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Un caso di schola
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E-book506 pagine12 ore

Un caso di schola

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Quando un crimine viene lungamente preparato e costruito nella fucina della storia tra alambicchi fumanti contenenti pozioni misteriose, con alchimie antiche, sapienti e pazienti, ricorrendo a rituali esoterici sempre più tenebrosi ma sempre più collaudati, sperimentando nel segreto di antri sotterranei o anche a cielo aperto singolari applicazioni di tali procedimenti, allora si determina la nascita di un nuovo metodo, quindi di un nuovo amalgama e infine di un nuovo essere. Ma questo una volta plasmato poi davvero si anima, si muove, si alza in piedi, esce dal laboratorio e va a compiere ciò per cui è stato strutturato. Ed ecco quindi venir fuori, inizialmente barcollante eppure già temibile, dalla spelonca alchemica tale creatura: il Mostro!
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2019
ISBN9788831613194
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    Anteprima del libro

    Un caso di schola - Carmelo Carlizzi

    Gabriella

    Prefazione

    Erano i primi mesi del 2014 allorché Carmelo Carlizzi avendo in animo di scrivere un libro integrativo di ciò che sua moglie Gabriella aveva già studiato ed espresso a riguardo della storia del Mostro di Firenze e di quanto a essa collegato, mi chiese se me la sentivo, sempre quale interlocutore, di proseguire con lui il dialogo che avevo avviato alcuni anni prima con Gabriella sotto forma di intervista. Acconsentii di buon grado ponendogli subito una nutrita serie di quesiti e considerazioni.

    Nell’ottobre scorso, e al termine del suo lavoro, Carmelo nel sottopormi il manoscritto mi chiese se avevo voglia di scrivere anche una prefazione al libro, visto che un protagonista di esso con le mie domande ero proprio io. Naturalmente ho acconsentito e dopo aver letto quanto mi aveva trasmesso, e averci pensato un po’ su, prima di Natale gli ho inviato la prefazione che altro non era che il riadattamento di un mio vecchio articolo pubblicato tempo fa. Eccola:

    Gabriella Carlizzi è stata un personaggio particolare, controverso, pieno di contraddizioni. Scomoda come nessun altro, ma con meriti che nessun altro ha mai avuto. Lei è, e resterà, un personaggio unico nel panorama del giornalismo investigativo, perché ha cambiato per sempre il mondo del cosiddetto complottismo. Prima di lei, tale mondo era dominato da Icke, il quale scrisse moltissimo, ma non dimostrò mai, fonti alla mano, le basi delle sue affermazioni, che pure erano in larga parte veritiere e corrette; infine, si prestava purtroppo a essere screditato, nel momento in cui affermava che al vertice della massoneria vi era una razza di rettili. Con lei il mondo del giornalismo investigativo si è dovuto confrontare con una realtà nuova, in quanto per prima ha dato un nome ben preciso all’organizzazione che è ai vertici della piramide massonica: l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro Indipendente e Rettificato.

    Gabriella per prima ne ha descritto il modus operandi, individuando i principali delitti da attribuire a questa organizzazione. Prima di lei nessuno aveva mai neanche immaginato che dietro alle stragi italiane e a molti delitti di sangue ci fosse un’organizzazione unitaria, e quei pochi che si erano avvicinati alla verità erano morti prima di poterla esternare. Nelle vicende di sangue della storia giudiziaria italiana, quindi, può individuarsi uno spartiacque: prima di lei si brancolava nel buio, e taluni (come me), pur individuando spesso una stessa tecnica operativa dietro a vicende diverse, non riuscivano a capire quale ne fosse il nesso. Mancava, insomma, la chiave di volta del sistema. Dopo di lei questa regia unica (l’Entità, come l’ha definita Veltroni) ha avuto un nome, una storia, e se ne sono potuti individuare i componenti e le tecniche operative. Nessuno meglio di lei sapeva descrivere, con poche parole e talvolta con delle battute o delle prese in giro all’interlocutore, il funzionamento del sistema.

    Voglio quindi raccontare alcuni episodi che meglio di ogni altra cosa possono servire a far capire sia quanto lei conoscesse bene i meccanismi operativi della piovra che ammorba la vita di tutti i cittadini, sia di come riuscisse talvolta a descriverli in maniera esemplare, e a voce con maggiore efficacia che per iscritto.

    Incontrai Gabriella il 23 dicembre del 2007. Avevo letto il suo libro Gli affari riservati del Mostro di Firenze e non ci avevo capito molto. Dopodiché avevo scritto l’articolo Il Mostro di Firenze: quella piovra che si insinua nello Stato. In quell’articolo elencavo i testimoni morti nella vicenda fiorentina, e dicevo una cosa molto semplice e per certi versi anche banale: una simile strage non può essere stata compiuta da un killer isolato. Nominavo di sfuggita la Rosa Rossa, ma quasi per caso, perché all’epoca le teorie della Carlizzi mi parevano fantascientifiche. Lei mi telefonò e ci incontrammo, insieme a Solange. Quel giorno mi disse che la Rosa Rossa non poteva essere nominata, poiché chi lo aveva fatto in genere era morto; e che quindi la mia vita era in pericolo; in alternativa avrebbero cercato di arrestarmi. Mi disse che dopo aver scritto quell’articolo forse mi avrebbero ucciso o arrestato, perché nominare la Rosa Rossa equivaleva a morire. Quando io le obiettai che avevo scritto un semplice articolo, per lo più senza neanche approfondire un granché, ma limitandomi a leggere tre libri in tutto sul Mostro di Firenze (tre!) lei mi rispose che era da molto che eravamo nel mirino dell’organizzazione.

