono talmente interiorizzati nella cultura comune da essere scorrettamente considerati non già dati storici quanto dati naturali. Non a caso chi nel passato si è provato a sollevare il problema ha subito censure e anatemi a non finire: eppure il monito alla descolarizzazione proposto quasi un mezzo secolo fa da un visionario come Ivan Illich sarebbe utile riprenderlo in considerazione proprio oggi che l’istanza e l’istituzione stessa di scuola (con i miti e i riti che vi si associano) sembrerebbero aver perso di sostanza e pure di legittimità, almeno per come sono vissute da una parte non limitata dei loro destinatari, gli studenti in primo luogo.
Dunque, se si volesse affrontare onestamente il problema, ci si dovrebbe misurare con il problema di contribuire a una positiva riscolarizzazione della società, partendo dall’esigenza di dar concretezza non a un’idea di scuola, quanto all’idea di scuola che meglio corrisponda al mondo per come è costituito e si va costituendo: il mondo, per intenderci, della complessità, dove nessuna semplificazione (e nel nostro fare e pensare pedagogico quante ce ne sono) porta in sé la garanzia di valere più di quanto non valga un flatus vocis.
Riconcettualizzare la scuola, conquistarne l’idea e conquistarla all’idea, è operazione che necessariamente si deve misurare con l’esigenza di mettere insegnanti e allievi, a cominciare dai bambini, a contatto diretto con il mondo della complessità attraverso procedure e soluzioni concrete e intelligenti, aperte all’innovazione e dunque tali da sorprendere e tener desto chi ne è attore, facendo giustizia di tanti schematismi artificiosi e stantii che continuano a circolare dentro l’istituzione.
C’è dunque bisogno di aria nuova, di nuovi modi di guardare al mondo dell’apprendere e dell’insegnare, se si vuole davvero dar vita a una scuola contemporanea a questa nostra epoca caratterizzata da grossi sommovimenti nei modi collettivi di pensare, agire, vivere. Non possiamo più permetterci una scuola (né un’università) scissa dal mondo, o, peggio, in sterile contrapposizione ad esso. Né possiamo cancellare dalla memoria e dalla coscienza quanto la migliore elaborazione in campo educativo è andata ipotizzando lungo tutto il secolo scorso nella prospettiva di una scuola attiva e aperta. Tanto meno possiamo farlo ora, potendo far affidamento su strumentazioni come quelle digitali e di rete che, se usate con proprietà e intelligenza, permettono proprio di dare attuazione e slancio a quelle nobili prospettive.
È dunque con questa cornice di riflessioni che invito chi abbia curiosità e desiderio di scenari originali cui riferire la propria azione educativa di dare ascolto a molte delle suggestioni che vengono da questo testo e a farlo evitando di ridurle a formule pedagogiche di pronto d’uso, insidia quantomai presente nell’orizzonte di tanta cultura scolastica burocratizzata non solo nella lingua ma anche nel pensiero.
Chi fa difficoltà a riconoscersi in un paradigma analitico-compositivo e in quella concezione ingabbiante del sapere che, aderendo alla logica dei sistema chiusi, fa corrispondere manualistica a disciplina (nonché disciplinamento del conoscere), chi rifiuta di pensare alla classe come a un’unità avente un’assoluta validità pedagogica, chi è insoddisfatto dell’eccessivo mentalismo che caratterizza i programmi (comunque li si voglia chiamare) dell’attuale scuola, chi trova insoddisfazione per tanti dei modelli correnti di didattica e di valutazione che nel sacrificare le istanze del corpo, dell’operatività, dell’affettività, sia del docente sia dell’allievo, compromettono lo sviluppo di percorsi centrati sull’interesse, la curiosità, la condivisione, chi ritiene che il pensare per testi rischi l’asfissia culturale se non è messo in un rapporto costruttivo e dialettico con il pensare per operazioni, immagini e suoni, chi, insomma, è stanco di un’idea di scuola che ha da tempo perso la sua originaria carica ideale troverà qui, nel testo di Tagliagambe (e nei prossimi titoli della collana), idea e idee con cui e per cui rinfrancarsi.