    Io? – le dissi – Ma che centro io? Perché dovrei essere nel mirino di quest’organizzazione se non ho mai fatto nessuna mossa processuale?.

    Non è così – mi rispose Gabriella –, hai presentato una denuncia a un magistrato, il quale, anche se ha archiviato, comunque è nell’organizzazione. E per quale motivo pensi che ti abbiano sabotato la moto? Inoltre controlla tra le tue carte. Se questo magistrato ha archiviato, deve averti inviato una lettera firmata in verde, scritta con inchiostro verde e con altre simbologie di non facile lettura, ma in cui comunque troverai molte cose anomale se lette attentamente. E se ricevi una lettera del genere, quella è la condanna a morte della Rosa Rossa. Quindi non hai scampo.

    Effettivamente il magistrato cui avevo presentato l’esposto tempo addietro mi aveva mandato una lettera a casa, scritta a mano e in verde, con cui mi comunicava che l’esposto sarebbe stato archiviato. Non essendo stata richiesta alcuna comunicazione e trattandosi di un esposto, questa lettera era assolutamente superflua.

    Gabriella poi spiegò che l’unico modo per sperare di sopravvivere era occuparmi ufficialmente di delitti e misteri, e continuare a scrivere, affinché la mia eventuale morte facesse più casino possibile. Dunque era questa l’unica possibilità di salvarmi.

    Ma con che scusa mi dovrebbero arrestare, chiesi io?

    Depistaggio nei delitti del Mostro di Firenze, mi rispose.

    Depistaggio? – aggiunsi io – Ma non è possibile. Per un articolo….

    No – proseguì lei –, il problema è che tu qualche anno fa hai difeso in giudizio una ex fidanzata di Francesco Narducci, quindi verrai accusato di sapere delle cose e di occultare prove.

    A quel punto rimasi di stucco. A parte il fatto che non ho mai capito come avesse fatto Gabriella a conoscere questo particolare della mia vita professionale che lì per lì non ricordavo neanche io. Ma soprattutto, pensai che ci voleva una bella fantasia per associare le due cose e trarne un’accusa di depistaggio. La ex fidanzata di Narducci era stata sì una mia cliente, ma il loro rapporto era durato tre mesi e a un’età che all’epoca era di diciotto anni. Cioè quando Narducci era praticamente un ragazzino e quindi ancora non poteva certo sapere nulla di quello che sarebbe successo in futuro. E tanto meno poteva saperlo la sua ex fidanzata.

    Bello mio – continuò lei – se ti vogliono incastrare ti incastrano, che sia vera o no l’accusa. Quelli sanno tutto di te. E tu, con la tua ingenuità, non vai da nessuna parte.

    Incredibile! E le dissi infatti: Ma questo a me pare un film di fantascienza.

    A quel punto Gabriella mi descrisse il sistema in cui viviamo con poche parole che non dimenticherò e che qui di seguito vi ripropongo, perché ritengo che queste sue poche parole siano più efficaci per capire come funziona tale sistema. Non è fantascienza. Questo organismo deve sembrare composto da persone che siano apparentemente l’una contro l’altra per dare un’illusione di democraticità, ma in realtà il vertice è unico. Se tu avessi dei documenti importanti e scottanti che riguardano, ad esempio, il capo del governo, da quale giornalista andresti a portarli? A Vespa? A Fede? No! Andresti da Travaglio, da Santoro. Se volessi portarli a un politico, da chi andresti? Da Bondi? Da Dell’Utri? Certamente no, andresti da Bertinotti, Veltroni, magari da Bossi. E se volessi portarli a un magistrato? Andresti da XY che ha sempre archiviato tutto? No, faresti proprio come hai fatto tu, andresti da un magistrato famoso per il suo impegno nell’antimafia. Ed è lì che sei morto, che il giorno dopo ti ritrovano morto in un incidente, e nessuno immaginerà mai il perché. Devi sapere che la realtà è molto superiore rispetto alla fantasia; il punto è che se qualcuno infatti scrivesse in un romanzo la verità, non glielo farebbero pubblicare. Lo ucciderebbero prima.

    Questo racconto, con le sue parole, descrive meglio di ogni altro articolo il funzionamento della struttura in cui viviamo. Gabriella aveva, insomma, una conoscenza dei modi e dei tempi del nostro ordinamento e dei nomi, che nessun altro aveva. Talvolta è bastata una sua parola per farmi capire ciò in cui non riuscivo da solo in mesi e mesi in cui mi scervellavo.

    Qualche tempo fa, ad esempio, un avvocato molto noto, famoso per essere il difensore di un importante boss della mafia, chiese un incontro con me e Solange a Firenze. L’appuntamento era stato fra noi fissato per il 3 marzo 2010 a Firenze, ma pochi giorni prima io e Solange abbiamo iniziato ad avere dei sospetti. Dopo aver svolto una serie di verifiche ci convincemmo che era una trappola e abbiamo disdetto l’appuntamento la sera prima. L’atteggiamento successivo dell’avvocato (che non ha più risposto alle mie mail né alle mie telefonate) ci ha confermato che era proprio una trappola, ma non riuscivo a capire di che tipo fosse e cosa potessero volere da me. Abbiamo consultato diverse persone, ma le risposte non ci convincevano. Volevano informazioni, diceva qualcuno (ma la cosa non era credibile, perché per prendere informazioni da noi basta leggere il blog o leggerci le mail, senza bisogno di organizzare un incontro a tu per tu); Volevano uccidervi, dicevano altri; ma anche questa spiegazione non mi convinceva perché una cosa del genere potevano farla in qualsiasi momento, ovunque, senza organizzare una messinscena come quella, e per giunta per mezzo di un nome famoso e altisonante.

    Dopo qualche giorno telefonai alla Carlizzi e le dissi: Senti Gabriella, l’avvocato XZ mi aveva chiesto un incontro dove io poi non sono andato. Secondo te che voleva?.

    E lei: Ma sei matto? Guarda che XZ non è solo un avvocato della mafia; è l’avvocato di alcuni noti personaggi della Rosa Rossa, ed è nella Rosa Rossa lui stesso. Probabilmente ti avrebbero fatto scomparire nel nulla. Ti hanno dato appuntamento in un posto fuori Firenze, magari in un autogrill?.

    Sì – ho risposto – proprio in un autogrill, dopodiché dovevo salire nella loro auto e andare con loro.

    Allora non saresti più tornato. Sai, ucciderti oggi sarebbe difficile, la cosa desterebbe troppi sospetti. A un incidente non crederebbe nessuno. Il modo migliore è creare un mistero per la tua scomparsa. Pensa che titoloni: ’Mistero sulla scomparsa dell’avvocato Franceschetti! Chi era in realtà l’avvocato Franceschetti?’. Del resto quell’avvocato XY e le persone che difende sono gli stessi che hanno fatto scomparire Narducci. Stessa tecnica e stesse persone. Non hanno neanche molta fantasia. Come ti è venuto in mente di andare a un appuntamento del genere?.

    Ma non immaginavo che XZ difendesse persone della Rosa Rossa. I giornali non ne parlano quasi mai.

    Certo che ne parlano poco. Se no come farebbero a tirare trappole agli allocchi come te?.

    Gabriella aveva, insomma, una conoscenza notevole dei personaggi, dei loro ruoli, dei loro metodi. Le bastava poco per inquadrare una situazione, per prevedere le reazioni. Non per niente previde con un mese di anticipo il delitto di Cogne.

    In questi anni il nostro rapporto è stato spesso tormentato e controverso. In effetti mal digerivo alcuni aspetti del suo carattere, trovavo troppo misteriose alcune cose, e mi irritavo perché non riuscivo a spiegare alcuni aspetti del suo operato; ci siamo attaccati duramente con accuse reciproche anche gravi. Rimane traccia di queste nostri liti in alcuni articoli del mio blog e del suo sito. In un’occasione arrivò persino a farmi chiudere il forum Poteri Occulti.

    Molti allora mi domandano come mai, dopo le accuse che mi ha mosso e queste liti, ho sempre continuato a parlarne bene, sono andato a trovarla quando stava male, e perché scrivo ora un articolo del genere. La risposta è semplice e in realtà l’ho già data. Il punto è che al di là dei difetti o delle incomprensioni reciproche, Gabriella ha avuto e avrà sempre il grandissimo merito di avermi aperto gli occhi. Ha avuto e avrà sempre il grandissimo merito di essere stata la prima che ha capito il disegno unitario e la regia unica dietro la maggior parte dei delitti per come ce li propinano in tv. Ha aperto una strada nuova, per prima, e con grande coraggio.

    D’altronde le nostre liti e i nostri scontri erano giustificabili in quanto a occuparsi di certe vicende si finisce per dubitare pure della propria ombra. Io da parte mia non capivo certi suoi modi di fare, che tolleravo a fatica. E quel 23 dicembre in cui la conobbi per me segnò uno spartiacque nella mia vita, perché la mia visione delle cose è cambiata radicalmente da quel giorno, trasformando completamente il mio modo di pensare, di fare, e di parlare.

    Tempo fa un criminologo, contrario alle idee di Gabriella, mi disse: Ma tu perché dai retta ancora alla Carlizzi, che dice un mucchio di cazzate e dice di parlare con la Madonna?. Risposi: Forse la Carlizzi dirà anche delle cazzate, ma credo che nessuno dica solo cose esatte. D’altronde se l’alternativa alla Carlizzi è il ‘Corriere della Sera’, o i tg nazionali, che di cazzate ne dicono molte di più, meglio la Carlizzi. Pensa, persino tu potresti dire delle cose esatte, ogni tanto, mentre Gabriella è riuscita a scoprire ciò che nessuno ha mai scoperto.