Prefazione
Team di Up School
Non è un caso se questo primo titolo di una collana innovativa racchiude il piano didattico di Up School (http://www.upschool.it/ideadiscuola/), perché pensiamo che lì ci siano i presupposti e i cardini di portata generale sui quali è nato e si è sviluppato il nostro progetto, ponendo al centro il bambino e le sue esigenze, la libera creatività ed espressione di sé, la padronanza di lingue e linguaggi diversi mirati a fornire gli strumenti per vivere attivamente la società del futuro.
Ma Up School è anche storia, una storia che nasce venticinque anni fa dalla volontà e intraprendenza della sua Direttrice, Enrica Corbia, e dall’esperienza portata avanti con La Piccola Accademia e da L'Accademia dei Piccoli, tutte scuole paritarie per l’infanzia (0-6 anni) operanti in Sardegna ed esempio condiviso di innovazione.
In questi anni la ricerca non si è limitata unicamente allo studio di modelli pedagogici di qualità ma, grazie a una stretta sinergia pubblico-privato, ai parternariati e collaborazioni di ricerca di respiro internazionale, anche alla sperimentazione di forme organizzative e gestionali funzionali all’abbattimento dei costi e a una più ampia accessibilità da parte dell’utenza.
Up School si inserisce in questo percorso come naturale prosecuzione di un’esperienza consolidata e orientata a verticalizzare il percorso educativo fino alla scuola primaria e oltre, l’esempio di queste buone prassi costituisce un riferimento per modelli replicabili sul territorio.
Alberto Melis, dopo gli studi in economia aziendale, raccoglie il testimone lasciatogli dalla madre, facendo tesoro del trascorso e proseguendo sul solco di un processo di costruzione articolato e complesso nella definizione di una scuola contemporanea. I principi, inderogabili, sono chiari e dichiarati. I bambini nel loro percorso di crescita necessitano di equilibrio. Equilibrio tra corpo e mente, tra cognizioni ed emozioni, tra conoscenze e competenze, tra tradizione e innovazione, tra radici e ali, tra proiezione internazionale e radicamento territoriale. Per formare persone complete, fisicamente in forma, capaci di pensare, ragionare, argomentare, decidere, ma anche di sognare e di emozionarsi, crescere responsabili e affidabili. Consapevoli che il sapere e il saper fare sono qualità estremamente correlate e che necessitano di crescere di pari passo.
Da Settembre 2015 Up School ha dato il via alle attività della Scuola primaria.
Il progetto didattico, pur seguendo i programmi ministeriali e all’interno dell’ordinamento per le scuole paritarie, sotto la sapiente guida scientifica del prof. Silvano Tagliagambe autore di questo testo, fa propri tali principi integrandoli all’interno di un nuovo modello educativo che tenga conto dei meccanismi che regolano il nostro sistema cognitivo, delle più recenti scoperte in campo neuroscientifico, dell’apporto delle nuove tecnologie dell’informazione, dell’importanza del controllo del benessere fisico e psicologico degli allievi.
Ciò implica una riorganizzazione nello spazio e nel tempo dei processi d'insegnamento, a partire da un ambiente flessibile e polivalente dove i gruppi di studenti si compongono e si scompongono a seconda degli interessi e delle competenze.Up School è strutturata per centri di apprendimento, laboratori suddivisi per aree tematiche: le conoscenze, le abilità e le competenze si costruiscono, insegnano e potenziano affrontando problemi e sviluppando progetti, usandole nell'interazione con gli altri, con risorse, strumenti e artefatti tipici di ogni sapere rispetto all'ambito dei linguaggi, l'ambito matematico, l'ambito scientifico-tecnologico, l'ambito storico-sociale, senza prescindere dall'applicazione dei programmi ministeriali, ma affrontando gli stessi tramite modelli di insegnamento avanzati, contemporanei, efficaci.