    Credo inoltre che le contraddizioni e le stranezze del suo carattere sono poi quelle stesse caratteristiche che le hanno permesso di restare in vita là dove invece altri avevano trovato la morte per molto meno. Anzitutto, infatti, era abbastanza imprevedibile e istintiva. Dava appuntamenti che poi disdiceva, cambiava orari e abitudini, il che rendeva difficile organizzare qualcosa come un incidente. Inoltre girava sempre con due angeli custodi, Elisa e Matteo, che la seguivano come ombre. In genere le persone scomode vengono eliminate simulando suicidi o finte rapine, ma sarebbe risultato assai difficile simulare un triplice suicidio, o una rapina in cui per sbaglio venivano fatte fuori tre persone.

    Un altro suo punto di forza era la sua famiglia. Conoscendo il marito Carmelo e i suoi figli, si capiva che la adoravano e si capiva che avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei. Non esagerava, quindi, allorché nei suoi articoli parlava dell’amore di suo marito e della sua famiglia. Ed è stato quell’amore che le ha permesso di girare il mondo con le sue imprese stravaganti, sicura di avere un forte nucleo di persone che la appoggiava sempre e comunque. Era quindi protetta da questa schiera di angeli, che le hanno permesso di arrivare lì dove altri non erano mai arrivati.

    In futuro verranno altri presunti esperti, molti depistatori, giornalisti, investigatori, ecc. che si approprieranno del suo lavoro, che cercheranno di distruggerlo in alcuni casi, e che seguiranno comunque la sua strada. Ma lei resterà sempre la prima.

    A me Gabriella non mancherà. Mancherà a Carmelo, ai figli, a Elisa e a Matteo, che verranno privati della quotidianità che avevano con lei. Io dal canto mio continuerò a sentirla vicina, continuerò a leggere i suoi scritti, che spesso rileggo diverse volte trovando spunti sempre nuovi, e continuerò a portare avanti il suo lavoro e le sue ricerche. Quindi, per me, sarà una presenza costante.

    Gabriella sono sicuro che ogni tanto tornerà a trovarci, e molti di noi sentiranno ancora la sua presenza. Ciascuno di noi la sentirà in modo diverso; qualcuno la sentirà rileggendo i suoi scritti; i familiari aggirandosi tra le cose a lei care, col pensiero, con gli insegnamenti che avranno ricevuto.

    Io la sentirò nelle parole che dirò, negli articoli che scriverò, e anche nel mio modo di pensare; spesso, ad esempio, utilizzo le sue parole; il racconto di Gabriella a riguardo di Vespa, Fede, Travaglio e Santoro, lo ripeto di frequente quando devo descrivere con efficacia il sistema, e uso le sue stesse identiche parole. La sua presenza si sentirà un giorno, quando questi meccanismi di potere saranno portati in luce, e quando tutti, massoni e non, cittadini comuni o politici, e poi cattolici, buddisti, ebrei, islamici, massoni, capiranno che il sistema nuoce a tutti e non solo alle vittime dichiarate. Perché, come lei mi ha fatto capire, la Rosa Rossa uccide prima di tutti proprio le persone che di quest’organizzazione fanno parte o che sono a essa collegate.

    E quando un giorno molto lontano, a livello politico e giudiziario, verrà riconosciuta l’esistenza di altre organizzazioni al vertice della piramide massonica, e a queste organizzazioni verrà dato un nome, e tutto ciò diventerà di dominio pubblico, quel giorno la presenza di Gabriella sarà più forte che mai, perché quella strada l’ha aperta lei.

    Paolo Franceschetti

    Introduzione

    In queste pagine, che non vogliono in alcun modo costituire un trattato, ho inteso raccogliere talune riflessioni di Gabriella intorno alla vicenda di cronaca nera cui ha dedicato tanto di sé durante la sua carriera di giornalista e scrittrice investigativa, e cioè il caso del Mostro di Firenze, con i suoi prodromi e le sue connessioni. Da tali riflessioni i lettori potranno estrarre eventuali linee guida e spunti sul metodo che si può seguire – naturalmente qualora si intendano adoperare gli occhiali di Gabriella – per l’approfondimento di quanto si cela dietro molti dei misteriosi casi che costellano, oscurandola, da Nord a Sud la storia del nostro Bel Paese dal dopoguerra a oggi e cioè durante un discreto ma preciso arco di tempo, diciamo ormai oltre settant’anni. Un periodo che possiamo considerare assai lungo se riferito all’assenza di guerre propriamente dette per l’Italia e per quasi tutti i Paesi dell’Europa, ma anche per buona parte dei Paesi, Stati Uniti a parte, appartenenti al cosiddetto mondo occidentale che invece, nell’intervallo immediatamente precedente, di gran lunga più breve se solo consideriamo il periodo compreso fra le due guerre mondiali – cioè poco più di trent’anni –, si erano cimentati in una serie ininterrotta di conflitti anche sociali assai cruenti, sanguinosi come mai accaduto nella storia dell’uomo. Basti pensare all’impiego terrificante delle armi nucleari da parte degli Stati Uniti che pose fine a ogni resistenza negli avversari, annichilendo all’istante ogni orgoglio e ogni ulteriore velleità.

    Facendo infatti riferimento nel secolo scorso agli anni dal 1915 e sino al 1945 osserviamo che vi sono state solo nel teatro degli interessi storico-politici che hanno riguardato direttamente l’Italia come protagonista o comprimaria: la Prima Guerra Mondiale, le campagne oltremare per il rafforzamento e potenziamento delle conquiste coloniali di Libia, Eritrea, Somalia e Abissinia, le lotte operaie seguite all’affermarsi anche da noi del socialcomunismo, l’avvento del fascismo, la guerra civile in Spagna, l’occupazione di Albania, Francia meridionale e Corsica, quella del Dodecaneso e quella dei Balcani, poi di porzioni di Egitto e Tunisia, a seguire la questione ebraica conseguente all’avvento del nazismo in Germania, quindi la nostra partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale fra l’altro anche con le campagne di Grecia e Russia, per arrivare infine alla liberazione dell’Italia da parte degli Alleati e alle conclusive importanti appendici della Resistenza.

    Insomma era una vita alquanto dinamica per gli italiani nati fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento che dovevano necessariamente parteciparvi, e a ben vedere assai più intensa di quella dei giovani divenuti adulti nel secolo presente.

    Peraltro risulta evidente che invece dal 1945 a oggi grazie essenzialmente – curioso a dirsi – alla cessazione delle ragioni delle armi così come comunemente intese, generazioni di Mostri d’ogni sorta, nell’arco dei pacifici settant’anni che dicevamo, hanno sempre più avuto modo di uscire dai loro laboratori di formazione tutte le volte che i rispettivi ideatori lo hanno ritenuto opportuno e scorrazzare tranquillamente per ogni do-ve. Ma allo stesso tempo hanno anche avuto la ventura di permettere a figli e nipoti di elezione di poter a loro volta crescere in ferocia e capacità mimetica e omicidiaria.

    Infatti tale lunghissimo arco di tempo e di pace militare di cui stiamo comunque tuttora godendo anche se solo all’interno dei nostri privilegiati confini, e che vorremmo davvero non finisse più, se per un verso ha favorito lo sviluppo economico e sociale del Paese e l’affermarsi della convinzione che la guerra con quanto ne consegue non costituisce più una delle realtà importanti sempre presenti nella nostra quotidianità, né uno strumento di soluzione di contese, d’altro canto però ha permesso al negativo – ed è questo che preme qui sottolineare – che si stratificassero interessi invece tutt’altro che edificanti e d’ogni genere con una tenacia che prima frequentemente una guerra e le vicissitudini connesse spazzavano via. E inoltre sempre la guerra spezzava, questa volta di continuo, assieme a tante vite anche tanti equilibri e alleanze, costringendo di fatto tutti i diversi poteri contendenti a nuove riorganizzazioni e riformulazioni di regole e metodi. Ma era questa allora una sorta di purificatrice prassi normale, vista e vissuta da tutti come tale, perché gli individui nell’arco di una stessa generazione, quale che fosse il loro livello sociale e morale, venivano tutti toccati dalla guerra anche più volte oltre che nella salute, nei loro affetti, nei beni, negli studi, nel lavoro e nelle carriere. E se comunque procedevano nella società strategie, alleanze e affari, tutto però per le suddette ragioni si rimescolava di continuo.

    Di contro questo lungo periodo di pace ha anche consentito che si studiassero e approfondissero tecniche di persuasione per l’indottrinamento delle masse oltre a metodi per l’attuazione di sperimentazioni sempre più ardite che nate agli albori del XX secolo e sviluppatesi in parallelo grazie a vecchi e nuovi media quali libri, giornali, radio, cinema, tv e oggi anche con la rete internet, sono state via via poi rivolte all’affermazione di tematiche politiche e sociali, finanziarie e di costume, letterarie e artistiche, scientifiche e religiose, ma ancor più alla diffusione di prodotti commerciali e industriali, con le relative strategie. La stratificazione di tali interessi e delle conseguenti metodologie di persuasione e penetrazione non ha riguardato solo la morale, il lavoro e gli affetti, tutti campi che avrebbero dovuto invece beneficiare di questo lungo silenzio delle armi, ma tali tecniche stavolta sono state di nuovo felicemente impiegate a incrementare e fortificare a dismisura intenti criminali d’ogni sorta e in particolare quelli gravitanti attorno ai Mostri, che così adesso sono divenuti davvero sempre più palpitanti sgusciando poi di continuo fuori dai rispettivi laboratori di ricerca per finire docili fra le mani degli operatori di tali strategie.

    D’altro canto la rimozione o se vogliamo anche solo l’impoverimento del senso dell’onore, del sentire civico ed etico, del rispetto dello Stato e dei valori che esso comunque rappresenta, è purtroppo una realtà che è andata imponendosi in una progressione inarrestabile, e in Italia in una misura assai maggiore rispetto agli altri Paesi cosiddetti evoluti grazie a criminalità organizzata, corruzione e antistato, tutte realtà queste che da noi hanno conosciuto uno sviluppo esponenziale che a oggi appare inarrestabile.