Viene rafforzato l'uso delle nuove tecnologie come strumenti utili e integrati all'interno delle attività quotidiane. Stampanti e schermi 3D sono al servizio di un baby fab-lab interno alla scuola, mentre proiettori e tavoli interattivi sono dedicati agli ambienti per lezioni frontali e lavoro di gruppo. Non si tratta di sostituire i tradizionali strumenti di apprendimento, ma di integrarli rispetto ai nuovi dispositivi che ci troviamo quotidianamente a utilizzare, secondo un uso controllato ma spontaneo. Per favorire la condivisione delle informazioni e delle conoscenze è necessario fornire agli alunni gli strumenti affinché possano essere stimolati alla ricerca e al confronto, oltre che prepararli ad affrontare ciò che la società contemporanea richiederà loro nel lavoro e nella vita quotidiana. Una scuola che non integra tali strumenti all'interno dei suoi percorsi didattici e che non insegna il loro uso corretto e potenziale, è una scuola slegata dalle dinamiche del mondo reale e incapace di stare al passo con i tempi dettati dalle necessità dei suoi stessi allievi. Molte discipline possono servirsi della realtà aumentata per raccogliere e scambiare informazioni, per condividere e confrontarsi a distanza o per simulare azioni che sarebbe altrimenti impossibile svolgere in un ambiente scolastico tradizionale.
Up School favorisce una condizione di interazione che porta lo studente all'interno di dinamiche non solo individuali quanto sociali, e la possibilità di generare interazioni di diversa natura, seppur talvolta mediate o indirette, è fondamentale per attivare i circuiti di comprensione di ciò che ci circonda. Una scuola innovativa è uno spazio che facilita le interazioni e i processi complessi dell'apprendimento, favorendo il lavoro di gruppo e il confronto.
Per questa ragione il progetto dello spazio è stato affidato a un team di giovani architetti - Fabrizio Pusceddu, Lino Cabras, Silvia Farris - che, sulla scia dei più importanti e riconosciuti indirizzi pedagogici, hanno costruito un ambiente a misura di bambino. Uno spazio rassicurante, una villa dei primi del Novecento interamente restaurata, che unisce il senso domestico dell'accoglienza con le tecnologie più innovative e con il rispetto dell’ambiente, grazie all’utilizzo di materiali ecocompatibili. Non aule chiuse ma ambienti di apprendimento flessibili, funzionali per arredi ed ergonomia a ogni diversa attività. Un grande parco al centro della città, con spazi per l'attività motoria e una piscina interna al servizio degli studenti.
Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte
diceva Maria Lai.Anche la creatività, il gesto artistico, il gioco, ha regole che devono essere insegnate, apprese e metabolizzate affinché diventi un processo educativo orientato allo sviluppo di personali sensibilità nei confronti del mondo, opinioni che nel tempo potranno maturare grazie all'osservare ciò che gli altri hanno fatto e all'esercizio e alla volontà di esprimersi tramite il fare, il creare, il rifare. Gestire le proprie emozioni, saperle leggere e comprendere, riversarle consapevolmente nell'atto creativo.
All'interno di Up School insegnanti specializzati guidano l'attività creativa e artistica dei bambini all'interno di laboratori attrezzati, sperimentando tecniche e approcci diversi sulla base di temi condivisi orientati alla comprensione della realtà e agli eventi della quotidianità. Il benessere psicofisico dei piccoli studenti di Up School è il primo obiettivo rispetto al quale programmare la giornata didattica. La capacità del pensiero è una qualità estremamente legata al senso e al controllo del corpo, alla possibilità di cogliere le opportunità che il contesto spaziale ci offre in termini di occasioni di azione
. Il gioco, lo sport e, più in generale, l'attività fisica, sono elementi determinanti per la maturazione funzionale delle aree associative della corteccia cerebrale favorendo sotto tutti gli aspetti uno sviluppo del sistema nervoso. Il pensiero corporale e l'esperienza fisica collaborano nell'assunzione di autonomia e sicurezza, oltre che per il benessere individuale. La scelta di guidare tali processi tramite l'acqua e l'acquaticità, lo yoga, la danza e altre attività