    Nel nostro racconto essa realtà viene però richiamata e osservata per gli effetti avuti nella preparazione e cottura a fuoco lento di un brodo di coltura in cui decennio dopo decennio in un processo senza precedenti la criminalità organizzata si è mischiata alla politica, questa alla finanza, l’amministrazione dello Stato con l’industria, la salute pubblica con gli affari, gli apparati religiosi con le banche e via dicendo. In questi settantatré anni si è verificato un processo di disfacimento sempre meno contrastato della coscienza collettiva, dove i diversi ingredienti di tale brodo non sono più distinguibili autonomamente nel gusto comunque del tutto dubbio della pietanza che viene ammannita agli italiani, visto che al centro del presente libro si tratta per lo più di storie accadute in Italia. Ma con opportune varianti e adeguamenti del gusto alle diverse abitudini e latitudini questa lettura potrebbe con profitto essere applicata anche altrove, e la relativa pietanza imbandita sulle più svariate tavole e in ogni parte del mondo. Proprio come la dieta mediterranea di cui andiamo giustamente orgogliosi.

    La storia è stata sempre, in tutti i tempi e ovunque, scritta o declamata nei modi che hanno fatto comodo ai poteri dominanti specie nel tramandarsi quelle che dovevano essere le verità da far conoscere ai posteri, in una elaborazione della realtà dei fatti avvenuti che, volendo usare ancora la metafora culinaria, avviene in un’apposita pentola per poi essere la pietanza cucinata subito affidata e conservata al gelo in un apposito frigorifero che così diviene il contenitore di quelli che rimarranno forse per sempre i soli documenti riconosciuti e accettati a disposizione. Ecco che quindi la storia e le sue fonti non sempre, nemmeno dopo secoli, rendono giustizia all’obiettività dei fatti, poiché notoriamente spesso i detentori del potere scrivono loro stessi o fanno scrivere quanto si vuole che venga conosciuto e tramandato ai posteri. Oppure gli stessi distruggono, manomettono o modificano ad arte le fonti alle quali storia e cronaca dovranno attingere. Ossia distruggono, manomettono e modificano le verità dei fatti accaduti.

    Se ad esempio fra gli esponenti simbolo del male per tutti assumiamo Hitler, che è anche in tal senso il maggior protagonista del XX secolo, fra i suoi sodali non c’è giorno che qualcuno non tenti di farlo apparire quasi una creatura innocente, e di conseguenza praticamente eroica, provando a sollevargli da sopra la coscienza il peso della morte di qualche milione di ebrei e non ebrei. Non sono rari i tentativi di far apparire i suoi crimini più lievi per numero e qualità delle vittime. Ed ecco che poi si scopre come Hitler potrebbe essere ebreo o parente di ebrei, e che anche la sua Eva Braun forse era ebrea, quasi che così diminuisse il significato dei suoi crimini o addirittura lo sanasse. Mentre vere o false che siano tali scoperte, quelle svariate decine e decine di milioni di morti ammazzati sulla sua coscienza ci rimangono comunque e la guerra mondiale pure.

    E così valga come ulteriore e principale esempio dell’opposto, del bene, quello di un vero ebreo, di un ebreo tutt’intero, conclamato, di Gesù, che con lo stesso metodo delle manipolazioni della storia, venti secoli fa, da ebrei e cristiani nascenti (ebrei e non ebrei) è stato spartito fra diverse fedi. Mentre la sua storia, personale e pubblica, quella vera, non può che essere stata certamente unica e uguale per tutti, ossia la vera storia di Gesù. Sulle varianti di documentazioni e testimonianze della vita di Gesù negli anni stessi in cui essa si dipanava, o in opposizione a lui, sono nate tante nuove massonerie, luminose o tenebrose, e si sono consolidate quelle antiche, mesopotamiche, egizie e altre, ma in seguito si sono sviluppate guerre interminabili, hanno preso corpo religioni spesso in contrasto fra loro e innumerevoli sette, costruiti oscuri ricatti che detenuti da occulti poteri regolano ancora oggi i rapporti fra gli Stati che dominano il mondo.

    Eppure, lo ribadisco, nei giorni stessi della vicenda di Gesù i diversi cronisti ebrei farisei o ebrei suoi seguaci, così come quelli romani, siriaci, greci, egizi, beduini, non possono che aver visto una sola verità, ma che hanno subito ciascuno tradotto nelle loro cronache in modi diversi, quelli stessi che hanno poi determinato su Gesù tante versioni e incertezze. E mentre da alcune parti si confondeva la verità oggettiva dei fatti che lo riguardavano, dall’altra, pur se fra nebbie opportunamente distese sulla sua realtà storica, emergeva comunque giganteggiando quella sua dimensione spirituale assoluta che ha dato inizio addirittura alla misurazione del tempo universalmente accettata, con il conteggio degli anni fissato prima e dopo la nascita di Cristo.

    Sì, ma ora in questo libro, a parte la presente introduzione, non intendo davvero divagare, perché qui non parleremo di Hitler e nemmeno di Gesù, ma intendo ancora una volta parlare dell’annoso caso del Mostro di Firenze, per coglierne alcuni aspetti che appaiono emblematici di una metodologia che vorrebbe ancora una volta, e di nuovo occultamente, divenire sistema. Quanti hanno goduto o si sono inebriati ai vari livelli e in vario modo del sangue delle vittime del Mostro, o che ne sono stati solo consapevoli spettatori e quindi comunque in misura maggiore o minore indirettamente complici, si sono di continuo affannati – beninteso coordinati dall’alto con stile raffinato – a ricoprire la verità dei fatti con coltri di bugie, di inganni, di falsi, utilizzando con maestria ogni strumento a loro disposizione. Questa copertura è avvenuta livello per livello, crimine per crimine, giorno dopo giorno, e sempre nell’intento di confondere l’accaduto per poi fare sparire di nuovo nella nebbia ogni distinta verità storica così come comunemente intesa. Mentre quella del Mostro di Firenze è a tutt’oggi invece parte viva, significativa della storia più recente del nostro Paese, cioè degli ultimi cinquant’anni appena trascorsi.

    Quando un crimine viene lungamente preparato e costruito nella fucina della storia tra alambicchi fumanti contenenti pozioni misteriose, con alchimie antiche, sapienti e pazienti, ricorrendo a rituali esoterici sempre più tenebrosi ma sempre più collaudati, sperimentando nel segreto di antri sotterranei o anche a cielo aperto singolari applicazioni di tali procedimenti, allora si determina la nascita di un nuovo metodo, quindi di un nuovo amalgama e infine di un nuovo essere. Ma questo una volta plasmato poi davvero si anima, si muove, si alza in piedi, esce dal laboratorio e va a compiere ciò per cui è stato strutturato. Ed ecco quindi venir fuori, inizialmente barcollante eppure già temibile, dalla spelonca alchemica tale creatura: il Mostro!

    Ed eccolo dunque anche pronto ad agire. Sino a quando i suoi stessi inventori non lo distruggono o neutralizzano perché ha palesato un qualche difetto, oppure, come più spesso avviene, non ne modificano – gli stessi inventori – in corso d’opera le articolazioni e le azioni, correggendole, adattandole, coprendole nei loro aspetti più compromettenti o, essendo gli ingranaggi ormai superati da nuove scoperte, sostituendo le varie parti o addirittura l’intero mostruoso organismo. Naturalmente non distruggendone l’essenza e le motivazioni che lo animano in danno degli incolpevoli destinatari delle sue azioni, ma anzi custodendo gelosamente e tramandando a vantaggio dei soli meritevoli i segreti di pozioni e formule grazie alle quali potranno svilupparsi e operare nuove generazioni di Mostri.

    Uno, due, tre e più gradi di giudizio, di indagini, di esami dei crimini compiuti occultamente dal Mostro, consentono poi anni e anni di costruzione di inganni, di confusione, di divagazioni attorno alla verità dei fatti accaduti – cioè del rito che in tal modo diviene sempre più opinabile – con i responsabili veri che vengono nascosti, coperti, protetti, gettando in pasto all’opinione pubblica figure funzionali ad appagare nell’immediatezza del crimine solo precariamente l’ansia di giustizia spesso sommaria che si determina nella società. E se non dovessero bastare i vari gradi di giudizio previsti dalla procedura sino alla Corte di Cassazione, ecco pronto lo strumento della revisione di tutto o parte dei processi, del rinvio alle corti d’Appello per ulteriori giudizi, e da queste poi nuovamente alla Cassazione.

    Tutto previsto dunque, ma non quando c’è da salvare un innocente, quella è la funzione istituzionale che viene serenamente lasciata agli apparati della giustizia propriamente detta. Qui invece, cioè in ambito Mostro, si interviene con strategica potenza solo quando c’è da sottrarre dalla pena un criminale che ha agito sotto un preciso mandato, ma anche talvolta quando gli utili idioti impiegati a confondere il quadro debbono essere strappati alla severità di una condanna che non meritano nell’intera sua definizione, perché tale innocente è sì meritevole d’essere arrostito vivo quale vero e proprio maiale a fuoco lento e per un certo tempo, ma non ucciso né condannato a languire per sempre in carcere. Il suo destino, presso di lui o presso i suoi parenti e amici, va sempre tenuto nel pugno di chi gestisce in costoro la speranza di farla franca, purché tutti tacciano le verità che conoscono. E questo proprio per far invece comprendere alla fine della storia al pubblico, ai comuni mortali che la verità è altrove, ma è occulta, cioè riservata agli iniziati!

    C’è però un’altra ragione più sottile, un altro intento assai più sofisticato è presente in tutte queste manovre per disegno dei loro ispiratori o committenti: si vuole sempre infatti immergere in un bagno purificatore intanto quanti sono colpevoli anche solo d’essere parenti o amici di chi per sua imprudenza è stato scoperto dagli inquirenti realmente con le mani sporche di sangue, ma ancor più coloro che direttamente ed effettivamente hanno intinto le mani nel sangue delle vittime sacrificali – le vere ostie – sia quali autori che complici, quali fiancheggiatori o utilizzatori dei massacri o, ancor più, anche solo come sospettati. Si è stabilito con metodi e prodotti di continuo aggiornati che ogni macchia venga lavata per sempre e ovviamente con l’imprimatur degli stessi apparati della giustizia, che detengono inconsapevolmente fra l’altro appunto proprio tale ruolo.

    Che dunque passino pure questi speciali accusati, ove necessario perché a vario titolo colpevoli, attraverso il lavacro di processi giudiziari o di stampa, e magari di condanne. È più che giusto pagare un qualche prezzo al sistema dominante di cui tutti facciamo parte, ma che poi siano riabilitati con altre sentenze e pronti per essere nuovamente accolti, finalmente candidi e immacolati nei rispettivi ambiti: famiglie, parrocchie, apparati dello Stato, organismi sociali ed economici, circuiti professionali… e in ultimo, naturalmente, nell’abbraccio della comunità che oggi pare essere la più apprezzata, quella dei fratelli massoni.

    Quindi subito dopo le prime e talvolta necessarie condanne si vuole con forza che i fatti vengano riesaminati più volte, i processi rinnovati, le sentenze riviste, gli accusati resi progressivamente ma definitivamente innocenti. E la storia riscritta!

    Allora ecco che si scopre come la polizia giudiziaria abbia pasticciato sulla scena del delitto, il medico legale si sia lasciato involontariamente influenzare, il perito pure, per cui è naturale che il pm di turno abbia suo malgrado dedotto conclusioni che presentate al magistrato saranno ovviamente ritenute affrettate. Così come è avvenuto spesso dinnanzi al gip o al gup. E qualora tutto ciò non bastasse si ritorna in Tribunale, poi si ricorre in Appello, quindi in Cassazione. Insomma la questione va risolta, ma con la sintassi giudiziaria ordinaria, come si deve, poiché le cose devono essere fatte a dovere, e alla fine della fiera debbono assolutamente rispondere alle regole codificate dello Stato. Ma la realtà emersa dai fatti pur inizialmente accertati? E le vittime innocenti sacrificate, che stanno lì sepolte nei cimiteri? E gli scannamenti, i feticci, le orge, i riti? Visti, fotografati, registrati, testimoniati, verbalizzati? Tutto cancellato, ma per bene e con la riscrittura completa della storia da parte dei cantori del potere.

    Naturalmente Gabriella e tanti come lei non erano di questo avviso perché il suo ruolo, quello per cui si è sempre tanto battuta, è stato principalmente quello di far diventare scomoda, smascherandola, quella sottile ma ossessiva, pervasiva stratificazione di poteri e complicità, quella trama che alla fine della storia consente, rendendolo possibile e facile, un certo crimine sino all’impunità, facendolo assorbire e consacrare, e quindi scomparire, dopo averne estratto l’elisir, fra le pieghe dell’anonimato più legale.

    Poiché, lo ripetiamo, l’apparato della giustizia pubblica ha un duplice assai elevato compito: da un lato quello propriamente istituzionale e da tutti conosciuto di amministrare l’applicazione delle leggi scritte e comunemente intese, ma dall’altro lato ha il compito non istituzionalizzato e ai più degli addetti ai lavori del tutto sconosciuto, eppure impostogli come sacro, di lasciarsi inconsapevolmente ma docilmente condurre all’applicazione di una giustizia di grado superiore. Superiore beninteso non per elevatezza di valori, ma in quanto indicata da un vertice, da una vetta o da un abisso a seconda del punto in cui ci si colloca, e dove vige una concezione di equità tutta particolare e i cui codici non si studiano nelle università del diritto e non si applicano nelle aule di giustizia, ma si studiano nei laboratori alchemici e si applicano sui campi del crimine per elevarlo, purificarlo al rango di offerta sacrificale che deve risultare gradita a Satana. Pertanto far morire e quindi uccidere e far uccidere per ragioni sacrificali, a un certo livello, cioè per chi detiene con tali motivazioni le leve del potere, non soltanto è un percorso lecito ma anzi è assolutamente meritorio.

    Il libro che segue è suddiviso in due parti: nella prima parte si snoda, articolata prevalentemente nel dialogo con Paolo Franceschetti, noto studioso estimatore di Gabriella, la ricostruzione di come lei si è addentrata nelle vicende del cosiddetto Mostro di Firenze con le principali ragioni e connessioni di volta in volta scoperte, poste all’attenzione di inquirenti e opinione pubblica; mentre nella seconda parte questa esplorazione viene da me approfondita dialogando con il medesimo studioso ricorrendo ad appunti di Gabriella conseguenti a ricerche e riflessioni per lo più inedite su quel che abbiamo elaborato assieme nel corso degli anni durante lo svolgersi delle sue indagini. Oltre all’utilizzo di alcuni articoli già presenti in altre sue pubblicazioni.

    Gabriella quindi, anche dall’interno di quanto da me più recentemente sviluppato, ci svela in queste pagine come con il suo passaggio attraverso tutte le stanze del male ha ritenuto d’essere giunta sino alla comprensione delle ragioni per cui e da cui si è sviluppata la strategia del Mostro, a tenaglia, in Italia, prima attorno a Firenze e poi a Perugia, le due città che sottendono il lato di base del triangolo composto con la terza città al vertice, con Roma. Triangolo questo che naturalmente non è che uno dei tanti attraverso cui si articolano le fitte Geometrie che intessendo l’Italia e il pianeta Terra pretendono poi di governare l’umanità.

    Carmelo Maria Carlizzi

    PARTE PRIMA

    I

    Francesco Narducci:

    la sentenza del gup Micheli

    Il 20 aprile 2010 le agenzie di stampa battevano la notizia a lungo attesa

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